Capitolo
25
L'Alba
di Adel e Akenet
Akenet
si svegliò infastidito, qualcosa di ingombrante schiacciato
contro il suo fianco gli faceva caldo, si rigirò tra le
lenzuola senza aprire gli occhi, cercando di allontanarsi ma
l'ingombro rotolò e si adagiò di nuovo contro di lui.
Assalito dal timore di un pericolo incombente sguainò gli
artigli e fortunatamente si fermò un attimo prima di
affondarli nel corpo di Adel, che dormiva placidamente. Akenet
sbuffò, ma non riuscì a evitare di ritirare gli artigli
e allungarle una carezza su una guancia.
Si
tirò su a sedere sul letto e diede un'occhiata fuori dalla
finestra, una lama di luce rossastra all'orizzonte indicava che
stava per sorgere l'alba. Ne rimase stupito, erano millenni che non
dormiva un'intera notte di fila. Ridacchiò lanciando
un'occhiata ad Adel «Bè, non proprio di fila!»
Decise
che aveva voglia di uscire in giardino e godersi lo spettacolo
dell'alba di cui, nonostante i numerosi millenni all’Inferno,
ricordava ancora, i colori meravigliosi, il silenzio rotto solo dal
rilassante cinguettio degli uccelli e la sensazione di pace trasmessa
dalla natura che si prepara a iniziare un nuovo giorno.
Si
alzò, si infilò i pantaloni mimetici e si diresse verso
la porta veranda. Passando davanti allo specchio appeso accanto alla
finestra, si arrestò incredulo «Ma cosa diavolo..?»
pensò di fronte all'immagine riflessa del suo viso: le iridi
blu pervinca spiccavano sul bianco della sclera degli occhi, fino
alla sera prima completamente neri e bui.
«Ma
com’è possibile?» domandò perplesso allo
specchio che ovviamente non rispose. Gli specchi d'altronde,
differentemente da quanto si racconta, tendono per lo più a
evitare di esprimere giudizi personali preferendo mostrare le cose in
modo oggettivo e distaccato.
Alle
sue spalle Adel si rotolò di nuovo nel letto e in quell'esatto
momento l’Arcidiavolo ebbe la risposta alla sua domanda.
«Sei
riuscita a fregarmi, Palletta!» esclamò divertito.
Adel
si svegliò e rispose assonnata. «Ha detto qualcosa,
Signore?»
Akenet
ridacchiò. «Si, ti ho chiesto se ti va di vedere l'alba»
«Molto
volentieri, Signore» rispose lei strofinandosi gli occhi.
«Adel,
ti ricordi, vero, quanto abbiamo scopato, stanotte?»
Le
guance di Adel si imporporano e un sorriso malizioso le comparve sul
viso mentre rovistava tra le lenzuola, cercando la sua veste.
«Oh, si! Certo, Signore»
«E
allora piantala di chiamarmi "Signore", il mio nome è
Akenet.»
La
demone si fermò a guardarlo stupita. «Davvero non le
sembrebbe fuori luogo?»
«Mi
sembra fuori luogo che la mia ragazza mi dia del "lei".
Sbrigati, non voglio perdermi la prima alba dopo millenni
all'Inferno!"» replicò lui aprendo la portafinestra
e uscendo in giardino.
Adel
lo guardò esterrefatta. «Akenet l'aveva davvero
appena definita la sua ragazza? E cosa era successo ai suoi occhi?»
Quando
uscì, lo vide seduto su un tavolo da giardino, intento ad
ammirare l’aurora. La leggera brezza mattutina muoveva
delicatamente i suoi lunghi capelli neri e un'inconsueta espressione
rilassata lo faceva sembrare più giovane. Si girò e
accennò un sorriso, un sorriso vero, non il solito sogghigno
che lo caratterizzava. Adel si rese conto che da quando lavorava con
lui era la prima volta che lo vedeva sorridere.
Lo
raggiunse, poggiò le piccole mani sul tavolo e, aiutandosi con
un battito d’ali, sedette al suo fianco. «Sei proprio una
palletta!» Scherzò lui passandole un braccio
intorno ai fianchi e portandola a sedere sulle sue ginocchia.
Avrebbe
voluto dirle qualcosa di più importante e di più bello,
ma non era ancora in grado di esprimere un certo tipo di sentimenti.
Così la strinse tra le braccia e la baciò sulla nuca
sperando che lei capisse. Quando la senti stringergli le mani e
adagiarsi contro il suo petto, pensò che si, forse Adel aveva
capito.
Mentre
il sole faceva capolino tra le colline, illuminando la campagna con i
suoi primi, pallidi raggi, Akenet si domandò perché
diavolo gli umani, che potevano svegliarsi ogni mattina abbracciati a
chi amavano e circondati da tanta bellezza, non riuscissero a essere
felici.
#
«Facciamo
i guardoni?»
Ariel,
che era appoggiato a uno dei camini sul tetto del B&B, sobbalzò
imbarazzato. Al suo fianco era comparsa Aleniel, ex fidanzata di
Michele nota in tutto il Paradiso per due doti naturali piuttosto
evidenti, sulle quali l’angelo cercò in tutti modi di
non posare lo sguardo. «Non stavo spiando nessuno! Ero già
quassù da un po' quando sono usciti a guardare sorgere il
sole. Safet ieri mi ha chiesto di fare un turno di guardia.»
Aleniel
ridacchiò. «Il prode Ariel, senza macchia né
paura, che prende ordini da un Supervisore infernale…»
«Non
vedo il problema, siamo alleati e Safet è degno del massimo
rispetto!» ringhiò l’angelo.
«Calma,
scherzavo» rispose lei sulla difensiva per poi cambiare
discorso. «Avresti mai detto che a un tipo come Akenet, potesse
piacere una come Adel?»
«Non
vedo perché no. Lei ha un carattere dolce e rassicurante,
adatto ad un tipo nervoso come Akenet e poi è molto carina»
ribatté lui osservando Akenet e Adel abbracciati.
«Oh,
oh… qualcuno, qui ha un debole per la demonietta di Akenet?»
lo punzecchiò maliziosamente Aleniel.
«Punto
primo, da che pulpito viene l'ironia, visto che ti sei portata a
letto un demone che oltretutto è il migliore amico del tuo ex.
Punto secondo, se mi hai raggiunto quassù solo per provocarmi
puoi andartene, sto benissimo anche da solo.»
Aleniel,
colpita dalla risposta così aggressiva di Ariel, arretrò
leggermente. «Ho agito in quel modo solo per ripicca, ero
arrabbiata con Michele perché c'eravamo appena lasciati
definitivamente. La storia con lui non ha mai funzionato perché
lui era ancora innamorato di Yliel, anche se non credo ne fosse del
tutto consapevole. Ammetto di aver avuto un comportamento immaturo,
ma in fondo non me ne pento, Azaele è simpatico e sa essere
molto affettuoso.»
Ariel
si rese conto di essere stato eccessivamente duro. «Non sei
tenuta a giustificarti. Soprattutto con me che di recente ho avuto un
comportamento talmente immaturo da rischiare di perdere l’aureola,
sono davvero l'ultima persona che può permettersi di
giudicarti!»
Aleniel
rimase positivamente colpita dalle scuse di Ariel, lo aveva sempre
giudicato un insopportabile borioso e invece stava scoprendo un
angelo, certamente ancora un po' rigido, ma migliore di quello che
pensava e che oltretutto riusciva a guardarla negli occhi, il che
accadeva di raro quando parlava con qualcuno. Indicò di nuovo
Akenet e Adel che stavano rientrando in camera, l’Arcidiavolo
circondava le spalle di Adel con un braccio. «Sono davvero
carini, non trovi?»
«Sinceramente,
carino, non mi sembra un aggettivo che si addica ad Akenet!»
commentò Ariel perplesso.
Aleniel,
gli diede una gomitata con aria complice «Non li invidi almeno
un po'?»
Ariel
si fece di nuovo sospettoso «Per quale motivo dovrei
invidiarli?»
Lei
sospirò. «Perché sembrano molto innamorati. Sai,
anche io avrei voglia di innamorarmi di qualcuno che mi ricambi
davvero! E tu? Non sei stanco di essere single?»
Ariel
ripensò agli errori commessi con Arianna. «Si, un po'»
rispose malinconico. Dalla cucina salì un delizioso profumo di
torte e Aleniel lo invitò a rientrare, lanciò uno
sguardo all'orizzonte, non notò nulla di preoccupante e decise
di seguirla.
#
Alba
e Azaele avevano appena varcato il cancello del B&B quando videro
Gabriel che li aspettava sotto il portico con le braccia incrociate.
«Secondo
te è arrabbiato?» domandò Alba, era molto legata
a Gabriel e non le piaceva l'idea di discutere con lui.
«Più,
preoccupato… direi» rispose Azaele sudando leggermente
freddo nel vedere il padre avanzare a grandi passi verso di loro.
Indossava l'armatura di titanio e aveva le ali aperte sulla schiena,
come se fosse pronto a combattere.
La
sua avanzata fu interrotta da un branco eterogeneo di animali del
bosco che gli saltarono addosso da tutte le parti. Gabriel si ritrovò
suo malgrado a difendersi dall’attacco di scoiattoli, volpi,
gatti, civette e gazze che tentavano, chi di morderlo nonostante
l'armatura, chi di scalarlo per graffiargli il viso, chi di beccarlo
in testa svolazzando intorno alla sua aureola. Saltellando e
distribuendo pacche di qua e di là, cercò di liberarsi
di tutti i piccoli aggressori, senza fare del male a nessuno,
esibendosi in un buffissimo balletto che poco si addiceva a un prode
guerriero angelico.
Alba,
imbarazzata da morire, stava per richiamare i famigli ma Azaele la
fermò «No dai, è troppo spassoso, aspetta ancora
qualche secondo!»
«Per
una volta sono d'accordo con Azaele!» sghignazzò
Merlino.
Alba
rivolse a entrambi uno sguardo severo e richiamò i famigli che
si fermarono, ma rimasero intorno a Gabriel lanciandogli sguardi
minacciosi.
L'Arcangelo
invitò Alba e Azaele a seguirlo fino alla sua camera. Una
volta entrati chiuse la porta lasciando fuori tutti i famigli
compreso Merlino che incrociò le braccia e poggiò la
schiena contro la porta con aria estremamente offesa.
Alba
provò a scusarsi ma Gabriel la bloccò con un gesto
della mano e un'aria truce che durò lo spazio di pochi secondi
per fare posto a un'allegra risata. «Non devi scusarti, tesoro,
in effetti è stato piuttosto divertente!»
«Sul
serio?» domandò Alba stupita.
«Ma,
certo. E poi mi sono un po' commosso nel vedere che quei piccoli
animali ti sono tanto affezionati da rischiare la loro vita
attaccando un Arcangelo. Sono tutti famigli, vero?»
«Si!»
«Scusa
se li ho lasciati fuori, ma ho preso una decisione importante che
riguarda Azaele e ho bisogno che siamo soli.»
Azaele
impallidì leggermente, suo padre se ne accorse e lo
tranquillizzò. «Sta tranquillo ranocchietto, è
una cosa bella, almeno credo!»
Azaele
sospirò di sollievo, ma subito si rabbuiò. «Senti
papà, ecco... non prenderla male, so che non lo fai apposta,
però... insomma... ormai sono adulto e sto anche per diventare
padre, non è che potresti smetterla di chiamarmi
“ranocchietto”? È piuttosto imbarazzante,
sopratutto quando lo fai davanti a tutti!»
Alba
gli mollò una gomitata nel fianco cosi forte da strappargli un
gemito di dolore e Gabriel rimase interdetto. L'Arcangelo osservò
il figlio come se lo vedesse di nuovo per la prima volta, si soffermò
sulla barba, sull'espressione da adulto e sul fisico che per quanto
minuto, non era certo quello di un putto e si vergognò un po'.
«Hai ragione, scusa ragazzo, non volevo metterti a disagio con
i tuoi amici e solo che... per me sei sarai sempre il mio
ranocchietto!» Azaele alzò il sopraciglio destro. «Ma
ti prometto che almeno di fronte ad altri non ti chiamerò più
così, ok?»
Il
figlio annuì soddisfatto e Gabriel si avvicinò al suo
letto e si inginocchiò davanti ad un baule di ferro; rovistò
dentro qualche istante poi le sue spalle si abbassarono e Alba e
Azaele lo sentirono lasciar andare un sospiro tanto profondo quando
triste.
«Papà,
tutto bene?» lo chiamò Azaele.
Lui
si alzò, sorrise, e dispose sul letto le parti di una
bellissima armatura bianca dalle finiture color oro e verde oliva.
Tornò al baule e ne trasse un pugnale e una spada angelica
che poggiò accanto all'armatura.
Azaele
provò una stretta al cuore e domandò. «È
quello che penso?»
«Si,
ranoc... figlio, è l'armatura di tua madre, è tempo di
esaudire il suo desiderio di affidarla a te!»
«Ma
papà, sono un demone infernale, come posso indossare
l'armatura della mamma!»
Gabriel
sorrise. «Sei comunque figlio di due Arcangeli!»
Schioccò le dita e il demone si ritrovò a guardarsi
allo specchio con indosso un'armatura di un paio di taglie più
grande del necessario che gli dava un aspetto più comico che
marziale.
«Uh,
tua madre non era neanche lontanamente alta come Elendiel, ma era
comunque un Arcangelo!» riflettè Gabriel davanti al
figlio imbarazzatissimo per il risolino divertito che Alba non era
riuscita a nascondere del tutto. «Non preoccuparti, ora
rimedio!» disse, chiudendo la mano destra e alzando indice e
medio. Immediatamente l'armatura si adattò al fisico di Azaele
che commentò soddisfatto «Oh, così va bene!»
«Sei
bellissimo!» esclamò Alba orgogliosa, facendolo
arrossire.
«Concordo!»
approvò Gabriel.
Azaele
si guardò di nuovo allo specchio e rimase a bocca aperte nel
rendersi conto che, nonostante le ali nere e l'aureola spezzata,
l'armatura candida ed elegante di sua madre lo faceva somigliare più
a un angelo che a un demone infernale. Ancora una volta ricordò
le parole di Aurora a proposito della possibilità di essere
riammesso in Paradiso: «Io non so se tu hai davvero questa
possibilità e non so se è un obiettivo che puoi
raggiungere presto o se hai ancora tanto cammino davanti a te, però
credo che sia una cosa sulla quale dovresti riflettere!»
Sorrise
e rivolgendosi a suo padre e alla sua fidanzata disse soltanto «Prima
o poi...»
Loro
capirono e sorrisero con lui.
#
Akenet
e Adel si stavano dirigendo verso la “Sala della colazione”
quando Akenet intravvide in cucina Aurora che insieme ad Alissa e
Yetunde, stava raccogliendo i piatti da distribuire sui tavoli. «Vai,
Palletta, io ti raggiungo subito» suggerì ad Adel che
annuì e continuò verso la sala.
«Ma
ti sembra il modo di rivolgerti a quella ragazza?» domandò
seccata Alissa.
Akenet
la guardò senza capire.
«Come
ti permetti di chiamarla "palletta", non ti rendi conto che le stai facendo body
shaming?»
Akenet
ringhiò, varcò la soglia della cucina, si avvicinò
ad Alissa, aprì le ali e prima che Aurora riuscisse a
intervenire, la afferrò per il collo con una mano artigliata.
«Sono un Arcidiavolo, bella figheira, faccio quello che voglio
e chiamo la mia ragazza come mi pare. Ti è chiaro?»
Alissa,
annuì terrorizzata. «Non ti ho sentito dire si!»
continuò l'Arcidiavolo avvicinando il viso della ragazza al
suo.
Yetunde
provò a intervenire per aiutare la sorella, rimediando una
manata sul petto che gli tolse il respiro e lo fece volare contro la
dispensa. Akenet riportò la sua attenzione su Alissa; Aurora
decise di intervenire, ma fu anticipata da Azaele che era appena
apparso sulla soglia della cucina e ordinò deciso. «Piantala
di fare il testa di cazzo!»
Akenet
lasciò andare Alissa e si piazzò davanti al demone
sovrastandolo. «Cosa hai detto, moccioso?» domandò
gelido. Gli occhi completamente rossi.
«Ho
detto di piantarla di fare il testa di cazzo con chi non si può
difendere. E comunque ho solo un paio di millenni meno di te, quindi
vola basso.»
Nella
stanza si fece un silenzio pesante.
L'Arcidiavolo
allungò un artiglio, afferrò Azaele per il collo e lo
tirò su per portarlo all'altezza del suo viso. Il demone non
si scompose, era abituato a essere trattato in quel modo, per cui si
limitò a guardare il cugino dritto negli occhi.
Akenet
sentì qualcosa di appuntito premere sullo stomaco. Abbassò
lo sguardo e vide che Azaele stringeva un pugnale angelico nella mano
sinistra.
Aurora
decise che era arrivato il momento di riportare tutti alla calma,
prima che le cose si spingessero troppo oltre. «Giovani! Ho
preparato una torta al cioccolato e una alle more. Magari quando
avete finito di sfogare il testosterone ci raggiungete in sala, ok?»
Azaele
e Akenet la guardarono basiti.
Azaele
cominciò a ridacchiare. «Non so a te, ma a me piace la
torta di more».
Stranamente,
Akenet, anziché infuriarsi si calmò completamente.
Riportò
a terra Azaele e gli domandò «Questi umani sono tuoi
amici, cuginetto?»
«Già!»
«Allora
vedi di spiegargli che non devono far incazzare un Arcidiavolo.»
«Ti
incazzi con troppa facilità Akenet» replicò
Azaele.
L'Arcidiavolo
ridacchiò. «Appunto!»
Azaele
scosse la testa con aria di disapprovazione, rinfoderò il
pugnale e fece cenno ad Alissa e Yetunde di seguirlo fuori dalla
cucina.
Aurora
e Akenet rimasero soli. «Comunque io odio le more e sono
allergico al cioccolato»
«Oh,
ecco perché sei così nervoso, caspita, il cioccolato è
uno dei piaceri della vita!»
«Preferisco il
sesso!» sentenzio lui guardandola negli occhi.
«Infatti
ho detto "uno", dei piaceri della vita» rispose
Aurora per nulla scandalizzata.
I
due si guardarono misurandosi vicendevolmente. «Sei stata brava
a intervenire in quel modo» disse lui.
«Insegno
agli adolescenti umani da quarant'anni» rispose Aurora.
«Cosa
vorresti dire?» domandò l'Arcidiavolo stringendo
leggermente gli occhi.
«Hai
capito benissimo, e piantala di stringere gli occhi, tanto lo so che
non oseresti mai fare del male a un umano vivo, è contro le
regole!»
L'Arcidiavolo
sogghignò. «Safet si è scelto una compagna
piuttosto sveglia!»
«Safet
è un demone in gamba!» rispose lei.
«Non
posso negarlo. A proposito come sta?»
«Molto
meglio, nonostante l'arrivo di suo moglie!» scherzò
Aurora.
«Lady
“Palo nel Culo”, è qui? E cosa è venuta a
fare?» domandò stupito Akenet.
«Credo
che fosse preoccupata per Safet e Sael e poi immagino voglia tenere
sotto controllo la situazione!»
«Si,
suppongo tu abbia ragione».
Akenet
si perse qualche istante a riflettere. La situazione si stava facendo
sempre più complicata, cominciavano ad esserci troppi angeli
e Arcangeli per i suoi gusti. Portare avanti il proposito di rapire
la nipotina non sarebbe stato così semplice. Atriel aveva
ragione, qualcuno avrebbe finito per farsi molto male. Infilò
le mani in tasca e si rivolse di nuovo ad Aurora. «Allora,
andiamo ad assaggiare questa torta al cioccolato?»
«Ma
non eri allergico?»
«Ho
mentito, umana!» rispose il demone avviandosi fuori dalla
cucina. Aurora ridacchiò e mentre lo osservava camminare,
ancora una volta si stupì di quanto le ricordasse i leoni
della savana africana.
«So
che non ti piacerà sentirmelo dire, ma credo proprio che
dovresti chiedere scusa ad Alissa e soprattutto smettere di chiamare
Adel, “palletta”»
Akenet
si fermò, ma prima che potesse ribattere Aurora gli domandò
«Ti piacerebbe, se lei si rivolgesse a te chiamandoti
“scarface”?»
Akenet fu molto colpito da quella domanda, osservò
pensieroso le vistose cicatrici sulle sue braccia e poi rispose «No,
penso proprio di no.»
#
Azaele
aveva appena poggiato il piatto ricolmo di torta alle more sul
tavolo, quando Akenet gli poggiò una mano sulla spalla. «Ehy,
cuginetto!»
«Che
c'è adesso?» sbuffò.
«Quel
pugnale é della zia Gala, vero? Posso vederlo?»
Azaele
sfoderò di nuovo il pugnale e glielo mostrò.
«Posso
tenerlo un attimo?» chiese ancora Akenet allungando una mano.
«Certo!»
rispose Azaele porgendoglielo e rischiando di provocare un mezzo
infarto a Yetunde e Alissa che si erano seduti allo stesso tavolo.
Akenet
prese il pugnale, lo osservò con attenzione e ci giocherellò
qualche istante, mostrando una notevole abilità e ottenendo
uno sguardo di ammirazione dal cugino. «É stata tua
madre a insegnarmi a usarlo. Nonostante odiasse la violenza con tutto
il cuore, era la migliore nel combattimento ravvicinato!»
spiegò tristemente.
«Eravate
legati tu e lei?» domandò Azaele.
«Molto
più che con quella stronza di mia madre!» ribattè
l'Arcidiavolo rendendogli il pugnale.
«Capisco!
Mi dispiace.»
Akenet
strinse le spalle e diede un'occhiata in giro per cercare Adel, così
facendo lo sguardo gli cadde su un angelo dai lunghi capelli biondi e
gli occhi azzurri che riconobbe immediatamente.
L'angelo,
forse sentendosi osservato si girò, lo riconobbe e
rivolgendogli un cenno di saluto indicò una chitarra elettrica
poggiata sul suo supporto.
Akenet
sogghignò e fece un cenno di assenso, erano millenni che non
suonava insieme a qualcuno che ne valesse la pena, e David'el, non si
poteva certo negarlo, era uno dei migliori chitarristi esistenti sia
in Cielo che in terra!.
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