Si
era fatta sera quando Milziade,dando spiegazioni più o meno
vaghe
sul separarsi dagli altri per qualche ora per non vedere i loro
brutti musi e usando come scusa il voler fare due passi in
solitudine,cosa che al resto del gruppo,tranne Lucilla,non dispiacque
così tanto,anzi,lo lasciarono andare ben volentieri. Poco
gli
importava della loro opinione e comunque partecipava a quel viaggio
per la paga promessa,non certo per bontà d'animo o per
compiere un
impresa degna di un eroe,come Ercole o Teseo,no,agli altri la
gloria,lui voleva solo quello che gli era stato promesso,nient'altro
gli importava. Era uscito senza l'armatura e senza Briseide,la fedele
giumenta,ma solo con le sue vesti di viaggio e la spada,nel caso
avesse dovuto combattere nel luogo in cui ora si stava recando.
Ricordava ancora le parole dell'orco vestito da medico incontrato in
piscina. Alcmeone,aveva detto di chiedere di Alcmeone ai
derelitti,nel vecchio quartiere,quello abitato dalle classi
più
umili,per non dire le più povere,li,come in molte altre
città
dell'impero. Appena giunto nel vecchio quartiere di Clotovis vide le
insule della zona, le palazzine adibite a case per le persone
più
umili, mal ridotte e dall'intonaco rovinato,con i graffiti sui muri
fatti dai teppisti locali,dove incidevano sui muri,con ciottoli
trovati per strada frasi ingiuriose verso qualcuno,disegnini osceni
oppure maledizioni dirette verso uno specifico malcapitato mentre
l'ideatore di tale gesto ovviamente restava ignoto. Per le strade gli
capitò,li come in altre città, derelitti e senza
tetto dormire per
strada e insieme ad essi c'erano anche ubriaconi,prostitute,
ladri,streghe che promettevano di fare il malocchio per poche monete
di bronzo e quant'altro. Gente strana,gente pericolosa,gente la quale
il mercenario li considerava suoi pari,anzi,membri dello stesso
popolo,stessa feccia,stessa spazzatura,ma viva e sincera,come
lui,schietta e indifferente. Molto spesso si considerava come loro,un
uomo di niente,che vaga nel mondo vendendo le sue abilità
per un bel
gruzzolo sonante. Continuare a vivere perché si era venuti
al mondo
e continuare a combattere perché a parte la violenza,nel
mondo,restava ben poco di concreto. Le strade parevano rovinate e le
case erano fatiscenti e mentre passava gli capitò di notare
un
piccolo gruppo di persone molto particolare,erano tutti abitanti
della zona visto gli stracci che indossavano al meglio delle loro
possibilità. Tra di loro c'era un vecchio che zoppicava per
via di
una gamba storta,una coppia di bambini,un maschio ed una femmina,si
tenevano per mano ed entrambi erano preda di una bruttissima
tosse,molto forte e catarrosa,poi vi era una donna,che si copriva il
volto con un panni arrotolato intorno alla bocca e si massaggiava una
guancia,come se tentasse di alleviare un qualche tipo di dolore.
Forse quel gruppetto di sventurati poteva aiutarlo a trovare
Alcmeone. Per prima cosa però avrebbe dovuto anche lui
fingersi un
disadattato,anche se con una spada al fianco,difficilmente sarebbe
passato per un comune cittadino,quindi,per prima cosa si nascose in
un vicolo buio e cercò nella spazzatura qualcosa con la
quale
sporcarsi e imbruttirsi un po',nella speranza di passare anche lui
per un derelitto bisognoso di aiuto è fortunatamente aveva
deciso di
non portarsi dietro il borsello con le monete dietro,cosa che avrebbe
reso il tutto più credibile. Mise la mano alla ricerca di un
po' di
avanzi di frutta e verdura,abbastanza facile da trovare tra i rifiuti
e appena la trovò,si sporcò le vesti in qualche
punto ben visibile
e per la schiena si buttò di spalle contro un mucchio di
sporcizia e
per aumentare l'efficacia della farsa prese la spada insieme al
fodero è sporcò anche quelle. Poi uscì
nuovamente in strada e si
diresse verso il gruppo,imitando una camminata stanca,come di chi non
ha più le forze per reggersi in piedi.
“Aiuto...aiu...aiutatemi.”,disse
Milziade mentre camminava verso il gruppo,per poi cadere di peso a
terra.
Uno
del gruppo, un giovane umano,si avvicinò al mercenario
seriamente
preoccupato.
“Ehi
signore,che le succede?”
Milziade
lo guardò dal basso verso l'alto con un espressione triste e
sofferente.
“Oh...Oh
sfortunato me,deriso dalla sorte e maledetto dalla sorte. Oh
dei,dei,perché mi avete abbandonato?”.
“Si
calmi,che cose l'è successo per invocare gli
Olimpi?”
“La
sfortuna ragazzo,la sfortuna è il fato avverso. Ero insieme
al mio
gruppo,tutti avventurieri,in viaggio per snidare un gruppo di
selvaggi che erano stati avvistati nella regione dopo l'attacco a
Cherunensis. Eravamo da quelle parti,poco oltre il confine quando in
lontananza vedemmo i barbari lanciarsi a frotte contro la fortezza e
in quel momento capimmo che saremmo stati spacciati se fossimo
rimasti invischiati nella lotta. Ci allontanammo il più
possibile,percorrendo tutta la misura necessaria per restare fuori
dallo scontro,ma nemmeno il tempo di sentirci al
sicuro,che...che...che uno dei nostri fu colpito da una pietra,un
colpo di frombola,dietro la nuca. Morì sul colpo. Poi li
vedemmo e
ci furono addosso. Solo io sono sopravvissuto,vivo,ma
disgraziato,senza soldi,senza più i miei compagni,senza
niente nello
stomaco e credo di iniziare a sentirmi male.”
Il
ragazzo,insieme agli altri del gruppo,restarono fermi ad osservare lo
sfortunato uomo che si presentava di fronte a loro,sentendo la sua
storia,come se fosse la loro. Milziade non era certo di aver recitato
bene la sua parte,ma se non altro era sicuro di aver attirato la loro
attenzione,sperando nel contempo,di non aver attirato alcun sospetto
su di lui.
“Beh,forse,quell'uomo
potrà certamente aiutarvi. Si gente,portiamo dal medico.
Adesso
alzati e seguici.”
“Oh
grazie,grazie anime pie,Giove misericordioso,grazie,grazie di vero
cuore.”
Era
fatta,si sarebbe fatto guidare verso l'orco,mescolandosi tra i
più
poveri e i miserabili della città, così da
poterlo osservare,senza
dare troppo nell'occhio. Cosa fare dopo,lo avrebbe visto sul
momento,per ora,avrebbe continuato con quella recita,al resto ci
avrebbe pensato dopo. Man mano che il gruppo avanzava per le strade
brulicavano anche altri mendicanti e senzatetto che andavano a
ingrossare il gruppo,la quale poi,si era amalgamato ad un gruppo
ancora più grande e così via,fino a che la strada
principale del
quartiere più vecchio della città non venne
intasata da ogni genere
di persona. Vecchie e giovani,umani e non,cittadini e stranieri,tutti
senza dimora o con disponibilità economiche molto basse,ma
comunque
persone che vivevano ai margini della civiltà,reietti e
disadattati
che vivevano per strada,senza riparo e senza alcuna
possibilità di
arrivare al giorno dopo ancora vivi. Ma quando li vide li tutti
insieme,a formare quel corteo silenzioso e senza cori,come una festa
cittadina condotta da una marcia funebre,aveva un qualcosa di
speciale,persone solitamente viste di sfuggita agli angoli dei vicoli
e intente a dormire vicino alle strade,a mendicare una moneta o
cercare un tozzo di pane ammuffito conteso con i ratti ed eccoli
li,ora,a camminare tutti insieme diretti chissà dove a
cercare una
speranza,oltre ad un supporto che il resto della
popolazione,solitamente,non avrebbe mai dato. Camminò
insieme alla
calca di senzatetto per una cosa come una manciata di minuti per poi
fermarsi vicino ad un insula fatiscente,con i muri di mattoni
rovinati dal tempo e più in alto,agli ultimi piani della
palazzina,fatti di legno e paglia,erano divenuti marci e privi di
qualsiasi riparazione,presto o tardi sarebbero divenuti inservibili,o
peggio,sarebbero crollati al minimo tocco. All'ingresso
dell'insula,su uno dei muri laterali,era stato disegnato in maniera
grezza e approssimativa,la figura di un sottile serpente
bianco,probabilmente fatto con del gesso e li,di fronte al disegno
dell'animale una serie di persone intonava delle preghiere e delle
invocazioni molto basilari,al meglio delle loro
capacità,chiedendo
semplicemente ad Esculapio,dio della medicina,di proteggerli dai
malanni e dalle malattie e di mantenerli in salute. Milziade guardava
la scena e sentiva un senso di diniego verso quelle suppliche. Non
era mai stato particolarmente religioso o fedele verso una certa
divinità,certo,di tanto in tanto gli era capitato di fare un
esclamazione nella quale nominava Zeus,padre di tutti gli olimpi
nella lingua di Argos,oppure Atena,dea della sapienza e delle arti,ma
non si era mai identificato come una persona
bisognosa
dell'aiuto di una qualche entità celeste,sotterranea o da
dovunque
esercitava la sua influenza sui mortali,poiché l'unico aiuto
della
quale puoi fare affidamento e solo e unicamente su te stesso, questo
era quello che credeva. Il mondo è un posto sporco e
infimo,troppo
cattivo,troppo marcio e ingannevole per credere che un dio,un essere
talmente potente da vedere i mortali come un bambino guarderebbe a
delle formiche era una cosa incredibilmente semplice da capire per
lui,perché avrebbe dovuto aiutarli? Per venerazione? Per
adulazione?
Per vanità? O forse per noia? No,lui preferiva credere nelle
proprie
capacità e nel saperle sfruttare a pieno quando la
situazione lo
richiedeva. Lui lo sapeva bene,lo sapeva meglio di tutta quella gente
presente in strada. All'ingresso della palazzina comparve nuovamente
la figura di Alcmeone,tanto grosso pareva il suo corpo da orco,che
quasi occupava l'unico punto d'accesso all'edificio e la gente,appena
lo vide,iniziò a supplicare di essere ricevuta per avere le
cure
necessarie ai propri mali,mentre l'orco,pareva restare placido e
tranquillo nella sua posizione,come se attendesse qualcosa, o forse
osservava la folla,Milziade non seppe dirlo con certezza,ma fatto sta
che era veramente li dove aveva detto di cercarlo. Riguardo a questo
punto,l'orco era stato di parola.
“Per
favore gente...”,disse Alcmeone alzando le braccia e facendo
segno
a tutti di contenersi, “Devo chiedervi di lasciare la
precedenza
alle donne incinte,ai bambini e agli anziani,agli altri chiedo di
essere pazienti,se non per immediate emergenze. Vi ringrazio per la
collaborazione.”
E
fu così che il medico tornò dentro
l'edificio,lasciando che i più
in salute facessero passare i più fragili e i
bisognosi,mentre a
tutti gli altri sarebbe toccato aspettare. Passò un ora e
Milziade,ancora mescolato in mezzo alla folla si avvicinò al
muro di
una casa e si mise ad aspettare,fingendo un disagio e un malessere
che in realtà non aveva,se non quello di sapere che qualcuno
in
quella città lo aveva chiamato con il titolo che tanto
odiava,
strategos, gli ricordava il passato e il passato gli faceva male,ma a
parte quello,la situazione era meglio di quello che si aspettava.
Osservava silenziosamente la calca di mendicanti e straccioni che era
giunti di fronte a quella palazzina in rovina,nella speranza di
essere guariti dai mali di cui soffrivano e nell'attesa,i
più in
salute tra di loro,si mettevano a parlare,a discutere e chi poteva,
anche a farsi qualche risata,come se fossero buoni vicini di casa e
parlassero del più e del meno come se nulla fosse,mentre che
stava
peggio,aspettava il proprio momento per farsi visitare,magari
lamentandosi dei dolori ed altri,soffrendo in silenzio. Di tanto in
tanto capitava di vedere entrare qualcuno,che avanzava con fare
rassegnato,come se il suo destino fosse ormai segnato dalla sorte e
poi,una volta uscito,era come rinato,felice e spensierato nonostante
la sua condizione di miseria,eppure era nuovamente contento e senza
più preoccupazioni. Che fossero guariti completamente?
Oppure i loro
mali venivano soltanto alleviati e resi meno insopportabili? Non
avrebbe saputo dirlo con certezza,non conosceva quella gente,non
voleva conoscerla,non gli importava nulla,ma vedere quella gente
così
felice dopo che pareva avessero sopportato il peso delle peggiori
torture del Tartaro,tra fame,sporcizia e malanni vari,lo faceva
sentire all'infuori della loro felicità,così
estraneo alla loro
gioia. Il loro piacere non era la sua preoccupazione, le loro
disgrazie non intenerivano il suo animo duro e cinico. Per alcuni di
quei disgraziati le loro sofferenze pareva terminate,o almeno lenite,
le sue invece era ancora radicate in lui,anzi,parevano essere
divenute parte integrante del suo essere,così fuse con la
sua
anima,che a stento comprendeva quando finiva la sua gioia e iniziava
il suo dolore. Non lo sapeva,non lo sapeva più da molto
tempo. Passò
un altra ora di finto malessere e vide l'ennesimo miserabile,un
ragazzino umano, uscito dall'insula come se gli fosse stato predetto
un fortunato vaticinio da un veggente,tornò in strada come
se la
vita potesse migliorare,quando in realtà era semplicemente
tornato
alla sua vita,in mezzo ai rifiuti e ai topi. Cosa poteva mai aver
ricevuto,oltre ad una cura,che potesse renderlo così felice?
Non lo
capiva,non li capiva,loro,quella gente,così sfortunata da
dover
vivere per strada e arrivare al giorno dopo con lo stomaco vuoto? Non
li capiva proprio,ma non li voleva capire,voleva l'orco,la loro
felicità non era affar suo. Ad un certo punto della
serata,l'orco,con il capo ancora coperto dal cappuccio uscì
dall'insula e si rivolse direttamente alla gente rimasta.
“ Per
stasera finisco qui,per coloro che necessitano di cure passino domani
per una visita. Mi spiace di non poter fare più di
così”.
I
poveri rimasti di fronte all'insula emisero tutti insieme un lamento
di delusione e poco alla volta,seppur malvolentieri,se ne
andarono,sgombrando lentamente la strada. Solo Milziade
restò,ancora
seduto a terra,mentre fissava la figura di Alcmeone ancora presente
sul ciglio dell'ingresso,immobile come una statua,mentre osservava la
fiumana di persone venute speranzose per il suo aiuto.
“E
molto che aspetti, mercenario?”,chiese l'orco con tono pacato.
“Quel
tanto che basta per farmi visitare. Avrei bisogno del parere di un
esperto,forse tu puoi aiutarmi.”
“ Vedrò
quello che posso fare, intanto entra.”
E
detto questo il medico tornò nuovamente dentro l'insula e
stavolta
Milziade non avrebbe aspettato ulteriormente per un secondo incontro
con l'orco e stavolta,avrebbe ottenuto le informazioni che voleva da
lui. Chi era? Cosa voleva da lui? E perché gli si era
avvicinato
tanto da mettere a repentaglio la sua copertura? Non lo sapeva,ma lo
avrebbe scoperto molto presto. Con passo cauto e sguardo attento
Milziade entrò nell'insula controllando che non ci fossero
altre
persone dentro l'edificio e nel mentre teneva sempre una mano
aperta,nel caso fosse stato costretto ad estrarre la spada. Vide
l'interno della rustica palazzina,formata principalmente da una rampa
di scale in pessimo stato,ancora in piedi,ma dubitava che il legno di
cui era composta fosse di qualità e quindi salire sarebbe
stato un
rischio,mentre vicino ad essa spiccavano un cavedio,un piccolo spazio
quadrato adibito per la diffusione della luce naturale proveniente
dall'alto,per mezzo di uno spazio posto sul tetto,completamente
vuoto,dalla quale si poteva osservare il cielo,tipico di quel tipo di
edifici e una porta di legno posta sul fondo un corridoio,dove
spiccava per essere l'unica porta al pian terreno all'infuori
dell'ingresso. Dubbioso sul voler salire quelle scale dall'aspetto
marcio e volendo evitare il rischio di spezzarsi il collo senza il
rischio di un guadagno,decise di dirigersi verso la porta sul fondo
del corridoio,che tra l'altro,essendo socchiusa,spiccava la fioca
luce di una lucerna,segno che qualcuno si trovasse li.
Avanzò,passo
dopo passo,con la mano sempre pronta ad estrarre la lama fino a
giungere alla porta,spingendola lentamente e trovandosi all'interno
di una grande stanza,spiccavano all'interno un gran numero di mazzi
di piante attaccate al soffitto per mezzo di sottili cordicelle e
tutte emettevano un particolare aroma, che riempiva la stanza di un
miscuglio di odori differenti,che dava all'aria dentro la stanza un
aroma di selvatico,seppur non soffocante,anche per via di una piccola
finestrella che collegava con l'ambiente esterno. All'interno erano
presenti uno scrittoio,due armadietti aperti colmi di piccoli
recipienti di vetro,ognuno contraddistinto al suo interno da una
polvere,un olio o altri impasti di vario genere e tutti stipati in un
apposito spazio con sotto diversi nomi,a distinguere il contenuto ed
infine un larghissimo foglio di pergamena attaccato al muro per mezzo
di alcuni chiodi,dov'erano rappresentati due corpi differenti,uno
spellato e con esposto l'intero apparato muscolare e l'altro era uno
scheletro,un immagine inquietante per chiunque lo vedesse. Alcmeone
era intento a osservare quell'immagine con fare attento e
scrupoloso,come se cercasse qualcosa.
“Questa
pergamena rappresenta la mappa di un corpo umano da due punti di
vista anatomici differenti,il primo e quello muscolare il secondo
invece è solo lo scheletro. Da molto tempo ormai i medici
degni di
questo nome,studiano ed apprendono l'esistenza ogni singolo disturbo
o anomalia conosciuti in medicina: traumi e ferite di ogni
sorta,malformazioni,disturbi fisici,senza poi contare le malattie e
le infezioni. Sappiamo tanto su come curare i problemi riguardanti il
corpo,eppure,per quanto riguarda la mente,le emozioni e persino
l'anima,ammesso che essa sia legata al corpo e non sia qualcosa di
scollegato,sappiamo ancora molto poco su come curare queste
cose.”
“Saltiamo
le scemenze da ciarlatano e passiamo ai fatti...”,disse
Milziade
con un tono che non ammetteva repliche, “Che cosa vuoi da
me?”.
L'orco
si girò lentamente verso Milziade,poi,portando le mani
sull'orlo del
cappuccio e lo abbassò,rivelando il volto. Come tutti gli
orchi
aveva la testa grande e il volto largo,tuttavia il suo aspetto non
lasciava a desiderare come Milziade si sarebbe aspettato. Aveva due
grandi occhi neri,due orecchie simili a quelle degli umani,ma
più
grandi e larghe,seppur non esageratamente grosse,un naso largo e
schiacciato vagamente simile a quello dei gatti,la mascella larga e
due piccole zanne che uscivano verso l'esterno della bocca
dall'arcata inferiore dei denti. Tutto nella norma stando alla
descrizione che si faceva degli orchi nelle storie degli avventurieri
e dei legionari che tempo addietro li combatterono nelle guerre
d'espansione verso le terre selvagge del nord e dell'est,ma,altro
nell'apparenza del suo volto smentiva queste descrizioni. Portava una
corta capigliatura nera,tagliata accuratamente e con la chioma che
pendeva leggermente verso destra e portava una barba corta e ben
curata e la cosa che per Milziade fosse più sorprendente sul
volto
non portava anelli, punte di metallo,cicatrici o tatuaggi di
sorta,che come si diceva,fosse segno di grande orgoglio verso i
possenti selvaggi dalla pelle verde,che venivano descritti e
lui,Alcmeone,confermava e allo stesso tempo smentiva le dicerie
riguardo a questa razza,non troppo comune a Nova. Doveva
ammetterlo,anche se lo aveva già visto sotto al cappuccio in
piscina,vederlo in quel momento,così,gli pareva un essere
civile e
socievole,molto lontano dall'idea che si faceva la gente degli orchi.
“Devo
chiederti di non proseguire questo viaggio,o meglio,di non proseguire
il viaggio a te e a coloro che ti sei unito.”
“Ah
si? E vorresti dirmi il perché o devo arrivarci da solo? Sai
sono
confuso riguardo alla questione.”
“Tu
non capisci.”
“Tu
non ti spieghi.”
“Il
viaggio che avete intrapreso è male,per te,per me,per tutti
noi.
Posso immaginare quello che ti hanno promesso per la riuscita di
questa impresa,ma ti prego,anzi,vi prego, rinunciate adesso
finché
potete.
“Pessima
spiegazione,magari se aggiungi qualche dettaglio in più mi
aiuti a
comprendere meglio,ehi, voglio dire, io non sarò l'uomo
più
intelligente del mondo, ma tu di certo non mi aiuti a capirci molto.
Però sai, se ti piace tanto parlare,dimmi una cosa...tu chi
sei? E
come mai un orco si spaccia per un seguace di Asclepio? Ma
sopratutto,cosa c'entra quello spietato bastardo di Silla?”
Alcmeone
non rispose immediatamente,come se stesse tergiversando a voler
tirare fuori altre parole. Sospirò,come rassegnato a dover
affrontare le conseguenze di quell'incontro,che lui stesso aveva
cercato.
“Puoi
non crederci,strategos,ma non mi spaccio per un medico,anzi,lo sono
per davvero. E in quanto all'imperatore,beh,non è l'uomo che
pensi
sia...è molto più pericoloso di quello che credi.
Pensi che quella
forza straordinaria sia l'unica cosa che possiede? Le sue conoscenze
e le sue abilità vanno oltre alla tua immaginazione e per
quanto
riguarda il Demiurgo,lui sa bene cosa sta facendo per tentare di
ottenerlo. Rinuncia a questa spedizione,se tieni alla tua vita
è
quel poco di buon che ti è rimasto.”
“Oppure?
Se non volessi rinunciare? Se non mi andasse giù l'idea di
voler
finire qui? Che cosa mi fai?”
“Quello
che non vorrei fare...”
L'orco
mosse un braccio,velocissimo,toccando esattamente il punto posto
sopra il cuore,colpendolo con il palmo della mano,causando a Milziade
un fortissima fitta e spingendolo indietro,quasi a farlo scontrare
contro il muro vicino all'entrata. Il mercenario non seppe spiegarsi
cosa fosse appena successo,lo aveva colpito,velocissimo,tanto da non
aver saputo reagire a quell'attacco,così forte da averlo
sentito
fino al cuore,addirittura pensava di aver perso qualche battito nel
ritmo regolare dell'organo,che riprese a battere dopo mezzo secondo.
Preso dall'istinto di sopravvivenza estrasse la spada e si mise in
posizione di difesa al meglio della sua capacità.
“Non
posso lasciarti andare,mercenario. Non senza avere la certezza che ti
fermerai dal proseguire.”
“Bastardo,che
cosa mi hai fatto?”
“Ho
esercitato una pressione sul cuore,nella speranza di farti svenire,ma
evidentemente sei più resistente di quanto credessi. Un uomo
normale
sarebbe crollato a terra appena sentito il colpo. Ma tu,non sei un
uomo normale,giusto?”
Milziade
non aveva idea di cosa gli avesse fatto l'orco,mai subito un colpo
simile in tutta la sua vita,eppure,in qualche modo,quel colpo a mano
nuda,gli ricordava lui,Silla.
“Anche
tu...anche tu come lui...a mani nude.”
“No,ti
sbagli, il mio stile e il suo sono completamenti differenti. Ma tu
non puoi capire. Arrenditi.”
“Meglio
morto.”
“Non
credo di dover arrivare a tanto. Sono un medico, io salvo le vite,non
le uccido. Nemmeno la tua.”
Ancora
provato dal colpo il mercenario puntò la spada contro
l'orco,che
restava calmo e impassibile ,mentre Milziade invece,si stava facendo
nervoso ed era visibilmente provato per l'attacco appena subito,che
lo aveva colto alla sprovvista. Non era sicuro di cosa fare
né tanto
meno come agire,ma doveva escogitare qualcosa per poter uscire da
quella situazione. Era in trappola è la cosa che lo fece
sentire
stupido in quel momento,era che ci si era messo da solo. Una brutta
situazione,anzi,pessima. Cosa poteva fare per sfuggire? Cosa poteva
per ribaltare la situazione in suo favore? Doveva
pensare...pensare...e pensare ancora,fino a quando non avrebbe
escogitato la miglior strategia disponibile. Gli occhi di Milziade
erano fissi su Alcmeone,ma allo stesso tempo analizzava tutto quello
che avrebbe potuto usare contro il suo avversario. Pensare,la chiave
della vittoria stava nell'avere una buona idea e adoperarla,doveva
solo partire da un ottima intuizione,il resto,lo avrebbe formulato di
seguito.
“Quindi,vorresti
farmi credere,che se io morissi,per te sarebbe un problema? Ma dici
sul serio? Uno come me?”
“Si,anche
uno come te.”
Eccola,la
sentì,la scintilla di un idea balenargli in testa. Anche la
sua vita
era importante? Questo era l'idea di cui aveva bisogno.
Rischiosa,folle,a dir poco audace e maledettamente stupida,ma era
l'idea che lo avrebbe salvato e forse,lo avrebbe fatto uscire tutto
intero,o almeno,abbastanza in salute da poter continuare il viaggio.
Milziade abbassò la spada,mostrandosi arreso e incapace di
continuare lo scontro,ancora sofferente per la botta al petto che
aveva appena subito.
“Beh,se
le cose stanno così allora...”
E
fu in quel momento che il mercenario,mosse velocemente la lama della
spada verso l'avambraccio sinistro e li,si taglio
volontariamente,lasciando un lungo solco che andava dal gomito fin
quasi al polso. L'orco non riusciva a credere ai propri occhi,l'umano
che aveva davanti a se aveva inflitto a se stesso un danno molto
serio,per non dire mortalmente rischioso. Sapeva bene che in quel
punto passava un arteria principale,più le vene e numerosi
vasi
sanguigni,per non parlare dei tendini e dei nervi,che con quel taglio
rischiava seriamente di essersi danneggiato la sensibilità
all'arto.
“In
nome di Esculapio,che cosa hai fatto? Devo subito medicarti,prima
che...”
“Non
muoverti da li,medico dei miei calzari. Un passo falso e mi
colpirò
un altra volta.”
“Sei
più folle e scellerato di quello che
credessi,strategos,perché hai
fatto una cosa simile?”
“Tu
hai detto che anche la mia vita è importante,giusto? Hai
affermato
che tu salvi le vite,ma che non le uccidi,quindi,in quanto medico,se
tu mi attacchi mentre sono già ferito,non sarebbe etico per
la tua
professione. Ho ragione? Quindi, visto che ti fai degli scrupoli
morali nei confronti di una canaglia come me,intendo sfruttare questo
tuo difetto a mio vantaggio. Tornando a noi, perché non vuoi
che
continui con questo viaggio? E solo un lavoro come un altro per
me,né
più,ne meno. A te cosa ne viene se smetto adesso
eh?”
“Tu
parli di cose che non conosci, la tua vita vale così da
doverla
buttare in un impresa senza certezza di riuscita?”
“Allora
illuminami, o potente saggio. Potessi io possedere una singola
briciola del sapere sconfinato sarei un uomo più
felice.”, disse
Milziade con tono sarcastico.
“Prendimi
in giro se vuoi,ma sappi che non otterrai quello che vuoi. Nulla ti
potrà restituire quello che hai perso.”
L'espressione
sul volto del mercenario si fece lentamente più seria e
corrucciata,un emozione sopita sotto quella spessa corazza che gli
era cresciuta dentro,sotto la pelle,fatta di
arroganza,sarcasmo,pessimo umorismo e un quasi totale assenza di
senso del pericolo stava uscendo allo scoperto. Glielo si poteva
leggere negli occhi, nella mascella serrata,nei muscoli contratti del
corpo e nella mano stretta sul manico della spada,che premeva ancora
di più sul braccio,incurante del dolore e del rivolo di
sangue che
colava a terra.
“Che
cosa nei sai tu di quello che ho perso? Cosa né puoi sapere
tu di
quello che ho passato dopo quella battaglia? Dopo che le forze di
Silla sono giunte in città,intente a distruggere e uccidere
tutto
quello che conoscevo,tu che parli tanto,dimmi una cosa,come sai
così
tante cose su di me e sul bastardo,figlio di cagna che adesso siede
sul trono? Non credi di dover delle spiegazioni al sottoscritto?
Parli tanto,ma dici poco.”
“Ti
basti sapere che lo conosco da molto più tempo di quanto tu
possa
immaginare,lo conoscevo da prima ancora che divenisse imperatore,da
prima ancora che entrasse nell'esercito. Dimmi,sei disposto a pagare
qualunque prezzo,anche il tuo stesso sangue,pur di vendicarti? Dai
così poco valore alla tua vita che l'unica cosa che ti fa
andare
avanti in questo mondo è l'odio che ti scorre nelle vene. Il
te del
passato si vergognerebbe di cosa sei diventato adesso.”
“Parole
forti per uno che nasconde il proprio aspetto sotto un
cappuccio,sicuro che io sia l'unico che si dovrebbe vergognare di
qualcosa? Dimmi la verità,quante delle persone che hai
aiutato
stasera sanno che sei un orco? Lo sai che forse alcuni di loro lo
hanno capito,ma che non potendo permettersi delle cure a pagamento
vengono da te?”
“Le
tue parole sono crudeli.”
“La
vita è crudele, gli dei sono crudeli,le persone sono
crudeli,ma
quello che dico è pura sincerità,se non ti piace,
puoi sempre
tapparti le orecchie e lasciarmi andare”
I
due si guardavano l'un l'altro con sguardi carichi di tensione. Da
una parte Milziade,che teneva in ostaggio se stesso facendo leva
sull'altruismo di un orco,razza famosa come esseri amanti della
guerra e della violenza in generale e a trovarne uno così
civile e
ben educato all'interno di Nova gli pareva un gigantesco
controsenso,visto che quelli come lui erano normalmente considerati
come barbari- Dall'altra Alcmeone,un orco con la tendenza ad aiutare
il prossimo,da quello che aveva visto Milziade in piscina e nella
zona più povera della città e che ora,restava
fermo per non far
agitare ulteriormente il mercenario,che con quella spada in
mano,rischiava seriamente di uccidersi,dato l'afflusso di sangue che
usciva dal taglio sul braccio. La situazione era ferma ad uno stallo
e nessuno dei due sembrava voler cedere.
“Oggi
alle terme mi hai detto una cosa molto particolare che ha suscitato
la mia curiosità. Hai detto che Silla ha condannato la tua
vita,che
intendevi dire con quelle parole?”
L'orco
parve restio rispondere a quella domanda,mentre osservava come il
sangue fluiva,goccia dopo goccia,in piccoli rivoli dal braccio del
mercenario,spinto dall'istinto di voler tappare quella ferita il
prima possibile,usando acqua pulita,poi avrebbe usato ago e filo per
suturare la ferita,ripulito il sangue con batuffoli di cotone per poi
spargere su tutto il taglio una mistura in polvere di diverse piante
dagli effetti emolitici e infine,avrebbe avvolto tutto l'avambraccio
con bende sterili. Si,gli sarebbe bastato poco per riparare a quel
danno madornale potenzialmente letale,nella speranza che il taglio
non avesse preso punti vitali,come le vene o peggio,l'arteria. Ogni
secondo che passava c'era il rischio che la ferita peggiorasse.
“Ti
ho fatto una domanda,medico,rispondi.”
“Si
è vero,l'ho detto. Tu pensi che l'umano conosciuto come
Lucio
Cornelio Silla sia solo un bruto dissennato senza sale in zucca e
così,vero? E proprio qui che ti sbagli,lui non è
il genere di
persona che fa le cose senza avere una buona ragione. Anche la mia
condanna è una di queste.”
“Che
vuoi dire?”
“Molto
tempo fa ho combattuto al fianco di Silla per aiutarlo a giungere
dove si trova ora ed oltre alla forza ho prestato anche il mio aiuto
come medico d'accampamento. E stata durante la guerra civile che mi
sono accorto che cosa intendeva fare Silla è una volta
giunti a
Nova,quando mi sono reso conto che ormai non sarebbe mai più
tornato
su i suoi passi,a rendersi conto di quello che si era lasciato
dietro,non ho avuto il coraggio di continuare. L'ho
abbandonato...poco prima che entrasse nel palazzo
dell'imperatore.”
“Quindi
non eri presente durante la conquista di Argos?”
“No.”
“Allora
come diamine fai a sapere chi sono,se io e te non ci siamo mai
incontrati?”
“Non
c'è né stato bisogno,altri sanno chi sei e come
te,non vedono di
buon occhio l'imperatore.”
“E
questi altri cosa vogliono da me?”
“Da
te niente...per ora,ma sono io che voglio che tu interrompa il tuo
viaggio.”
“E
perché dovrei?”
“Perché
se continuerai a proseguire arriverà il momento in cui tu e
Silla vi
rincontrerete e vorrei evitare che ciò accada.”
“Un
orco dal cuore nobile,che storia commovente. Ho assistito a tragedie
più allegre di questa storia.”
“Credimi,
la nobiltà d'animo non c'entra niente...ascolta,tu non devi
incontrare l'imperatore,anzi,se vuoi guarire dal male che ti affligge
devi lasciar perdere la vendetta.”
“E
perché dovrei? Io mi sento bene,sto in forma,faccio
attività fisica
e poi faccio un lavoro dinamico e salutare. Come puoi vedere,sono il
ritratto della salute.”
“No,al
contrario,sei un uomo giunto al limite della propria esistenza. Sei
arrabbiato,trovi sfogo ai tuoi dispiaceri solo nelle cose
più
autodistruttive,svolgi lavori che molti altri riterrebbero un
suicidio portare a termine e così facendo giochi con la tua
vita di
continuo. Il tuo non è sprezzo del pericolo,strategos,ma un
triste e
disperato sintomo di autodistruzione. Hai bisogno di aiuto.”
“Aiuto?
Aiuto dici?...”
La
presa sul manico della spada si fece più forte nel tentativo
di
attenuare un sentimento che a fatica riusciva a tenere sopito dentro
di se,mentre il sangue sulla lama andava a ricoprire la punta e
scendeva per tutto il filo,fino a scendere sulle dita e bagnare il
manico,rischiando che la presa sull'arma divenisse scivolosa.
“E
dimmi della gente di Argos invece,non avevano anche loro bisogno di
aiuto? E delle donne,che stringevano a se i figli nel tentativo di
fuggire mentre i legionari bruciavano la città invece? Anche
loro
non avevano bisogno di aiuto? E dell'esercito a difesa della
città
invece? Più di ventimila uomini,tra
opliti,cavalieri,frombolieri e
volontari,mentre i sacerdoti di Atena restavano al sicuro in
città,mandando avanti gli uomini comuni a morire per
proteggere
l'Acropoli,anche loro non avevano bisogno di aiuto? Avevamo tutti
bisogno di aiuto e adesso arrivi tu,che non sai niente di quello che
ho visto quel giorno,della forza d'urto che Silla ci ha schierato
contro,mentre avanzava con la sua dannata legione e le sue diaboliche
macchine d'assedio,mentre i sacerdoti di Marte lanciavano incantesimi
e benedizioni per rafforzare le loro truppe e ancora peggio,quando
lui stesso è sceso sul campo di battaglia,fu li,in
quell'istante,che
avremmo avuto bisogno di aiuto. Nessuno ci aiutato quel giorno,ne gli
uomini,ne gli dei...ci hanno lasciato soli,a morire,schiacciati sotto
il peso di questa nazione non fa altro che espandersi, ed espandersi
senza alcun ritegno,mentre Nova prospera,Argos diveniva
cenere,sepolta dal passo dei legionari che ci marciavano
sopra,finendo i feriti gravi e facendo schiavi i sopravvissuti.
Duemila anni di civiltà,spazzate via,come se non fosse mai
esistita.
Credimi,quel giorno,avevo bisogno di aiuto e dimmi,tu
dov'eri?”
Man
mano che parlava negli occhi di Milziade si faceva strada uno sguardo
colmo d'ira,una rabbia che lo riempiva di energia,sempre più
grande,sempre più intensa,era lei e lo sentiva,come sempre
del
resto.
“Io,francamente,non
posso saperlo dove ti trovavi tu,mai la vuoi sapere una cosa? Non mi
interessa chi tu sia,cosa vuoi da me o cosa ti aspetti che faccia.
Non mi importa niente,non può fregarmene di meno,ma se pensi
che tu
o chiunque altro possa fermarmi dall'ottenere quello che
voglio,allora non sperare di farmi arrendere tanto facilmente. Non mi
fermerà nessuno,mortale,mostro,dio,quell'ignobile bastardo
di
Silla...
Il
momento era giunto,c'era sangue più che a sufficienza per
fare la
sua mossa.
“NE'
TANTO MENO TU...”
Con
un rapido gesto della mano Milziade mosse velocemente la lama contro
Alcmeone, o meglio,contro i suoi occhi. Sapeva che non avrebbe potuto
prenderlo dato la distanza di sicurezza che il mercenario aveva messo
tra loro due,ma del resto non aveva intenzione di ferirlo,no,la sua
idea era un altra. Il colpo a vuoto era parte integrante della sua
contromossa,poiché il sangue gocciolante rimasto su tutta la
lama si
sparse in aria,formando un arco proprio di fronte all'orco,che colto
alla sprovvista fu preso in pieno negli occhi dalla rossa linfa che
sgorgava fresco dalla ferita aperta. Era il momento che stava
aspettando. Milziade non aspettò oltre e iniziò a
correre,non verso
la porta d'ingresso,ma verso la finestra aperta,scattando con le
gambe muscolose verso l'uscita al momento più accessibile in
quel
momento. L'orco a sua volta,tentò di afferrarlo nel
tentativo di
prenderlo,ma gli andò male poiché Milziade
scartò la grande mano
verde con destrezza e in tutta fretta corse fino a giungere in meno
di una manciata di secondi la finestra,dalla quale saltò con
un
balzo degno di un atleta ai giochi sacri,che essendo al pian terreno
collegava direttamente con la strada, atterrando sulla strada di
ciottoli e iniziò a correre,dando adito a tutte le sue
energie per
sfuggire allo strano tizio che quella sera aveva rischiato seriamente
di porre fine alla sua vita,oltre che alla sua carriera. Sentiva il
colpo che l'orco gli aveva inflitto,nel punto sopra il cuore. Era
stato solo per un attimo,un singolo istante,ma gli era parso in
qualche modo,in maniera sgradevole,uno strano attacco a mani nude,la
potenza del medico non era paragonabile a quella di Silla,ma gli era
parso altrettanto pericolosa e in quel momento si chiese se non si
fosse trattenuto nel tentativo di approcciarsi al mercenario in
maniera più diplomatica,se quello era il termine giusto da
usare in
quel momento. Ormai non aveva importanza, chiunque fosse se l'era
lasciato alle spalle. Sperava per sempre,ma con gli accadimenti degli
ultimi tempi poteva non esserne troppo certo. Le strade erano buie,
lui era ferito e di incontrare altri guai per quella sera non
né
aveva voglia e cosa peggiore,sarebbe dovuto tornare alla taverna e
spiegare perché si fosse provocato quella ferita
sull'avambraccio,avrebbe potuto trovare un medico a pagamento in
città e farsi ricucire senza troppi problemi,il guaio e che
di soldi
dietro non né aveva,certo,c'era sempre Lucilla,che con la
sua magia
aveva saputo fare delle guarigioni di gravità molto
semplice,ma
avrebbe dovuto comunque dare delle spiegazioni. Poco male,avrebbe
raccontato una menzogna di poco conto e se la sarebbe cavata con un
occhiataccia e un rimprovero per la bella faccia tosta. Come sempre
del resto.
L'orco
era rimasto nella stanza,illuminata dalla fioca luce della lucerna
che ancora brillava,di quella fiammella sulla punta,piccola,ma calda
e luminosa. Come la speranza. Alcmeone aveva basato quell'incontro
sulla speranza,la speranza di risolvere quella situazione,la speranza
di poter guarire un animo cupo e senza speranza,la speranza,che
forse,non tutto era andato perduto. E anche li,che si era ripulito
gli occhi da quell'attacco a sorpresa guardò la finestra e
tristemente si rese conto che aveva fallito. Fece pochi passi e si
sedette ad un tavolo,piccolo e di poco conto,più adatto per
appoggiarci i vasi che per ospitare uno della sua stazza e
allungò
una mano verso la borsa di cuoio appoggiato ad una delle
gambe,frugò
un po' e da esso tirò fuori un serpente,un piccolo serpente
completamente bianco,grande nemmeno la metà della sua mano.
Lo
stringeva nel pugno,con gentile premura e il rettile si stringeva
sulle spire,arrotolandosi nel palmo della grande mano,mentre con gli
occhi grandi e senza palpebre osservavano il volto mogio del medico.
“Mi
è sfuggito,mio piccolo amico. Devo riconoscerlo,quel
Milziade è il
paziente più ostico che abbia mai conosciuto.”
Già,era
riuscito a resistere al palmo che tocca l'anima,uno degli attacchi
più semplici a sua disposizione,eppure,molto efficace contro
i
soldati e i guerrieri più forti,anche quando usato a bassa
intensità. Era necessaria una grande resistenza fisica a
sopportare
un colpo simile, e quell'umano,che sembrava così debole e
facile a
vincere,aveva mantenuto tutte le sue precedenti qualità come
stretegos. Vero anche il fatto che lo avevano avvertito riguardo a
chi fosse il personaggio che voleva rintracciare,ma non immaginava
fosse un tipo tanto testardo quanto azzardato,se non addirittura
folle,tanto,da mettere in gioco la sua stessa vita pur di avere una
speranza,una soltanto, di poter farla franca e ci era riuscito. Forse
avrebbe dovuto mettere più forza in quel colpo,ma non se
l'era
sentita di esagerare,dopotutto voleva solo tramortirlo,non
ucciderlo...una parte del suo carattere,che Silla tempo
addietro,aveva fatto un commento a riguardo.
“Il
tuo punto debole è la mancanza di determinazione. I tuoi
colpi sono
leggeri e la tua tecnica è priva di impatto. Sei troppo
debole per
imparare a combattere,non tanto nel corpo,quanto più nello
spirito.
Lascia perdere.”
Già,
troppo debole di carattere per uccidere un nemico,preferiva guarire
piuttosto che danneggiare,curare più che distruggere. Come
orco la
gente si era aspetta da lui che fosse al pari di una bestia
sanguinaria,privo di scrupoli e con una smisurata sete di sangue e
invece,tutto l'opposto. Ricordava un tempo in cui disprezzo e
ignoranza era parte del sua sofferenza,un tempo lontano,in cui era un
piccolo umanoide verde,spaurito e con due piccole zanne che gli
uscivano dalla bocca,poi ,incontrò lui,un altro ragazzino
umano,biondo,con gli occhi di ghiaccio,simili a quelli di un lupo
è
un volto truce e combattivo,molto diverso da quello di un qualunque
bambino della sua età. Ma ora quel tempo era lontano e le
cose erano
andate com'erano andate è lui,era rimasto quello di
sempre,più o
meno. Ora che l'aveva incontrato di persona era certo e che il tempo
delle scelte importanti era giunto. Nessuna fuga,nessun
pentimento,nessuna scusa,non più,non quella sera.
“Mio
piccolo amico,sono pronto a confrontarmi con il mio passato e questa
volta,sono pronto a confrontarmi con il mio male personale. La
guarigione non sarà semplice,ma devo tornare,se voglio
guarire e
chissà...forse...guarirò anche lui.”
Si,doveva
fare ritorno,da lui,una macchia scura sull'anima che per lungo tempo
lo aveva fatto soffrire,e che ora,era pronto a cancellare. Si,sarebbe
tornato a Nova,per lui,per se stesso,per il bene di tutti. Non poteva
attendere oltre,Silla andava fermato.
Presto
sarebbe partito,ma per ora,avrebbe curato chi di dovere,sapendo che
gli altri avrebbero fatto del bene in sua vece. La sua anima,ora,era
più quieta.
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