Il generale Jarjayes non aveva smesso di urlare e imprecare da quando
Oscar aveva abbandonato l'altare, se la prese con chiunque gli fosse a
tiro, la moglie, i valletti, perfino con il prete.
Il generale mandò via, con modi tutt'altro che gentili,
tutti gli invitati, e poi riversò la propria rabbia sul
Conte di Fersen.
“Cosa state facendo? Che razza di uomo siete? Riportate
immediatamente qui Oscar.”
“Generale, perdonatemi, ma non credo che se riportassi qui
Oscar cambierebbe idea su questo matrimonio.”
“Siete un inetto Fersen! Non siete stato in grado di tenere
testa alla vostra futura moglie, non siete fatto per essere un marito,
tanto meno per Oscar. Non mi stupisce che a voi riesca bene solo
la parte dell'amante della Regina di Francia. Sparite della
mia vista!” e così dicendo si
lasciò il conte di Fersen alle spalle.
La famiglia Jarjayes ritornò a palazzo senza rivolgersi
la parola durante il viaggio, Madame Jarjayes e la vecchia
governante non smisero di piangere un attimo, rimproverate ad
intervalli regolari dal generale. Le sorelle di Oscar rimasero in
silenzio, guardandosi l'un l'altra con sguardi interrogativi, senza
badare alle urla del padre, quelle urla che avevano accompagnato
l'infanzia di ognuna di loro, quelle stesse urla che ora provocavano
solo indifferenza.
Giunti a palazzo videro scomparire il generale Jarjayes nel proprio
studio.
Le urla cessarono e iniziò ad aleggiare una coltre di paura,
nessuno ebbe il coraggio di dirlo apertamente, ma tutti temevano da un
momento all'altro un gesto folle del generale.
La sorella maggiore di Oscar si divise dalle altre donne e raggiunse il
giardino di casa, sentiva il bisogno di pensare, di riflettere sul
gesto sconsiderato, di quella altrettanto sconsiderata sorella.
Si domandò come, Oscar, avesse potuto lasciare il conte
sull'altare, quale motivo l'aveva spinta a gettar via
un'opportunità del genere? Un uomo come Fersen,
pensò la donna, era un raro dono per una donna
“particolare” come Oscar, era un raro dono per
qualsiasi donna, si corresse.
Il conte era dotato di fascino, era colto, aveva modi garbati ed era un
uomo bellissimo.
La donna non riusciva a darsi pace cercando di capire cosa stesse
accadendo alla sorella.
“Dove sei Oscar?” questa preoccupazione
scappò alla sua mente e si perse sulle labbra, in un
sussurro.
La donna decise di rientrare a palazzo, ma un rumore di zoccoli, sempre
più vicini, la fece desistere.
Oscar.
Si rallegrò nel vederla in buono stato, sana e salva,
nonostante la notte trascorsa chissà dove.
“Oscar! Oscar! Dove sei stata tutta la notte? Stai
bene?” la sorella stava correndo incontro ad Oscar quando
vide giungere André. Cosa ci faceva André con
Oscar? Un tempo sarebbe stato normale vederli insieme, ma negli ultimi
tempi erano stati piuttosto distanti, tant'è che non
vedevano André, a palazzo, da settimane.
“Sto bene. Non ti preoccupare. Ho bisogno di vedere nostro
padre.” Oscar scese da cavallo.
“Oscar, cosa sta succedendo? Perché
hai...” la sorella di Oscar non ebbe il tempo di formulare la
domanda.
“Non potevo sposarmi.” Oscar abbassò lo
sguardo.
“Perché Oscar? Parlami.”
“Non potevo. Non chiedermi di più, non ora. Ho
bisogno di parlare con nostro padre, ti prego.” Oscar
guardò la sorella con sguardo severo.
“Non credo che sia il caso che tu veda nostro padre. Il
generale è fuori di sé. Vai via Oscar, torna
domani, quando si sarà calmato.”
“Ma... io...”
“Dobbiamo parlare con tuo padre Oscar, adesso.”
André comparve alle spalle di Oscar, pronunciò
quelle parole con tono deciso, quasi autoritario cercando il suo
sguardo.
La prese per mano.
Oscar fu attirata dallo sguardo dell'uomo, e vi si perse, e vi
trovò pace, mentre la sua mano strinse la mano che la stava
stringendo.
La sorella di Oscar rimase spiazzata da ciò che i suoi occhi
le stavano mostrando, per un istante non volle crederci... No non
poteva essere, cercò di convincersi, ma l'evidenza le era di
fronte, in tutta la sua chiarezza.
“Oscar... ma... cos'è questa storia?”
“Questo è il motivo che mi ha impedito di
sposarmi.” confessò Oscar, con una dolcezza che la
sorella non ricordava di aver mai sentito in lei.
André strinse ancora di più la mano di Oscar, e
insieme entrarono a palazzo Jarjayes.
La sorella di Oscar non aveva potuto dir nulla, ci aveva provato, con
tutta se stessa ma il respiro non volle collaborare, lasciandola muta e
impietrita di fronte a quelli, che un tempo, erano stati la sua piccola
sorellina e il suo amichetto d'infanzia, una bambina nobile col destino
segnato da un padre folle, e un bambino cresciuto con il solo compito
di servire e proteggere la figlia del padrone.
Quei bambini che ora si amavano, sfidando il rango, il pregiudizio, le
differenze.
La donna provò un'improvviso senso di vuoto e d'invidia, per
la prima volta invidiava la sorella, invidiava l'amore di
quell'uomo che le era stato accanto tutta la vita, un amore vero,
ricambiato, differente da quello che era toccato a lei.
Oscar e André varcarono la soglia del palazzo insieme,
ancora mano nella mano, immuni da qualsiasi timore.
Furono sorpresi dalla famiglia quasi al completo, riunita in salotto.
Entrarono creando maschere di ghiaccio sui visi dei presenti.
Nessuno dei presenti si aspettava l'arrivo di Oscar, tanto meno quello
di André, ancora meno Oscar e André mano nella
mano, palesemente “intimi”.
Un silenzio pesante come fosse fatto di roccia riempiva la stanza,
nessuno osava proferir parola, avevano occhi puntati, come fucili, sui
due giovani.
Solo la vecchia governante, tra le lacrime, trovò il
coraggio di parlare.
“André! Per l'amor di dio, cosa hai
fatto?”
Subito dopo, anche Madame Jarjayes trovò la forza.
“Oscar! Sei impazzita? Hai mandato a monte il matrimonio col
conte di Fersen per... mio dio, dammi la forza... Oscar, ti prego,
rassicura tua madre, dimmi che sto solo immaginando...”
“Cosa state immaginando madre?” disse Oscar con un
tono di sfida.
“Oscar non ti permetto di parlarmi in questo modo!...
io...”
“Voi cosa Madre? Non riuscite nemmeno a dirlo... Non riuscite
nemmeno a pronunciare il suo nome.”
Madame Jarjayes si portò la mano alla fronte, in segno di
malessere, ma Oscar non si fece impietosire.
“Ho mandato a monte il matrimonio con Fersen
perché amo un altro uomo, e quell'uomo è
André. Avete sentito madre? Non vi state immaginando nulla,
è la pura e semplice realtà dei fatti. Ed ora, se
volete scusarci.”
Madame Jarjayes cadde a terra in preda ad una crisi, in preda ad uno
dei suoi famosi svenimenti.
Le figlie le furono subito accanto.
Solo Nanny non si curò del malessere della padrona,
dimenticò il suo ruolo in quel palazzo e corse incontro ai
due ragazzi, i bambini che aveva cresciuto come fossero stati suoi, si
avvicinò e pianse appoggiandosi al corpo del nipote.
“Siete degli incoscienti! Ah, e tu André, avresti
dovuto prenderti cura di Oscar!” disse la vecchia governante
colpendo con poca convinzione il petto del nipote.
“E' quello che ho fatto nonna... e che farò, per
sempre.” André carezzò la schiena della
vecchia nonna.
“Amo Oscar più della mia vita, non può
essere un male tutto questo amore, non credi nonna?”
“I miei due bambini...”
Nanny pianse, senza freni, pianse lacrime dolci, pianse lacrime di
felicità.
Dopo aver rassicurato la vecchia governante i due ragazzi lasciarono il
salotto, era giunto il momento di affrontare il generale Jarjayes.
Oscar lasciò la mano di André e bussò
alla porta del padre.
Silenzio.
Oscar bussò ancora.
“Andatevene! Lasciatemi in pace, maledizione!” il
tono del generale lasciava trasparire tutta la sua rabbia.
“Padre, sono Oscar. Fatemi entrare, devo parlarvi.”
Silenzio.
Oscar mise la mano sulla maniglia e la porta le si aprì
davanti, senza alcun sforzo.
Oscar entrò nello studio seguita da André,
trovarono il generale seduto alla scrivania, un bicchiere di liquore
sul tavolo e l'uniforme aperta, lui che era sempre stato impeccabile,
sempre in ordine, distinto, anche nelle occasioni più
difficili, che fosse in battaglia o ad un ricevimento, ora era di
fronte a loro, stravolto dalla rabbia.
Oscar sentì una morsa allo stomaco.
Il generale alzò lo sguardo dal bicchiere.
“Come osi venire qui? Come osate presentarvi in casa
mia!” il generale si alzò di scatto dalla sedia,
scaraventandola per terra.
“Non mi tratterrò a lungo, padre. Sono venuta a
dirvi che...” Oscar quasi non si accorse dell'arrivo del
generale di fronte lei.
“Cosa vuoi dirmi Oscar? Che te ne vai con quel servo? Sei una
stupida Oscar.” la mano del generale si chiuse attorno al
braccio della figlia.
Oscar rimase immobile, non si scompose.
“Dite bene padre, sono venuta a dirvi che vado via con questo
servo, questo servo che è più nobile di voi che
lo siete di nascita.”
Il generale rivolse lo sguardo verso André, senza mollare la
presa attorno al braccio di Oscar.
“Vuoi portarmela via, vero? E magari vorresti anche
sposarla?”
“Si.” deciso non aggiunse altro.
“Sei un illuso André, un servo non
potrà mai sposare una nobile, un nobile prima di
sposarsi deve chiedere il permesso a sua Maestà!”
sul volto del generale si accese un sorriso soddisfatto.
Oscar infilò in tasca l'unica mano libera e ne estrasse una
lettera, che porse al padre, con lo stesso sorriso soddisfatto.
Il generale lasciò il braccio di Oscar, giusto il tempo di
aprire la lettera. Una lettera di Sua Maestà la regina Maria
Antonietta.
Il volto del generale mutò in una maschera di rabbia.
In quella lettera la Regina concedeva ad Oscar il permesso di sposarsi
con un uomo senza titolo, e faceva dono, ai due ragazzi, di una dimora,
modesta, a Parigi, in segno della lunga amicizia che la legava ad Oscar.
La lettera si concludeva con i più sinceri auguri di Sua
Maestà.
Il generale accartocciò la lettera in un pugno.
“Credete di aver vinto? Vi sbagliate, vi sbagliate di grosso.
Avete vinto la battaglia, ma non vincerete la guerra. Non
permetterò tutto questo, finché avrò
vita.”
“Vi avverto padre, non esiterò a reagire come voi
mi avete insegnato da tutta la vita, se proverete a
ostacolarci.” Oscar non tolse mai lo sguardo dagli occhi
del padre.
“Sei mia figlia e non ti permetterò di uscire da
questa casa!” il generale strinse con entrambe le mani le
braccia di Oscar.
André d'istinto si portò al fianco di Oscar,
posò la mano sul braccio del generale, pronto a
spezzarglielo pur di liberare la donna.
Oscar si rivolse ad André.
“No, lascialo andare.” il giovane fu sorpreso da
quelle parole.
Gli occhi della donna si posarono per l'ennesima volta sul viso del
padre.
“No, vi sbagliate, da questo momento non sono più
vostra figlia. Da questo momento non ho più titolo. Da
questo momento vi rinnego. Sono Oscar, semplicemente Oscar.”
Il generale fu colpito in pieno petto dalle parole della figlia, parole
inaspettate.
“Senza di me non sei nessuno Oscar, ricordatelo.”
Oscar si divincolò per togliersi di dosso le mani del padre,
che sembrava intenzionato a non allentare la presa, fu grazie all'aiuto
di André che finalmente, quelli che un tempo erano stati
padre e figlia, si divisero.
“Non ti perdonerò mai Oscar, mai!... Te la
farò pagare maledetto servo!... Ve la farò
pagare, maledirete d'essere nati!” il generale si fece ancora
vicino ad Oscar.
La donna prese il colletto dell'uniforme del generale tra le mani,
strattonandolo verso di sé e lo spinse via, gettandolo a
terra.
“Provo solo compassione per voi. Siete un uomo finito. Addio
generale.”
Oscar uscì dallo studio senza mai voltarsi, André
le era accanto, come sempre.
Oscar non tornò indietro, nemmeno quando sentì le
grida disperate del generale, invocare il suo nome.
Uscirono da palazzo Jarjayes e respirarono un aria nuova, frizzantina,
candida, respirarono come se un peso enorme fosse sparito dai loro
cuori.
Si voltarono una sola volta per guardare la casa che li aveva visti
crescere e innamorarsi.
Si voltarono una sola volta per dire addio a quel palazzo che li aveva
uniti ma che era stato, al tempo stesso, una gabbia per entrambi.
Salirono sui cavalli e galopparono fuori dalle mura di palazzo
Jarjayes, galopparono sulla strada che li avrebbe portati a Parigi,
verso una nuova vita, senza sbarre.
Quella notte, André e Oscar giunsero nella dimora che la
Regina aveva donato loro.
Era una casa modesta, senza lo sfarzo e l'opulenza di palazzo Jarjayes,
l'ideale per la nuova vita che si apprestavano ad affrontare.
La regina aveva fatto in modo che Oscar e André
continuassero a lavorare in campo militare, insieme, come sempre.
Erano felici, ma non potevano dire di sentirsi pienamente tranquilli,
sentivano su di loro l'ombra del generale, anche se, speravano d'averlo
fatto desistere dal compiere qualsiasi brutto gesto.
Se lo auguravano.
I due si imposero, tacitamente, di dimenticare il passato e di vivere
pienamente il presente.
“Oscar...”
“André...”
“Madamigella Oscar, vuole diventare mia moglie?”
“Uhm...”
“Oscar!”
“Ah ah ah”
“Non sei divertente Oscar...”
Oscar ritornò seria, si fece vicina all'uomo e con un filo
di voce disse.
“Si, voglio diventare tua moglie.”
“Voglio che ci sposiamo presto, non voglio più
aspettare.” André prese il viso di Oscar tra le
mani.
“Presto, André... presto.”
Un bacio lieve, un altro, ed un altro ancora...
Finirono inevitabilmente nella camera da letto.
“André...”
“Si...”
“Ti amo.” Oscar aveva pronunciato quelle due parole
forse un paio di volte da quando avevano scoperto di amarsi.
“Dovresti dirlo di più, Oscar... fa bene al
cuore.” André cinse le spalle di Oscar, poggiata
sul suo petto.
“Ti amo... André. Ti amo così tanto. Ti
amo in un modo che non so spiegare. Ti amo di quell'amore che non
credevo di avere.” Oscar sentì le lacrime bagnarle
le guance.
“Non piangere amore, ti prego. Siamo insieme, siamo liberi e
ci amiamo, ci dovranno essere solo lacrime di gioia d'ora in
poi.”
“Si, comandante.” Oscar sorrise.
“Comandante? Non sapevo d'essere stato promosso.”
anche Andrè ritrovò il sorriso.
“Sei stato un bravo soldato, non potevo far altro che darti
una promozione. Te la sei meritata, soldato Grandier... ehm...
Comandante Grandier.”
Risero entrambi.
Oscar si voltò in modo da guardare André in viso.
“André...”
“Oscar...”
Oscar posò le dita sulle labbra di Andrè,
carezzandole, disegnandone i contorni.
“Mi piacciono le tue labbra...”
“Credo di averlo capito, Oscar...”
La donna passò le dita sulla fronte dell'uomo, ne
tracciò la linea delle sopracciglia, gli occhi...
“André... vorrei che il nostro bambino avesse i
tuoi occhi...” Oscar si distese di nuovo sul petto dell'uomo,
con una tranquillità stupefacente, come se le parole appena
pronunciate non l'avessero toccata.
“Mi piace sentirti dire queste cose Oscar... sono felice che
anche tu pensi ad un figlio nostro... mi riempie di gioia sentirti
fantasticare su come potrebbe essere.”
“...come sarà, André.”
“Cosa?” André invitò Oscar a
guardarlo, e vide sul volto della donna un sorriso meraviglioso.
“Ho tentato di dirtelo stamattina, André, ma... mi
hai zittita, e...”
“Un bambino Oscar... aspetti un bambino?... Noi aspettiamo un
figlio?” André era fuori di sé dalla
gioia.
“Si, André, aspettiamo un figlio... un bambino che
avrà il mio naso e i tuoi bellissimi occhi
verdi...”
I due giovani rimasero abbracciati per tutta la notte, fantasticando su
come sarebbe stato il loro bambino, quel figlio che André
aveva solo sperato di poter avere, da tutta la vita, quel figlio che
Oscar non avrebbe mai immaginato di concepire.
I due giovani passarono l'intera notte a fare progetti per la loro
nuova vita, appena iniziata, con l'amore e la gioia nel cuore e una
spada di Damocle sulla testa.
Con il fiato del generale sul colle, sarebbero dovuti stare in allerta,
sempre in guardia, ora più che mai, con una nuova creatura
che sarebbe venuta al mondo di li a poco.
Quella stessa notte, a palazzo Jarjayes, il generale si spense
stroncato da un attacco di cuore, morì da solo, seduto alla
scrivania del suo studio, con la lettera di Sua Maestà
stretta tra le mani, quella lettera che uccise per sempre il suo unico
figlio maschio, Oscar Francois de Jarjayes, quell'involucro che
plasmò attorno all'anima di sua figlia, portandola quasi
alla morte.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Eccomi giunta alla fine!
Questa storia è nata all'improvviso nella mia testa, si
è figurata davanti ai miei occhi senza una precisa richiesta
da parte mia, ed è stato qualcosa di inaspettato. Qualcosa
di piacevole.
Questa storia mi ha riportato su una strada che tempo fa percorrevo
spesso, la scrittura, l'amore per la scrittura. Quindi credo che io
debba un doveroso ringraziamento ai nostri cari Oscar e
André. :)
Che dire, ci sono stati dei capitoli per me facili da scrivere ed altri
più impegnativi, ho zoppicato qua e la, ho commesso degli
errori (sono molto critica con me stessa in fatto di scrittura), e
qualche volta li ho superati tirando fuori qualcosa di piacevole,
almeno per me.
Spero vi sia piaciuta, spero vi sia piaciuto il finale... un po'
particolare, lo so... la morte del generale potrà suscitare
dei sentimenti contrastanti tra di voi, ma... Il generale non
è mai stato uno dei miei personaggi preferiti, mi
è sempre stato sullo stomaco... un po' come il conte di
Fersen, belloccio eh, però... delicatezza al pari di un
elefante! :D e soprattutto era uno “sveglio”, uno
che arrivava alle cose in un attimo... Quella benedetta ragazza, la
nostra Oscar, si infila un vestito da donna e raccoglie semplicemente i
capelli e lui... “oh mi sembra di avervi già
vista...” , ma dai?????
Scusate sto divagando... ehm... il capitolo è stato scritto
forse un po' troppo velocemente, ma volevo terminarlo oggi, perdonate
se non è venuto benissimo.
Grazie a tutti per le recensioni, e la pazienza che avete avuto nel
seguire 21 capitoli!
Volevo ringraziare:
LADY IN BLUE, per le sue costanti recensioni, il suo sostegno, grazie
mille per le parole carinissime che mi hai scritto ed anche per avermi
fatto notare certi “errori”.
NINFEA306, grazie anche a te per le costanti recensioni e per le
“critiche” costruttive, quegli appunti che servono
in qualche modo per migliorare, per correggersi.
PRY, grazie per le recensioni sempre dettagliate, spiritose, e
stupendamente dirette :)
ARTE, un ringraziamento speciale a te, che probabilmente stai ancora
finendo di leggere la ff, mi chiedo dove tu abbia trovato la forza di
sorbirti interi capitoli tutti insieme... ti ringrazio particolarmente
per l'ultima bellissima recensione che mi hai scritto.
|