Cap. 2: Darkside
Beneath the sky as black as diamonds
We're running out of time (time, time)
Don't wait for truth to come and blind us
Let's just believe their lies
Believe it, I see it I know that you can feel it
No secrets worth keeping so fool me like I'm dreaming
Take me through the night
Fall into the dark side
We don't need the light
We'll live on the dark side
I see it, let's feel it while we're still young and fearless
Let go of the light fall into the dark side…
(“Darkside” – Alan Walker feat. Au/Ra &Tomine Harket)
Il tempo parve
infinito a Cassian e Grogu che attendevano il ritorno di Din, ma alla fine il
Mandaloriano uscì dalla grotta in cui si era infilato e si avvicinò portando
con sé un R5 piuttosto scombussolato. Se solo Cassian avesse saputo che, mentre
era dentro, era stato attaccato da tre bestioni che sembravano cavernicoli e
che era riuscito a eliminarli a fatica e usando la Spada Oscura avrebbe avuto
un attacco di panico… meno male che non poteva saperlo e di certo Din non glielo
avrebbe detto! Quando fu accanto allo Starfighter, il Mandaloriano come prima
cosa chiese al droide di mostrare i rapporti sull’analisi dell’aria e i
campioni di terreno che aveva raccolto e fu molto sorpreso e soddisfatto nello
scoprire che a Mandalore non c’erano veleni e che l’aria era respirabile.
“L’Armaiola aveva
torto, l’aria è respirabile e Mandalore non è maledetta” annunciò compiaciuto. “Ora
possiamo andare a cercare le miniere e le Acque Viventi.”
Cassian e Grogu,
quindi, scesero dallo Starfighter: il piccolo viaggiava sulla sua culla volante
a guscio che poteva portarlo dovunque e si sarebbe rivelata molto utile in
quell’impresa… Cassian, dal canto suo, era un tumulto di emozioni
contraddittorie. Da un lato era felice per Din, intuiva (anche se non poteva
vederlo per via dell’elmo) che il Mandaloriano era molto soddisfatto di poter
compiere la sua missione e anche di visitare finalmente quello che considerava
il suo pianeta; dall’altro, però, era anche preoccupato perché Mandalore era
vivibile, sì, ma chissà quali pericoli poteva nascondere dopo essere stato
abbandonato per tanto tempo? E loro, poi, si sarebbero infilati proprio nei
cunicoli e nelle grotte più nascoste!
“Bene, allora
entriamo nella grotta e cerchiamo le miniere, R5 ci aspetterà sulla nave” disse
Din, incamminandosi verso l’entrata che, appunto, era poco più che una crepa.
Grogu lo seguiva guardandosi intorno con poca convinzione e Cassian, poi, era
il più pessimista del gruppo!
Camminarono per un
breve tratto all’interno delle gallerie e poi si fermarono davanti a uno
strapiombo: sotto c’erano le rovine di qualcosa che un tempo poteva essere
stata una città grande e bella.
“Quello laggiù era il
Centro Civico di Sundari, uno dei luoghi più importanti del pianeta, era la
capitale di Mandalore” spiegò Din. “Le miniere dovrebbero trovarsi laggiù,
ancora più in profondità.”
“Ah, benissimo, e io
cosa dovrei fare?” polemizzò subito Cassian, che sfogava la sua paura e le sue
preoccupazioni mostrandosi caustico. “Non mi sono spuntate le ali e, se salto
fin laggiù, mi sfracellerò sulle sacre
rovine di Mandalore!”
“Non dire
sciocchezze, è ovvio che ci avevo già pensato” lo interruppe Din, poi senza
tanti complimenti lo afferrò per la vita e saltò giù con lui, sostenuti
entrambi dal suo jet pack, mentre
Grogu scendeva con la sua culla. La cosa imbarazzò non poco Andor, che si sentì
ancora una volta un peso inutile, una specie di zavorra…
Comunque, in qualche
modo il piccolo gruppo giunse a camminare per le vecchie strade ormai distrutte
del Centro Civico di Sundari, un tempo piene di vita, luci e persone e adesso
ridotte a rovine spettrali infestati da bestie non meglio precisate. Da alcuni
tubi uscivano rivoli d’acqua e il Mandaloriano ritenne di aver trovato la
strada per le miniere.
“Queste acque poi si
riversano nelle Acque Viventi delle miniere di Mandalore” disse, con una certa
emozione. “Seguiamole, ci porteranno alla nostra meta.”
“Veramente a me
sembravano più acque di scolo. Sei sicuro che non si tratti di fogne scoppiate,
con tutto il casino che c’è stato qui?” ironizzò Cassian.
“Sono sicuro che tu
non meriti neanche una risposta a questa domanda” replicò Din, rintuzzando
subito il suo sarcasmo. Aveva capito che Cassian era preoccupato e anche lui
non si sentiva tranquillo, ma non poteva accettare che il compagno distruggesse
sistematicamente tutte le sue speranze!
Ad un certo punto i
tre si trovarono davanti una specie di arco che conduceva in un cunicolo ancora
più fatiscente.
“Ecco, questa dev’essere
la strada per arrivare alle miniere” annunciò Din.
“A me, francamente,
sembra solo un ottimo posto per essere aggrediti, ma faremo come dici tu”
ribatté Cassian.
E in effetti aveva
ragione lui…
Poco più avanti, dopo
essersi avventurato ancora più a fondo nel ventre della città distrutta, il
gruppetto si fermò notando qualcosa di insolito ma anche tragico: nella sabbia
e in mezzo alle rocce cristallizzate dal fuoco dell’Impero c’erano alcuni elmi
di Mandaloriani, chiaramente uccisi durante la terribile battaglia. Questa
volta neanche Cassian riuscì a mostrarsi sarcastico: quel luogo era una tomba,
un posto dove tanta gente era morta per tentare di salvare il pianeta e, se
Cassian era turbato per questo, non poteva neanche immaginare quanto fosse
addolorato e amareggiato Din. Il Mandaloriano si chinò per prendere uno di
quegli elmi e… scattò una trappola che lo imprigionò nelle fauci di una specie
di insetto gigante.
“Din!” urlò disperato
Cassian, che vedeva avverarsi le sue peggiori previsioni. Tuttavia anche Grogu
era terrorizzato e sconvolto vedendo quella specie di mostro insettiforme
catturare il suo Mandaloriano. In realtà si trattava di un droide comandato da
un essere senziente al suo interno che, ben presto, uscì fuori e lasciò Din
rinchiuso nell’esoscheletro del droide, intrappolato in una gabbia e stordito,
ma alla resa dei conti era comunque una trappola che si sarebbe potuta rivelare
mortale per Din. Grogu tentò di usare la Forza per aprire la gabbia e liberare
Din, ma tutti i suoi sforzi si dimostrarono inutili.
“E ora cosa facciamo?”
domandò Cassian a Grogu, ovviamente senza aspettarsi una risposta vera e
propria. “Non posso sparare alla gabbia cercando di aprirla, rischierei di
colpire Din e di attirare l’attenzione della bestia.”
Visto che l’essere si
era allontanato per qualche momento, Cassian e Grogu ne approfittarono per
avvicinarsi a Din, che dentro la gabbia appariva tramortito e indebolito.
“Din, cosa facciamo?
Posso provare a sparare alla chiusura della gabbia, però…” iniziò a dire
Cassian.
“No, no, non
servirebbe” mormorò il Mandaloriano con voce rotta. “Andate… andate a chiamare
Bo-Katan, lei mi aiuterà. Grogu sa dove si trova il suo pianeta, gliel’ho
mostrato prima sulle mappe dello Starfighter.”
“Andarcene? Ma
neanche per sogno, Din, io non ti lascio!” Cassian era disperato e sconvolto,
tuttavia cercava di tenere bassa la voce per non attirare il mostro che aveva
imprigionato Din. “Non ti lascio qui da solo con quella cosa! E poi che
accidenti c’entra Bo-Katan?”
“Lei conosce questo
posto, viveva a Sundari, saprà come tirarmi fuori. Andate, presto, o moriremo
tutti e tre qui!” insisté il Mandaloriano.
Non c’era tempo per
protestare ancora. Cassian si costrinse a seguire Grogu che, con il suo guscio
volante, ripercorreva velocemente la strada che avevano fatto fin lì. Quando fu
il momento di salire dal Centro Civico di Sundari, fu proprio Grogu che, grazie
alla Forza, sollevò Cassian in modo da farlo arrivare all’uscita. Lì furono
attaccati da due o tre di quei mostri che avevano aggredito Din la prima volta,
ma ebbero poca gloria: Cassian sparò a due di essi e il terzo venne sbattuto
via da Grogu con l’uso della Forza. Trafelati e ansimanti anche per l’angoscia,
oltre che per la fatica, i due salirono sullo Starfighter e Grogu indicò a
Cassian come muoversi sulle mappe per raggiungere Kalevala, il pianeta di
Bo-Katan.
Quando atterrarono
presso il castello di Bo-Katan (sì, era un vero castello moderno, con tanto di
servitori droidi che annunciavano l’arrivo di visitatori!), la donna uscì fuori
visibilmente contrariata.
“Non hai ancora
capito che devi lasciarmi in pace? Non voglio essere coinvolta in…” esclamò, ma
si interruppe subito non appena si vide davanti Grogu, che la implorava con
occhioni sbarrati e sgomenti, e Cassian, che invece non ebbe ritegno a pregarla
in tutti i modi che conosceva.
“Sei tu Bo-Katan
Kryze, vero? Io sono Cassian Andor e credo che tu conosca già Grogu, so che hai
aiutato Din a salvarlo… ma ora è Din ad essere in pericolo e tu devi venire con
noi, perché tu sola lo puoi aiutare, altrimenti morirà!” gridò in un
affastellarsi di parole.
“Sì, quello è il
piccoletto che viaggiava con Din Djarin, ma tu…? Din Djarin è in pericolo,
dici? Ma cosa ha combinato?” domandò la Mandaloriana.
“Eravamo a Mandalore,
lui voleva bagnarsi nelle Acque viventi perché quella tizia, l’Armaiola, gli ha
detto che altrimenti era un rinnegato, ma in quelle miniere ci siamo stati e
lui è caduto in una trappola, una specie di droide l’ha catturato e lo ucciderà
se tu non vieni a salvarlo!” Cassian non si rendeva conto di avere gli occhi
pieni di lacrime e la voce strozzata. “Ti prego, ti supplico, so che non devi
niente a Din, ma lui ha chiesto di te, tu conosci quei luoghi, sei la sola che
può salvarlo, ti supplico, non farlo morire!”
Bo-Katan era una tipa
sveglia, oltre che tosta, e fece presto a fare due più due. Din Djarin adesso
viaggiava non più solo col piccoletto che, in realtà, sarebbe dovuto essere con
i Jedi, ma anche con questo giovane pilota che chiaramente non era un
Mandaloriano e, anzi, aveva un’opinione ben precisa e per niente favorevole
riguardo all’Armaiola e a tutti quegli integralismi dei Figli della Ronda. Pensò
che, in effetti, lei e Cassian sarebbero andati d’accordo… A quanto pareva,
poi, Din Djarin era riuscito a raggiungere le miniere di Mandalore, il che
significava che il pianeta esisteva ancora, come lei aveva sempre sostenuto, e
non era maledetto. Era l’occasione per ritornarvi, oltre che quella di salvare
un fratello Mandaloriano, cosa che il Credo imponeva (anche a chi non era
integralista, era una delle Regole normali,
quella).
E, cosa che colpì la
donna più di ogni altra cosa, quel Cassian Andor era disperato, terrorizzato e
sconvolto all’idea che succedesse qualcosa a Din Djarin. Lesse nei suoi occhi
un sentimento potentissimo e intenso come non aveva mai avuto modo di
incontrare e ne fu quasi commossa… fermò Cassian un attimo prima che arrivasse
a inginocchiarsi ai suoi piedi.
“Sì, va bene,
partiamo subito” disse. “Però prendiamo il mio caccia stellare, il Gauntlet, è più grande e funzionale.
Andiamo.”
Non ci fu bisogno di
ripeterlo e, in breve tempo, tutti e quattro (compreso il droide R5) si
ritrovarono a bordo del Gauntlet per raggiungere Mandalore… e Din, prima che
fosse troppo tardi.
Bo-Katan era allo
stesso tempo emozionata e triste all’idea di tornare su Mandalore: lei ci era
vissuta e vi aveva governato quando il pianeta era ancora splendido e verde e
sapeva che vedendolo adesso avrebbe provato rabbia, strazio e dolore… ma forse
poteva anche significare un nuovo inizio per lei e per la sua gente.
Atterrarono e si diressero velocemente verso le miniere.
“Spero che tu abbia
imparato a governare bene la Forza” disse Bo-Katan a Grogu, “perché dovrai essere
tu a guidarmi da tuo padre.”
Eh, sì, perché si era
accorta che Cassian era talmente sconvolto e lacerato dal terrore all’idea di
perdere Din che non avrebbe riconosciuto nessuno dei luoghi dai quali erano
passati che, comunque, erano per lo più rovine labirintiche tutte simili l’una
all’altra. Così Grogu faceva strada, Bo-Katan lo seguiva e Cassian stava
dietro. Ancora una volta le bestie simili a cavernicoli li attaccarono (non
dovevano avere una grande intelligenza, visto che tutte le altre volte gli era
andata male…) ma furono eliminati rapidamente dalle armi e l’abilità della
Mandaloriana e da due spari ben assestati di Cassian.
Giunti di fronte alle
rovine del Centro Civico di Sundari, Bo-Katan parve commossa e amareggiata e si
tolse il casco.
“Una volta questa
città era bellissima e piena di vita e la mia famiglia la governava” mormorò. “Ora
è solo una tomba.”
“Sì, beh, non è il
momento per guardare il panorama”
tagliò corto Cassian. “Din potrebbe essere… non voglio neanche pensarci!”
“Din Djarin non si
lascia ammazzare tanto facilmente, comunque hai ragione, andiamo” concordò
Bo-Katan e anche lei, senza tanti fronzoli, afferrò Cassian per la vita e lo
trasportò fino in fondo con il jet pack.
Le venne da pensare che quel giovane pilota doveva essere molto coraggioso,
oltre che molto incosciente e anche molto innamorato,
per seguire il Mandaloriano fino in fondo alle miniere di un pianeta che non
conosceva senza avere protezioni, senza un’armatura o altro, solo la sua pistola.
Era vulnerabile e indifeso e non gliene importava niente.
“Quelle bestie che ci
hanno attaccato all’ingresso della grotta sono Alamiti. C’erano anche quando
vivevamo qui, ma al tempo abitavano le regioni più remote e solitarie di
Mandalore e non osavano entrare in città” spiegò poi la Mandaloriana mentre
continuavano a seguire Grogu. “Ora si sono fatti arditi e chissà quali altri
esseri ancora peggiori potremo incontrare.”
Ancora
peggiori? Peggiori del mostro che ha catturato Din? No, non voglio neanche
pensarlo, non posso perderlo, se lui muore io… io… non posso vivere senza di
lui!
Per distrarsi da quei
terribili pensieri cercò di concentrarsi su Bo-Katan Kryze, la donna che erano
andati a cercare per salvare Din. Ne aveva sentito molto parlare e adesso aveva
occasione di conoscerla, anche se avrebbe preferito incontrarla in tutt’altro
frangente. Di lei sapeva che era di una nobile e antica famiglia Mandaloriana,
che non piaceva all’Armaiola (ottimo motivo per trovarla simpatica!) e che
aveva vissuto e governato proprio in quella città, prima che Mandalore fosse
distrutta dall’Impero. Probabilmente era per quello che Din aveva chiesto di
lei, era abile ed esperta e conosceva bene il posto. Cassian aveva notato che
lei non portava il casco, lo indossava solo quando dovevano combattere o
affrontare una missione, e pensò ancora una volta che Din era troppo devoto all’Armaiola
e alle sue fissazioni: si poteva essere ottimi Mandaloriani anche senza
nascondersi continuamente dietro un elmo.
Proseguirono e
Cassian ebbe un altro pensiero che lo abbatté ulteriormente: Din aveva chiesto
l’aiuto di Bo-Katan perché lei sarebbe
stata in grado di liberarlo, e aveva chiesto a Grogu di leggere le mappe per
giungere su Kalevala, il pianeta della Mandaloriana.
Insomma, comunque
fosse finita quella storia, sia Bo-Katan che Grogu erano riusciti a fare qualcosa
per Din… solo lui era inutile, anzi, era un peso perché dovevano portarselo
dietro e magari anche proteggerlo visto che non aveva un’armatura.
Ancora una volta
Cassian Andor si sentiva una zavorra, peggio ancora di una ruota di scorta.
Se Din si fosse
salvato, avrebbe dovuto trovare qualcuno migliore di lui, qualcuno che gli
fosse di aiuto e non di ostacolo, qualcuno… beh, forse proprio qualcuno come
Bo-Katan.
Il cuore di Cassian
andò in frantumi a quel pensiero, ma giurò che avrebbe accettato qualsiasi
cosa, qualunque sacrificio, bastava che Din fosse sano e salvo e potesse
tornare con loro!
Fine capitolo secondo