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Fine, fine, fine!!!
Non ne potevo più!
Colgo l’occasione per ringraziare le persone che mi hanno
seguita, quindi Lili anche se è un po’ che non la vedo, Bloody Mary, Crazygirl e
Claudietta che ci son sempre state. Siete state confortanti e lettrici
indispensabili… la cosa migliore è quando si è capiti, e questa sensazione me
l’avete sempre data, grazie mille! Grazie anche alla compagna di merende Moon,
ovviamente!
Una piccola precisazione, più che altro una battutaccia.
Il nome del cane, Lilly… è da “Lilly e il Vagabondo”, il cartone Disney, ormai
si sarà capito che adoro la Disney e che me ne servo parecchio. Non come
qualcuno potrebbe pensare per sbeffeggiare Evangeline Lilly!
Anche perché al limite la posso invidiare un po’, tanto
per gradire.
Non mi permetterei mai, mi sta pure simpatica!
La cacchiata dovevo dirla anche sul finire, sopportatemi
quanto potete!
Ci rivediamo il primo giugno, con quello che vi
aspettate… ebbene sì. Tornano Elena, Jenny e gli altri bischeri della banda!
Intanto spero che questo lunghissimo epilogo vi piaccia.
Buona lettura, Mandy
v
Epilogo - Quello che ho sempre sognato
Stando in piedi non senza una
certa difficoltà, Dominic si era chinato con la schiena quel tanto che bastava
per guardare Lilly che, sdraiata su un fianco e con l’aria stanca ma felice,
stava immobile mentre i suoi cuccioli nati da poche ore stavano allegramente
facendo merenda attaccati ai suoi capezzoli.
- Dai, non sono così brutti…- aveva commentato diretto
verso sua madre, guardando quei quattro piccoli esserini che con gli occhietti
ancora chiusi cercavano di nutrirsi.
La donna aveva inclinato leggermente la testa da un lato e
aveva sorriso lievemente.
- No, direi che sono adorabili per essere figli del
pestifero bastardino dei nostri vicini!- aveva osservato.
Durante quei tre mesi che erano trascorsi da quando Dominic
era tornato a Manchester per stare con la sua famiglia infatti erano successe un
sacco di cose.
Quando aveva deciso di prendersi quella pausa non aveva
stabilito precisamente quanto sarebbe stata lunga. Aveva voglia di stare con la
sua famiglia, più lontano possibile da Los Angeles e dalla vita che conduceva
solitamente, così aveva pensato che non c’era niente di meglio da fare, dopo
aver terminato gli impegni di lavoro più importanti, che prendere la sua fidata
cagnetta e andare a casa dai suoi. Questo succedeva all’inizio di dicembre.
Il primo impegno che tassativamente aveva era per aprile,
c’era da fare il solito giro promozionale per il film appena girato che sarebbe
uscito in quel periodo in America, quindi avrebbe potuto, se non ci fossero
stati ordini contrari del suo diligente stuff, stare a casa dai suoi anche fino
a quel mese volendo, ma doveva essere sempre all’erta. A metà gennaio circa
infatti gli era stato proposto un lavoro che poteva essere piuttosto
interessante, aveva valutato attentamente di interrompere quella pausa di
riflessione e tornare a casa sua negli Stati Uniti, ma due cose essenzialmente
l’avevano trattenuto.
Innanzi tutto Lilly aveva visto bene di rimanere incinta.
Quando a casa si erano accorti che era in calore, intorno all’inizio dell’anno
nuovo, avevano cercato di tenerla al riparo almeno finché il cane dei vicini,
una simpatica canaglia che tutti nel vicinato conoscevano sia per la sua
irruenza che per la sua simpatia, con indomito coraggio non era riuscito a
raspare quanto bastava sotto la rete metallica che univa i due giardini e ad
entrare vincitore nel castello… non certo per salvare la sua bella, ma insomma
il concetto si è capito!
Quando Dominic si era accorto dell’intrusione era tardi per
prendere qualsiasi provvedimento, sua madre si era un po’ dispiaciuta che una
cagnetta così bella si fosse accoppiata con un cane dal miscuglio di razze
talmente incerto che non si sarebbe potuto definire in alcun modo possibile, ma
in fondo poco importava. Nel giro di due mesi Lilly avrebbe avuto dei cuccioli,
forse non sarebbero stati bellissimi ma era una cosa che rallegrava tutti. Se
anche poi il motivo primo per cui Dominic era stato costretto a rimanere in
Inghilterra non era certo quello, era stato comunque felicissimo di poter
rimanere fermo in quel periodo e godersi la gravidanza del suo cane.
La verità è che proprio in quei giorni durante i quali
stava riflettendo su se tornare o meno a Los Angeles, era stato lui ad avere un
incidente. Era uscito per fare una passeggiata, ne aveva approfittato per
portare anche Lilly con sé, ma fatti pochi passi fuori dal cancello non aveva
notato una lastra di ghiaccio che per il gran freddo di quel gennaio si era
formata in una conca dell’asfalto del marciapiede, così era scivolato su di essa
ed era caduto rovinosamente. Aveva avuto una discreta sfortuna dato che il colpo
al ginocchio si era dimostrato più fastidioso del previsto, tanto che dopo
qualche giorno che il dolore non passava sua madre lo aveva costretto ad andare
all’ospedale dove lei lavorava a fare dei controlli più approfonditi. Era venuto
fuori che probabilmente il suo ginocchio doveva già essere compromesso in
partenza e quella caduta era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il
vaso. Avrebbero dovuto asportargli il menisco con un operazione breve e
semplice, che però avrebbe significato che doveva stare in assoluto riposo per
un paio di settimane e stare molto attento durante la convalescenza. Insomma,
muoversi da dov’era era del tutto sconsigliabile, ma la cosa, a dirla tutta, non
l’aveva poi così disturbato nonostante l’ingaggio perso. Si era goduto la
gravidanza di Lilly e il periodo con la sua famiglia, divertendosi a notare come
anche in un cane possa essere particolare un certo periodo della vita.
Dicono tutti che una donna in stato interessante sia
diversa, lui aveva potuto notare che anche la sua cagnetta lo era. Aveva un’aria
come di fatalità intorno a lei. Stava più tranquilla, sembrava star sempre a
riflettere, il suo sguardo era più languido e sembrava ancora più incline del
solito a chiedere attenzioni, ma anche quello lo faceva in modo diverso. Come se
avesse paura di mosse brusche non faceva le feste, si limitava ad avvicinarsi e
a guardare la sua “preda” con su uno sguardo fin troppo eloquente, che faceva
sorridere chi lo riceveva e che lo rendeva allo stesso tempo incapace di negare
quelle attenzioni.
Dato che ancora non riusciva a stare molto bene in piedi,
Dominic si era seduto per terra vicino alla cuccia di Lilly, in modo da starle
vicino. La sua cagnetta aveva appoggiato placidamente il muso sul suo ginocchio,
quello sano, e gli aveva leccato la mano, Dominic aveva cominciato così ad
accarezzarle lentamente la testa, mentre le diceva che era stata bravissima.
Purtroppo l’unica cosa che era dispiaciuta a tutti era che uno dei cuccioli,
l’ultimo che era nato, non era sopravvissuto alla nascita, ma il veterinario,
che era andato via da un paio d’ore, aveva affermato che era una cosa molto
comune.
- Come facciamo con i cuccioli? Non ne abbiamo mai parlato
fin’ora ma sarà il caso adesso.- aveva chiesto a sua madre che era rimasta in
bilico sulle punte dei piedi, seduta sui talloni.
- Non ne ho idea, uno mi piacerebbe tenerlo se tuo padre è
d’accordo, anche se credo che non ci siano problemi. Però non di più, dove li
teniamo qui due cani?-
- Ne rimangono tre, allora.-
- Magari Anne ne potrebbe volere uno.- aveva osservato
Maureen, riferendosi alla figlia dei loro vicini di casa, che probabilmente,
almeno lei la pensava così, era uno dei motivi, e forse nemmeno il meno
importante, per il quale Dominic si era ritenuto abbastanza contento di essere
rimasto lì in Inghilterra.
Ultimamente si era frequentata un po’ con lui dopo essere
tornata anche lei dagli Stati Uniti più o meno nello stesso periodo in cui era
tornato anche Dominic. Era tornata a Manchester a Natale per stare un po’ a casa
con i suoi prima di tornare al suo lavoro, per altro si sarebbe trasferita a San
Francisco a maggio dopo aver lavorato due anni a Minneapolis.
- Ne dubito,- aveva detto subito a sua madre, - Dovrebbe
portarlo fuori con il guinzaglio a qualsiasi ora del giorno. E poi fa un lavoro
troppo impegnativo, i cani non sono indipendenti come i gatti, hanno bisogno di
tanto affetto e di presenze stabili, vero?- aveva espresso l’ultimo concetto
guardando il suo cane e facendogli una vocetta strana.
- Magari lo tengono i suoi, così rimarrebbe qui vicino. Mi
farebbe piacere non perderli di vista questi cuccioli, e soprattutto saperli in
buone mani.-
- Questo preme anche a me.- aveva asserito serio Dominic,
sempre accarezzando Lilly sulla testa. Improvvisamente, dopo qualche secondo di
silenzio, si era girato verso sua madre e aveva detto: - A proposito di Anne,
l’hai avvertita che sono nati?-
Maureen si era data un leggero colpetto con la mano sulla
testa. - No, me ne sono dimenticata! Sai, tra chiamare il veterinario e aiutarlo
non è che ho avuto anche il tempo di chiamare i vicini, non potevi farlo tu?-
gli aveva risposto, pensando: appunto, a chi ha pensato subito?
- M’è sfuggito di mente.- aveva ammesso anche lui, mentre
si era messo a frugare nella tasca della felpa che indossava, tirando fuori il
suo cellulare. L’aveva aperto e aveva cercato il numero di Anne, che comunque
era uno degli ultimi fatti.
Maureen si era alzata e si era allontanata, quasi colta
dalla sensazione di dover lasciargli la sua privacy, anche se poi, volente o
nolente aveva sentito la semplice conversazione, forse durata nemmeno un minuto
in cui Dominic aveva detto ciao ti disturbo, sì sono nati, ok ti aspetto,
seguito da un tra cinque minuti arriva Anne, diretto a lei.
- Ok.- aveva ribattuto la donna, tornando pochi minuti dopo
con la macchina fotografica digitale che Dominic le aveva chiesto di prendergli
non appena fosse andata per qualche ragione al piano superiore della loro casa.
- Devo mandare una foto a Sakumi, sai quella mia amica
giapponese, era davvero curiosa di vederli. E ad Irene ovviamente, spero tanto
che ne prendano uno loro, ad Owen piacerebbe così tanto.- aveva commentato,
mentre armeggiava con quell’arnese in mano.
- E poi ora che hanno una casa fuori città sarebbe
l’ideale.- aveva aggiunto Maureen.
Dominic aveva semplicemente commentato con un mh mh
di assenso mentre fotografava i cucciolotti sempre intenti nella loro merenda.
Lilly aveva sbattuto appena la coda nel notare quell’attenzione che era rivolta
a lei e alla sua nidiata.
- Sei sempre la solita pavona!- aveva scherzato Dominic,
tornando ad accarezzare il suo cane; sua madre aveva riso vedendo la scenetta.
***
Sin da quando Irene ed Owen avevano varcato la soglia di
casa sua definitivamente, non sapeva esattamente se fosse per il fatto che dopo
pochi secondi già gli mancavano tantissimo, Dominic aveva pensato che aveva una
gran voglia di tornare in Inghilterra, e non per le massimo due settimane che al
massimo si concedeva per le festività o per qualche occasione particolare.
Voleva prendersi una pausa, una lunga pausa che gli sarebbe stata utile per
riprendere le fila di molte cose che non andavano.
La sua vita lì a Los Angeles aveva ripreso i suoi
tradizionali ritmi: il lavoro sul set, i suoi amici, le uscite in cui si era
sorpreso di notare quanto poco gli importasse di conoscere nuove persone, donne
in special modo. Aveva ancora paura della solitudine, ma aveva deciso che non
era quello il modo in cui voleva condurre la sua vita, all’eterna ricerca di
qualcuna che potesse essere quella giusta.
Una volta Irene, parlandogli di Christopher, gli aveva
detto che erano cose che succedono quando meno te lo aspetti e che non le puoi
aiutare. Doveva solo aspettare che il destino facesse il suo corso e avere
fiducia in se stesso. In verità lui tanta fiducia sotto quel punto di vista in
se stesso doveva ammettere di non averla, ma era perfettamente inutile il suo
continuo sforzo. E se pure non era destino in fin dei conti, meglio essere senza
una compagna che circondato da una serie di donne che non sapeva quanto fossero
davvero interessate a lui. Comunque, a sopperire a quella mancanza, c’era sempre
la onnipresente e affettuosissima Lilly che di certo non lo faceva sentire mai
perso.
Una sola cosa era davvero nuova, l’amicizia con Sakumi.
Dopo quel giovedì sera ce n’era stato un altro la settimana
dopo, e poi un altro ancora e così si era ripetuto praticamente ogni settimana,
tanto che si davano direttamente l’appuntamento per la settimana successiva
quando si salutavano a fine serata, cosa che avveniva solitamente sotto casa di
lei. Si sentivano solo se c’era qualche variazione del programma, o proposte
inaspettate. Era capitato anche che uscissero qualche volta con i rispettivi
amici, o che passassero le loro domeniche insieme. Sakumi lo invitava a pranzo a
casa sua, Dominic spesso si portava anche Lilly dato che era graditissima in
quell’appartamento da mamma e figlia e che in genere si organizzavano anche per
andare fuori a fare una passeggiata.
La loro amicizia in tempi relativamente brevi era diventata
davvero degna di essere chiamata tale contro ogni aspettativa, anche per via del
modo in cui erano cominciati i loro rapporti. Probabilmente era stato così anche
grazie a quel periodo che avevano passato spesso insieme, per via dei problemi
che lei ed Irene avevano avuto con la storia della rissa all’asilo dei bambini.
Si capivano e parlavano di tutto quello che li riguardava, si erano raccontati
spesso di aneddoti riguardanti la loro vita entrando anche in particolari, si
erano aiutati vicendevolmente in momenti poco rosei ed era stato facile per
entrambi. Molto spesso parlavano anche di Irene ed Owen, scambiandosi le notizie
che giungevano loro da Birmingham o parlando delle cose divertenti che avevano
fatto con loro. Erano stati bene tutti insieme: quel periodo, per certi aspetti,
si poteva veramente dire fosse stato indimenticabile.
Dominic aveva parlato di lei con sua madre, una volta che
si erano sentiti per telefono.
- Lo vedi che ho ragione quando ti dico che tu hai questa
sensibilità, così, come dire, quasi femminile? Hai tutte amiche donne, è
incredibile!-
- Mamma, che stress che sei! Non è vero e lo sai benissimo-
le aveva risposto lui, che se anche era divertito non ne poteva più di essere
preso in giro per quella cosa, che poi non gli sembrava nemmeno giusta. In
verità glielo dicevano tutti, quindi un po’ ci si era abituato a quest’idea, ma
preferiva non mettere in dei clichet il suo carattere e niente che lo
riguardasse. Lo facevano già in troppi quel simpatico giochetto di
classificarlo, quindi preferiva dire a se stesso che la sua sensibilità era la
sua, punto. Che fosse femminile o maschile non gl’importava assolutamente
niente.
Era stata la stessa Sakumi comunque a spingerlo a
riconsiderare di concedersi quella pausa, forse perché con il passare delle
settimane, nonostante il lavoro andasse a gonfie vele e Dominic fosse abbastanza
soddisfatto della sua vita in generale, lo aveva visto sempre meno tranquillo
rispetto a certe faccende.
- Cosa ti trattiene allora, se non hai nessun impegno
impellente? Fallo e goditela. Voglio dire, Los Angeles rimarrà qui e non
cambierà… purtroppo! E come dici tu, se ci fosse qualcosa per cui non possono
proprio fare a meno di te salti su un aereo e torni, che t’importa?-
Le riprese del film erano durate per tre mesi, altro tempo
era passato tra la post produzione e svariati impegni per la campagna
pubblicitaria, nel frattempo avrebbe dovuto buttarsi alla ricerca di altre cose
da fare. Come il suo agente gli aveva consigliato avrebbe dovuto leggersi dei
copioni interessanti, fare qualche provino, impegnarsi insomma nella ricerca
continua di qualcosa di nuovo che magari avesse potuto migliorare la sua
carriera… non che avesse proprio ignorato le proposte giustissime del suo
agente, solo non era il momento e del resto non aveva avuto bisogno di farlo
capire a nessuno che gli stesse intorno e che badasse a lui. Che era stanco e
addirittura demotivato per certi versi gli si leggeva in faccia.
Sakumi aveva ragione aveva pensato, ragione da vendere. Non
c’era in effettivo niente che lo trattenesse. Così pochi giorni prima del suo
compleanno, a dicembre, aveva sistemato tutto quello che aveva lasciato in
sospeso e aveva preso un aereo, pensando che non c’era nessun progetto così
interessante che lo potesse distogliere dall’idea di quella pausa di cui aveva
bisogno davvero.
Quella decisione non era stata scalfita nemmeno al pensiero
che, invece, un progetto molto interessante lo aveva tra le mani, e da tanto più
tempo di quello che credeva.
Aveva divorato quella sceneggiatura che Madeleine gli aveva
dato in quell’afoso pomeriggio estivo di diversi mesi prima nel giro di una
notte alla metà di settembre. Non se n’era più potuto staccare quando aveva
cominciato e ci aveva fatto l’alba quasi senza accorgersene.
Pensando a quanto fosse stato idiota a non trovare mai il
tempo per leggere quella meraviglia si era detto che quel progetto doveva
assolutamente andare in porto, era troppo bello per rimanere nel dimenticatoio.
Era una prospettiva del libro audace ma del tutto plausibile, intensa e perfetta
nella caratterizzazione dei personaggi.
Quando aveva finito di leggere il libro in verità aveva
pensato che fosse impossibile trarne un film interessante: si trattava di
concepire una pellicola che si basava sulla storia di un tipo che vedeva tutto
in bianco, la bellezza di fare un film simile poteva essere data dal far entrare
lo spettatore nel mondo del portatore d’handicap e se anche la natura della
storia non era certo quella di parlare della cecità comunque quell’aspetto aveva
il suo peso. Ma dopo aver visionato quella sceneggiatura Dominic aveva pensato
che se avesse avuto davanti il tizio che l’aveva scritta gli si sarebbe
inginocchiato di fronte dicendogli che era un puro ed autentico genio!
Detto fatto, la mattina dopo aveva contattato Madeleine
chiedendole cosa poteva fare lui in concreto per aiutare a fare in modo che non
finisse tutto nel cestino della cartastraccia. Nel giro di quei mesi che erano
passati prima della sua partenza per l’Inghilterra, Dominic si era dato
parecchio da fare chiedendo in giro, usando le sue conoscenze e impegnandosi in
prima persona: certo era troppo giovane per interpretare il protagonista, ma
come Madeleine stessa gli aveva detto, a lei sembrava adattissimo. Poi era
talmente innamorato della sceneggiatura che si era detto del tutto fiducioso nei
miracoli che esperti del make-up nel campo del cinema sarebbero riusciti ad
operare sulla sua persona. Di tutto pur di poterlo fare, anche metterci del suo
non solo per la recitazione. Era infatti entrato a far parte della produzione,
come Madeleine e il suo compagno avevano voluto dato il suo interessamento alla
cosa.
Ma prima c’era altro che doveva fare, e in ogni modo molti
mesi sarebbero passati prima che quel progetto avesse potuto davvero prendere
dei connotati tangibili.
***
Dopo che sua madre era tornata alle sue faccende,
lasciandolo solo in compagnia della nuova nidiata, aveva sentito qualcuno
bussare sul retro, Dominic si era voltato verso la porta che stava davanti a
lui, e che era aperta. Aveva detto avanti e quindi Anne era entrata.
- Ciao.- gli aveva detto trovandolo seduto per terra
accanto a Lilly, che vedendola aveva scodinzolato un pochino. La ragazza si era
avvicinata, si era messa anche lei in ginocchio sul pavimento accanto a Dominic.
Prima di dare un occhio ai nuovi nati aveva sorriso a lui, che le aveva
restituito il gesto, quindi aveva fatto una carezza alla mamma.
- Sono adorabili.- aveva commentato vedendo quei quattro
esserini. - Quanto saranno grossi da grandi, secondo te?- aveva chiesto a
Dominic.
- Il veterinario ha detto che potrebbero essere all’incirca
come Lilly, forse leggermente più piccoli. Non più grandi in ogni modo.-
- Se ne accarezzo uno Lilly si arrabbia?- aveva chiesto.
Dominic le aveva sorriso. - No, non credo.-
Ce n’era uno che aveva colto particolarmente la sua
attenzione. Mentre tutti gli altri erano marroncini, uno aveva delle striature
color miele, era stato verso quello che Anne si era diretta, sfiorandogli
delicatamente la testolina con l’indice, per non più di un secondo. Lilly
l’aveva guardata farlo, quasi che temesse per i suoi piccoli, aveva riappoggiato
la testa sul ginocchio di Dominic immediatamente però.
- Ti piace quello?- le aveva chiesto Dominic.
La ragazza aveva annuito. - In effetti è il più
particolare. Che cos’è, maschio o femmina?-
- Non lo so, il veterinario ha detto che sono tre femmine e
un maschietto, ma ora come ora non li ho controllati di persona.-
Anne si era seduta sul pavimento portandosi le ginocchia al
petto e circondandosele con le braccia.
- Mettono allegria.- aveva commentato guardandoli ancora,
quindi aveva allungato ancora la mano verso la testa di Lilly e l’aveva grattata
appena dietro l’orecchio destro.
- Che ne farete?-
- Ne parlavamo giusto con mia madre prima. A te piacerebbe
averne uno?- aveva chiesto.
Anne aveva sorriso, guardando quello che le piaceva di più.
- Molto, ma non poso occuparmi di un cane. Lo sai che per me è un po’ difficile
come progetto.-
- Nemmeno se lo lasci qui dai tuoi?-
- Forse a mia sorella piacerebbe, ma non lo so. Te lo saprò
ridire, c’è tempo comunque, prima devono stare con la loro mamma per un po’.-
- Anche questo mi da da pensare… ma non è che le si
spezzerà il cuore se glieli togliamo? Sono i suoi piccoli in fondo. Per me
sarebbe un problema tenerli tutti, ma con un po’ d’impegno forse.-
Anne aveva riso. - Dom, sono cani! Tra gli animali è
normale, e poi non potresti mai tenerli tutti, dai!-
- Se aprissi un allevamento?-
- Sì, come Rudy e Anita nella carica dei 101, solo che con
cento dalmata credo che abbiamo fatto i soldi, tu con questi meticci tanto
carini non so cosa potresti fare!-
- Lo farei solo per il piacere di spupazzarmeli tutti, non
per altro!-
- Non ne dubitavo. Allora ci sto, mi sembra un ottimo
progetto.- aveva detto sorridendo Anne.
Erano rimasti lì a chiacchierare per più di un’ora,
guardando i cagnolini che dopo la merenda erano rimasti tutti accoccolati e
vicini contro la pancia della loro mamma, sonnecchiando. Anche Lilly si era
addormentata finalmente, rimanendo sempre sul ginocchio di Dominic che
l’accarezzava di tanto in tanto.
Si erano interrotti soltanto quando lui aveva ricevuto una
telefonata, di Irene. Per la verità aveva trovato Owen dall’altra parte, l’aveva
salutato con un ciao ranocchietto che aveva fatto sorridere Anne.
Aveva lasciato loro un messaggio in segreteria,
semplicemente per dire che stavano nascendo i cuccioli. Non aveva trovato
nessuno in casa ovviamente, dato che li aveva chiamati alle tre del pomeriggio.
Irene evidentemente aveva trovato il messaggio e l’aveva contattato, ma Owen
sicuramente era il più curioso tra i due.
Aveva parlato un po’ con il bambino descrivendogli i
cuccioli e il trambusto di quel lungo pomeriggio che stava volgendo al termine,
poi con Irene, invitandola a venire a trovarli quel fine settimana, per portare
Owen a vedere i nuovi nati, ma la donna aveva detto che difficilmente ce
l’avrebbero fatta. Aveva rinnovato l’invito a lui invece a tornare, e a fermarsi
qualche giorno dato che l’unica volta che lui era andato a trovarli era rimasto
per un pomeriggio, e poi era andato via subito.
Era stata una domenica, pochi giorni dopo il suo
compleanno, verso la metà di dicembre. Dominic non li aveva nemmeno avvertiti
del suo ritorno in Inghilterra, aveva optato per fare una sorpresa, così alla
prima domenica disponibile si era messo in macchina con Lilly, portandola
immaginando che ad Owen avrebbe fatto piacere, e aveva raggiunto Birmingham. Non
sapeva l’indirizzo preciso di Irene adesso, sapeva che avevano cambiato casa, un
altro problema era la sua scarsa conoscenza della rete stradale di quella città.
Aveva preferito andare prima a casa di Melanie, la madre di Irene, in fondo le
faceva piacere salutare anche lei dato che erano anni che non la vedeva.
Sulla porta la donna l’aveva accolto con un gran sorriso,
oltre che molto sorpresa di vederlo lì.
- Che ragazzone!- le aveva detto prima di abbracciarlo con
affetto e notare anche la presenza del cane.
- Magari…- aveva ribattuto lui ironicamente, immaginava che
dovesse risultare alto per una donnina alta non più di un metro e
cinquantacinque. Ma solo per lei, non s’illudeva.
L’aveva fatti entrare ed erano stati per un bel po’ di
tempo a parlare, mentre Lilly sonnecchiava sul tappeto del soggiorno, Melanie
aveva rassicurato Dominic che non dava nessun fastidio. Gli aveva detto che
aveva mancato sua figlia e suo nipote di nemmeno mezz’ora, erano stati a pranzo
da lei e poi erano andati da Christopher e che probabilmente non sarebbero stati
a casa ancora per un po’. Nel tempo che avevano passato insieme gli aveva
disegnato una mappa semplice ma efficace per arrivare senza intoppi al loro
nuovo indirizzo. Quando Dominic era stato in strada aveva ringraziato davvero
molto quel pezzetto di carta. Prima di suonare al citofono aveva guardato quella
costruzione dietro le sbarre del cancello, per quanto ancora chiaramente ci
stessero facendo dei lavori sembrava molto bella, con un bel giardino intorno e
non troppo isolata.
C’erano molte novità che riguardavano la vita di Irene ed
Owen, Dominic ne era stato aggiornato in tempo reale da loro stessi, dato che si
sentivano molto spesso, ma era ben altra cosa entrare in contatto direttamente
con certe cose. Innanzi tutto Irene si era licenziata anche dal suo vecchio
studio, prendendo a lavorare con quella sua amica di cui gli aveva parlato anche
mentre erano in America. Era un piccolo studio ma andava molto bene, soprattutto
perché il clima era allegro e, sebbene dovessero lavorare tutte sodo, lo
facevano con gioia. Owen frequentava nuovamente il suo vecchio asilo e aveva
ritrovato i suoi compagni di giochi abituali, passava molto tempo con sua nonna
e suo padre ed era sereno.
Christopher, nonostante avesse cambiato casa, passava tutto
il suo tempo libero da loro, anche perché stava dirigendo i lavori di
ristrutturazione di quella casa che Irene stava pagando con un mutuo.
Non appena era tornata a Birmingham aveva fermamente deciso
che il loro appartamento in centro era comodo ma assolutamente claustrofobico.
Voleva un po’ più di spazio nonostante adesso in quella casa ci fossero solo lei
e il bambino, anche un po’ di verde intorno, soprattutto per esaudire il
desiderio di Owen di avere un cagnolino, cosa che sarebbe piaciuta anche a lei.
Questa cosa le era sembrata importante specialmente dopo aver diviso il loro
spazio vitale per quasi due mesi con una cagnolina adorabile come Lilly, notando
l’effetto che aveva su Owen.
Ne aveva parlato con Christopher che le aveva dato una mano
con la ricerca, non appena aveva visto quella casa aveva pensato che doveva
essere quella. Di lavori di ristrutturazione ce n’erano da fare un bel po’, ma
questo non l’aveva fermata. Aveva dei risparmi per fare quei lavori, Christopher
aveva preteso di aiutarla non solo mettendole a disposizione il suo lavoro, ma
anche economicamente. Irene all’inizio gli aveva detto di no perché non lo
riteneva giusto, l’altro a sua volta le aveva fatto notare che quella sarebbe
stata la casa di suo figlio. La donna, forte anche di tutto quello che era
capitato nelle loro vite, non aveva ribattuto affatto a quell’affermazione.
Quando Dominic aveva suonato era stato Christopher infatti
ad affacciarsi alla tendina della porta che dava sulla cucina, non appena
l’aveva riconosciuto gli aveva sorriso. Il primo però che era uscito e gli era
corso incontro sul vialetto di ciottoli era stato Owen, che lui si era messo ad
aspettare a braccia aperte.
- Visto che sono venuto e ti ho portato anche Lilly?- gli
aveva detto sempre tenendolo in braccio, dopo che si erano scambiati qualche
bacio.
- Me l’avevi promesso!- aveva ribattuto il bambino come per
dire che aveva fatto nient’altro che il suo.
Dominic aveva riso e se l’era stretto contro ancora un po’,
prima di andare verso la porta dove era uscita anche Irene, che lo stava
guardando sorridendo.
- Scusa l’improvvisata, - aveva detto salutando anche lei,
- Solo che volevo farvi una sorpresa. Vi disturbo?- aveva chiesto.
- Ma che cavolate dici, tu non disturbi mai!- aveva
ribattuto la donna che era felice di averlo lì.
Avevano passato il pomeriggio insieme, Irene e Christopher
gli avevano mostrato tutta la casa che era ancora immersa nei lavori. Owen, che
per un bel pezzo era stato con Lilly a giocare, ad un certo punto gli aveva
acchiappato la mano sequestrandolo e mostrandogli con orgoglio la sua cameretta,
dove in un angolo troneggiava l’orso che lui gli aveva regalato per il suo
compleanno. Al muro, attaccate sotto una cornice, c’erano svariate foto di Owen
un po’ a tutte le età con suo padre, sua madre, sua nonna e tanta altra gente
che Dominic non conosceva, anche un paio dove erano insieme, una con Irene ed
una solo loro due. Dominic si era chiesto quando Irene l’avesse scattata, lui
non se lo ricordava, forse non si era nemmeno accorto. C’erano lui seduto al
tavolo della cucina con Owen seduto sul suo ginocchio, aveva riconosciuto
davanti a lui sul tavolo il copione che stava studiando in quel periodo. Aveva
chiesto ad Irene quando l’avesse fatta, nemmeno lei se lo ricordava con
precisione. Erano molto belle per essere state scattate con una semplicissima
macchinetta usa e getta, Irene aveva lasciato la sua macchina in Inghilterra e
aveva risolto così la cosa.
Era rimasto appena per cena perché voleva tornare a
Manchester subito, Irene aveva provato a chiedergli di rimanere lì almeno per
quella notte. Lo spazio non ci manca, gli aveva detto, ma Dominic voleva
andare a casa. Aveva promesso di tornare appena fosse stato possibile, ma poi
non si erano visti che a Natale, quando Irene, Owen e Melanie avevano passato
tre giorni a Manchester a casa sua, com’era tradizione ormai da più di
vent’anni.
Irene ed Owen erano andati a trovarli due settimane dopo la
nascita. I cuccioli erano appena più pelosetti e cominciavano a vedersi con
chiarezza le prime diversità tra loro, ma erano ancora piccolissimi e si
reggevano appena in piedi per qualche secondo, poi franavano nuovamente con il
sederino per terra non appena cercavano di muovere dei piccoli e malfermi
passetti.
Owen era stato al culmine della gioia quando Irene aveva
acconsentito alla proposta di Dominic di prenderne uno. Ovviamente non potevano
lasciare la mamma prima di un mese almeno, così anche se ci era rimasto male,
Owen non si era potuto portare via la sua preferita della nidiata. Dominic,
quando erano ripartiti, gli aveva solennemente promesso che, di lì a due
settimane, sarebbe stato lui in persona a portargli la cucciolina a casa, Irene
aveva detto che ne avrebbe approfittato per costringerlo a rimanere un fine
settimana intero. Dato che lui non poteva guidare e che Anne le era molto
simpatica, aveva invitato anche lei, da quello che aveva notato vedendoli
insieme, non aveva potuto fare a meno di captare chiari segnali del fatto che si
piacevano, per lei poi era palese che a Dominic quella ragazza doveva piacere
molto anche se lui non si era sbottonato in proposito. I pettegolezzi però tra
lei e Maureen si erano sprecati, e questa cosa la divertiva, doveva ammetterlo!
***
Arrivare a due settimane era stato un attimo, Dominic non
se n’era quasi nemmeno accorto. Il suo ginocchio migliorava vistosamente, tanto
che aveva lasciato da un po’ le stampelle con le quali era stato costretto a
spostarsi. Seguiva i progressi dei cucciolotti, che adesso camminavano
tranquillamente sulle loro belle zampotte piazzate. Anzi, stavano diventando
anche piuttosto molesti a dirla tutta. Si affilavano i dentini sulle zampe dei
mobili fino a che qualcuno non li prendeva per la collottola e li rimetteva nel
loro cestino dove emettevano dei guaitini striduli e abbaiavano pure magari, nel
tentativo di impietosire qualcuno ed essere rimessi in libertà, poi dopo un po’
si stancavano. Venivano consumati quantità industriali di quegli ossi che
vendono nei negozi di animali per i cuccioli con la smania dei denti, ma loro
sembravano molto più propensi a mangiucchiare le zampe dei mobili o le scarpe.
Ogni tanto si divertivano a mangiucchiare anche le estremità umane, tipo gli
alluci se malcapitatamente trovavano qualcuno senza scarpe, ovviamente le mani e
a volte addirittura nasi od orecchie, se venivano presi in braccio. Come tutti i
cuccioli però erano un amore a vedersi e morbidi al tatto dato che avevano il
pelo morbidissimo dei cuccioli che sarebbe diventato folto come quello della
mamma; erano adorabili poi quando, dopo un po’ che erano in braccio a qualcuno
cercando di mordicchiare tutto quello che avevano a tiro, si addormentavano di
colpo cullati dalla vibrazione della voce della persona a cui erano in braccio.
Erano un terremoto, di sicuro, ma erano meravigliosi.
Anne aveva convinto i suoi a tenerne uno, il suo preferito
e anche l’unico maschietto, l’aveva chiamato Buddy e l’avrebbe portato dai suoi
prima di partire per Birmingham con Dominic, Lilly e la cucciolina destinata ad
Owen. Lui era sempre molto preoccupato per ciò che concerneva il distacco dai
suoi cuccioli per Lilly, ma quando era arrivato il momento di partire per
Birmingham, con Buddy che aveva già cambiato casa il giorno prima e lasciandone
due lì, aveva notato con sollievo che non sembrava troppo turbata. Pensò che era
così perchè si fidava di lui ciecamente, come aveva sempre fatto per tutta la
vita.
La mattina in cui erano partiti tutti insieme era salita
nel bagagliaio dell’auto di Anne con la piccola della sua nidiata ed entrambe
avevano dormito per quasi tutto il viaggio, svegliandosi solo quando, a metà
strada, si erano fermati per permettere a loro di sgranchirsi e fare i
bisognini.
Anne guidava stando parecchio attenta, non correva e si era
scusata per il fatto di sembrare un po’ impacciata. - E’ che non sono più
abituata a guidare a destra, la cosa mi spiazza un po’ sulle prime.- aveva
detto. Dominic poteva capirla benissimo, era lo stesso problema che aveva sempre
anche lui ogni volta che per una ragione o per l’altra doveva guidare in
Inghilterra.
Le aveva sorriso non commentando, per tutto il viaggio si
era sforzato di trovare argomenti di conversazione che esulassero un po’ dai
cani, anche se comunque ne avevano parlato parecchio anche in quella sede. Si
sentiva impacciato, perché Anne, volente o nolente gli piaceva, e tanto.
La prima volta che l’aveva rivista, dieci giorni prima di
Natale, si erano praticamente scontrati fuori dalle loro rispettive case e lui
non l’aveva nemmeno riconosciuta nonostante questo. Era una ragazza carina,
niente di particolare, con l’aria appena un po’ stanca e un ciuffettino di
capelli castano chiari annodati frettolosamente sulla nuca. Lei l’aveva guardato
con curiosità invece, ma lui c’era fin troppo abituato ad essere guardato così e
non ci aveva fatto più di tanto caso. Solo un paio di giorni dopo l’aveva
rincontrata, sempre più o meno nello stesso frangente, e lei timidamente l’aveva
chiamato con il suo nome. Si era girato sentendosi chiamare, quando gli aveva
detto che era Anne ci era rimasto quasi male.
Lui si ricordava una ragazzina piuttosto anonima, timida
fino all’inverosimile, della quale non si ricordava che poco. Sua sorella del
resto attirava molto di più l’attenzione e la toglieva del tutto o quasi a lei:
più grande di almeno cinque anni o sei, era sicuramente più conosciuta per
essere molto più carina e, a detta di diversi ragazzi più grandi di lui a quei
tempi, anche parecchio disponibile. In questo suo essere così disponibile
era rimasta incinta a vent’anni e si era sposata giovane, adesso a trentadue
anni aveva tre figli, Anne gliel’aveva raccontato in quei dieci minuti che si
erano parlati.
Lei invece era una grafica pubblicitaria e lavorava negli
Stati Uniti, ci si era trasferita dopo che le avevano fatto un’offerta
interessante, che lei aveva accettato nonostante il fatto che trasferirsi
dall’altra parte del mondo, per via del suo carattere piuttosto schivo, non le
andava poi così tanto.
Dominic era rimasto subito incuriosito da lei e le aveva
detto che voleva rivederla. Ci facciamo due chiacchiere davanti ad una birra,
aveva proposto, e in effetti così era stato, molto spesso, fino a che
frequentarsi era venuto naturale.
Ed era stato assolutamente naturale anche tutto il resto,
non l’aveva aiutato, come Irene gli aveva detto era stato facilissimo passare
dal pensare che quella ragazza gli era simpatica a, dopo nemmeno un mese, che
gli piaceva molto. Solo che questo significava essere un po’ più teso con lei.
Finché frequentava casa sua, che era sempre il solito porto
di mare dove c’era gente che entrava ed usciva e non erano mai soli andava bene,
se andavano in un pub a prendere una birra anche, ma nell’abitacolo di
quell’auto era un’altra storia. E Dominic si sentiva un deficiente, perché a
trent’anni si aspettava di saper gestire meglio certe cose. Ma in fondo, dove
stava scritto che era più facile col tempo?
Anne anche stava bene con lui, gli sembrava palese, ma non
aveva mai dimostrato di essere interessata ad altro, questo non lo aiutava e lo
spingeva anche a non fare niente in proposito anche se s’imponeva di stare
tranquillo e di godersi semplicemente quell’amicizia, che in fondo era la cosa
più importante. Con Anne andavano d’accordo quasi su tutto e stavano bene, si
divertivano a fare le cose più semplici e stupide e non si annoiavano mai.
Questo era molto bello di per sé.
Per altro c’era una cosa che lo colpiva particolarmente di
quel rapporto: era tanto che si sentiva coinvolto da una donna che non
dimostrava per prima un certo interesse con lui, questo aveva interrotto
magicamente quella sorta di circolo vizioso che si era innescato dopo la rottura
con Chandelle, e questo per lui aveva significato poter davvero voltare pagina,
definitivamente.
Owen era stato felicissimo di vederli arrivare all’ora di
pranzo di quel venerdì, Irene aveva raccontato a lui e ad Anne che li stava
aspettando impaziente alla finestra da quella mattina. Dominic aveva aperto il
bagagliaio permettendo a Lilly di uscire di lì, quindi aveva preso in braccio la
cucciola, tenendola su una mano dove stava comoda essendo molto piccola e
l’aveva porta al bambino che l’aveva presa in braccio e accarezzata un po’ sotto
suggerimento di Dominic, per tranquillizzarla dato che era leggermente impaurita
nel trovarsi in un luogo nuovo e con tanta gente che non riconosceva. Dopo
qualche minuto però aveva già cominciato a scodinzolare e a fare le feste a
tutti, nonché aveva subito fatto pipì sul pavimento della cucina.
- Ecco, adesso è proprio casa sua!- aveva scherzato
Dominic.
Durante la cena di quel venerdì sera l’argomento era stato
il nome da mettere alla cagnolina, Owen voleva chiamare Lilly anche lei, e anche
se Irene gli aveva detto che c’erano tanti nomi carini per un cane a lui piaceva
quello e non aveva voluto sentire ragioni. Del resto era lo stesso bambino che
chiamava tutti i suoi orsetti Charlie, quindi alla fine l’aveva spuntata.
La sera prima di andare a letto Owen era stato più
recalcitrante del solito perché non voleva lasciare la piccola Lilly e nemmeno
la mamma, alla quale non aveva certo negato attenzioni per via dell’altra, poi
si era dovuto arrendere al volere di Irene, che però aveva dovuto faticare un
bel po’.
Dopo il viaggio anche Dominic e Anne erano stanchi, le
chiacchiere con Irene non erano durate a lungo, anche in previsione del fatto
che il giorno dopo ci sarebbe stata un po’ di gente in casa.
La notizia del giorno infatti, che per Dominic era stata
una vera e propria sorpresa perché non se lo sarebbe proprio aspettato, era
stato conoscere quella Patsie di cui aveva sentito parlare una volta.
Precisamente da Christopher, svariati mesi prima.
L’aveva visto arrivare per l’ora di pranzo e si era goduto
la scena da dietro la finestra. Owen aveva fatto una corsetta verso di lui con
la piccola Lilly in braccio, pronto per farla vedere a suo padre. Trovandosi
davanti questa ragazza era rimasto per un momento perplesso, ma poi Dominic
l’aveva visto salutarla e tendere il cane verso suo padre che si era abbassato
stando in bilico sui talloni e facendole una carezza. Owen l’aveva mostrata
anche a quella ragazza subito dopo.
Essendosi accorto della presenza di Irene, che stava
guardando la stessa scena dietro di lui, aveva chiesto chi fosse e lei, per
l’appunto, aveva detto semplicemente Patsie. Dominic aveva dovuto
sforzarsi non poco per ricordarsi quel nome.
Si era girato per chiedere se era quella Patsie, l’altra
aveva annuito.
- Se penso a quanto l’ho detestata… invece è una ragazza
così simpatica.- aveva detto seria. - Certo alle volte è matta come un cavallo,
ma insieme stanno davvero bene, è quello che ci vuole per lui, per svegliarlo un
po’! Sono tre settimane che gli dico di presentarla ad Owen e oggi ce l’abbiamo
fatta!-
Dominic era sempre più perplesso, quella situazione a prima
vista gli sembrava folle. Irene doveva aver intuito le sue giuste perplessità,
così gli aveva sorriso.
- Appena posso ti spiego un po’ di cose…- l’aveva
rassicurato.
Poi c’era stato poco da spiegare, le cose erano molto
semplici. Tra Christopher ed Irene da subito dopo il rientro da Los Angeles,
c’era stato accordo totale, su tutto. Ad entrambi stava a cuore la tranquillità
di Owen e siccome loro prima di tutti continuavano a stare bene insieme, non
c’era nessun problema in proposito. Erano passati con una disarmante semplicità
dall’essere sposati ad essere amici e anche loro non sapevano bene come fosse
successo.
Le motivazioni erano tante a dire la verità. Si volevano
bene, erano tanto simili di carattere da essere affini in tutto, sentivano
chiaramente che un distacco di entità superiore a quello li avrebbe fatti stare
male. In questo capirsi così bene l’uno con l’altro era ovvio che Irene, dopo
nemmeno troppo tempo, aveva intuito che Christopher di quella Patsie era davvero
innamorato.
Ironia della sorte era stata lei tre mesi prima a dirgli di
non avere paura e chiederle di uscire.
Patsie, che era un peperino, aveva risposto alla sua
richiesta che era l’ora. Non so, volevi aspettare ancora?, gli aveva
detto. Fra un po’ l’avrei fatto io. Ed era cominciata così.
La giornata era andata bene, Patsie era piaciuta a tutti,
cosa ancora più importante era piaciuta ad Owen che, come faceva con tutti gli
estranei, si era mantenuto ancora un po’ sulle sue, ma se un po’ lo conosceva,
Dominic sapeva che gli era piaciuta e non poco, e non ci avrebbe messo molto ad
essere più affettuoso anche con lei.
Irene ne era stata felice, l’aveva anche invidiati un po’,
non solo perché stavano bene insieme, ma anche perché sarebbe piaciuto anche a
lei incontrare qualcuno che le facesse quell’effetto. Tempo al tempo, si diceva,
e anche Dominic, mentre quella sera dopo cena si erano ritrovati da soli in
cucina a parlarne, le aveva detto che era così. Stavano finendo di rimettere le
stoviglie della cena apposto, Dominic aveva preteso di darle una mano dato che
erano le undici passate e che lei sembrava abbastanza stanca.
- Una volta mi hai detto che certe cose non si aiutano, lo
dico nuovamente a te adesso.- aveva detto ad Irene sorridendole, lei aveva colto
la palla al balzo per rilanciare.
- Immagino che non hai avuto bisogno di aiuto con Anne.-
Dominic si era messo una mano sulla nuca, come faceva
sempre quando s’imbarazzava, Irene lo sapeva benissimo. - E’ così evidente?-
aveva chiesto.
- Per me sì…- aveva risposto la donna. - E’ adorabile, è
una ragazza davvero in gamba e tra l’altro mi sembra davvero adatta a te. Non te
la far scappare, hai capito?-
Dominic le aveva dato un bacio su una guancia, quando
l’aveva guardata un’altra volta aveva detto ci provo prima di uscire
dalla cucina, dicendo che doveva far andare Lilly in giardino per farle fare
pipì.
- Vedi di riuscirci, ok?- aveva aggiunto Irene,
sorridendogli.
Poco dopo era andata a dormire, era stata una giornata
lunga e piena di novità, aveva lasciato Dominic ed Anne seduti in soggiorno sul
divano che chiacchieravano, con Lilly che dormiva accoccolata ai piedi di
Dominic, come sempre. L’altra Lilly, la piccola, stava sulla cuccia che Owen
aveva scelto accuratamente per lei al negozio di animali qualche giorno prima,
poco lontana da loro.
Aveva dato la buonanotte ed era salita al piano superiore
della casa, andando prima a controllare che Owen stesse bene. Aveva appena
aperto la porta della sua stanza vedendo che dormiva tranquillo, l’aveva
richiusa piano dopo un paio di secondi.
Era andata a letto, ma improvvisamente, sebbene fosse molto
stanca, le era venuta sete ed era scesa nuovamente diretta alla cucina, quando
era arrivata davanti all’entrata del soggiorno però si era fermata, sentendo
pronunciare il suo nome da Dominic. Stava parlando di lei con Anne, e non aveva
potuto fare a meno di ascoltare per un momento, spiandoli pur sapendo che non
era molto corretto da parte sua.
-… Irene mi faceva quell’effetto, esattamente… non so se
hai presente! Direi quasi paralizzante alle volte, però bello da morire. Lì per
lì non ti nascondo che non volevo che venissero a stare a casa mia, mia madre lo
sai com’è fatta, ha fatto leva proprio sul fatto che lo sapeva che a me da
ragazzino Irene piaceva da impazzire, è stata veramente subdola! Ma se dovessi
dirti come la penso adesso, sono state le sette settimane più belle che ho
vissuto da quando abito in America. Irene e il bambino mi hanno riempito la vita
di colore e hanno migliorato tutto, anche se non è stato sempre facile con
loro.-
Irene aveva capito sin dall’inizio di cosa stesse parlando,
sentirgli dire quelle cose l’aveva quasi commossa. Avrebbe voluto dirgli che lo
stesso era stato per lei e per Owen, che gli doveva il fatto di aver ripreso le
fila della sua vita grazie al suo costante appoggio, all’affetto e alla pazienza
che aveva dimostrato di avere con lei e con Owen… semplicemente con il suo
essere se stesso anche lui aveva ridato colore alla sua vita. Non gli poteva
dire niente in quel momento, ma si era ripromessa di farlo.
Era rimasta per qualche altro secondo lì mentre Anne e
Dominic stavano in silenzio, stava quasi per andarsene quando qualcosa l’aveva
bloccata. Una sensazione strana, come se stesse per succedere qualcosa.
Dominic aveva guardato Anne, che aveva incontrato il suo
sguardo. Si erano sorrisi appena, probabilmente nella testa di lui doveva essere
passato il classico o adesso o mai più, che aveva preso al volo. Aveva
allungato la sua mano verso la guancia di Anne, sfiorandogliela appena, quindi
con calma si era avvicinato al suo viso e per qualche secondo aveva appoggiato
le labbra alle sue, dolcemente.
Quando si era ritratto, forse semplicemente per testare la
sua reazione, vedendo che lei gli sorrideva, appena un po’ imbarazzata ma
felice, era tornato a baciarla, questa volta più profondamente.
Era felice per loro, aveva sorriso.
Si era ritratta dietro al muro, in quel momento era davvero
brutto continuare a guardarli, era il loro momento e tale doveva rimanere. Però
era rimasta per un momento in piedi, con le spalle appoggiate al muro e con quel
sorriso sul viso che difficilmente sarebbe andato via.
Aveva ripensato in un attimo a tutti quelli che erano stati
i suoi sogni e le sue speranze per il futuro nell’arco di una vita,e aveva
guardato quello che aveva, in quel preciso momento.
Quello che aveva sempre voluto era amare ed esser amata,
vivere tranquillamente e non dare ai suoi figli ciò che di brutto aveva avuto
lei. E non c’era niente di quella lista che in quel momento gli mancava.
Aveva un figlio stupendo, il suo lavoro le piaceva, degli
amici che le volevano bene, adesso anche la casa dei suoi sogni. Owen era
circondato da persone che lo amavano, anche se non stavano insieme i suoi
genitori c’erano sempre e creavano intorno a lui un ambiente sereno dove sarebbe
cresciuto tranquillo.
Le sarebbe piaciuto avere una famiglia numerosa… forse
quella era l’unica cosa che mancava.
Eppure durante quella giornata quella casa era stata piena
di gente che era stata bene insieme.
Forse non nel modo che si aspettava, non esattamente come
l’aveva immaginata, ma aveva tutto quello che aveva sognato a portata di mano.
Bastava solo che allungasse la mano e lo prendesse, vivendo la vita per quello
che è, una cosa di cui non si può essere mai certi ma che riserva continue
sorprese.
E non tutte sono brutte in fin dei conti.
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