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22. Against the Shadows
Shinichi chiuse
per un momento gli occhi, lasciando che il vento freddo della notte gli
sferzasse il viso accaldato, le ciocche di capelli bruni della frangetta che gli
accarezzavano la fronte, mentre tutto il suo corpo si rilassava per la frescura.
Aprì gli occhi, continuando a camminare silenziosamente, Heiji al suo fianco e,
fortunatamente, alla sua stessa altezza. Dio, come gli era mancato essere
adulto, sentirsi di nuovo forte, senza il bisogno degli strani aggeggi del
professore, poter guardare negli occhi la gente senza farsi venire il
torcicollo, provare di nuovo cosa significava essere davvero se stessi. Era una
sensazione che gli dava coraggio. Avrebbe sicuramente affrontato quella
situazione con tutt’altro umore se avesse dovuto agire con la testa a poco più
di un metro dal terreno: anche considerando che il contraccolpo di un’eventuale
pistola avrebbe potuto farlo volare via. Ridacchiò: forse stava esagerando.
“Beato te che sei
allegro…” mormorò Heiji al suo fianco.
Shinichi gli
scoccò un’occhiata in tralice: “Perché, tu non lo sei?”
“Chi, io?” Heiji
sorrise. “Sempre.”
Si addentrarono
nel complesso di case popolari; lì l’atmosfera era decisamente molto meno
leggera: le abitazioni sembravano abbandonate, ma qua e là si udivano dei rumori
poco rassicuranti, mentre nell’aria c’era un pesante odore di fogna e muffa. I
due cercarono di camminare nelle zone più in ombra, attenti a fare meno rumore
possibile, consci che ragazzi liceali della loro età non sarebbero passati
inosservati, se fossero stati scorti. Passarono accanto al corpo di un uomo
accasciato in malo modo contro una parete, vittima di alcool o di chissà quale
altra sostanza poco raccomandabile. Non sembrava del tutto sveglio, ma nemmeno
addormentato: i suoi occhi erano vacui, ebbero un guizzo quando si posarono su
di loro ma nulla di più. Aveva un grosso rigonfiamento sul labbro inferiore.
Lo superarono
dopo essersi scambiati un’occhiata a metà fra il disgusto e la pietà. Dopo
qualche minuto videro un angolo ben riparato e deserto, accanto ad una delle
case malconce, e vi si rifugiarono, lontani da occhi indiscreti. Shinichi tirò
fuori dalla tasca i familiari occhiali di Conan, spinse il pulsante accanto alla
lente e comparve il radar, con una lucetta lampeggiante. “Ora che siamo così
vicini, possiamo seguire la trasmittente di Gin anche con questi; il professore
mi ha regolato la frequenza giusta.” Spiegò Shinichi in un sussurro, Heiji
annuì. Il detective dell’est seguì la traccia del radar, guidando il suo collega
che era subito dietro di lui, a coprirgli le spalle in caso di pericolo. La
lucetta era ferma in un solo luogo, probabilmente il punto dove Gin e Vodka
aspettavano il loro corrispondente, e loro vi si stavano avvicinando risoluti,
accantonando ogni paura e incertezza. Non era quello che i detective facevano
abitualmente?
“Ci siamo.”
Bisbigliò Shinichi, indicando con un cenno del capo una casupola davanti a loro,
che sembrava un magazzino, con i muri dipinti di un grigio sporco. Entrambi si
scambiarono un ultimo cenno di assenso, poi si diressero verso il loro
obiettivo, mentre dietro di loro una figura con un cappotto lungo fino ai piedi
non staccava gli occhi da loro un istante.
Aggirarono
l’entrata principale, cercando un qualche sbocco secondario per non dare
nell’occhio. Sulla parete posteriore esterna trovarono quello che faceva al caso
loro, una finestrella con il vetro inesistente; con un po’ di fatica e
aiutandosi l’un l’altro riuscirono ad insinuarsi attraverso quell’angusta
entrata, e si ritrovarono a camminare gattoni sulle assi di legno del tetto,
lentamente, attenti a non perdere l’equilibrio e a farle scricchiolare il meno
possibile. Scorsero dall’alto tre figure scure, ma l’intero magazzino era buio
ed era difficile stabilire di chi si trattasse. Shinichi sperò intensamente che
a nessuno dei tre venisse voglia di alzare lo sguardo, si erano arrampicati
piuttosto in alto, questo sì, ma aveva l’impressione che la visuale fosse la
stessa da entrambe le parti: forse non li avrebbero riconosciuti, ma avrebbero
capito che c’era qualcuno. Le ginocchia cominciavano a dolergli, a causa
del forzato contatto con il legno rigido delle assi, e anche le braccia
soffrivano un po’. Non sapeva quanto avrebbe potuto resistere, pregava che tutto
si svolgesse più in fretta possibile…
“È in ritardo.”
Constatò una delle voci, che Shinichi riconobbe come quella di Vodka.
Udì a fatica un
ghigno sommesso. “Forse.” Rispose Gin, e l’intonazione gli fece intuire che
aveva stirato le labbra, cosa che non gli piacque affatto. In effetti, tutta
quella breve conversazione aveva un che di sinistro. La terza figura cominciò ad
allontanarsi dai due uomini, con un ticchettio basso che Shinichi accostò senza
difficoltà a scarpe con il tacco.
“Vermouth”
sibilò, e come se l’avesse udito la donna in questione prese parola.
“I’m boring…credo
che andrò a fare un giretto.” Annunciò con la sua voce melodiosa, continuando la
sua marcia verso la porta.
“Attenta piccola,
potresti perderti la festa.” La avvertì Gin, sempre con quel tono placido e
divertito che a Shinichi metteva i brividi. Sentiva che doveva alzare la
guardia, che qualcosa di brutto stava per accadere. Ma come poteva essere?? Gin
non avrebbe mai potuto immaginare che…
“Oh, di questo
non mi preoccupo. Ho l’impressione che il party si protrarrà…” aprì la porta
“…più del previsto. Bye”
Perché
improvvisamente si sentiva così a disagio? In fondo erano loro stessi che
tenevano le redini del gioco, avevano spiato le loro conversazioni, preparato un
piano, chiamato la polizia…avrebbe dovuto essere calmo. Beh, okay, forse non
così calmo, ma decisamente non tanto agitato. Il fatto era che il modo in
cui stavano parlando i suoi avversari, Gin e Vermouth soprattutto, faceva
suggerire che sapevano più di quello che lui avesse creduto all’inizio. Ma era
una cosa impossibile, no?
Impossibile?
Lo credi veramente??
Ciliegina sulla
torta, ecco di nuovo la voce di suo padre, che lo apostrofava in tono scettico e
quasi canzonatorio. Si trattenne dal sbuffare, cercando di ignorare il moto di
scompenso che quelle parole nella sua mente gli avevano infuso. Avrebbe voluto
rispondere un ‘sì’ deciso, ma purtroppo sapeva che non era poi così impossibile.
E c’erano numerosi altri punti che, adesso che esaminava sotto una nuova luce,
erano piuttosto sospetti. Come per esempio la sua fortuna sfacciata: appena il
giorno dopo che gli aveva applicato la trasmittente, aveva ottenuto informazioni
tali da avere l’occasione di catturarli. Il luogo dell’incontro, certamente più
favorevole agli Uomini in Nero che a lui e al suo compagno, in caso di scontro;
e poi Vermouth, fingendo di essere Yukiko e aggirandosi per la casa del dottor
Agasa aveva capito molte cose, e avrebbe potuto riferirle ai suoi colleghi.
Finora lo aveva escluso perché non aveva captato nessuna conversazione di quel
genere dalla cimice, ma era anche vero che c’erano stati lunghi periodi di
silenzio alternati ai discorsi e poteva essere che…
Gin sapesse
della cimice
Il cuore ebbe un
tuffo, Shinichi sbarrò gli occhi e impallidì di colpo. Non era così assurdo, i
congegni erano sotto la sua scarpa e se se la fosse sfilata la sera, per andare
a letto, avrebbe potuto scorgerla e capire, perché Gin non era uno sciocco. Ma
se così fosse quella sarebbe stata
Una trappola
Si voltò,
cercando lo sguardo del suo collega, pronto a spiegargli tutto, quando un rumore
forte lo costrinse a guardare di nuovo in giù. Gin aveva appena sbarrato la
porta.
“Bene Vodka…è ora
di occuparsi del nostro ospite…”
“È già qui?”
“Oh sì…da un bel
po’, ormai.”
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“Io qui non vedo
nessuno stupido ragazzino che si crede un detective, Ran” borbottò Kogoro, le
mani in tasca. La ragazza camminava decisa, addentrandosi nell’ombra senza alcun
timore, voltando la testa di qua e di là, cercando di penetrare l’oscurità e di
scorgere il viso tanto conosciuto. Kazuha era accanto a lei e imitava i suoi
gesti, sebbene stesse cercando un altro ragazzo, facendo ciondolare la coda di
cavallo tenuta stretta con il nastro regalatole da Heiji.
Dove ti sei
cacciato Shinichi? Ti prego fa che lo trovi…
Lo stomaco
cominciava di nuovo a contorcersi in modo doloroso, ma lei lo ignorò: doveva
restare lucida e calma. Sebbene la speranza di trovarlo stesse affievolendosi ad
ogni passo sempre di più, non le sarebbe stato di alcun aiuto buttarsi giù:
dannazione alla sua emotività! Perché i suoi sentimenti dovevano essere sempre
così pressanti e scomodi? Avrebbe tanto voluto essere più fredda, di fronte alle
situazioni…
Così forse a
quest’ora l’avrei già dimenticato...anche se…solo immaginare di farlo uscire
dalla mia vita…mi fa stare così male…
Sussultò,
strappata ai suoi pensieri dalla stretta poderosa di una mano intorno al suo
polso: si voltò, incontrando lo sguardo penetrante e scuro di suo padre, il viso
imbronciato in una smorfia di impazienza e irritazione.
“Basta, ti avevo
detto che se non l’avessimo visto subito ce ne saremmo andati. Ti ho permesso
persino di scendere dall’auto…” brontolò, ben sapendo che non era stata una vera
e propria permissione, visto che Ran era sgattaiolata in fretta fuori dalla
macchina non appena aveva accostato “…e qui intorno non c’è traccia di lui. E’
tardi, sono stanco e questo posto non mi piace. Andiamo v…”
“Detective! Non
sapevo partecipasse anche lei a questa missione!” Uno strano uomo, avvolto in un
lungo cappotto blu scuro di feltro e con in testa un capello ben calcato sulla
fronte, si avvicinò a loro dal buio di un vicolo. Kogoro spostò la figlia dietro
la schiena in un una rapida mossa protettiva e quasi inconscia. “Chi è lei? Cosa
vuole?” tuonò.
“Oh, mi scusi!”
L’uomo alzò un po’ il cappello per permettergli di vederlo in faccia, e tutti e
tre spalancarono la bocca: “Detective Takagi!? Che ci fa qui!?” chiese Ran quasi
senza fiato, mentre il cuore ebbe un sussulto: se l’agente era là, e come aveva
detto prima era in corso un’azione di polizia, era probabile che quello che le
aveva riferito la voce al telefono era vero, e cioè…
“Shinichi è con
voi?” domandò con voce spezzata, prima che l’uomo avesse il tempo di rispondere
alle altre domande. Kazuha fece un passo avanti. “E Heiji? Hattori, intendo…”
Takagi le fissò
per qualche momento, sbattendo le palpebre, poi aprì la bocca per rispondere ma
Kogoro lo interruppe.
“Che genere di
missione state attuando?” domandò non senza una punta di preoccupazione.
“Dobbiamo
arrestare dei trafficanti. Ci sarà uno scambio di sostanze stupefacenti stasera,
in questo complesso. Ci sono altri agenti qui intorno travestiti come me.”
spiegò bisbigliando. “Aspettiamo un segnale per agire…se fossi in lei
allontanerei le ragazze da questo posto” suggerì, e dall’intonazione si capiva
perfettamente la sua perplessità all’idea che l’investigatore avesse portato due
diciassettenni in piena notte in un luogo malfamato. Kogoro annuì, cercando di
nuovo di afferrare la figlia per il polso, ma Ran riuscì a divincolarsi e si
avvicinò all’agente di polizia. “La prego, mi risponda…” lo supplicò con gli
occhi lucidi, e Takagi arrossì visibilmente, sebbene il travestimento coprisse
gran parte del volto. “Beh, ecco…io non ne so molto…” disse timidamente “…ma mi
pare di aver capito che…sia stato proprio lui ad avvertire l’ispettore Megure e
ad organizzare questa retata.”
Sembrò che il
cuore smettesse di batterle, il respiro si arrestò. Dunque era vero, la donna
non aveva mentito…Shinichi si trovava là…dopo tanto tempo, aveva la possibilità
di rivederlo, di parlare con lui…sentì che la sua anima si riempiva di un
sentimento che per molto tempo le era stato precluso: la vera speranza.
“Lui dov’è?”
insisté, afferrando per il braccio Takagi. Udiva a malapena i rimproveri di
Kogoro dietro di lei, tutta la sua attenzione era rivolta al giovane uomo che le
stava davanti e che le aveva regalato una così bella sensazione. “Dov’è??”
“Io…io non…”
Il rombo acuto di
uno sparo squarciò il silenzio della notte. Tutti e quattro rimasero immobili,
spaventati e sorpresi da quel rumore improvviso, che il loro cervello riconobbe
solo dopo qualche secondo. La ricetrasmittente di Takagi si attivò, e data la
sua vicinanza Ran poté sentire cosa disse la voce dell’ispettore Megure.
“Attenzione,
qualcuno ha aperto il fuoco sul lato nord del complesso, non abbiamo ancora
capito da che parte provengano gli spari, chi si trova nel settore nord ci
comunichi immediatamente il luogo esatto dello sparo”
“Qui Sato,
settore nord” trasmise il congegno “lo sparo proveniva da una costruzione
abbandonata sulla terza strada, non ho visto nessuno uscire.”
“Ricevuto Sato,
a tutti gli agenti, abbandonare le proprie posizioni e dirigersi verso
l’obiettivo comunicato, ripeto, dirigersi tutti verso l’edificio abbandonato
sulla terza strada…fate attenzione…i trafficanti sono armati e pericolosi.”
“Qui Takagi,
ricevuto” rispose l’agente di polizia, impugnando la pistola. “Devo andare, voi
mettetevi al riparo.”
“No, io vengo con
lei!!” protestò Ran, e al suo fianco Kazuha annuì decisa.
“Niente da fare!
Non è roba per ragazzine come voi!” proruppe Kogoro infuriato, visibilmente in
ansia per la situazione in cui aveva cacciato sua figlia e la sua amica.
Dannazione! Non avrebbe mai dovuto accettare di accompagnarle!! L’agente
approfittò della distrazione di Ran per andare ad obbedire agli ordini senza
portarla con sé. Non aveva alcuna intenzione di mettere in pericolo quella
ragazza così dolce, sebbene ammirasse profondamente il suo coraggio.
“No!! Io-“ un
altro scoppio, e tutti sobbalzarono di nuovo. “devo andare da lui!” gridò Ran,
cominciando a correre verso il luogo che aveva udito dalla trasmittente. Era
minimamente conscia del fatto che dietro di lei Kogoro le urlava di tornare
indietro e Kazuha la seguiva di corsa. Avrebbe dovuto essere prudente, fermarsi
e dare retta a suo padre, le disse la parte razionale della sua mente, ma
l’altra, quella a cui poi dava inevitabilmente ascolto suo malgrado, le ripeteva
un’altra cosa:
è quello che
avrebbe fatto Shinichi per te. Se avesse sentito gli spari, e avesse saputo che
tu eri in pericolo, avrebbe fatto esattamente così.
Giusto. Lei non
si sarebbe tirata indietro, non più. Doveva raggiungere il suo amico d’infanzia,
stare al suo fianco, se lui era in pericolo. Non voleva e non poteva immaginare
che gli fosse accaduto qualcosa, scacciava decisa le immagini truculente che gli
spari avevano suggerito al suo cervello. Accelerò l’andatura, senza timore, e
qualche passo indietro, un accanito fumatore con almeno una trentina di anni più
di lei sulle spalle, cominciò a boccheggiare e a perderla di vista nell’oscurità
sempre più pressante della notte.
Ran macinò in
pochissimo tempo la distanza che la divideva dall’edificio, arrivando alla terza
strada e cercando con occhiate disperate di individuare la costruzione: se aveva
sperato di vedere una folla di agenti di polizia, con giubbotti antiproiettili e
pistole, barricati dietro una fila scomposta di automobili della polizia con le
sirene blu accese, come succedeva nei film, restò amaramente delusa. Il luogo,
sebbene meno tranquillo di come l’aveva visto appena scesa dalla macchina,
conservava tutta la sua lugubre calma: nel buio vedeva strane figure
allontanarsi in fretta da quei vicoli, alcuni spaventati, altri semplicemente
scocciati, ma nel complesso regnava ancora quel pesante silenzio che gelava
l’anima. La ragazza procedette cautamente, il cuore in gola, sentendo
improvvisamente rumorosissimo ogni passo che avanzava. D’un tratto, scorse
finalmente attraverso il buio una fila di uomini appoggiati al muro, con
circospezione, che impugnavano una pistola, pronti a quel che sembrava a
sfondare la porta di un edificio grigio fumo per farvi irruzione. Attenta a non
farsi vedere, decise di osservare la scena da un punto distaccato: se si fossero
accorti di lei, l’avrebbero trascinata via, e voleva vedere se Shinichi si
trovava lì dentro.
Si nascose nel
buio, trattenendo il respiro quando gli uomini sfondarono la porta.
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“Coraggio, vieni
fuori… non è il caso di farsi pregare.” Gracchiò Gin, estraendo dal cappotto la
pistola. Sapeva che il suo avversario era in quel magazzino, nascosto
nell’ombra, troppo vigliacco per farsi vedere…dannazione, poteva quasi
sentirlo… fiutare l’odore ripugnante della sua presenza. Sorrise
crudelmente: quel povero sciocco aveva pensato di poterlo ingannare, di
tendergli una trappola con quello stupido giocattolino che gli aveva attaccato
sotto la scarpa? L’aveva sottovalutato, decisamente. Ma era stato così
divertente poter sfruttare i mezzi del suo avversario a proprio favore...durante
le conversazioni che gli aveva fatto ascoltare aveva dovuto trattenersi dallo
scoppiare a ridere improvvisamente. Per fortuna era un professionista, sapeva
controllarsi...al contrario del suo collega. Vodka avrebbe potuto rovinare
tutto, se l’avesse avvertito, era stata una mossa saggia nascondergli gran parte
del suo piano. Perché se il bastardo che aveva osato andargli contro l’aveva
sottovalutato, lui non avrebbe commesso lo stesso errore: per essere un dannato
codardo che non aveva nemmeno il coraggio di farsi vedere in faccia, quel
ragazzo era in gamba, oh sì. Altrimenti non avrebbe mai potuto metterlo k.o.
durante il loro ultimo scontro, una cosa che gli bruciava maledettamente ancora
adesso. L’avrebbe pagato caro, quell’affronto: avrebbe implorato il suo perdono
vomitando sangue dalla bocca, il verme schifoso. “Vedrai che farò in fretta…non
ti accorgerai quasi di morire.” Mentì, non che sperasse che uscisse dal suo
nascondiglio. Era più divertente così: chissà come tremava, spaventato,
accorgendosi di essere in trappola come un ratto. Udì un leggero rumore sopra la
testa, ma disgraziatamente fu coperto dalla voce baritonale e nasale di Vodka:
“Ehm…sei certo che…”
“Zitto!” Tuonò, e
il suo collega sussultò, aggiustandosi meccanicamente gli occhiali suo viso, che
continuavano a cadergli a causa della fasciatura che gli copriva il naso,
impedendo alla montatura di sistemarsi a dovere. Aveva sentito qualcosa, sopra
di lui. Lo scricchiolio di un’asse, forse? Alzò la testa, scorgendo nonostante
l’ombra marcata due figure appollaiate sulle assi del tetto. Il sorriso
s’intensificò, scoprendogli i denti. “Ma guarda…abbiamo due bei piccioni lassù…”
Puntò l’arma e
fece fuoco.
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“Vedrai che farò
in fretta…non ti accorgerai quasi di morire.”
Udì la voce
canzonatoria dell’uomo chiamato Gin sotto di lui e si sentì gelare. Come erano
stati stupidi! Credevano davvero che sarebbe filato tutto liscio, che avevano in
mano loro le redini del gioco? Oh, Kudo aveva ragione: questi criminali erano
decisamente ad un livello più alto di quelli che affrontavano di solito.
Avrebbero dovuto aspettarselo, o come minimo essere più prudenti, valutare tutte
le possibilità prima di agire. Adesso erano in trappola, per di più in una
posizione scomodissima: non potevano fare dietro-front e scappare, e se gli
Uomini in Nero li avessero scorti avrebbero potuto centrarli entrambi con una
pallottola senza troppa difficoltà. L’unica soluzione era…
Sospirò
impercettibilmente, alzando lo sguardo, e si accorse che Kudo lo stava
guardando, con quegli occhi blu così intensi e profondi, sotto le sopracciglia
scure inarcate, cercando di comunicargli un messaggio a cui lui stesso era già
arrivato, sebbene la cosa non gli piacesse per niente. Sapeva benissimo che si
trattava di spietati assassini, ma l’idea di ferire, di far del male
volontariamente…insomma, era ciò contro cui combatteva ogni giorno. Tuttavia,
sapeva che non aveva scelta, se volevano uscire vivi da lì. Era sempre meglio
che aspettare di essere colpiti da loro come bersagli fissi al luna park. E poi
era convinto che Kudo non glielo avrebbe mai chiesto se non fosse stato
assolutamente necessario. Dannazione, doveva mollarla proprio a lui quella
stupida arma??
Si mosse,
spostando il suo peso su una mano sola per estrarre con l’altra la Ruger, e
strinse i denti con un sussulto quando udì sotto di lui l’asse di legno
scricchiolare pericolosamente. Per fortuna, proprio in quel momento, la voce di
Vodka, deformata dalla benda sul naso per la lezione che gli aveva dato Kudo il
giorno prima, disse titubante: “Ehm…sei certo che…”
“Zitto!” tuonò
l’altro assassino, Heiji capì che doveva aver sentito qualcosa, ma sperava che
almeno non avesse compreso da che parte proveniva il rumore. Poi Gin alzò la
testa, e sentì tutte le sue illusioni morire con un gemito agonizzante. La sua
mente era portata a formare immagini davvero strane quando era davvero teso.
“Ma
guarda…abbiamo due bei piccioni lassù…” cantilenò Gin, e lui seppe che se doveva
fare qualcosa, quello era il momento. Nello stesso istante in cui l’uomo alzò la
pistola e premette il grilletto, Heiji fece lo stesso, pregando inconsciamente
di non colpire nessuna parte vitale.
Gli spari,
partiti in un solo tempo, si unirono in un solo assordante rumore. Heiji sentì
che la pallottola lo sfiorava, senza colpirlo, e contemporaneamente vide Gin
reagire come se si fosse scottato, con un balzo all’indietro. Si svolse tutto in
pochissimi secondi. Lanciò un’occhiata a Kudo, lui era riuscito a voltarsi e lo
guardava stringendo i denti.
“Dobbiamo
andarcene subito” mormorò con voce roca, ma sotto di loro Gin aveva di nuovo
puntato la pistola; Heiji teneva ancora in mano la sua, cavolo, gli sembrava
quasi di sentire la canna bollente per lo sparo, l’odore del sangue. Si preparò
a sparare di nuovo, pur sapendo che loro erano più vulnerabili ai colpi rispetto
agli avversari, e che adesso che anche Vodka li aveva individuati e si preparava
a sparare, erano due contro uno, e ci sarebbe voluto un miracolo per sfuggire
entrambi di nuovo alle pallottole.
“Siete morti!”
Gridò Gin, e Heiji seppe che stava per sparare di nuovo. Mirò a sua volta,
cercando di colpire il suo braccio, ma l’oscurità gli impediva di vedere bene
quanto desiderava. Sapeva che entrambe le vite, sue e del suo migliore amico,
dipendevano da lui. Kudo era inerme finché restavano lì, erano troppo lontani
perché l’orologio spara-anestetico funzionasse, dunque la loro sopravvivenza
dipendeva unicamente dalla sua abilità nell’usare l’arma. Tanto bastava per
farsi prendere dal panico, ma fortunatamente riuscì a restare lucido. Proprio
quando stava per sparare, un suono di vetri rotti e un ennesimo scoppio lo
fecero sobbalzare. Gin ruggì rauco, colpito alle spalle, e si voltò verso la
finestrella rotta dietro di sé, il suo ansimare percepibile anche dalla loro
posizione. Anche Vodka, sorpreso, si voltò, e i due ragazzi approfittarono della
situazione per allontanarsi da lì, ripercorrendo in fretta l’asse di legno fino
alla fessura da cui erano entrati. Heiji con un salto fu fuori dal magazzino,
sospirando, dicendo a se stesso con sollievo che non si sarebbe più cacciato là
dentro per nulla al mondo. Si voltò e si accorse con orrore che Kudo non c’era.
Fece per ri-arrampicarsi e tornare indietro: per nulla al mondo, sì, tranne il
suo migliore amico.
“Ma guarda un
po’, cosa abbiamo qui…” lo interruppe una voce, si voltò stupito e si ritrovò
faccia a faccia con la canna di un revolver, puntata contro di lui da un uomo
sulla quarantina, la barba ispida e due occhietti scuri come quelli di una
serpe, completamente vestito di nero. Il naso era arcuato, le labbra erano così
chiare che sembrava quasi non averne, che avesse solo un lungo taglio sotto le
narici, i capelli erano ingrigiti vicino all’attaccatura. Non aveva un aspetto
rassicurante, l’immagine in sé bastava a far venire i brividi: la luce della
luna infondeva alla sua pelle un pallore cadaverico, smorto.
“Magnifico”
borbottò, gli occhi fissi sull’arma.
“Sai, ero
convinto di dover affrontare qualcuno di importante, vista tutta
l’organizzazione di questa serata, e invece…” fece una smorfia, mostrando i
denti ingialliti dal fumo, e lo fissò da capo a piedi “…mi ritrovo con un
moccioso che va ancora a scuola. Se avessi saputo, avrei occupato meglio il mio
tempo. Con qualche bambino, ad esempio.” Il taglio al posto della bocca si stirò
in quello che era il sorriso più mostruoso che avesse mai visto, e al sentire le
ultime parole Heiji ribollì di rabbia, nonostante la tensione.
“Lei mi fa
schifo.” Ringhiò, scatenando nient’altro che una risata divertita dal suo
interlocutore, una risata che gelava il sangue.
“Così dicono
tutti, ma poi, quando cominci…non fanno altro che piagnucolare, e lamentarsi, e
strillare…ed è quello che farai anche tu, molto presto.”
Heiji capì che
aveva bisogno di un piano, sentiva gocce di sudore gelido imperlargli la
fronte. Due volte in pericolo mortale in pochissimi minuti, cavoli, era iniziata
proprio bene. Ripensandoci, più che di un piano, avevano bisogno di un miracolo.
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Takagi e Chiba
sfondarono la porta, il volto tirato per la tensione, le pistole in pugno.
Dietro di loro, gli agenti confluirono nell’edificio, le armi pronte all’uso.
L’ispettore Megure era a capo del gruppo, e non appena si furono disposti urlò:
“Polizia! Gettate le armi a terra e…” si bloccò, l’abitazione era vuota e
all’apparenza tranquilla. Fece cenno a due uomini di perlustrare le altre
stanze, senza abbassare la guardia, mentre gli altri aspettavano, pronti
all’azione. Se c’etra una cosa che aveva imparato durante la sua carriera, era
che nulla era mai come sembrava, l’insidia poteva essere dietro ogni angolo,
nascosta nell’ombra, pronta a colpire. Da un momento all’altro avrebbe dovuto
agire. I due poliziotti tornarono scuotendo la testa: “La casa è vuota, signore”
lo informò uno dei due, e Megure aggrottò la fronte perplesso. “Davvero strano.
Se sono scappati, non possono essere andati lontano: squadra B, perlustrate i
dintorni, chiunque abbia l’aria sospetta sia fermato e perquisito. Squadra A,
cercate segni di colluttazione e di colpi di arma da fuoco qua dentro.” la cosa
era piuttosto strana, aveva cercato di mettersi in contato col giovane Kudo
senza riuscirci, e adesso si ritrovavano in quella casa vuota. Possibile che i
colpevoli si fossero dileguati così in fretta? Rifletté un momento: e se il
luogo non fosse stato quello giusto? “Sato, sei certa che gli spari venissero da
qui?” chiese, cercandola con lo sguardo fra gli uomini imbottiti di giubbotti
antiproiettili sotto gli abiti borghesi. Nessuna risposta. Nessun segno di lei,
a dir la verità.
“Sato? Qualcuno
ha visto l’agente Sato?”
Takagi ora si
guardava intorno agitato, gli occhi che guizzavano velocemente da un agente
all’altro. Anche gli altri sembravano perplessi e in ansia. “Credevamo fosse con
noi…questo era il settore assegnato a lei.” balbettò uno dei poliziotti. Ora
Takagi era più che agitato: era nel panico totale. Era impallidito di colpo, e
Megure sapeva che se non avesse fatto subito qualcosa l’agente avrebbe commesso
una qualche sciocchezza. “Takagi, Chiba, andate a cercare la vostra collega. E
state attenti. Squadra A, non c’è più bisogno di controllare la casa, cercheremo
i malviventi in un altro settore.”
Era evidente che
qualcosa non andava. Erano stati ingannati.
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Ran era
perplessa. Credeva ci sarebbe stata più azione, colpi di pistola, grida, e
invece…sembrava tutto tranquillo. Sospirò, avvicinandosi ancora di più alla
casa, cercando di scorgere al di là dei vetri malridotti delle finestre il volto
del suo amico d’infanzia, senza molta fortuna. Possibile che fossero arrivati
troppo tardi? Che Shinichi se ne fosse già andato?
Spero solo che
non gli sia accaduto nulla…Shinichi…dove sei?
Rabbrividì,
abbottonandosi il cardigan rosa: ora che le sue speranze erano di nuovo
scomparse non poteva fare a meno di provare di nuovo paura. Gli orrori che aveva
dovuto subire i giorni passati tornarono a farsi strada nella sua mente, il
sapore dello straccio imbevuto del narcotico che Mori le aveva premuto sulla
bocca, il ruvido delle corde che gli segava i polsi, il calore acre del suo
fiato…e poi i due uomini vestiti di nero, gli occhi gelidi e spietati del
biondo, la morsa dolorosa della sua mano sui propri capelli, l’odore dolciastro
del sangue, i gemiti dell’uomo che avevano torturato…non poté fare a meno di
rivivere mentalmente quel passato così terribile e si spaventò, si spaventò
perché aveva seminato suo padre e Kazuha, si spaventò perché era di nuovo sola,
abbandonata a se stessa, si spaventò perché ancora una volta Shinichi non era al
suo fianco. La tentazione di raggiungere i poliziotti e farsi portare in salvo
ora le premeva dentro insistente. Il suo amico d’infanzia non c’era, lei non era
un’eroina, voleva solo tornarsene a casa. Se Shinichi avesse voluto vederla, in
fondo, sarebbe venuto lui a trovarla…
…Ciò significa
che hai decifrato il codice e sei corso a salvare la tua ragazza, il che
conferma le mie supposizioni…
La tua
ragazza…
Strano come certi
pensieri vengano nei momenti più strani. Lei, la ragazza di Conan? Perché il
giornalista aveva apostrofato il bambino in quel modo? Per di più, non aveva
mostrato alcuna delusione nel vederlo arrivare. Insomma, lui si aspettava di
veder venire Shinichi, giusto? Eppure, non aveva battuto ciglio all’arrivo di un
bambino delle elementari, al suo posto. Però, lo stabile era buio, poteva darsi
che Mori avesse semplicemente sentito arrivare qualcuno e avesse creduto che
fosse il suo amico d’infanzia, invece che Conan. Era la spiegazione più logica
che riusciva a trovare. Se non fosse che poi…
Chi sei? Dov’è
Ran?
Non Ran-neechan.
Ran. Quel tono di voce autoritario, carico di energia…conosceva solo una
persona che potesse assumerlo. L’aveva sempre affascinata e colpita, per anni.
Ma sembrava così stupido pensarci…quante volte l’aveva ipotizzato ed era stata
smentita dai fatti? Alla sua recita, non aveva visto chiaramente Conan e
Shinichi nella stessa stanza contemporaneamente? E non era una prova
sufficiente?? Ciò che pensava era assurdo, fantascientifico…
Ti amo, Ran
L’aveva sentito
realmente? O era solo una proiezione dei suoi desideri inconsci?? Quella sera
era così disperata…
Scrollò la testa.
Non era il momento di perdersi in congetture. Era in pericolo, dannazione!! Era
decisamente meglio che si facesse vedere dai poliziotti. Uscì dall’ombra, pronta
a raggiungere il suo porto sicuro. Kogoro si sarebbe davvero infuriato,
stavolta, aveva paura solo a pensarci. Scorse Takagi e aprì la bocca per
chiamarlo, ma una mano guantata di nero le si fermò sulla bocca, mentre un altro
braccio, sottile ma forte, le circondò la vita, trascinandola indietro. Ora
aveva davvero paura, tutto il suo corpo si tese, il cuore che le sfondava il
petto, mentre le sue narici furono inondate da un profumo forte e intenso,
nonostante tutto gradevole.
“My sweet Angel…you
know, it’s dangerous here…[1]” Ran cercò di divincolarsi, ma la stretta era
decisa, sebbene non tanto da farle male veramente. Non poteva vedere chi la
stava trattenendo, e dalla sua bocca potevano uscire solo mugolii senza senso,
ma poteva scorgere con la coda dell’occhio una massa di capelli biondi. Chiunque
fosse, doveva essere straniera: Ran sapeva abbastanza inglese da capire cosa le
stava sussurrando all’orecchio con il suo tono suadente e caldo. Con uno
strattone più forte riuscì a farle mollare la presa, arcuò la schiena pronta a
farle perdere l’equilibrio colpendole le caviglie con i piedi e a scaraventarla
a terra, mossa degna della karateka che era, ma a quanto sembrava anche la sua
assalitrice era in gamba, perché riuscì ad ostacolare la mossa e a bloccarla di
nuovo, contro il muro stavolta, impedendole altre azioni di quel tipo. “Hai una
bella grinta, angioletto...” sussurrò in giapponese stavolta, divertita e per
nulla arrabbiata. Ran non sapeva il perché, ma questa donna aveva qualcosa di
familiare.
“Don’t worry, my dear. I’ll take care of you, I promise…and of
your boyfriend as well, of course.[2]”
Le sussurrò la
strana donna, togliendole la mano dalla bocca per accarezzarle dolcemente i
capelli lunghi. Ran riprese fiato con un paio di respiri profondi, mentre le
parole di lei le facevano breccia nella mente e nel cuore.
“Cosa intende
dire?? Chi è lei? E cosa c’entra Shinichi? È…è stata lei a chiamarmi stasera?””
chiese, cercando con la coda dell’occhio di guardare la sua assalitrice. Chissà
se era la stessa donna che le aveva telefonato…eppure non ricordava l’accento
straniero.
“Mmm…my name’s
Sheila Geller. Sono un’agente di polizia, partecipo all’operazione di stasera,
promossa dal giovane Kudo, per questo sono qui. Un ragazzo in gamba, davvero…”
disse, mollando anche la presa sulla vita. Ran se la massaggiò lievemente,
voltandosi, e finalmente poté vedere in volto la donna; non riuscì a fare a meno
di rimanere profondamente colpita dalla sua bellezza, gli occhi grigio-verdi
intensi, la folta chioma bionda che le ricadeva sulle spalle con una raffinata
eleganza, le labbra fini, ben delineate, rosso fragola. Tuttavia, la palese
ammirazione che stava provando non la fece essere meno cauta: “Come faccio a
crederle?” replicò con voce dura.
Lei sorrise
cordiale; estrasse dalla tasca del suo costoso cappotto nero di cachemire un
distintivo della polizia e glielo mostrò. “Ora sei soddisfatta?”
Ran sbatté le
palpebre, indecisa. In fondo poteva essere falso…
“Se lei è della
polizia, perché mi ha aggredito?”
“Oh, I’m so sorry…”
disse lei, con aria davvero mortificata “Ti ho vista e ti ho bloccata
d’istinto…è pericoloso girare qui intorno per una graziosa liceale come te,
soprattutto mentre è in corso una pericolosa azione di polizia. Ammetto che sono
stata un po’ brusca, e mi dispiace tanto…ti ho fatto male?”
“Oh, no…non si
preoccupi” si affrettò a dire Ran. La donna, che inizialmente l’aveva messa in
soggezione, ora le faceva quasi tenerezza. Sembrava davvero amareggiata per
quello che era successo. Tuttavia, i suoi genitori le avevano insegnato a non
fidarsi delle apparenze, e lei non era ancora disposta a lasciarsi persuadere
completamente.
“Mi scusi…ma come
faceva a sapere che Shinichi è il mio…” si sentì arrossire e abbassò gli occhi.
In effetti, Shinichi non era il suo ragazzo. Insomma, uscivano spesso
insieme –almeno prima- ma…non c’era stato mai nulla di ufficiale. E poi…lui
magari la considerava solo un’amica. Comunque, avevano una qualche specie di
relazione, e se la donna l’aveva chiamato il suo “boyfriend” significava che era
a conoscenza della loro rapporto. Ma come poteva, se non si erano mai viste?
“Oooh…” la sentì
esclamare “…me l’ha detto Sato.”
Ran alzò lo
sguardo. “Lei conosce l’agente Sato?”
“Siamo ottime
amiche!” confermò la donna con un sorriso radioso. “È lei che mi ha indirizzata
a questo distretto. Sai, prima lavoravo in America, avrai notato che sono
straniera. Sato mi ha aiutata ad inserirmi e ad imparare la vostra lingua.”
Ora Ran era
decisamente più tranquilla. Se conosceva Sato, non poteva essere una cattiva
persona. Ricambiò il sorriso, annuendo.
“Ma ora è meglio
che ti porto via di qui, it’s too dangerous for you.” Aggiunse seriamente.
“Sì…dovrei
tornare da mio padre, mi sta cercando qui intorno.” La informò, Sheila annuì,
proponendosi di accompagnarla, e camminarono fianco a fianco per un po’. Ran si
sentiva più tranquilla con la poliziotta al suo fianco, era una guardia del
corpo perfetta. Certo, era amareggiata per non aver trovato Shinichi, dopo tutto
quello che aveva passato, ma in fondo al cuore sperava ancora di poterlo
incontrare, finita l’operazione.
Ti prego
Shinichi…se sei qui vieni da me…ho bisogno di vederti…di vedere lo sguardo dolce
e carico di tepore che rivolgi soltanto a me, di sentire la tua voce calda e
rassicurante…ho bisogno di te…
“Senti…cosa
intendevi dire quando mi hai chiesto se ero la donna che ti aveva chiamata
questa sera? Quale donna?”
Chiese ad un
tratto lei, interrompendo i suoi pensieri e facendola sussultare lievemente. Era
indecisa se raccontarle della telefonata o no, quindi restò in silenzio per un
po’. Stabilito che era un’informazione tutto sommato innocua, si risolse a
rivelarglielo. “Beh, ho ricevuto una telefonata da una donna che mi informava di
questa operazione…ehm, cioè, non proprio: mi ha detto soltanto che avrei potuto
trovare qui Shinichi.”
“Mmm.” L’agente
assunse un’aria meditabonda, arcuando le sopracciglia perfette, ma non chiese
altro sull’argomento. Si addentravano sempre di più nel caseggiato, Ran cominciò
a guardarsi intorno allarmata. Perché pensava che avrebbe potuto trovare suo
padre in quel postaccio? Cominciava a sentirsi di nuovo impaurita.
“Ehm…mi
scusi…dove stiamo andando?”
Lei le sorrise. “Where you want. [3]”
“Ha visto mio
padre da queste parti?” Chiese Ran, più scettica che perplessa, bloccandosi.
La donna non
batté ciglio, né smise di sorridere.
“I said where you want, not where you asked for, my dear Angel.
A promise is a promise, after all.” [4]
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
[1]
Mio dolce angelo…lo sai, è pericoloso qui…
[2]
Non preoccuparti, mia cara. Mi prenderò cura di te, promesso…e
anche del tuo ragazzo, naturalmente
[3]
Dove vuoi.
[4]
Ho detto dove vuoi, non dove mi hai chiesto, mio caro angelo. Una
promessa è una promessa, dopotutto.
Note dell’Autrice:
ciao a tutti!! Di nuovo mille
scuse per l’estremo ritardo, é __ è lo so, ultimamente sono una frana in quanto
a velocità. In parte per colpa della scuola, visto che i prof ci stanno
letteralmente bombardando di compiti in classe e interrogazioni, facendo fondere
le mie fragili meningi, +__+ un po’ per colpa mia, visto che quando sto a casa e
miracolosamente non ho molti compiti da fare mi crogiolo nell’ozio più puro.
Ehi, anche il cervello merita una vacanza ogni tanto, no? Mi dispiace comunque
che a rimetterci sia la stesura della storia, credetemi, piacerebbe anche a me
avere più tempo per scrivere. Ma sapete cosa vi dico? Dopo il 10 giugno, sarò
libera dalla tirannide, e spero di riprendere un ritmo di scrittura abbastanza
decente. ^__^
Allora, lasciando perdere la mia vita stressata e tornando alla
storia…che ne pensate di quest’ultimo capitolo? Ho affrontato il primo momento
di vera azione in questa seconda parte della storia (per chi non se ne è
accorto, ho suddiviso la storia in due parti: la prima si è conclusa con il
capitolo 16, l’altra è ancora in corso…se ben notate, sono praticamente due
piccole avventure riunite in una sola trama, la prima era quella del
giornalista, con tutta l’azione al Tropical Land eccetera, la seconda è questa
contro l’Organizzazione. Sono contorta, eh?) e sinceramente non so davvero come
me la sono cavata. Insomma, mi trovo molto più a mio agio con le scene
tranquille, l’azione vera e propria mi ha sempre spaventata, e adesso che l’ho
affrontata non so se posso dire di esserne uscita illesa. Spero che anche che
non ci siano errori nell’intreccio, se sì fatemelo notare, mi raccomando. Ditemi
cosa ne pensate, anche critiche costruttive, che mi aiutino a migliorare la ff,
se credete. Potete essere diretti, ma non spietati, per piacere: ultimamente,
causa l’essere sotto pressione, sono più fragile del solito. ^^” Allora, avrete
notato che ho tradotto in italiano le frasi pronunciate da Vermouth in inglese.
Ho preferito fare così per permettere di capire anche a chi non è molto ferrato
con la lingua. Certo, mi sono limitata a spiegare le più articolate: credo che
tutti voi sappiate tradurre “My name’s…” no? ^ _ -- Per il resto non credo di
avere nulla da aggiungere (dico credo perché ultimamente, come vi ho già detto,
il mio cervello si prende dopo la scuola lunghi periodi di out of business,
appendendo fuori dalla porta un cartello “fuori servizio”, il che spiega anche
la metafora ^^”). Passo a ringraziare quelle persone meravigliose che mi
commentano, vi amo, vi adoro…siete grandissimi!! #^^#
Sabry1611:
ciao! Grazie mille
dei tuoi continui commenti…sei un angelo! Sono felicissima che lo scorso
capitolo ti sia piaciuto, nonostante non fosse poi così corposo di avvenimenti.
Anche a me piaceva molto la scena fra Ran e Kogoro in macchina...povera Ai, ho
notato che sono in molti ad avercela con lei…e io mi accorgo di non migliorare
la situazione ultimamente!^^” Avevi ragione, niente va mai tutto liscio…Heiji e
Shinichi non danno propriamente il meglio di loro in questo chap, ma sta’
tranquilla, gli darò modo di riscattarsi e “fare gli eroi”…spero che il capitolo
non ti abbia delusa, non sono sicura che sia venuto bene. Fammi sapere, eh? Un
bacione, e scusa per l’attesa!!
Ersilia:
ciao! Ti ringrazio
dei complimenti, sei dolcissima…^//^ dopo tutto il tempo che ti ho fatto
aspettare, spero che il capitolo sia stato di tuo gradimento…mi dispiacerebbe
moltissimo averti deluso! Naturalmente, non farti scrupoli a dirmelo se è così:
farei di tutto per migliorare! Baci, alla prossima.
Yuki:
salve. Ran ha avuto
il suo spazio in questo chap, il prossimo sarà destinato a Kazuha…vedremo cosa
succederà! Non avercela troppo con Ai, in fondo tira acqua al suo mulino…non
molto etico, ciò che ha fatto, lo ammetto, ma è pur sempre un’ex criminale…
S:
m?
Sere:
grazie, spero
continui a piacerti!^^
Hoshi:
Povero Kogoruccio…va
bene che tante volte anch’io ho moti di odio nei suoi confronti, come quando si
vanta delle sue deduzioni e raccoglie i frutti del lavoro del povero Conan, o lo
picchia impunemente…però alla fin fine è un bravo papà per Ran, le vuole bene
davvero. E se si impegna, riesce a sorprendere. Beh, Ran si è cacciata in un
pasticcio, ma in questa ff, non so perché, la maltratto sempre più
spesso…povera…e dire che l’adoro. Pensa se la odiavo!
APTX4869:
ciao! Ho buttato
tutti nella mischia…spero di non aver fatto un disastro! Dimmi cosa ne pensi,
eh? Sono in ansia con questo capitolo, spero che ti sia piaciuto. Kiss!
Ginny85:
salve! Scurissima
per il ritardo, so che ti ho fatto penare di nuovo tanto, ma come ho già
spiegato non è del tutto colpa mia. Sorry! Mi ha fatto molto piacere leggere il
tuo commento, e sono contenta che il far tornare Shinichi adulto ti abbia
entusiasmata, in quanto alla pazzia…benvenuta nel club!^^ sai che non mi ero
quasi accorta di non aver descritto fisicamente Shinichi? All’inizio era voluto,
anche per quello ho descritto la scena dal punto di vista di Heiji, volevo che
restasse il dubbio ancora per un po’, finché il ragazzo di Osaka non ci
ripensava. Io stessa mi immaginavo quella scena con Shinichi sul sedile
posteriore, avvolto nell’ombra e poco visibile. In seguito, mi è passato di
mente… per la tua gioia, ho inserito una breve descrizione all’inizio, e vari
riferimenti durante il chap…ma non è finita qui, promesso! ^ __ ~ far fare
qualcosa di maligno ad Ai era stata la mia aspirazione fin dall’inizio della
storia…così quando mi sono chiesta “Come diavolo ci faccio entrare Ran e Kazuha
nell’azione se quei due non se le porteranno mai appresso..?” mi è venuto in
mente lo scherzetto del telefono. Ran continua a pensare alla cassetta…ricorda
che ce l’ha ancora con lei, eh! Spero di non aver deluso le tue aspettative,
fammi sapere cosa ne pensi del capitolo, ok? Un bacione, spero di poter
aggiornare prima!
Marghe:
ciao! Sono felice
che la mia storia ti piaccia, ti ringrazio tantissimo della recensione e dei
complimenti…spero di risentirti e che la mia ff continui ad essere di tuo gusto.
Ruka88:
salve! Mi fa piacere
che tu abbia deciso di commentare la mia ff, e soprattutto che ti piaccia.
Grazie mille dei complimenti, spero che continui a seguirmi e che quest’ultimo
capitolo non faccia crollare le tue aspettative sulla storia!
Meila:
Ciao! Come ho già
detto, io adoro sia Ran che Ai…quindi non sono contraria né a storie che siano
Shinichi/Ran (d’altronde lo è anche la mia) né a storie Conan/Ai…il ragazzo ha
successo!
Akemichan:
salve! Fa sempre
piacere ricevere commenti da scrittrice di gialli così ferrate e in gamba…ci
tengo molto ad una tua opinione su questo capitolo d’azione, sebbene, più che un
giallo, sia un thriller! Beh, io ho parlato di desiderio di vendetta
infatti… :p Ai tende a sopravvalutarsi in quanto a cattiva….contentissima che tu
sia d’accordo con me su Kogoro. Uhm…la cosa di Praga è sorprendente, magari
siamo perfino partite insieme, chi può dirlo? ^^ Sarebbe davvero tutto da ridere
se ci fossimo parlate o roba del genere. Bella città, vero? L’orologio con i
segni zodiacali mi è piaciuto particolarmente…il cibo faceva schifo, tutte le
sere pasta scotta e carne disgustosa…e poi si sorprendono che uno si rifugia a
pranzo da “Pizza Capri”! Un bacione, spero di risentirti. E complimentosi per la
tua ff, è stupenda!!
Lili:
Grazie! Sono
contenta che lo scorso chap ti sia piaciuto, e che sia riuscita a trasmetterti
quelle sensazioni. Era proprio il mio intento!!^^ Dimmi cosa ne pensi anche di
quest’ultimo, eh! A Praga sono stata bene, mi sono divertita moltissimo, a parte
il cibo, chiaramente. Ma si sa, da nessuna parte si mangia bene come in Italia!
Tra l’altro lì i costi sono veramente bassi, mi sono comprata un paio di
magliette di marca a prezzi incredibili!! (w gli obiettivi culturali). La città
era bella, ma di sera girava brutta gente…andare nei pub sole sarebbe stato un
suicidio, i prof dovevano scortarci, per fortuna che poi se ne stavano in
disparte (ci siamo fatti accompagnare dai più ‘buoni’, mica siamo scemi!)
A presto, un bacio.
Mareviola:
grazie! Ho postato
il prima possibile, spero di non deluderti!
Kiara: ti
ringrazio della recensione e dei complimenti, spero di risentirti! Smack!
Questo è tutto per oggi. Ancora scusate per il ritardo, farò del
mio meglio con il prossimo aggiornamento, promesso! Fatemi sapere le vostre
opinioni su questo chap, ci terrei veramente, perché ho trovato un bel po’ di
difficoltà a districarmi in mezzo al caos che ho creato io stessa. “Chi è causa
del suo mal, pianga se stesso” , praticamente.
ciao
-Melany
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