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Autore: lightoftheday    27/05/2005    3 recensioni
Cosa succede ad un giovane attore affermato quando entrano all'improvviso a far parte della sua vita una vecchia amica e suo figlio di quattro anni? Se poi lei non è una qualsiasi, i lontani ricordi si riaffacciano alla memoria e fanno pensare.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fine, fine, fine!!!

Non ne potevo più!

Colgo l’occasione per ringraziare le persone che mi hanno seguita, quindi Lili anche se è un po’ che non la vedo, Bloody Mary, Crazygirl e Claudietta che ci son sempre state. Siete state confortanti e lettrici indispensabili… la cosa migliore è quando si è capiti, e questa sensazione me l’avete sempre data, grazie mille! Grazie anche alla compagna di merende Moon, ovviamente!

Una piccola precisazione, più che altro una battutaccia. Il nome del cane, Lilly… è da “Lilly e il Vagabondo”, il cartone Disney, ormai si sarà capito che adoro la Disney e che me ne servo parecchio. Non come qualcuno potrebbe pensare per sbeffeggiare Evangeline Lilly!

Anche perché al limite la posso invidiare un po’, tanto per gradire.

Non mi permetterei mai, mi sta pure simpatica!

La cacchiata dovevo dirla anche sul finire, sopportatemi quanto potete!

Ci rivediamo il primo giugno, con quello che vi aspettate… ebbene sì. Tornano Elena, Jenny e gli altri bischeri della banda!

Intanto spero che questo lunghissimo epilogo vi piaccia.

Buona lettura, Mandy

 

 

v       Epilogo - Quello che ho sempre sognato

 

Stando in piedi non senza una certa difficoltà, Dominic si era chinato con la schiena quel tanto che bastava per guardare Lilly che, sdraiata su un fianco e con l’aria stanca ma felice, stava immobile mentre i suoi cuccioli nati da poche ore stavano allegramente facendo merenda attaccati ai suoi capezzoli.

- Dai, non sono così brutti…- aveva commentato diretto verso sua madre, guardando quei quattro piccoli esserini che con gli occhietti ancora chiusi cercavano di nutrirsi.

La donna aveva inclinato leggermente la testa da un lato e aveva sorriso lievemente.

- No, direi che sono adorabili per essere figli del pestifero bastardino dei nostri vicini!- aveva osservato.

Durante quei tre mesi che erano trascorsi da quando Dominic era tornato a Manchester per stare con la sua famiglia infatti erano successe un sacco di cose.

Quando aveva deciso di prendersi quella pausa non aveva stabilito precisamente quanto sarebbe stata lunga. Aveva voglia di stare con la sua famiglia, più lontano possibile da Los Angeles e dalla vita che conduceva solitamente, così aveva pensato che non c’era niente di meglio da fare, dopo aver terminato gli impegni di lavoro più importanti, che prendere la sua fidata cagnetta e andare a casa dai suoi. Questo succedeva all’inizio di dicembre.

Il primo impegno che tassativamente aveva era per aprile, c’era da fare il solito giro promozionale per il film appena girato che sarebbe uscito in quel periodo in America, quindi avrebbe potuto, se non ci fossero stati ordini contrari del suo diligente stuff, stare a casa dai suoi anche fino a quel mese volendo, ma doveva essere sempre all’erta. A metà gennaio circa infatti gli era stato proposto un lavoro che poteva essere piuttosto interessante, aveva valutato attentamente di interrompere quella pausa di riflessione e tornare a casa sua negli Stati Uniti, ma due cose essenzialmente l’avevano trattenuto.

Innanzi tutto Lilly aveva visto bene di rimanere incinta. Quando a casa si erano accorti che era in calore, intorno all’inizio dell’anno nuovo, avevano cercato di tenerla al riparo almeno finché il cane dei vicini, una simpatica canaglia che tutti nel vicinato conoscevano sia per la sua irruenza che per la sua simpatia, con indomito coraggio non era riuscito a raspare quanto bastava sotto la rete metallica che univa i due giardini e ad entrare vincitore nel castello… non certo per salvare la sua bella, ma insomma il concetto si è capito!

Quando Dominic si era accorto dell’intrusione era tardi per prendere qualsiasi provvedimento, sua madre si era un po’ dispiaciuta che una cagnetta così bella si fosse accoppiata con un cane dal miscuglio di razze talmente incerto che non si sarebbe potuto definire in alcun modo possibile, ma in fondo poco importava. Nel giro di due mesi Lilly avrebbe avuto dei cuccioli, forse non sarebbero stati bellissimi ma era una cosa che rallegrava tutti. Se anche poi il motivo primo per cui Dominic era stato costretto a rimanere in Inghilterra non era certo quello, era stato comunque felicissimo di poter rimanere fermo in quel periodo e godersi la gravidanza del suo cane.

La verità è che proprio in quei giorni durante i quali stava riflettendo su se tornare o meno a Los Angeles, era stato lui ad avere un incidente. Era uscito per fare una passeggiata, ne aveva approfittato per portare anche Lilly con sé, ma fatti pochi passi fuori dal cancello non aveva notato una lastra di ghiaccio che per il gran freddo di quel gennaio si era formata in una conca dell’asfalto del marciapiede, così era scivolato su di essa ed era caduto rovinosamente. Aveva avuto una discreta sfortuna dato che il colpo al ginocchio si era dimostrato più fastidioso del previsto, tanto che dopo qualche giorno che il dolore non passava sua madre lo aveva costretto ad andare all’ospedale dove lei lavorava a fare dei controlli più approfonditi. Era venuto fuori che probabilmente il suo ginocchio doveva già essere compromesso in partenza e quella caduta era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Avrebbero dovuto asportargli il menisco con un operazione breve e semplice, che però avrebbe significato che doveva stare in assoluto riposo per un paio di settimane e stare molto attento durante la convalescenza. Insomma, muoversi da dov’era era del tutto sconsigliabile, ma la cosa, a dirla tutta, non l’aveva poi così disturbato nonostante l’ingaggio perso. Si era goduto la gravidanza di Lilly e il periodo con la sua famiglia, divertendosi a notare come anche in un cane possa essere particolare un certo periodo della vita.

Dicono tutti che una donna in stato interessante sia diversa, lui aveva potuto notare che anche la sua cagnetta lo era. Aveva un’aria come di fatalità intorno a lei. Stava più tranquilla, sembrava star sempre a riflettere, il suo sguardo era più languido e sembrava ancora più incline del solito a chiedere attenzioni, ma anche quello lo faceva in modo diverso. Come se avesse paura di mosse brusche non faceva le feste, si limitava ad avvicinarsi e a guardare la sua “preda” con su uno sguardo fin troppo eloquente, che faceva sorridere chi lo riceveva e che lo rendeva allo stesso tempo incapace di negare quelle attenzioni.

 

Dato che ancora non riusciva a stare molto bene in piedi, Dominic si era seduto per terra vicino alla cuccia di Lilly, in modo da starle vicino. La sua cagnetta aveva appoggiato placidamente il muso sul suo ginocchio, quello sano, e gli aveva leccato la mano, Dominic aveva cominciato così ad accarezzarle lentamente la testa, mentre le diceva che era stata bravissima. Purtroppo l’unica cosa che era dispiaciuta a tutti era che uno dei cuccioli, l’ultimo che era nato, non era sopravvissuto alla nascita, ma il veterinario, che era andato via da un paio d’ore, aveva affermato che era una cosa molto comune.

- Come facciamo con i cuccioli? Non ne abbiamo mai parlato fin’ora ma sarà il caso adesso.- aveva chiesto a sua madre che era rimasta in bilico sulle punte dei piedi, seduta sui talloni.

- Non ne ho idea, uno mi piacerebbe tenerlo se tuo padre è d’accordo, anche se credo che non ci siano problemi. Però non di più, dove li teniamo qui due cani?-

- Ne rimangono tre, allora.-

- Magari Anne ne potrebbe volere uno.- aveva osservato Maureen, riferendosi alla figlia dei loro vicini di casa, che probabilmente, almeno lei la pensava così, era uno dei motivi, e forse nemmeno il meno importante, per il quale Dominic si era ritenuto abbastanza contento di essere rimasto lì in Inghilterra.

Ultimamente si era frequentata un po’ con lui dopo essere tornata anche lei dagli Stati Uniti  più o meno nello stesso periodo in cui era tornato anche Dominic. Era tornata a Manchester a Natale per stare un po’ a casa con i suoi prima di tornare al suo lavoro, per altro si sarebbe trasferita a San Francisco a maggio dopo aver lavorato due anni a Minneapolis.

- Ne dubito,- aveva detto subito a sua madre, - Dovrebbe portarlo fuori con il guinzaglio a qualsiasi ora del giorno. E poi fa un lavoro troppo impegnativo, i cani non sono indipendenti come i gatti, hanno bisogno di tanto affetto e di presenze stabili, vero?- aveva espresso l’ultimo concetto guardando il suo cane e facendogli una vocetta strana.

- Magari lo tengono i suoi, così rimarrebbe qui vicino. Mi farebbe piacere non perderli di vista questi cuccioli, e soprattutto saperli in buone mani.-

- Questo preme anche a me.- aveva asserito serio Dominic, sempre accarezzando Lilly sulla testa. Improvvisamente, dopo qualche secondo di silenzio, si era girato verso sua madre e aveva detto: - A proposito di Anne, l’hai avvertita che sono nati?-

Maureen si era data un leggero colpetto con la mano sulla testa. - No, me ne sono dimenticata! Sai, tra chiamare il veterinario e aiutarlo non è che ho avuto anche il tempo di chiamare i vicini, non potevi farlo tu?- gli aveva risposto, pensando: appunto, a chi ha pensato subito?

- M’è sfuggito di mente.- aveva ammesso anche lui, mentre si era messo a frugare nella tasca della felpa che indossava, tirando fuori il suo cellulare. L’aveva aperto e aveva cercato il numero di Anne, che comunque era uno degli ultimi fatti.

Maureen si era alzata e si era allontanata, quasi colta dalla sensazione di dover lasciargli la sua privacy, anche se poi, volente o nolente aveva sentito la semplice conversazione, forse durata nemmeno un minuto in cui Dominic aveva detto ciao ti disturbo, sì sono nati, ok ti aspetto, seguito da un tra cinque minuti arriva Anne, diretto a lei.

- Ok.- aveva ribattuto la donna, tornando pochi minuti dopo con la macchina fotografica digitale che Dominic le aveva chiesto di prendergli non appena fosse andata per qualche ragione al piano superiore della loro casa.

- Devo mandare una foto a Sakumi, sai quella mia amica giapponese, era davvero curiosa di vederli. E ad Irene ovviamente, spero tanto che ne prendano uno loro, ad Owen piacerebbe così tanto.- aveva commentato, mentre armeggiava con quell’arnese in mano.

- E poi ora che hanno una casa fuori città sarebbe l’ideale.- aveva aggiunto Maureen.

Dominic aveva semplicemente commentato con un mh mh di assenso mentre fotografava i cucciolotti sempre intenti nella loro merenda. Lilly aveva sbattuto appena la coda nel notare quell’attenzione che era rivolta a lei e alla sua nidiata.

- Sei sempre la solita pavona!- aveva scherzato Dominic, tornando ad accarezzare il suo cane; sua madre aveva riso vedendo la scenetta.

 

***

 

Sin da quando Irene ed Owen avevano varcato la soglia di casa sua definitivamente, non sapeva esattamente se fosse per il fatto che dopo pochi secondi già gli mancavano tantissimo, Dominic aveva pensato che aveva una gran voglia di tornare in Inghilterra, e non per le massimo due settimane che al massimo si concedeva per le festività o per qualche occasione particolare. Voleva prendersi una pausa, una lunga pausa che gli sarebbe stata utile per riprendere le fila di molte cose che non andavano.

La sua vita lì a Los Angeles aveva ripreso i suoi tradizionali ritmi: il lavoro sul set, i suoi amici, le uscite in cui si era sorpreso di notare quanto poco gli importasse di conoscere nuove persone, donne in special modo. Aveva ancora paura della solitudine, ma aveva deciso che non era quello il modo in cui voleva condurre la sua vita, all’eterna ricerca di qualcuna che potesse essere quella giusta.

Una volta Irene, parlandogli di Christopher, gli aveva detto che erano cose che succedono quando meno te lo aspetti e che non le puoi aiutare. Doveva solo aspettare che il destino facesse il suo corso e avere fiducia in se stesso. In verità lui tanta fiducia sotto quel punto di vista in se stesso doveva ammettere di non averla, ma era perfettamente inutile il suo continuo sforzo. E se pure non era destino in fin dei conti, meglio essere senza una compagna che circondato da una serie di donne che non sapeva quanto fossero davvero interessate a lui. Comunque, a sopperire a quella mancanza, c’era sempre la onnipresente e affettuosissima Lilly che di certo non lo faceva sentire mai perso.

Una sola cosa era davvero nuova, l’amicizia con Sakumi.

Dopo quel giovedì sera ce n’era stato un altro la settimana dopo, e poi un altro ancora e così si era ripetuto praticamente ogni settimana, tanto che si davano direttamente l’appuntamento per la settimana successiva quando si salutavano a fine serata, cosa che avveniva solitamente sotto casa di lei. Si sentivano solo se c’era qualche variazione del programma, o proposte inaspettate. Era capitato anche che uscissero qualche volta con i rispettivi amici, o che passassero le loro domeniche insieme. Sakumi lo invitava a pranzo a casa sua, Dominic spesso si portava anche Lilly dato che era graditissima in quell’appartamento da mamma e figlia e che in genere si organizzavano anche per andare fuori a fare una passeggiata.

La loro amicizia in tempi relativamente brevi era diventata davvero degna di essere chiamata tale contro ogni aspettativa, anche per via del modo in cui erano cominciati i loro rapporti. Probabilmente era stato così anche grazie a quel periodo che avevano passato spesso insieme, per via dei problemi che lei ed Irene avevano avuto con la storia della rissa all’asilo dei bambini. Si capivano e parlavano di tutto quello che li riguardava, si erano raccontati spesso di aneddoti riguardanti la loro vita entrando anche in particolari, si erano aiutati vicendevolmente in momenti poco rosei ed era stato facile per entrambi. Molto spesso parlavano anche di Irene ed Owen, scambiandosi le notizie che giungevano loro da Birmingham o parlando delle cose divertenti che avevano fatto con loro. Erano stati bene tutti insieme: quel periodo, per certi aspetti, si poteva veramente dire fosse stato indimenticabile.

Dominic aveva parlato di lei con sua madre, una volta che si erano sentiti per telefono.

- Lo vedi che ho ragione quando ti dico che tu hai questa sensibilità, così, come dire, quasi femminile? Hai tutte amiche donne, è incredibile!-

- Mamma, che stress che sei! Non è vero e lo sai benissimo- le aveva risposto lui, che se anche era divertito non ne poteva più di essere preso in giro per quella cosa, che poi non gli sembrava nemmeno giusta. In verità glielo dicevano tutti, quindi un po’ ci si era abituato a quest’idea, ma preferiva non mettere in dei clichet il suo carattere e niente che lo riguardasse. Lo facevano già in troppi quel simpatico giochetto di classificarlo, quindi preferiva dire a se stesso che la sua sensibilità era la sua, punto. Che fosse femminile o maschile non gl’importava assolutamente niente.

Era stata la stessa Sakumi comunque a spingerlo a riconsiderare di concedersi quella pausa, forse perché con il passare delle settimane, nonostante il lavoro andasse a gonfie vele e Dominic fosse abbastanza soddisfatto della sua vita in generale, lo aveva visto sempre meno tranquillo rispetto a certe faccende.

- Cosa ti trattiene allora, se non hai nessun impegno impellente? Fallo e goditela. Voglio dire, Los Angeles rimarrà qui e non cambierà… purtroppo! E come dici tu, se ci fosse qualcosa per cui non possono proprio fare a meno di te salti su un aereo e torni, che t’importa?-

Le riprese del film erano durate per tre mesi, altro tempo era passato tra la post produzione e svariati impegni per la campagna pubblicitaria, nel frattempo avrebbe dovuto buttarsi alla ricerca di altre cose da fare. Come il suo agente gli aveva consigliato avrebbe dovuto leggersi dei copioni interessanti, fare qualche provino, impegnarsi insomma nella ricerca continua di qualcosa di nuovo che magari avesse potuto migliorare la sua carriera… non che avesse proprio ignorato le proposte giustissime del suo agente, solo non era il momento e del resto non aveva avuto bisogno di farlo capire a nessuno che gli stesse intorno e che badasse a lui. Che era stanco e addirittura demotivato per certi versi gli si leggeva in faccia.

Sakumi aveva ragione aveva pensato, ragione da vendere. Non c’era in effettivo niente che lo trattenesse. Così pochi giorni prima del suo compleanno, a dicembre, aveva sistemato tutto quello che aveva lasciato in sospeso e aveva preso un aereo, pensando che non c’era nessun progetto così interessante che lo potesse distogliere dall’idea di quella pausa di cui aveva bisogno davvero.

Quella decisione non era stata scalfita nemmeno al pensiero che, invece, un progetto molto interessante lo aveva tra le mani, e da tanto più tempo di quello che credeva.

Aveva divorato quella sceneggiatura che Madeleine gli aveva dato in quell’afoso pomeriggio estivo di diversi mesi prima nel giro di una notte alla metà di settembre. Non se n’era più potuto staccare quando aveva cominciato e ci aveva fatto l’alba quasi senza accorgersene.

Pensando a quanto fosse stato idiota a non trovare mai il tempo per leggere quella meraviglia si era detto che quel progetto doveva assolutamente andare in porto, era troppo bello per rimanere nel dimenticatoio. Era una prospettiva del libro audace ma del tutto plausibile, intensa e perfetta nella caratterizzazione dei personaggi.

Quando aveva finito di leggere il libro in verità aveva pensato che fosse impossibile trarne un film interessante: si trattava di concepire una pellicola che si basava sulla storia di un tipo che vedeva tutto in bianco, la bellezza di fare un film simile poteva essere data dal far entrare lo spettatore nel mondo del portatore d’handicap e se anche la natura della storia non era certo quella di parlare della cecità comunque quell’aspetto aveva il suo peso. Ma dopo aver visionato quella sceneggiatura Dominic aveva pensato che se avesse avuto davanti il tizio che l’aveva scritta gli si sarebbe inginocchiato di fronte dicendogli che era un puro ed autentico genio!

Detto fatto, la mattina dopo aveva contattato Madeleine chiedendole cosa poteva fare lui in concreto per aiutare a fare in modo che non finisse tutto nel cestino della cartastraccia. Nel giro di quei mesi che erano passati prima della sua partenza per l’Inghilterra, Dominic si era dato parecchio da fare chiedendo in giro, usando le sue conoscenze e impegnandosi in prima persona: certo era troppo giovane per interpretare il protagonista, ma come Madeleine stessa gli aveva detto, a lei sembrava adattissimo. Poi era talmente innamorato della sceneggiatura che si era detto del tutto fiducioso nei miracoli che esperti del make-up nel campo del cinema sarebbero riusciti ad operare sulla sua persona. Di tutto pur di poterlo fare, anche metterci del suo non solo per la recitazione. Era infatti entrato a far parte della produzione, come Madeleine e il suo compagno avevano voluto dato il suo interessamento alla cosa.

Ma prima c’era altro che doveva fare, e in ogni modo molti mesi sarebbero passati prima che quel progetto avesse potuto davvero prendere dei connotati tangibili.

 

***

 

Dopo che sua madre era tornata alle sue faccende, lasciandolo solo in compagnia della nuova nidiata, aveva sentito qualcuno bussare sul retro, Dominic si era voltato verso la porta che stava davanti a lui, e che era aperta. Aveva detto avanti e quindi Anne era entrata.

- Ciao.- gli aveva detto trovandolo seduto per terra accanto a Lilly, che vedendola aveva scodinzolato un pochino. La ragazza si era avvicinata, si era messa anche lei in ginocchio sul pavimento accanto a Dominic. Prima di dare un occhio ai nuovi nati aveva sorriso a lui, che le aveva restituito il gesto, quindi aveva fatto una carezza alla mamma.

- Sono adorabili.- aveva commentato vedendo quei quattro esserini. - Quanto saranno grossi da grandi, secondo te?- aveva chiesto a Dominic.

- Il veterinario ha detto che potrebbero essere all’incirca come Lilly, forse leggermente più piccoli. Non più grandi in ogni modo.-

- Se ne accarezzo uno Lilly si arrabbia?- aveva chiesto.

Dominic le aveva sorriso. - No, non credo.-

Ce n’era uno che aveva colto particolarmente la sua attenzione. Mentre tutti gli altri erano marroncini, uno aveva delle striature color miele, era stato verso quello che Anne si era diretta, sfiorandogli delicatamente la testolina con l’indice, per non più di un secondo. Lilly l’aveva guardata farlo, quasi che temesse per i suoi piccoli, aveva riappoggiato la testa sul ginocchio di Dominic immediatamente però.

- Ti piace quello?- le aveva chiesto Dominic.

La ragazza aveva annuito. - In effetti è il più particolare. Che cos’è, maschio o femmina?-

- Non lo so, il veterinario ha detto che sono tre femmine e un maschietto, ma ora come ora non li ho controllati di persona.-

Anne si era seduta sul pavimento portandosi le ginocchia al petto e circondandosele con le braccia.

- Mettono allegria.- aveva commentato guardandoli ancora, quindi aveva allungato ancora la mano verso la testa di Lilly e l’aveva grattata appena dietro l’orecchio destro.

- Che ne farete?-

- Ne parlavamo giusto con mia madre prima. A te piacerebbe averne uno?- aveva chiesto.

Anne aveva sorriso, guardando quello che le piaceva di più. - Molto, ma non poso occuparmi di un cane. Lo sai che per me è un po’ difficile come progetto.-

- Nemmeno se lo lasci qui dai tuoi?-

- Forse a mia sorella piacerebbe, ma non lo so. Te lo saprò ridire, c’è tempo comunque, prima devono stare con la loro mamma per un po’.-

- Anche questo mi da da pensare… ma non è che le si spezzerà il cuore se glieli togliamo? Sono i suoi piccoli in fondo. Per me sarebbe un problema tenerli tutti, ma con un po’ d’impegno forse.-

Anne aveva riso. - Dom, sono cani! Tra gli animali è normale, e poi non potresti mai tenerli tutti, dai!-

- Se aprissi un allevamento?-

- Sì, come Rudy e Anita nella carica dei 101, solo che con cento dalmata credo che abbiamo fatto i soldi, tu con questi meticci tanto carini non so cosa potresti fare!-

- Lo farei solo per il piacere di spupazzarmeli tutti, non per altro!-

- Non ne dubitavo. Allora ci sto, mi sembra un ottimo progetto.- aveva detto sorridendo Anne.

Erano rimasti lì a chiacchierare per più di un’ora, guardando i cagnolini che dopo la merenda erano rimasti tutti accoccolati e vicini contro la pancia della loro mamma, sonnecchiando. Anche Lilly si era addormentata finalmente, rimanendo sempre sul ginocchio di Dominic che l’accarezzava di tanto in tanto.

Si erano interrotti soltanto quando lui aveva ricevuto una telefonata, di Irene. Per la verità aveva trovato Owen dall’altra parte, l’aveva salutato con un ciao ranocchietto che aveva fatto sorridere Anne.

Aveva lasciato loro un messaggio in segreteria, semplicemente per dire che stavano nascendo i cuccioli. Non aveva trovato nessuno in casa ovviamente, dato che li aveva chiamati alle tre del pomeriggio. Irene evidentemente aveva trovato il messaggio e l’aveva contattato, ma Owen sicuramente era il più curioso tra i due.

Aveva parlato un po’ con il bambino descrivendogli i cuccioli e il trambusto di quel lungo pomeriggio che stava volgendo al termine, poi con Irene, invitandola a venire a trovarli quel fine settimana, per portare Owen a vedere i nuovi nati, ma la donna aveva detto che difficilmente ce l’avrebbero fatta. Aveva rinnovato l’invito a lui invece a tornare, e a fermarsi qualche giorno dato che l’unica volta che lui era andato a trovarli era rimasto per un pomeriggio, e poi era andato via subito.

 

Era stata una domenica, pochi giorni dopo il suo compleanno, verso la metà di dicembre. Dominic non li aveva nemmeno avvertiti del suo ritorno in Inghilterra, aveva optato per fare una sorpresa, così alla prima domenica disponibile si era messo in macchina con Lilly, portandola immaginando che ad Owen avrebbe fatto piacere, e aveva raggiunto Birmingham. Non sapeva l’indirizzo preciso di Irene adesso, sapeva che avevano cambiato casa, un altro problema era la sua scarsa conoscenza della rete stradale di quella città. Aveva preferito andare prima a casa di Melanie, la madre di Irene, in fondo le faceva piacere salutare anche lei dato che erano anni che non la vedeva.

Sulla porta la donna l’aveva accolto con un gran sorriso, oltre che molto sorpresa di vederlo lì.

- Che ragazzone!- le aveva detto prima di abbracciarlo con affetto e notare anche la presenza del cane.

- Magari…- aveva ribattuto lui ironicamente, immaginava che dovesse risultare alto per una donnina alta non più di un metro e cinquantacinque. Ma solo per lei, non s’illudeva.

L’aveva fatti entrare ed erano stati per un bel po’ di tempo a parlare, mentre Lilly sonnecchiava sul tappeto del soggiorno, Melanie aveva rassicurato Dominic che non dava nessun fastidio. Gli aveva detto che aveva mancato sua figlia e suo nipote di nemmeno mezz’ora, erano stati a pranzo da lei e poi erano andati da Christopher e che probabilmente non sarebbero stati a casa ancora per un po’. Nel tempo che avevano passato insieme gli aveva disegnato una mappa semplice ma efficace per arrivare senza intoppi al loro nuovo indirizzo. Quando Dominic era stato in strada aveva ringraziato davvero molto quel pezzetto di carta. Prima di suonare al citofono aveva guardato quella costruzione dietro le sbarre del cancello, per quanto ancora chiaramente ci stessero facendo dei lavori sembrava molto bella, con un bel giardino intorno e non troppo isolata.

C’erano molte novità che riguardavano la vita di Irene ed Owen, Dominic ne era stato aggiornato in tempo reale da loro stessi, dato che si sentivano molto spesso, ma era ben altra cosa entrare in contatto direttamente con certe cose. Innanzi tutto Irene si era licenziata anche dal suo vecchio studio, prendendo a lavorare con quella sua amica di cui gli aveva parlato anche mentre erano in America. Era un piccolo studio ma andava molto bene, soprattutto perché il clima era allegro e, sebbene dovessero lavorare tutte sodo, lo facevano con gioia. Owen frequentava nuovamente il suo vecchio asilo e aveva ritrovato i suoi compagni di giochi abituali, passava molto tempo con sua nonna e suo padre ed era sereno.

Christopher, nonostante avesse cambiato casa, passava tutto il suo tempo libero da loro, anche perché stava dirigendo i lavori di ristrutturazione di quella casa che Irene stava pagando con un mutuo.

Non appena era tornata a Birmingham aveva fermamente deciso che il loro appartamento in centro era comodo ma assolutamente claustrofobico. Voleva un po’ più di spazio nonostante adesso in quella casa ci fossero solo lei e il bambino, anche un po’ di verde intorno, soprattutto per esaudire il desiderio di Owen di avere un cagnolino, cosa che sarebbe piaciuta anche a lei. Questa cosa le era sembrata importante specialmente dopo aver diviso il loro spazio vitale per quasi due mesi con una cagnolina adorabile come Lilly, notando l’effetto che aveva su Owen.

Ne aveva parlato con Christopher che le aveva dato una mano con la ricerca, non appena aveva visto quella casa aveva pensato che doveva essere quella. Di lavori di ristrutturazione ce n’erano da fare un bel po’, ma questo non l’aveva fermata. Aveva dei risparmi per fare quei lavori, Christopher aveva preteso di aiutarla non solo mettendole a disposizione il suo lavoro, ma anche economicamente. Irene all’inizio gli aveva detto di no perché non lo riteneva giusto, l’altro a sua volta le aveva fatto notare che quella sarebbe stata la casa di suo figlio. La donna, forte anche di tutto quello che era capitato nelle loro vite, non aveva ribattuto affatto a quell’affermazione.

Quando Dominic aveva suonato era stato Christopher infatti ad affacciarsi alla tendina della porta che dava sulla cucina, non appena l’aveva riconosciuto gli aveva sorriso. Il primo però che era uscito e gli era corso incontro sul vialetto di ciottoli era stato Owen, che lui si era messo ad aspettare a braccia aperte.

- Visto che sono venuto e ti ho portato anche Lilly?- gli aveva detto sempre tenendolo in braccio, dopo che si erano scambiati qualche bacio.

- Me l’avevi promesso!- aveva ribattuto il bambino come per dire che aveva fatto nient’altro che il suo.

Dominic aveva riso e se l’era stretto contro ancora un po’, prima di andare verso la porta dove era uscita anche Irene, che lo stava guardando sorridendo.

- Scusa l’improvvisata, - aveva detto salutando anche lei, - Solo che volevo farvi una sorpresa. Vi disturbo?- aveva chiesto.

- Ma che cavolate dici, tu non disturbi mai!- aveva ribattuto la donna che era felice di averlo lì.

Avevano passato il pomeriggio insieme, Irene e Christopher gli avevano mostrato tutta la casa che era ancora immersa nei lavori. Owen, che per un bel pezzo era stato con Lilly a giocare, ad un certo punto gli aveva acchiappato la mano sequestrandolo e mostrandogli con orgoglio la sua cameretta, dove in un angolo troneggiava l’orso che lui gli aveva regalato per il suo compleanno. Al muro, attaccate sotto una cornice, c’erano svariate foto di Owen un po’ a tutte le età con suo padre, sua madre, sua nonna e tanta altra gente che Dominic non conosceva, anche un paio dove erano insieme, una con Irene ed una solo loro due. Dominic si era chiesto quando Irene l’avesse scattata, lui non se lo ricordava, forse non si era nemmeno accorto. C’erano lui seduto al tavolo della cucina con Owen seduto sul suo ginocchio, aveva riconosciuto davanti a lui sul tavolo il copione che stava studiando in quel periodo. Aveva chiesto ad Irene quando l’avesse fatta, nemmeno lei se lo ricordava con precisione. Erano molto belle per essere state scattate con una semplicissima macchinetta usa e getta, Irene aveva lasciato la sua macchina in Inghilterra e aveva risolto così la cosa.

Era rimasto appena per cena perché voleva tornare a Manchester subito, Irene aveva provato a chiedergli di rimanere lì almeno per quella notte. Lo spazio non ci manca, gli aveva detto, ma Dominic voleva andare a casa. Aveva promesso di tornare appena fosse stato possibile, ma poi non si erano visti che a Natale, quando Irene, Owen e Melanie avevano passato tre giorni a Manchester a casa sua, com’era tradizione ormai da più di vent’anni.

 

Irene ed Owen erano andati a trovarli due settimane dopo la nascita. I cuccioli erano appena più pelosetti e cominciavano a vedersi con chiarezza le prime diversità tra loro, ma erano ancora piccolissimi e si reggevano appena in piedi per qualche secondo, poi franavano nuovamente con il sederino per terra non appena cercavano di muovere dei piccoli e malfermi passetti.

Owen era stato al culmine della gioia quando Irene aveva acconsentito alla proposta di Dominic di prenderne uno. Ovviamente non potevano lasciare la mamma prima di un mese almeno, così anche se ci era rimasto male, Owen non si era potuto portare via la sua preferita della nidiata. Dominic, quando erano ripartiti, gli aveva solennemente promesso che, di lì a due settimane, sarebbe stato lui in persona a portargli la cucciolina a casa, Irene aveva detto che ne avrebbe approfittato per costringerlo a rimanere un fine settimana intero. Dato che lui non poteva guidare e che Anne le era molto simpatica, aveva invitato anche lei, da quello che aveva notato vedendoli insieme, non aveva potuto fare a meno di captare chiari segnali del fatto che si piacevano, per lei poi era palese che a Dominic quella ragazza doveva piacere molto anche se lui non si era sbottonato in proposito. I pettegolezzi però tra lei e Maureen si erano sprecati, e questa cosa la divertiva, doveva ammetterlo!

 

***

 

Arrivare a due settimane era stato un attimo, Dominic non se n’era quasi nemmeno accorto. Il suo ginocchio migliorava vistosamente, tanto che aveva lasciato da un po’ le stampelle con le quali era stato costretto a spostarsi. Seguiva i progressi dei cucciolotti, che adesso camminavano tranquillamente sulle loro belle zampotte piazzate. Anzi, stavano diventando anche piuttosto molesti a dirla tutta. Si affilavano i dentini sulle zampe dei mobili fino a che qualcuno non li prendeva per la collottola e li rimetteva nel loro cestino dove emettevano dei guaitini striduli e abbaiavano pure magari, nel tentativo di impietosire qualcuno ed essere rimessi in libertà, poi dopo un po’ si stancavano. Venivano consumati quantità industriali di quegli ossi che vendono nei negozi di animali per i cuccioli con la smania dei denti, ma loro sembravano molto più propensi a mangiucchiare le zampe dei mobili o le scarpe. Ogni tanto si divertivano a mangiucchiare anche le estremità umane, tipo gli alluci se malcapitatamente trovavano qualcuno senza scarpe, ovviamente le mani e a volte addirittura nasi od orecchie, se venivano presi in braccio. Come tutti i cuccioli però erano un amore a vedersi e morbidi al tatto dato che avevano il pelo morbidissimo dei cuccioli che sarebbe diventato folto come quello della mamma; erano adorabili poi quando, dopo un po’ che erano in braccio a qualcuno cercando di mordicchiare tutto quello che avevano a tiro, si addormentavano di colpo cullati dalla vibrazione della voce della persona a cui erano in braccio.

Erano un terremoto, di sicuro, ma erano meravigliosi.

Anne aveva convinto i suoi a tenerne uno, il suo preferito e anche l’unico maschietto, l’aveva chiamato Buddy e l’avrebbe portato dai suoi prima di partire per Birmingham con Dominic, Lilly e la cucciolina destinata ad Owen. Lui era sempre molto preoccupato per ciò che concerneva il distacco dai suoi cuccioli per Lilly, ma quando era arrivato il momento di partire per Birmingham, con Buddy che aveva già cambiato casa il giorno prima e lasciandone due lì, aveva notato con sollievo che non sembrava troppo turbata. Pensò che era così perchè si fidava di lui ciecamente, come aveva sempre fatto per tutta la vita.

La mattina in cui erano partiti tutti insieme era salita nel bagagliaio dell’auto di Anne con la piccola della sua nidiata ed entrambe avevano dormito per quasi tutto il viaggio, svegliandosi solo quando, a metà strada, si erano fermati per permettere a loro di sgranchirsi e fare i bisognini.

Anne guidava stando parecchio attenta, non correva e si era scusata per il fatto di sembrare un po’ impacciata. - E’ che non sono più abituata a guidare a destra, la cosa mi spiazza un po’ sulle prime.- aveva detto. Dominic poteva capirla benissimo, era lo stesso problema che aveva sempre anche lui ogni volta che per una ragione o per l’altra doveva guidare in Inghilterra.

Le aveva sorriso non commentando, per tutto il viaggio si era sforzato di trovare argomenti di conversazione che esulassero un po’ dai cani, anche se comunque ne avevano parlato parecchio anche in quella sede. Si sentiva impacciato, perché Anne, volente o nolente gli piaceva, e tanto.

La prima volta che l’aveva rivista, dieci giorni prima di Natale, si erano praticamente scontrati fuori dalle loro rispettive case e lui non l’aveva nemmeno riconosciuta nonostante questo. Era una ragazza carina, niente di particolare, con l’aria appena un po’ stanca e un ciuffettino di capelli castano chiari annodati frettolosamente sulla nuca. Lei l’aveva guardato con curiosità invece, ma lui c’era fin troppo abituato ad essere guardato così e non ci aveva fatto più di tanto caso. Solo un paio di giorni dopo l’aveva rincontrata, sempre più o meno nello stesso frangente, e lei timidamente l’aveva chiamato con il suo nome. Si era girato sentendosi chiamare, quando gli aveva detto che era Anne ci era rimasto quasi male.

Lui si ricordava una ragazzina piuttosto anonima, timida fino all’inverosimile, della quale non si ricordava che poco. Sua sorella del resto attirava molto di più l’attenzione e la toglieva del tutto o quasi a lei: più grande di almeno cinque anni o sei, era sicuramente più conosciuta per essere molto più carina e, a detta di diversi ragazzi più grandi di lui a quei tempi, anche parecchio disponibile. In questo suo essere così disponibile era rimasta incinta a vent’anni e si era sposata giovane, adesso a trentadue anni aveva tre figli, Anne gliel’aveva raccontato in quei dieci minuti che si erano parlati.

Lei invece era una grafica pubblicitaria e lavorava negli Stati Uniti, ci si era trasferita dopo che le avevano fatto un’offerta interessante, che lei aveva accettato nonostante il fatto che trasferirsi dall’altra parte del mondo, per via del suo carattere piuttosto schivo, non le andava poi così tanto.

Dominic era rimasto subito incuriosito da lei e le aveva detto che voleva rivederla. Ci facciamo due chiacchiere davanti ad una birra, aveva proposto, e in effetti così era stato, molto spesso, fino a che frequentarsi era venuto naturale.

Ed era stato assolutamente naturale anche tutto il resto, non l’aveva aiutato, come Irene gli aveva detto era stato facilissimo passare dal pensare che quella ragazza gli era simpatica a, dopo nemmeno un mese, che gli piaceva molto. Solo che questo significava essere un po’ più teso con lei.

Finché frequentava casa sua, che era sempre il solito porto di mare dove c’era gente che entrava ed usciva e non erano mai soli andava bene, se andavano in un pub a prendere una birra anche, ma nell’abitacolo di quell’auto era un’altra storia. E Dominic si sentiva un deficiente, perché a trent’anni si aspettava di saper gestire meglio certe cose. Ma in fondo, dove stava scritto che era più facile col tempo?

Anne anche stava bene con lui, gli sembrava palese, ma non aveva mai dimostrato di essere interessata ad altro, questo non lo aiutava e lo spingeva anche a non fare niente in proposito anche se s’imponeva di stare tranquillo e di godersi semplicemente quell’amicizia, che in fondo era la cosa più importante. Con Anne andavano d’accordo quasi su tutto e stavano bene, si divertivano a fare le cose più semplici e stupide e non si annoiavano mai. Questo era molto bello di per sé.

Per altro c’era una cosa che lo colpiva particolarmente di quel rapporto: era tanto che si sentiva coinvolto da una donna che non dimostrava per prima un certo interesse con lui, questo aveva interrotto magicamente quella sorta di circolo vizioso che si era innescato dopo la rottura con Chandelle, e questo per lui aveva significato poter davvero voltare pagina, definitivamente.

 

Owen era stato felicissimo di vederli arrivare all’ora di pranzo di quel venerdì, Irene aveva raccontato a lui e ad Anne che li stava aspettando impaziente alla finestra da quella mattina. Dominic aveva aperto il bagagliaio permettendo a Lilly di uscire di lì, quindi aveva preso in braccio la cucciola, tenendola su una mano dove stava comoda essendo molto piccola e l’aveva porta al bambino che l’aveva presa in braccio e accarezzata un po’ sotto suggerimento di Dominic, per tranquillizzarla dato che era leggermente impaurita nel trovarsi in un luogo nuovo e con tanta gente che non riconosceva. Dopo qualche minuto però aveva già cominciato a scodinzolare e a fare le feste a tutti, nonché aveva subito fatto pipì sul pavimento della cucina.

- Ecco, adesso è proprio casa sua!- aveva scherzato Dominic.

Durante la cena di quel venerdì sera l’argomento era stato il nome da mettere alla cagnolina, Owen voleva chiamare Lilly anche lei, e anche se Irene gli aveva detto che c’erano tanti nomi carini per un cane a lui piaceva quello e non aveva voluto sentire ragioni. Del resto era lo stesso bambino che chiamava tutti i suoi orsetti Charlie, quindi alla fine l’aveva spuntata.

La sera prima di andare a letto Owen era stato più recalcitrante del solito perché non voleva lasciare la piccola Lilly e nemmeno la mamma, alla quale non aveva certo negato attenzioni per via dell’altra, poi si era dovuto arrendere al volere di Irene, che però aveva dovuto faticare un bel po’.

Dopo il viaggio anche Dominic e Anne erano stanchi, le chiacchiere con Irene non erano durate a lungo, anche in previsione del fatto che il giorno dopo ci sarebbe stata un po’ di gente in casa.

La notizia del giorno infatti, che per Dominic era stata una vera e propria sorpresa perché non se lo sarebbe proprio aspettato, era stato conoscere quella Patsie di cui aveva sentito parlare una volta. Precisamente da Christopher, svariati mesi prima.

L’aveva visto arrivare per l’ora di pranzo e si era goduto la scena da dietro la finestra. Owen aveva fatto una corsetta verso di lui con la piccola Lilly in braccio, pronto per farla vedere a suo padre. Trovandosi davanti questa ragazza era rimasto per un momento perplesso, ma poi Dominic l’aveva visto salutarla e tendere il cane verso suo padre che si era abbassato stando in bilico sui talloni e facendole una carezza. Owen l’aveva mostrata anche a quella ragazza subito dopo.

Essendosi accorto della presenza di Irene, che stava guardando la stessa scena dietro di lui, aveva chiesto chi fosse e lei, per l’appunto, aveva detto semplicemente Patsie. Dominic aveva dovuto sforzarsi non poco per ricordarsi quel nome.

Si era girato per chiedere se era quella Patsie, l’altra aveva annuito.

- Se penso a quanto l’ho detestata… invece è una ragazza così simpatica.- aveva detto seria. - Certo alle volte è matta come un cavallo, ma insieme stanno davvero bene, è quello che ci vuole per lui, per svegliarlo un po’! Sono tre settimane che gli dico di presentarla ad Owen e oggi ce l’abbiamo fatta!-

Dominic era sempre più perplesso, quella situazione a prima vista gli sembrava folle. Irene doveva aver intuito le sue giuste perplessità, così gli aveva sorriso.

- Appena posso ti spiego un po’ di cose…- l’aveva rassicurato.

Poi c’era stato poco da spiegare, le cose erano molto semplici. Tra Christopher ed Irene da subito dopo il rientro da Los Angeles, c’era stato accordo totale, su tutto. Ad entrambi stava a cuore la tranquillità di Owen e siccome loro prima di tutti continuavano a stare bene insieme, non c’era nessun problema in proposito. Erano passati con una disarmante semplicità dall’essere sposati ad essere amici e anche loro non sapevano bene come fosse successo.

Le motivazioni erano tante a dire la verità. Si volevano bene, erano tanto simili di carattere da essere affini in tutto, sentivano chiaramente che un distacco di entità superiore a quello li avrebbe fatti stare male. In questo capirsi così bene l’uno con l’altro era ovvio che Irene, dopo nemmeno troppo tempo, aveva intuito che Christopher di quella Patsie era davvero innamorato.

Ironia della sorte era stata lei tre mesi prima a dirgli di non avere paura e chiederle di uscire.

Patsie, che era un peperino, aveva risposto alla sua richiesta che era l’ora. Non so, volevi aspettare ancora?, gli aveva detto. Fra un po’ l’avrei fatto io. Ed era cominciata così.

La giornata era andata bene, Patsie era piaciuta a tutti, cosa ancora più importante era piaciuta ad Owen che, come faceva con tutti gli estranei, si era mantenuto ancora un po’ sulle sue, ma se un po’ lo conosceva, Dominic sapeva che gli era piaciuta e non poco, e non ci avrebbe messo molto ad essere più affettuoso anche con lei.

Irene ne era stata felice, l’aveva anche invidiati un po’, non solo perché stavano bene insieme, ma anche perché sarebbe piaciuto anche a lei incontrare qualcuno che le facesse quell’effetto. Tempo al tempo, si diceva, e anche Dominic, mentre quella sera dopo cena si erano ritrovati da soli in cucina a parlarne, le aveva detto che era così. Stavano finendo di rimettere le stoviglie della cena apposto, Dominic aveva preteso di darle una mano dato che erano le undici passate e che lei sembrava abbastanza stanca.

- Una volta mi hai detto che certe cose non si aiutano, lo dico nuovamente a te adesso.- aveva detto ad Irene sorridendole, lei aveva colto la palla al balzo per rilanciare.

- Immagino che non hai avuto bisogno di aiuto con Anne.-

Dominic si era messo una mano sulla nuca, come faceva sempre quando s’imbarazzava, Irene lo sapeva benissimo. - E’ così evidente?- aveva chiesto.

- Per me sì…- aveva risposto la donna. - E’ adorabile, è una ragazza davvero in gamba e tra l’altro mi sembra davvero adatta a te. Non te la far scappare, hai capito?-

Dominic le aveva dato un bacio su una guancia, quando l’aveva guardata un’altra volta aveva detto ci provo prima di uscire dalla cucina, dicendo che doveva far andare Lilly in giardino per farle fare pipì.

- Vedi di riuscirci, ok?- aveva aggiunto Irene, sorridendogli.

Poco dopo era andata a dormire, era stata una giornata lunga e piena di novità, aveva lasciato Dominic ed Anne seduti in soggiorno sul divano che chiacchieravano, con Lilly che dormiva accoccolata ai piedi di Dominic, come sempre. L’altra Lilly, la piccola, stava sulla cuccia che Owen aveva scelto accuratamente per lei al negozio di animali qualche giorno prima, poco lontana da loro.

Aveva dato la buonanotte ed era salita al piano superiore della casa, andando prima a controllare che Owen stesse bene. Aveva appena aperto la porta della sua stanza vedendo che dormiva tranquillo, l’aveva richiusa piano dopo un paio di secondi.

Era andata a letto, ma improvvisamente, sebbene fosse molto stanca, le era venuta sete ed era scesa nuovamente diretta alla cucina, quando era arrivata davanti all’entrata del soggiorno però si era fermata, sentendo pronunciare il suo nome da Dominic. Stava parlando di lei con Anne, e non aveva potuto fare a meno di ascoltare per un momento, spiandoli pur sapendo che non era molto corretto da parte sua.

-… Irene mi faceva quell’effetto, esattamente… non so se hai presente! Direi quasi paralizzante alle volte, però bello da morire. Lì per lì non ti nascondo che non volevo che venissero a stare a casa mia, mia madre lo sai com’è fatta, ha fatto leva proprio sul fatto che lo sapeva che a me da ragazzino Irene piaceva da impazzire, è stata veramente subdola! Ma se dovessi dirti come la penso adesso, sono state le sette settimane più belle che ho vissuto da quando abito in America. Irene e il bambino mi hanno riempito la vita di colore e hanno migliorato tutto, anche se non è stato sempre facile con loro.-

Irene aveva capito sin dall’inizio di cosa stesse parlando, sentirgli dire quelle cose l’aveva quasi commossa. Avrebbe voluto dirgli che lo stesso era stato per lei e per Owen, che gli doveva il fatto di aver ripreso le fila della sua vita grazie al suo costante appoggio, all’affetto e alla pazienza che aveva dimostrato di avere con lei e con Owen… semplicemente con il suo essere se stesso anche lui aveva ridato colore alla sua vita. Non gli poteva dire niente in quel momento, ma si era ripromessa di farlo.

Era rimasta per qualche altro secondo lì mentre Anne e Dominic stavano in silenzio, stava quasi per andarsene quando qualcosa l’aveva bloccata. Una sensazione strana, come se stesse per succedere qualcosa.

Dominic aveva guardato Anne, che aveva incontrato il suo sguardo. Si erano sorrisi appena, probabilmente nella testa di lui doveva essere passato il classico o adesso o mai più, che aveva preso al volo. Aveva allungato la sua mano verso la guancia di Anne, sfiorandogliela appena, quindi con calma si era avvicinato al suo viso e per qualche secondo aveva appoggiato le labbra alle sue, dolcemente.

Quando si era ritratto, forse semplicemente per testare la sua reazione, vedendo che lei gli sorrideva, appena un po’ imbarazzata ma felice, era tornato a baciarla, questa volta più profondamente.

Era felice per loro, aveva sorriso.

Si era ritratta dietro al muro, in quel momento era davvero brutto continuare a guardarli, era il loro momento e tale doveva rimanere. Però era rimasta per un momento in piedi, con le spalle appoggiate al muro e con quel sorriso sul viso che difficilmente sarebbe andato via.

Aveva ripensato in un attimo a tutti quelli che erano stati i suoi sogni e le sue speranze per il futuro nell’arco di una vita,e aveva guardato quello che aveva, in quel preciso momento.

Quello che aveva sempre voluto era amare ed esser amata, vivere tranquillamente e non dare ai suoi figli ciò che di brutto aveva avuto lei. E non c’era niente di quella lista che in quel momento gli mancava.

Aveva un figlio stupendo, il suo lavoro le piaceva, degli amici che le volevano bene, adesso anche la casa dei suoi sogni. Owen era circondato da persone che lo amavano, anche se non stavano insieme i suoi genitori c’erano sempre e creavano intorno a lui un ambiente sereno dove sarebbe cresciuto tranquillo.

Le sarebbe piaciuto avere una famiglia numerosa… forse quella era l’unica cosa che mancava.

Eppure durante quella giornata quella casa era stata piena di gente che era stata bene insieme.

Forse non nel modo che si aspettava, non esattamente come l’aveva immaginata, ma aveva tutto quello che aveva sognato a portata di mano. Bastava solo che allungasse la mano e lo prendesse, vivendo la vita per quello che è, una cosa di cui non si può essere mai certi ma che riserva continue sorprese.

E non tutte sono brutte in fin dei conti.

   
 
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