That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Mirzam - MS.012
- Nulla è Come Appare (4)
Mirzam
Sherton
Inverness, Highlands - maggio 1970 - inizio flashback
Ormai era notte fonda,
quando raggiunsi Inverness: avevo bevuto fino quasi a perdere i sensi e
nonostante tutto, continuavo a sentire perfettamente tutte le ferite
che avevo nell’anima. Non volevo tornare a casa mia, ne avevo
quasi un terrore irrazionale, pensai che forse una notte passata a
intrugliare nella camera de “La dama scarlatta” mi
avrebbe fatto passare la sensazione di vuoto che mi divorava da dentro.
Mi mascherai alla meglio perché il gestore non si accorgesse
dei lividi che Tonks mi aveva lasciato addosso, presi la chiave,
avanzai nel buio delle scale fino al terzo piano, poi lungo i passaggi
e i disimpegni, coperti di velluti e dorature e pieni di mobili in
stile vittoriano. Infine raggiunsi la mia camera, l’ultima in
fondo a un interminabile corridoio, immerso in un silenzio irreale:
tutte le altre stanze erano, come al solito, silenziose e deserte. Misi
la chiave nella toppa, la bacchetta sfoderata pronta a invocare Lumos
appena fossi entrato, ma trovai la stanza già
illuminata. Bellatrix era lì, a pochi metri da me,
i lunghi capelli corvini sciolti sulle spalle, avvolta in un leggero
abito color malva; leggeva un mio tomo di Erbologia, seduta su una
poltrona accanto al baldacchino, non sapevo perché non
avesse evocato il nostro laboratorio, e soprattutto, perché
si trovasse lì. Sembrava aspettarmi
“Che cosa ci fai
qui?”
“E tu? Che cosa ti
è successo? Che cos’hai fatto al naso?”
“Non sono affari tuoi!
Perché non sei venuta a Hogsmeade? Dove diavolo eri finita?
Se credi di poter fare come ti pare quando sei al servizio di
Milord… Vattene! Non ti voglio tra i piedi!
Vattene!”
“Non ci penso proprio, tu non
ti reggi in piedi! Siediti…”
Mi si era avvicinata, mi aveva attirato a sé, prendendomi
per i lembi del mantello, e con un gesto secco e deciso mi costrinse a
sedermi. Ero troppo stanco, ubriaco e persino depresso per ribellarmi,
la lasciai fare, mentre, seduta di fronte a me, con delicatezza passava
la bacchetta sul mio naso, bisbigliando incantesimi che avrebbero
dovuto limitare i danni, poi appoggiò le mani calde sul mio
viso, esponendolo alla luce fioca delle candele, per studiare gli altri
lividi con attenzione e curarli uno dopo l’altro. Avevo
difficoltà a respirare, ma mi arrivava lo stesso, violento,
il suo profumo, una fragranza di fiori, selvaggi come lei, che avevo
sentito spesso ma che quella sera sembrava particolarmente potente.
“Dovresti andartene,
Bellatrix, è tardi, non voglio che tu debba discutere con
tuo padre a causa mia.”
“Smettila di fare il ragazzo
coscienzioso, Sherton: al contrario di te, io so badare a me
stessa!”
Si alzò e passò dietro la poltrona su cui ero
seduto, evocò una boccetta, l’aprì, si
diffuse nell’aria un intenso profumo di erbe, poi
iniziò a toccare alcuni punti della mia fronte con le sue
dite fredde e appiccicose di quell’unguento odoroso. Cercai
di oppormi, ma lei mi trattenne facilmente in quella posizione con un
gesto secco: ero troppo stanco per resistere ancora.
“Non so che intenzioni tu
abbia, Black, ma di qualsiasi cosa si tratti, non è
serata!”
“Se non ti lasci aiutare,
Sherton, domattina non riuscirai nemmeno ad alzarti dal letto, e andrai
avanti così per giorni, perciò ora lasciami fare!
Fidati, mi occuperò io di te! Sono in debito,
ricordi?”
Avvicinò le labbra alla mia fronte, scoccandomi un bacio
leggero, che sembrava portarsi via tutte le tensioni e le
preoccupazioni che sentivo dentro. Sapevo di doverla allontanare o
andarmene, da alcuni giorni si era fatta stranamente gentile e
disponibile, e di tutto avevo bisogno fuorché di mettermi
nei guai con lei.
“Smettila con queste commedie,
Black, sono molto meno sbronzo di quanto credi e di sicuro non
abbastanza da dimenticare chi sono io e chi sei tu!”
“E questo rende tutto
più divertente, non trovi? Non potrai dire che me lo sono
inventato io o che ti sei scordato!”
“Bella…”
Bellatrix sorrise, con un rapido svolazzare della bacchetta mi tolse il
mantello, la giacca e gli stivali e mi aprì la camicia
dopodiché, nonostante le mie vive proteste,
iniziò a curare le ferite che avevo addosso: era vero, con
le erbe e le pozioni era abile a curare, almeno quanto lo era a
uccidere. Ci impiegò alcune ore, ma alla fine
riuscì a farmi sparire la maggior parte dei lividi e dei
dolori che la rissa con Tonks mi aveva lasciato addosso.
“Non dovrebbero restarti
cicatrici, ti rimetterai in pochi giorni, almeno per quanto riguarda il
corpo… Per chi ti sei battuto questa volta?”
La guardai far sparire unguenti e lozioni nella piccola sacca di pelle
che portava sempre legata alla sua cintura, mentre io, rapido e
imbarazzato, rindossavo la camicia e la abbottonavo con qualche
difficoltà.
“Nessuno che ti riguardi! No,
scusami, sono uno… Ti ringrazio, non eri obbligata ad
aiutarmi!”
Bella annuì e venne a sedersi sul bracciolo della mia
poltrona, alzai la testa, immaginando avesse notato qualche altro segno
da far sparire. Invece mi prese il viso tra le mani, osservandomi in
silenzio, ed io, quasi senza accorgermene, mi ritrovai a scorrere i
suoi zigomi con le dita, ammirando quel viso come quando eravamo dei
ragazzini: i suoi occhi scuri avevano la stessa luce maliziosa di
allora, ma c’era anche qualcosa di diverso, una specie di
domanda, un desiderio. Scivolai con le dita sulle sue guance,
aspettandomi che quella luce sparisse per lasciar posto a un ghigno di
derisione, ma non fu così; arrivai alle sue labbra,
sembravano petali di tenero velluto, per un istante mi chiesi cosa
sarebbe accaduto se le mie si fossero posate sulle sue, se avessero
respirato il suo respiro leggero e alla fine avessero assaggiato il suo
sapore. Una voce nel cervello mi urlava “E’
Bellatrix Black!” ma non volevo ascoltarla. Sentii
Bella scivolare leggera sopra di me e sciogliersi docile nel mio
abbraccio sofferente, mi accarezzava la testa, le mani perse nei miei
capelli, appoggiò le labbra sulle mie, provò a
dischiudermele, per donarmi il suo bacio appassionato. Quasi
fossi in trance, le percorsi la schiena con le mani, sopra il vestito,
intrecciando le dita tra i lunghi capelli corvini che, in quella
posizione, leggermente sopra di me, scendevano a nascondere entrambi al
resto del mondo. Pensai di voler restare così, per sempre,
con lei, senza più contatti con quello che restava del
mondo, un mondo ormai ostile, vuoto, definitivamente lontano e staccato
da me. Che cosa sarebbe accaduto se non mi fossi ribellato a quel
destino, tanti anni prima? Se avessi accettato il bacio di Bellatrix
sul treno? Se mio padre non mi avesse imposto di dimenticarla? Forse
non sarebbe accaduto nulla di male a nessuno di noi. E
ora… avevo sofferto per niente, visto che il destino, alla
fine, aveva vinto sulla mia ribellione e mi aveva riportato a distanza
di anni allo stesso punto. A lei.
Bella bloccò quella cascata di pensieri confusi, alterati da
alcool e dolore, quando portò le dita sul corpetto,
iniziando ad armeggiare con i bottoni di madreperla
all’altezza del suo collo: un languore ben noto mi prese allo
stomaco e scese in basso, risvegliandomi da quel momento di
smarrimento. No, non era l’istinto, non era il destino, che
potevano governare la mia vita; ero io, soltanto io, il padrone della
mia vita, dei miei sentimenti, dei miei desideri. Giusti o sbagliati
che fossero. La guardai, presi le sue mani nelle mie e le portai alle
labbra, bloccando sul nascere le sue intenzioni.
“No, non è
giusto… non stanotte… non adesso che i miei
pensieri non appartengono a te… non ancora
almeno… io… sono confuso… devo
andarmene…”
Bella mi fissò, sembrava scrutarmi dentro e riuscire a
leggere perfettamente i miei pensieri. Sapeva che dicevo la
verità, ma non mi derise, come mi sarei aspettato. Mi
restò accanto.
“No, non è
necessario, non stai bene… Riposati… Mi
prenderò io cura di te.”
Mi stampò un bacio leggero sulla fronte, poi si
accoccolò, in silenzio tra le mie braccia. La testa
appoggiata sul mio petto, ad ascoltare il mio cuore. Le presi le mani
tra le mie, e rimanemmo così, in silenzio, senza dormire,
aspettando l’alba di un nuovo mondo, incerto su quello che mi
avrebbero riservato il futuro e Bellatrix Black.
Fine
flashback
***
Mirzam
Sherton
Amesbury, Wiltshire - dom. 20 dicembre 1970 (chap.3)
Avevo appena salutato Cissa quando incrociai Lucius e Bellatrix,
soddisfatti e sorridenti, che rientravano da una passeggiata nel parco:
dallo sguardo pieno di scherno che mi rivolse, capii che Bella, stretta
nella sua mantellina di pelliccia, aveva appena combinato
un’altra delle sue bravate. Conoscendola, non era da
escludere che avesse sedotto Lucius nel parco e ora, ancora mezza
avvinghiata a lui, credeva di ferirmi, facendomelo notare tanto
smaccatamente; li salutai a mala pena, piccato, sicuro di sentirli
sghignazzare, quando me li fossi lasciati alle spalle, ma non fu
così.
“Mirzam!”
Dopo aver consegnato il mantello a uno degli elfi e aver salutato
Malfoy, Bellatrix era rimasta indietro: era meravigliosa e letale,
l’abito rosso, attillato e seducente, ne esaltava il fisico
minuto.
“Sei la solita delusione!
Pensavo mi avresti accolto con un benvenuto caloroso e che
magari…”
“Ho dovuto ricevere da solo
tutti quegli ospiti, cosa diavolo pretendi? E comunque vedo che non hai
perso tempo, ti sai destreggiare bene fuori e dentro la villa anche
senza di me. Ti sei divertita?”
Non feci nulla per nascondere la mia irritazione, anzi calcai il tono
astioso con cui feci quell’ultima domanda e per risposta vidi
un lampo di malizia e compiacimento in lei, proprio come volevo io.
“Sì, mi sono
divertita, e non grazie a te, ma questo lo sai già. Per
evitare la noia, Lucius è perfetto: è ottimo
come… cavaliere. Un caro ragazzo, forte, affascinante, e
molto, molto bravo…”
“Lo immagino.”
Si era avvicinata, pericolosa, l’espressione irridente; la
mano, possessiva, risalì maliziosa lungo il mio braccio; gli
occhi scuri erano fissi nei miei, a catturare ogni mia emozione: voleva
baciarmi, approfittando della discrezione del corridoio, ma io la
fulminai con lo sguardo, risentito.
“Fino a qualche mese fa, non
ci avrei creduto: ce l’hai anche tu, il sangue, nelle vene.
Non so ancora se sia gelosia, o solo orgoglio ferito, ma questa luce
assassina nel tuo sguardo… mi piace.”
Allungò la mano sulle mie labbra, io senza staccare lo
sguardo dal suo, la allontanai da me, bruscamente: Bella si mise a
ridere, mentre il mio viso si coloriva di collera. Fu allora che, con
la coda dell’occhio, intravidi un’ombra ritrarsi
dietro una tenda del corridoio; era bene scoprire subito cosa stesse
accadendo, ma in quel momento, furioso, avevo un unico pensiero:
liberarmi di Bellatrix prima che ne combinasse un’altra delle
sue.
“Non c’è
alcuna luce assassina nel mio sguardo, Black, sono solo stanco dei tuoi
giochi: so che vai in giro a raccontare gli affari miei e questo oltre
a non piacere a me, sarebbe molto sgradito a Lui!”
“Chi gioca sei tu, sei tu che
sparisci, che ti dimentichi di me! E ti giuro, se scopro che non
è per stare accanto alla tua preziosa sorella che mi stai
mettendo da parte, io…”
“Lascia stare Meissa, Black! E
ricorda: a casa mia non si deve sapere cosa sto facendo, se lo
scoprissero, Milord si arrabbierebbe molto con te. Lo dico per il tuo
bene, Bella: fai attenzione!”
“Ragazzi!”
Ci voltammo: mio padre avanzava verso di noi, Bellatrix, recuperando un
minimo di decoro, lo salutò come si conviene a una ragazza
di buona famiglia e ci lasciò soli, lui rispose con la
solita espressione amabile, ma per chi lo conosceva bene come me, era
facile capire quanto fosse nervoso. Appena avesse acciuffato mio
fratello, gli avrebbe dato una lezione; inoltre, anche se non conosceva
i miei attuali rapporti con Bella, non gradiva che mi girasse intorno,
per le note vecchie vicende.
“Scusami, ma non ho ancora
avuto modo di uscire a cercare Black.”
“Non importa, è
appena riemerso dalla cantina: tuo fratello ha confessato di averlo
chiuso di sotto senza volerlo, puoi immaginare che figura per noi, con
quell’arpia di Walburga Black.”
“Non è possibile:
Rigel non può avergli fatto nulla. Non ho motivo di
difenderlo, lo sai, ma ho visto Sirius uscire in giardino e non
l’ho visto rientrare, né avvicinarsi alla porta
che conduce di sotto.”
“Che cosa vorresti
dire?”
“Forse hanno usato anche loro,
come Meissa, quella specie di portale che sta giù al
maneggio, ma non chiedermi per quale motivo Rigel abbia mentito,
perché non ne ho idea.”
Mio padre si voltò a guardare verso il salone e
stampò uno sguardo assassino addosso a mio fratello:
finalmente lo rivedevo, dopo una mattinata passata invano ad aspettarlo.
“Ti sarei grato se riuscissi a
capire cosa è davvero successo: Meissa è
rientrata molto turbata, ora quei due stanno mentendo e qua dentro
è una bolgia! Non vorrei aver commesso un errore
a…”
“Non credo dovresti
preoccuparti troppo per questa storia: secondo me Rigel ha trovato
Black nei guai, l’ha aiutato e ora lo sta coprendo. Sappiamo
tutti quanto Walburga sia rigida con i figli!”
“Speriamo: da quando frequenta
il figlio di Avery, tuo fratello non me la racconta giusta.”
“Sono sicuro che gli
passerà presto, e comunque ci penserò io a
tenerlo d’occhio. Godetevi questa festa, tu e la mamma, ve la
meritate: è stato un anno pesante per tutti, soprattutto per
lei.”
Mio padre parve convincersi e, sorridente, mi fece un cenno di assenso,
poi ritornammo insieme nel salone, dove riprendemmo a chiacchierare con
gli ospiti. Anche se mi mostravo sereno, ero sempre più
nervoso: di lì a poco ci saremmo trasferiti in sala da
pranzo, ci saremmo divisi nei vari tavoli e avrei dovuto parlare, che
lo volessi o no, con Rodolphus. Quando era arrivato, mi aveva salutato
appena e ora mi guardava ogni tanto da lontano, muto, gli occhi che
sprizzavano rancore: non ci voleva un genio per capire chi fosse
l’ombra che avevo intravisto nascondersi a spiarmi nel
corridoio; e se aveva sentito anche solo in parte la mia discussione
con Bella, ora sapeva che i suoi sospetti erano in qualche modo
fondati. Era meglio affrontarlo subito: stava parlando con
alcuni amici di suo padre, mi avvicinai, lo salutai di nuovo e avendolo
colto impreparato, con una scusa riuscii a convincerlo a uscire sulla
veranda.
“Finalmente! Sono ore che
cerco di avvicinarti per far due chiacchiere: ormai pare che non
riusciamo più a incontrarci! Siediti accanto a me a pranzo,
così parliamo!”
“Un tavolo pieno di
gentiluomini non è luogo adatto ai nostri discorsi, Sherton,
non lo sai?”
“Allora restiamo a parlare qui
fuori: non è molto freddo e manca ancora un po’
per il pranzo.”
“No, non ne ho alcuna voglia!
Più mi stai lontano, oggi, meglio è per
tutti!”
“Come sarebbe?
Perché? Che cosa succede oggi?”
Vedevo che combatteva tra la voglia di prendermi a pugni e la
necessità di non dare spettacolo. Benché avesse
solo due anni più di me, le responsabilità
sembravano averlo invecchiato di colpo e, ormai, cercava sempre di
comportarsi nella maniera più conveniente in pubblico.
“Di qualsiasi cosa si tratti,
Rod, non è importante quanto parlare del piano: non manca
molto a Hogmanay, dobbiamo discutere gli ultimi dettagli, per il buon
esito della nostra missione.”
“La “mia”,
Sherton, la mia missione, alla quale tu non prenderai parte. Non siamo
più una squadra.”
“Che cosa?
Lestrange!”
Mi aveva dato le spalle per rientrare in casa, io lo raggiunsi e lo
bloccai, mettendogli una mano sul braccio; Rodolphus mi
fulminò con un’occhiata glaciale che non
conoscevo, ma di nuovo non arrivò il pugno che avrebbe tanto
desiderato darmi: avrebbe mentito, ero certo che avrebbe trovato una
scusa convincente per mascherare quello che provava davvero.
“Lavori con me da un anno,
Sherton, sai cosa devi fare: io non ho altro da insegnarti. Sei un
reclutatore, no? Hai delle persone da addestrare: occupati di loro,
invece di fare solo gli affari tuoi!”
“Gli affari miei? Sai meglio
di me cosa sto facendo! E questa missione l’abbiamo pensata
insieme!”
“Una missione assolutamente
priva di efficacia: ci ho riflettuto, ho presentato un altro
progetto.”
“Che cosa? Perché?
Perché non mi hai detto nulla? Dovevi dirmelo,
dovevi… Almeno parlamene ora! Abbiamo iniziato insieme,
finiamo insieme; poi ognuno per la sua strada, se è
ciò che vuoi!”
“No, te l’ho detto,
la missione è solo mia: non potrei fidarmi di te, non questa
volta.”
“Non puoi fidarti di me? E da
quando? Quando ti avrei dato motivo di dubitare? Lavoriamo insieme da
mesi, Lestrange: perché non mi hai parlato dei tuoi dubbi?
Perché all’improvviso sono inadatto?”
"Perché è finito
il tempo delle stupidaggini, Mirzam, ora si fa sul serio. Tu non sei
pronto a fare sul serio, non sei pronto a sporcarti le mani. Ed io non
posso più permettermi i tuoi “se” e i
tuoi “ma”, te l’ho già detto,
o sei con me, o sei contro, in ogni aspetto della vita. Non intendo
più parlarne!”
“Rodolphus…”
Si allontanò senza aggiungere altro, richiamato da suo padre
che voleva presentarlo a un importante uomo d’affari
proveniente da Liegi e per il resto della giornata continuò
a evitarmi come la peste. Non sapevo come prendere questa
novità: durante il pranzo, allo stesso tavolo con Malfoy, le
sorelle Black e altri nostri amici Serpeverde, non ci scambiammo che
poche chiacchiere formali. Rod era molto taciturno, impegnato a
guardare Bellatrix di soppiatto e non mi degnava di una parola, Bella
ogni tanto sbirciava me, ma per lo più diceva stupidaggini a
Narcissa su Lucius per farla arrossire, io ripensavo alle informazioni
raccolte e mi sentivo peggio di quanto avessi previsto. Rod e Bella non
mi avevano messo in difficoltà come temevo, ma la situazione
mi stava sfuggendo ugualmente di mano; Meda voleva fare la
più grossa cavolata della sua vita ed io, tagliando i ponti
con lei nella maniera più stupida, mi ero messo nelle
condizioni di non poterla più aiutare. Quanto alla storia di
Hogmanay, se fino a quel momento si era parlato di irrompere nella casa
del Ministro, mentre era alla cena di fine anno, per rubare qualcosa di
compromettente, con cui ricattarlo e obbligarlo a fare quello che
voleva Milord, ora ero certo che Rodolphus volesse puntare alla sua
persona in maniera più diretta, probabilmente mortale, per
poi tentare, di nuovo, di insediare al suo posto Archibald Lodge, che
aveva perso le ultime elezioni a maggio per pochi voti. Questo, tra
l’altro, avrebbe significato tempi bui per la Confraternita:
anche se l’attuale Ministro non aveva sostenitori nelle Terre
del Nord, tra i due era da considerarsi il male minore. Tobias Garrett,
ricco grifondoro di OtterySt.Catchpole, aveva il sostegno di una parte
considerevole del mondo magico, era un uomo capace, privo di pregiudizi
e onesto, pronto a rischiare e intenzionato a fare quelle riforme che
molti richiedevano a gran voce; era inviso, però, a molti
altri, proprio per gli stessi motivi, per le conseguenze
destabilizzanti di quelle riforme che alcuni temevano e soprattutto per
la fermezza nel sostenere la politica aperta di uomini come Dumbledore.
Garrett aveva già ricevuto numerose minacce di morte e per
questo era protetto come mai si era visto prima: già da
qualche mese, tra gli uomini che componevano la sua scorta personale,
figurava addirittura Alastor Moody, uno degli Aurors più
abili e letali della squadra di Bartemius Crouch. Visto contro chi
volevano scontrarsi, temevo che a morire, stavolta, fossero proprio i
miei compagni: ed io, benché mi sentissi diviso in due e
riconoscessi spesso di non aderire perfettamente alle idee di Milord,
non potevo permettere che Rodolphus, che mi aveva salvato mille volte
dal carcere e dalla forca, rimasse ucciso o finisse ad Azkaban.
*
Mirzam
Sherton
Loch Achall, Highlands - 20/21 dicembre 1970 (chap.3)
“Le figure della
“Danza delle spade” formano una specie di racconto,
che parla della vita dell’uomo, un po’ come le
Rune: dal momento in cui nasciamo e sprofondiamo
nell’irrazionalità di ciò che ti
circonda, al momento in cui ci eleviamo a comprendere lo Spirito di cui
siamo parte.”
Ascoltavo sovrappensiero mio fratello descrivere le tradizioni del Nord
ai nostri giovani ospiti, sulle rive di Loch Moidart, mentre, seduti
attorno al fuoco, attendevamo il sorgere del sole per celebrare la fase
finale dei riti di Yule. Presto saremmo tornati a casa, non
vedevo l’ora. Era stata una notte magica, da tempo rinunciavo
ai riti, al loro potere, alla loro capacità di rigenerare il
mio spirito, ma, pur desiderando stare lì, la mia mente si
era più volte persa in pensieri lontani. Ero confuso:
mancavano pochi giorni alla missione ed io dovevo evitare il disastro
che si preannunciava, ma non avevo idea di come potessi agire senza
farmi scoprire e, soprattutto, senza conoscere, se non in parte, i
progetti che avevano Milord e Rodolphus. La risata di Meissa a
un’altra delle magie di Orion mi riportò al
presente, mi guardai attorno, cercando di non pensare e godermi per un
po’ quella pace fuori dal tempo: mio fratello e mia madre
chiacchieravano con Sirius e Regulus, mentre mio padre era sottoposto a
un terzo grado da parte di Walburga e per questo motivo sembrava
l’unico a dispiacersi che non fosse ancora l’alba.
Lo capivo, quella donna, da sempre, mi metteva i brividi addosso. I
Black erano rimasti con noi per partecipare alle celebrazioni nel bosco
e ora i due ragazzini pendevano dalle labbra di Rigel, affascinati dal
nostro mondo, forse primitivo per loro, ma in un certo senso
più reale di quello cui erano abituati a Londra. Avevo avuto
modo di osservarli accuratamente, durante la notte: erano svegli e
curiosi e, benché non li avessi degnati di molte attenzioni
ad Amesbury, avevo guadagnato la loro ammirazione con lo spettacolo
delle spade. Li avevo entusiasmati. E loro piacevano a me.
Prima di separarci, avrei fatto loro ammirare la spada di Hifrig,
forgiata mille anni prima nel fuoco puro della Madre Scozia: ero sempre
stato affascinato dalle leggende legate a quella spada, al suo potere,
al fatto che avesse difeso per secoli la nostra famiglia da babbani e
rinnegati. Da ragazzino pensavo che, per avere più fiducia
in me stesso, sarei dovuto partire per le lande più remote
delle Highlands, per ritrovare quel fuoco eterno, gettarci dentro
ciò che di sbagliato c’era nella mia vita, e
forgiarmi in una tempra nuova, che mi rendesse più sicuro e
più forte. Lasciai perdere di nuovo le mie fantasie
e osservai mia sorella: era più sollevata rispetto al
pomeriggio e avevo notato, compiaciuto, le occhiate incuriosite che si
scambiava di nascosto col più grande dei figli di Orion, e
l’affiatamento che si era già instaurato con
Regulus, il più piccolo. Forse mio padre aveva ragione: la
presenza dei Black a Herrengton, quell’estate, sarebbe stato
un bene per tutti, Meissa si sarebbe distratta e avrebbe fatto amicizia
con qualcuno della sua età, con cui avrebbe affrontato al
meglio, a settembre, l’inserimento a Serpeverde. Era
assolutamente vitale che trovasse degli amici prima di allora,
perché nonostante la protezione del nome e di nostro padre,
la sua vita poteva non esser semplice, a Hogwarts: anche un giorno di
festa, per lei, poteva trasformarsi in un incubo, ne avevo avuto una
dimostrazione quel pomeriggio.
La giornata era trascorsa tranquillamente tra pranzo, chiacchiere e
balli, finché Rigel e Lucius avevano duellato di nuovo nella
neve: ormai sapevo cosa ci fosse davvero dietro alle loro continue
liti, per questo vedere mio cugino ferito e disarmato mi aveva dato un
profondo senso di benessere. Per un po’, ai tempi della
scuola, avevo apprezzato Lucius ma con i miei fratelli si stava
comportando da idiota, soprattutto con Mei, e questo non potevo
sopportarlo oltre. Mi ero sottratto ai balli fingendo
un’indisposizione e ne avevo approfittato per salire ad
assicurarmi che mia sorella stesse bene e sentire dalla sua voce se
fosse vero quello che, a tavola, mi aveva detto Rigel sugli avvenimenti
del mattino: contro gli ordini di nostro padre, era uscita nel parco
per cercare la nostra gatta e, nella zona più desolata,
vicino al laghetto delle ninfee, aveva incontrato Lucius e Bellatrix,
che complottavano indisturbati non si sa cosa. Appena
l’avevano vista, l’avevano infastidita, con la
storia dello smistamento, poi Lucius aveva osato toccarle i capelli e
Bella l’aveva minacciata. Avevo ascoltato stupefatto quelle
parole, provando il desiderio profondo di cruciarli senza
pietà: dovevo fare qualcosa, non potevo limitarmi a riferire
i fatti a mio padre. Stavo pensando come agire, gustandomi soddisfatto
l’immagine di Meissa che, prima di fuggire via, sputava in
faccia a Malfoy, quando lei, in piedi alla finestra ad ammirare il
giardino illuminato dalle luci fatate, si era voltata dicendomi che
Rigel si stava di nuovo azzuffando con Lucius. Ero corso di sotto il
più velocemente possibile, bacchetta in pugno, per aiutare
mio fratello: quando però avevo visto Lucius disarmato, mi
era dispiaciuto essere arrivato tanto presto e non aver lasciato a
Rigel l’occasione di umiliarlo ancora di più.
Soprattutto, mi dispiaceva che non fosse conveniente, davanti a tanti
testimoni, continuare io stesso, perché l’avrei
fatto davvero volentieri. Mi ero ripromesso che Malfoy non
l’avrebbe passata liscia, perché quelli non erano
più degli scherzi innocenti, Lucius stava spaventando a
morte mia sorella, non solo con la faccenda dello smistamento, ma con
quella, ancora più odiosa, della sciagurata promessa di
nozze fatta dal nostro bisnonno al suo: non avrei permesso che una
storia del genere gravasse ancora sulle spalle di una bambina di appena
dieci anni. Era normale che in quelle condizioni Meissa avesse gli
incubi e non volesse dormire: in quegli ultimi giorni, da quando
occupavo una stanza al secondo piano della villa, mia sorella era
venuta spesso da me per farsi rassicurare ed io le avevo promesso che
sarebbe andato tutto bene, che presto Lucius sarebbe stato solo un
fastidioso ricordo e lei sarebbe stata una Serpeverde, come desiderava,
con il pieno controllo della propria vita e del proprio futuro. Spesso
si era addormentata così, accoccolata sulle mie gambe, ed io
avevo passato ore ad accarezzarle i capelli, a osservarla, sperando di
riuscire a scacciare i suoi incubi con la mia sola presenza. A volte
cercavo di immaginare quale sarebbe stato il suo futuro: volevo che non
vivesse tutte le inquietudini in cui mi ero trovato a vivere io, ma non
avevo idea di quale sarebbe stata la sorte del mondo magico da
lì a dieci anni.
Milord
si impadronirà del potere per allora? Sotto la sua
guida, sorgerà una nuova età di pace?
O questo è solo l’inizio dell’inferno, e
i filobabbani preferiranno morire piuttosto che lasciar riprendere alla
magia il giusto ruolo nel mondo?
*
Appena aveva iniziato ad albeggiare, avevo tirato un
sospiro di sollievo: finalmente ci muovevamo dal bosco verso le tende
ed io mi potevo sottrarre alle chiacchiere degli adulti, con la scusa
della spada da far vedere ai ragazzi. Da un po’, mentre gli
altri si divertivano, ero sotto il tiro incrociato delle domande di
Lady Walburga, che, dopo aver sfinito mio padre, mi aveva assediato per
sapere tutto di me, dei miei progetti nel Puddlemere, di una mia
eventuale carriera al Ministero e, soprattutto, della mia situazione
sentimentale. Immaginavo che cercasse di fare gli interessi di
Bellatrix e, in questo modo, quelli di tutta la loro famiglia,
perché un mio eventuale fidanzamento con la primogenita di
Cygnus avrebbe potuto in parte distrarre il mondo magico da qualsiasi
guaio stesse per combinare Meda.
“Sarete nostri ospiti a
Grimmauld Place per Natale, vero Alshain?”
Orion ci interruppe mentre raccontavo ai ragazzi una delle avventure di
Hifrig e della sua spada: senza accorgercene, eravamo arrivati alle
tende, gli elfi avevano riportato i nostri oggetti a casa ed erano
impegnati a smantellare l’accampamento usato quella notte.
Era giunto il momento dei saluti.
“Ti ringrazio, Orion, ma
durante le festività saremo per lo più in Irlanda
dai parenti di Dei.”
“Allora sarete nostri ospiti a
Capodanno. Ci saranno molti amici, e Cygnus con Druella e le
ragazze!”
Walburga mi lanciò uno sguardo penetrante ed io sentii il
viso arrossire leggermente: anche se non provavo i sentimenti che
immaginava, la situazione con Bella poteva diventare imbarazzante in
qualunque momento e non avevo alcuna intenzione di rischiare guai
frequentandola più del dovuto. La moglie di Orion mi
guardò soddisfatta, forse pensò di aver fatto
centro: non doveva essere sfuggito nemmeno a lei, che, per tutto il
pranzo, Bella non aveva fatto che guardarmi di sottecchi. Quel
giochetto non doveva essere sfuggito a nessuno, in realtà,
considerando le occhiatacce minacciose che Rodolphus mi aveva stampato
addosso per tutto il resto del giorno.
“Non ti prometto nulla, Walburga cara,
a Hogmanay avrei già un impegno con la
Confraternita…”
“Non potete disertare Londra
per tutte le festività! Non dopo tutti questi anni di
esilio!Voglio organizzare una festa meravigliosa per il vostro ritorno!
Inoltre sarebbe un peccato privare Mirzam delle occasioni che Londra
può offrire in questi giorni, e sarebbe un peccato privare
Londra di un giovane tanto bello e intrigante, che ha unito
evidentemente il meglio dei genitori …”
Si avvicinò e mi accarezzò il viso, come
quand’ero bambino e frequentavo spesso il suo salotto.
Ricordai la famigerata Sala degli Arazzi, il divano su cui io e Meda
stavamo seduti a giocare a scacchi per ore, mentre le nostre madri e
Walburga chiacchieravano davanti a te e pasticcini, e Bellatrix,
accucciata sul tappeto di fronte a noi, riproduceva le Rune delle mie
mani nella cenere nel caminetto, gettandomi addosso occhiate malevole
appena facevo un complimento a sua sorella.
“Puoi invitare Mirzam quando
vuoi, non c’è bisogno del mio permesso! Certo, se
hai altri piani, mi appello al tuo buon nome e
all’intelligenza di mio figlio…”
“Questo è chiaro!
Allora mio caro, posso invitarti per Capodanno a Grimmauld
Place?”
“Veramente ho già
impegni a Inverness per Hogmanay, mi spiace, signora Black.”
“Impegni galanti?”
Non le risposi. Quella donna m’inquietava, almeno quanto sua
nipote, avevo la sensazione che fosse in grado di leggere nella mia
mente anche senza magia, solo con quei suoi occhi freddi e indagatori.
Gli impegni galanti erano l’ultimo dei miei problemi: nei
giorni seguenti, avrei pensato al Ministro e a Meda che stava per
mettersi nei guai. A trovare un sistema per evitare quelle sciagure.
“Pazienza Walburga,
sarà per un’altra occasione! Adesso è
meglio andare, ci rivedremo a gennaio, vi auguro di passare delle buone
feste!”
Mio padre le sorrise divertito, immaginava anche lui quali trame stesse
tessendo; Walburga abbozzò un sorriso tirato, non era una
Strega che si arrendeva tanto facilmente, soprattutto ora che sul
piatto, c’era anche l’onore dei Black, non solo la
sua solita, vecchia, ambizione dinastica di unire due delle
più pure e potenti famiglie Slytherin dell’isola.
Mia madre e Orion avevano assistito alla scaramuccia in silenzio,
parzialmente turbati: mia madre era l’unica che sapesse di me
e Bella e potevo contare sul suo sostegno e la sua discrezione; Orion,
come sempre, pareva cadere dalle nuvole, ma mi chiedevo quanta parte
avesse in realtà nelle malefatte di sua moglie: non mi
sembrava possibile che fosse sempre all’oscuro di tutto.
Infine mentre i fratelli Black e Rigel sembravano non aver nemmeno
fatto caso a quella piccola scaramuccia verbale, notai che Meissa aveva
seguito lo scambio di battute con le orecchie ben tese, cercando di
capire se avrei fatto cenno alla mia misteriosa, quanto inesistente,
ragazza.
***
Mirzam
Sherton
Inverness, Highlands - giov. 31 dicembre 1970 (Festa di Hogmanay)
Era compito di Kenneth Emerson, quell’anno, organizzare i
riti di Hogmanay, a Inverness, ed io, alla fine, anziché
restare a Doire dagli zii con mia madre e i miei fratelli, avevo
accettato di seguire mio padre, benché questo significasse
rinunciare a divertirmi per occuparmi di affari e politica. Ascoltare
discorsi seri mi avrebbe distratto e riallacciare relazioni con gli
altri Maghi del Nord, in una circostanza ufficiale, avrebbe dimostrato
a tutti la mia ferma intenzione di tornare a far parte della
Confraternita. Inoltre, se c’era una talpa di Milord
tra gli uomini più vicini a mio padre, quella notte avrebbe
avuto la prova che stavo muovendomi per servire il Lord al meglio: ora
che Lestrange mi avrebbe negato la sua protezione, era per me ancora
più necessario che tutti lo pensassero. Vedermi
così impegnato per Lui avrebbe allontanato da me anche il
sospetto che c’entrassi qualcosa con la misteriosa lettera
giunta al Ministro, con cui Garrette era stato avvertito del progetto
di un attentato, organizzato per l’ultimo
dell’anno. Pur priva dei dettagli che non conoscevo, la
lettera era stata presa nella giusta considerazione da Crouch: Garrett
aveva, infatti, annunciato che, per motivi di salute, avrebbe passato
alcuni giorni in una località segreta, annullando tutti gli
appuntamenti.
Partiti da Doire, mio padre ed io ci materializzammo a tarda sera nei
pressi di Emerson Manor. Era da un po’ che non frequentavo
più l’austera villa in cui ero stato di casa da
ragazzino, e mi chiedevo se, a distanza di anni, il suo famoso studiolo
con il forte odore di tabacco, i libri pregiati e le macabre incisioni,
avrebbe ancora avuto una certa influenza su di me o, ormai, la vita che
mi ero scelto aveva sottratto potere a quei simboli. In
realtà, probabilmente non avrei avuto il tempo né
la voglia per scoprirlo. La villa ottocentesca sorgeva fuori della
città magica, in riva al Ness, in un sito immerso nei
boschi, ricco di fascino e magia antica. Era una notte gelida ed io,
dopo essere stati annunciati dall’elfo domestico, in attesa
che arrivassero gli altri, avevo detto a mio padre e al nostro ospite
che sarei uscito nel parco: mi ero avventurato nella neve alta,
godendomi i suoni ovattati e i versi arcani delle creature della notte.
Chiuso nel mio pesante mantello, mi ero fermato in riva al fiume,
ammirando la luna che occhieggiava tra i rami spogli e, lì,
avevo perso il controllo dei miei pensieri, fuggiti lontano, a
un’altra terra, a un’altra cerimonia… Mi
chiedevo se stessero ancora ballando, o la festa fosse già
finita e… Divenni di pietra, solo le lacrime scorrevano,
gelandosi sul mio viso. Avrei voluto che la luna piangesse per
me, ma sapevo che in quel momento stava sorridendo altrove, alla nuova
vita di Sile.
“Allora è vero che
ci sei anche tu! Non mi aspettavo proprio di vederti qui,
stanotte!”
La voce nota mi colse alle spalle ed ebbi appena il tempo di asciugarmi
le lacrime al buio; mi voltai, fingendo una serenità che non
mi apparteneva più da tempo. Senza alzare gli occhi sul suo
volto, mi lasciai abbracciare dal vecchio amico con cui avevo condiviso
tanti momenti fondamentali.
“Jarvis, che sorpresa! Non
sapevo fossi di nuovo a casa.”
“Siamo tornati per celebrare
Yule in Irlanda, poi siamo stati sempre al sud.”
“Peccato non esserci
incontrati: sono stato a Doire tutte le feste, sono partito appena due
ore fa.”
“L’ho sentito dire,
ma, lo sai, nei periodi di festa la libertà è
ridotta. Avremo però modo di rifarci!”
“Davvero? Stai dicendo che
resterai? Tuo padre non aveva deciso di spedirti in Bulgaria?”
“Sarà mio fratello
ad andare in Bulgaria: d’ora in poi, io resterò a
fare gli interessi di famiglia a Londra… Mia moglie aspetta
un altro bambino e di certo mi pianterebbe se la trascinassi ancora in
giro per il mondo come negli ultimi mesi! A essere sincero, ne sono
stanco anch’io!”
“Lo immagino! Sono felice per
te, Jarvis, felice per queste belle novità!”
Avrei voluto per me una vita simile: non avrei mai immaginato che quel
matrimonio, celebrato due anni prima senza amore, si sarebbe evoluto in
quel modo. Non avevo creduto a quanti parlandomi di Jarvis me
l’avevano descritto felice, ma ora guardandolo, lì
di fronte a me, capivo che non erano bugie, che quel ragazzino
terrorizzato che cercava di sfuggire a un destino infelice, si era
tramutato in un uomo sicuro di sé, capace di ottenere, anche
nella sorte avversa, ciò che desiderava.
“Ti ringrazio, Mirzam. Se non
hai altri impegni, potresti venire a trovarci la prossima settimana,
che ne dici? Non parliamo da molto tempo, e ne ho proprio voglia: ho
visto Augustus, mi ha detto che hai ripreso gli allenamenti e che
questo sarà di sicuro l’anno decisivo per te.
“Sì, è
vero: le mie gambe sono tornate a posto e in estate Stenton
deciderà del mio futuro. Se finirà bene,
sarà anche merito tuo, ed io non ti ho mai ringraziato a
dovere per l’inverno scorso…”
“A parti invertite avresti
fatto lo stesso per me, Mirzam; e se proprio ti senti in debito,
qualche biglietto omaggio per vedere il Puddlemere sarà
gradito, molto gradito!”
Sorrise: credeva davvero a quanto aveva detto. Io, al contrario, non ne
ero altrettanto convinto: a parti invertite, che cosa avrei fatto?
Pensando alla nostra amicizia, mi rendevo conto di non essere mai stato
molto brillante, con lui. E di avere perso in questo modo
un’occasione per vivere meglio.
“C’è
ancora tempo prima che arrivino tutti… Possiamo fare due
passi lungo il fiume?”
“D’accordo. In
effetti, non ho nemmeno voglia di ritornare là dentro,
Hogmanay è un’occasione un
po’… troppo burocratica e poco spirituale, per i
miei gusti.”
Sorrisi, pensando al modo schietto con cui anche mio padre bollava
quell’occasione come la più barbosa tra tutti i
riti della Confraternita e come cercasse sempre di evitare di doverla
celebrare lui.
“Sì, lo so, fin da
piccolo l’hai sempre odiata, per questo non capisco cosa ci
fai qui, stanotte...”
Aveva forse saputo della mia scelta di seguire Milord e ora si chiedeva
se fossi in missione per Lui? O era la sua famiglia a fare il
doppiogioco? Jarvis si era sempre mostrato cauto, era molto vicino alla
Confraternita e non amava la politica del Ministero, ma non era un
estremista con la brama del sangue. Se aveva saputo di me, non potevo
immaginare cosa pensasse della mia decisione. Cercai di non
sbilanciarmi, studiando allo stesso tempo la sua reazione per capire
qualcosa in più.
“Ho fatto un casino,
l’inverno scorso, lo sai. Ora mio padre mi sta aiutando a
rimediare.”
“L’ho immaginato,
quando ho saputo della danza delle Spade, ma oggi…
perché non sei a Doire?”
Era una nota maliziosa quella che sentivo adesso nella sua voce? Non
capivo a cosa si riferisse, il mio unico segreto in un certo senso
“intrigante” era Bella, e nulla c’entrava
con Doire. Non capivo come si fosse creato quell’errore nella
sua mente: nessuno poteva davvero credere che, se mai avessi deciso di
darmi da fare con qualcuna, ci avrei provato proprio con una ragazza di
quella città, visto che….
“Perché sarei
dovuto restare a Doire oggi, secondo te?”
“Perché…”
“Jarvis, Mirzam, scusate, ma
dovreste rientrare, tutti stanno aspettando solo voi due!”
Sua moglie, avvolta nel mantello, ci interruppe mentre Jarvis,
sorridente, sembrava pronto a placare la mia curiosità. Dopo
i soliti saluti di circostanza, mi aspettavo di riprendere il discorso
rientrando in casa con loro, ma Sheena iniziò a distanziarlo
da me, seccata. Parlavano concitati, lei gli imponeva di abbassare la
voce. Io m’insospettii e rallentai il passo per capirci
qualcosa.
“Hai promesso,
Jarvis!”
“È sciocco e
sbagliato! Bisogna dire la verità, i silenzi hanno
già fatto troppi danni!”
“Giusto o sbagliato che sia,
hai promesso… Non è il momento, non puoi decidere
tu per tutti!”
Non sentii altro, eravamo arrivati alla scalinata che immetteva nella
villa: fui travolto dal solito circo di voci, sorrisi, strette di mano,
complimenti ed esortazioni. Discorsi politici si mischiarono agli
insegnamenti dei vecchi, che mi ripresero per come avevo rinunciato al
dominio della mia mente per correre dietro alle emozioni. Non mi curai
molto di quelle parole, ero più interessato a Jarvis e a sua
moglie. Stavano forse per lasciarsi? No, non era credibile, non ora che
aspettavano un altro bambino. Non sapevo per che cosa stessero
bisticciando, ma avevo la strana, assurda, sensazione che fossi io la
causa di quel loro litigio. Per tutta la notte sentii lo sguardo
preoccupato di Jarvis su di me.
Mi convinsi di avere ragione: doveva avere qualcosa
d’importante da dirmi.
***
Mirzam
Sherton
Londra - sab. 9 gennaio 1971
Daily
Prophet
Edizione
speciale del 4 gennaio 1971
CAOS
AL MINISTERO
SI
È DIMESSO IL MINISTRO GARRETT
INDETTE
NUOVE ELEZIONI PER LA FINE DI GENNAIO
Il
Ministro Tobias Garrett, eletto appena pochi mesi fa, ha annunciato
ieri sera le proprie dimissioni per non meglio precisati motivi di
salute. Garrett, 67 anni, impegnato dal momento della sua elezione in
una serie di urgenti riforme, ha colto alla sprovvista il suo staff e
tutto il mondo magico con il suo annuncio. Il tanto atteso riordino
della giustizia e le ormai necessarie modifiche degli statuti sono ora
nuovamente a rischio. Molti si chiedono quale sia
la vera ragione di questa decisione improvvisa: già nei
giorni scorsi l’inaspettata rinuncia ai numerosi impegni per
la chiusura dell’anno, aveva dato adito a voci e sospetti. Dal momento della sua
elezione, Garrett è stato oggetto di numerose minacce di
morte e per questo tenuto sotto continua protezione da parte delle
migliori squadre Aurors del Dipartimento guidato da Barthemius Crouch. Voci ben informate dicono
che però, stavolta, abbia giocato un ruolo decisivo il
timore per le sorti di alcuni suoi parenti prossimi. In particolare, pare che...
(Pagg 2-3 e seguenti)
“Dimmi, tuo
fratello o i tuoi amici Black ti hanno raccontato niente,
Sherton?”
Richiusi quella copia del “Daily Prophet” vecchia
di qualche giorno e l’abbandonai sul tavolo: eravamo a
Londra, Rodolphus mi aveva invitato nel suo “appartamento da
scapolo” per goderci insieme una ricca colazione.
L’ottima riuscita della
missione di Hogmanay l’aveva messo di buon umore tanto che,
dopo settimane di ostruzionismo, era tornato a comportarsi quasi
normalmente con me e a rivolgermi la parola: quel giorno per esempio mi
aveva invitato a seguirlo per trattare un importante affare alla
Gringott, e per invogliarmi, aveva solleticato la mia
curiosità, promettendomi novità. Quel clima
gioviale si era
però rapidamente deteriorato, appena avevamo iniziato a
trattare l’argomento Garrett e Rodolphus mi aveva confessato
i retroscena dell’impresa. Non avevo capito nulla del suo
piano,
avevo immaginato un attacco frontale al Ministro, invece la famigerata
nuova idea di Lestrange era stata quella di mandare un terrificante
avvertimento a Garrett: i nipoti di sua sorella Rosemary erano stati
tenuti in ostaggio per due giorni a Little Hangleton, ed erano stati
liberati solo quando il Ministro aveva consegnato la lettera di
dimissioni. Rodolphus aveva ragione, non era
un’impresa adatta a me, se avessi saputo che avrebbe
coinvolto dei bambini, avrei mandato a monte i suoi
piani. Dovevo avere stampato in faccia tutto il
mio disgusto e, con orrore, lo vidi compiacersi per ciò che
provavo nei suoi confronti. L’avevo visto uccidere, certo,
sapevo quanto fosse feroce, ma avevo sempre trovato qualche
giustificazione nelle sue azioni. Stavolta, invece…
Nonostante l’evidenza, mi ero
illuso che Rodolphus non avesse la stessa sete di sangue di tutti gli
altri, che fosse simile a me, che agisse solo su chi aveva qualcosa da
scontare. Ora, però, non potevo
più negare la verità: per Milord, avrebbe fatto
qualsiasi cosa, avrebbe ucciso chiunque, anche senza una ragione, nel
più crudele dei modi. L’idea di rapire dei bambini
era stata sua. Non gli era stata imposta da Milord. Era stata
un’idea sua. Mi sconvolgeva la
tranquillità con cui esponeva la sua teoria: quello sarebbe
diventato il nuovo corso dell’azione di Milord,
più terribile e molto più efficace degli
attentati e della corruzione. Se pochi avevano segreti inconfessabili
per i quali essere ricattati, quasi tutti avevano amici e parenti da
difendere a qualsiasi costo. E il dipartimento Aurors non poteva
estendere la propria protezione su tutti i parenti del Ministro e di
altri membri fondamentali della nostra società. Non poteva
proteggere ogni singolo Mago
o Strega, chiunque poteva essere avvicinato e costretto a seguire
Milord con quel genere di minacce. Tremai. Se quello fosse
diventato il nuovo
metodo di Milord, nessuno sarebbe stato capace di sottrarsi. Nemmeno
uomini forti e potenti come mio
padre.
“Allora? Mi ascolti Sherton?
Ti ha detto nulla tuo fratello?”
“Scusami ero…
sovrappensiero. A cosa ti riferisci? Rigel è tornato a
Hogwarts con Basty, lo sai.”
“Mio fratello non è
amico di Narcissa Black. Non quanto il tuo,
almeno…”
“E questo cosa
c’entra?”
“Ti chiedo se sai nulla di
Andromeda Black: secondo Rabastan, suo padre l’ha ritirata da
scuola. Meda è ripartita con gli altri, dopo le vacanze di
Natale, ma non ha mai varcato i cancelli di Hogwarts. Non si sa cosa
sia accaduto sul treno, forse non si è sentita bene, ma
qualcuno se ne sarebbe dovuto accorgere, invece niente. Si dice che
Narcissa abbia mandato un gufo dall’Espresso e che a
Hogsmeade ci fosse un Medimago che l’avrebbe fatta
ricoverare: le sue condizioni sarebbero gravi, salterà
persino l’anno. Alcuni, però, parlano
già di uno scandalo… bello
grosso…”
“Uno scandalo? Ma quale
scandalo? So per certo che Meda era già indisposta durante
le feste, avranno sottovalutato la situazione e ora la staranno curando
adeguatamente al San Mungo… Io non capisco perché
si debba sempre parlar male delle persone per bene!”
“Beh, quello che dici
è compatibile con la teoria secondo cui qualcuno
l’avrebbe messa in uno stato che, entro maggio,
diventerà… molto grosso e scandaloso!”
Rodolphus scoppiò a ridere,
soffocandosi quasi, mentre ipotizzava altri dettagli osceni sulla
presunta gravidanza di Andromeda. Io ebbi non poche
difficoltà
a mascherare le mie emozioni, a tenere ferma la mano, e alta e chiara
la voce.
“Smettila, Lestrange! Meda non
è quel genere di ragazza! Pulisciti la bocca quando parli di
lei!”
“La Santa Andromeda e il suo
Illuso Scudiero… Apri gli occhi Sherton, non credo tu la
conosca bene quanto dici: ammetto però che questa storia e
le voci di corridoio puzzano anche a me. Molto. Nemmeno io credo sia
davvero incinta. In ogni bugia, però,
c’è un fondo di verità e forse, a
Cygnus, conviene che circoli questa versione, piuttosto che ammettere
come stanno veramente le cose…”
“E sentiamo, tu che conosci il
mondo: cosa potrebbe esserci di peggiore di una bugia simile, per una
ragazza come Andromeda e per una famiglia come i Black?”
“La verità,
Sherton. Perché stavolta la verità si riduce a
una singola, oscena parola. Sanguesporco.”
“Ma smettila! Cosa
c’entrerebbero adesso i Sanguesporco con Meda? Tu vaneggi,
Lestrange!”
“Sono serio, invece, molto
serio: si sussurra da tempo che Meda abbia un’amicizia
scomoda con un Sanguesporco di Tassorosso; e come hai detto anche tu,
di recente non si è vista a nessuna festa, forse indisposta,
forse segregata; è partita ma non è mai arrivata
a Hogwarts; e voci ufficiali dicono che non tornerà. Se
combino questi fatti - non dicerie, fatti - ottengo un’unica
verità: “Fuga”. Per me, appena si
è allontanata da Black Manor, il Sanguesporco l’ha
aiutata a scappare da casa. E quale occasione migliore della confusione
di Hogsmeade per eludere il controllo della propria famiglia?”
Rodolphus sorrise, compiaciuto del mio
turbamento, io finsi tutta la sorpresa di cui fossi capace. In
realtà sapevo
già tutto, fin troppo bene: Cissa, contando sulla mia
discrezione, mi aveva spedito un gufo appena si era resa conto della
tragedia, sperando che la ritrovassi prima che la notizia si
diffondesse. Ed io, che dopo Yule ero riuscito a
scoprire dove vivessero i Tonks, ero subito partito per Leeds e avevo
passato gli ultimi giorni a cercarla. Invano. Usando le mie
conoscenze sui babbani,
ero riuscito ad avvicinare i genitori di Ted, facendomi passare per un
suo collega e con tutta la calma e la gentilezza che conoscevo, avevo
tentato di estorcere loro delle informazioni, ma non c’era
stato niente da fare, non sapevano niente. Avevo provato a spiarli, a
spiare i loro
amici, i loro vicini, avevo pagato persone fidate perché
continuassero a sorvegliare la zona, ma Meda e Ted erano spariti nel
nulla. Avevo capito troppo tardi che non si
erano rifugiati tra i babbani, ma avevano ottenuto aiuto da un
Mago. I sospetti di Cissa su suo zio Alphard
divennero di colpo realistici anche per me, ero perciò
andato a fargli visita, ma ormai era passato troppo tempo: se anche li
avesse aiutati lui, aveva avuto tutto il tempo per cancellare alla
perfezione le tracce della loro fuga e del suo tradimento. Avevo
scritto a Cissa, proprio quella
mattina, mi aveva confermato che nemmeno suo padre era riuscito a
trovarla. E ora la sciagura si avvicinava a grandi
passi: se Meda non avesse dato cenno di ravvedimento e non fosse
tornata a casa al più presto per affrontare la giusta
punizione, prima che le chiacchiere e i sospetti si fossero trasformati
in certezze, nessuno avrebbe più potuto fare qualcosa per
lei. Sarebbe stata disconosciuta, diseredata,
cancellata dall’arazzo dei Black e trattata da traditrice del
Sangue Puro. E, da quel momento, chiunque fosse stato
scoperto ad aiutarla sarebbe stato bollato a sua volta come traditore.
Mi sentivo responsabile, avevo
abbandonato Meda al suo destino nel momento in cui era più
fragile: non avrei dovuto affrontare Ted in quel modo, e soprattutto
non dovevo dire a Meda le stupidaggini che le avevo detto.
L’avevo umiliata,
l’avevo giudicata, l’avevo fatta sentire indegna di
me e della mia amicizia, solo perché il mio stramaledetto
orgoglio non mi aveva fatto ammettere con lei la verità sui
miei sentimenti, nemmeno nel momento decisivo. Quando ero stato messo
di fronte al
fatto che lei mi preferiva un mezzobabbano, invece di farle capire con
le buone che era vittima di un’illusione, mi ero fatto
travolgere dalla rabbia, avevo perso il controllo e avevo mollato, come
se non valesse più la pena fare di tutto per lei. Quando
avevo recuperato un minimo di
ragionevolezza, le avevo scritto, per tutta l’estate, ma era
troppo tardi: Andromeda mi aveva rispedito tutte le lettere senza
nemmeno aprirle, mi aveva rimandato i regali che le avevo fatto nel
corso degli anni, persino il codice per capire il libro di pozioni e i
libri di poesie, anche quello che Sile aveva donato a me ed io a lei.
Forse sarei dovuto andare a Manchester,
affrontarla di persona, ma mi era mancato il coraggio di guardare di
nuovo in faccia la realtà. Avevo rovinato tutto. Tutto.
“Sarebbe uno scandalo di
proporzioni bibliche: non sarebbe la prima volta che un Black perde la
ragione, certo, ma… Non fanno che ripetere che sono
“Toujours pur”, credono di stare un gradino sopra a
tutti gli altri! Immagina la faccia di Pollux Black! Se non schiatta
stavolta… E suo padre? Salazar! Cygnus ha sempre partecipato
alle cacce al babbano, non c’è nessuno abile e
spietato come lui, con la feccia! E ora la figlia gli
sfornerà nipotini mezzosangue! Ahahahah!”
La mano si contrasse in un pugno, le
dita si serrarono così forte da far sbiancare le nocche e
affondare le unghie nella carne. Sentivo il sangue ribollirmi nelle
vene. Non era il discorso della purezza del
Sangue a turbarmi. No. Era la consapevolezza che i sentimenti
che per anni avevo coltivato in me non si sarebbero mai tramutati in
vita. Che i figli mezzosangue di Meda, come
quelli purosangue di Sile, sarebbero stati l’espressione di
un amore più forte del mio e il chiaro simbolo dei miei
fallimenti. Avrei voluto maledire Sile per non
essere tornata da me, avrei voluto odiare Andromeda per avermi
preferito addirittura un mezzobabbano, avrei voluto avere il coraggio
di uccidere Tonks e Corso solo per aver osato alzare gli occhi su di
loro, ma l’unico a meritare quell’odio ero io
stesso. Meritavo le mie maledizioni, per le mie
insicurezze, le mie indecisioni, la mia vigliaccheria. Per la mia
stupidità. Meda, con quel suo gesto agli occhi di
tutti blasfemo, aveva in realtà mostrato cosa conta nella
vita: per amore, per il vero amore, si è capaci di tutto, di
rinunciare a tutto. Io, al contrario, io avevo sempre avuto
paura. Di tutto.
“È strano
però che tu non sappia dirmi niente, va bene che di queste
cose non si parla volentieri in giro, ma tu e Bellatrix siete
così amici… Stranamente amici, da un
po’ di tempo a questa parte.”
Mi ripresi dai miei pensieri e lo
fissai, ancora stranito: mi guardava beffardo, una nota sadicamente
compiaciuta nell’espressione, come al solito irridente. Senza
accorgermene, le mie mani erano
ritornate nervose sul Daily, l’avevano riaperto e ora ci
tamburellavo sopra distrattamente.
“Scusa ma non ti
seguo.”
“Nessuno l’ha
più sentita urlarti contro i peggiori anatemi del mondo
magico, nessun insulto, nessuna ironia. Quel giorno, a casa tua, poi
c’era un clima… Non lo so: non ho mai visto Bella
così giocosa e felice, è cambiata molto,
soprattutto con te. Non lo trovi strano?”
“Per me è la solita
rompipalle, Rodolphus! Quanto al suo comportamento con me, forse
lavorando insieme, ha imparato a contenersi: vuole arrivare a Milord e
sarebbe capace di tutto per riuscirci!”
“Già,
sarà per questo. Ti ho chiesto di vederci, oggi,
perché voglio appunto parlarti di lei: d’ora in
poi, me ne occuperò io. Stavolta hai impiegato troppo tempo
per darmi una valutazione obiettiva.”
“Troppo tempo? Sei stato tu a
chiedermi di controllarla perché è troppo
imprevedibile! Per me era pronta dall’inizio! Comunque, se
vuoi occupartene tu, nessun problema, anzi, te ne sarò
grato, perché con il Quidditch, Bella è diventata
un impegno troppo gravoso per me!”
“Un impegno gravoso? Dai!
Credevo ti divertissi con lei!”
“Abbiamo un’idea
molto diversa di divertimento, Lestrange: io mi diverto solo con il
Quidditch.”
“Ammetterai però
che il Quidditch non è rilassante quanto una bella donna,
dopo una missione impegnativa! Hai ragione, però, ti ho
chiesto io di passare tanto tempo con lei e tu hai fatto un ottimo
lavoro. Tanto che mi dispiacerà molto non poterne
approfittare, alla fine...”
“Che cosa vorresti
dire?”
“Ti avevo promesso
novità, ricordi? Mi raccomando, tu non dirle nulla: non
intendo più parlare di lei con Milord. No, non fare quella
faccia, ho riflettuto e ho deciso di chiedere subito a Cygnus la sua
mano. E non è certo per mandarla a combattere che voglio
sposarla! Se la storia di Meda è vera, come immagino, questo
è il momento giusto: suo padre non ha motivo di negarmela e
ora non farà storie nemmeno lei, perché appena si
saprà di sua sorella, spariranno tutti i pretendenti
slytherin e purosangue che ha! Prima di espormi, però, devo
assicurarmi che non ci saranno sorprese.”
Piegai il Daily, spianandolo per bene
sul tavolo, e lo lasciai lì, definitivamente. Poi alzai gli
occhi su di lui e iniziai
a fissarlo; Rodolphus, a sua volta, puntava uno sguardo fiero e deciso
su di me.
“Se non le darai
ciò che vuole, Rodolphus, l’accesso alla cerchia
di Milord, nessuno può garantirti che non avrai sorprese:
Bella è una donna instabile, lo sai, cui non interessa
sposarsi.”
“Non è di lei che
mi preoccupo: con la giusta pressione di un marito e di un padre, la
donna mette la testa a posto, e per quanto speciale, Bella è
solo una donna. Quello da cui non voglio scherzi sei tu!”
“Io? E che cosa
c’entro io? Se vuoi la mia benedizione, te la do senza
problemi, anche se sai come la penso: se solo aprissi gli occhi, ne
troveresti molte più gentili, delicate e adatte alla
famiglia.”
“Non m’interessano
la tua benedizione o la tua opinione, Sherton. So che potrei fare come
molti, accontentarmi di prenderla come trofeo, per il suo nome e il suo
sangue, chiudendo un occhio sui suoi difetti e divertendomi altrove. Ci
son tante famiglie che vivono così e di sicuro lo
farò anch’io, ma non adesso: io sono un Lestrange,
ho anche delle responsabilità verso la mia famiglia. Per
questo, non posso permettermi… interferenze… o
Maghi del Nord imboscati nel Norfolk…”
Ci misi un po’ a capire il
senso di quelle parole ridicole e, quando mi fu chiaro, scoppiai a
ridere, rimediando un’occhiata di fuoco: era assurdo che un
uomo privo di morale e vergogna come Rodolphus diventasse
così cauto parlando delle eventuali corna che temeva di
ricevere da Bellatrix. E ancora più incredibile era
che s’illudesse di trovare in lei una donna disposta a
piegarsi, per paura di un padre o di un marito. Con la sua
ingenuità,
Rodolphus dimostrava quanto già fosse in sua balia, senza
averla ancora mai nemmeno baciata.
“Non so se fa più
ridere pensare a Bella come a una donnetta qualsiasi o ai Maghi del
Nord imboscati nel Norfolk. Salazar! Ma come ti vengono in mente,
Rodolphus? L’alcool ti fa male…”
“Basta cazzate, Sherton, non
fare finta di non capire! Sai benissimo di cosa sto parlando!”
“No, Rodolphus, mi spiace, ma
non ne ho idea: non ci sono Maghi del Nord nel Norfolk da quando
Salazar Slytherin ha lasciato quelle paludi per raggiungere la Scozia.
E per quanto ne sappia, non c’è motivo per cui la
Confraternita dovrebbe venire a bussare alla tua porta.
Perciò dimmi chiaramente cosa vuoi da me, o i tuoi contorti
giri di parole mi faranno venire il mal di testa…”
“D’accordo! Mettiamo
le carte in tavola! So che hai una tresca con lei! Voglio sapere la
verità, voglio sapere quanto è seria questa
storia! Non permetterò a nessuno di restare nascosto nel
buio a insidiare il mio letto, nemmeno a te, Sherton: se credi di
poterti divertire alle mie spalle, mentre io mi sputtano davanti a
tutti come uno stupido, ti sbagli di grosso! Ho già ucciso
per molto meno!”
“Stai scherzando? Una tresca?
Io? Con Bella Black? Tu non sei ubriaco, Lestrange, tu sei
pazzo!”
“E tu sei da sempre un pessimo
bugiardo, Sherton, perciò non farmi perdere tempo: vi hanno
visto a Nocturne Alley, e vi ho visto io con i miei occhi a casa tua:
so che da mesi c’è qualcosa tra voi!”
“Lo sai meglio di me, cosa
c’è “da mesi” tra noi! Lo sai
meglio di me, per volontà di chi l’ho frequentata:
è a te che ho inviato resoconti su resoconti per mesi, e tu
hai sempre risposto “Non mi fido ancora”. Ci lavoro
insieme e ci devo uscire insieme, è vero: me l’hai
fatto fare tu, ricordi?”
“E mi credi tanto stupido da
non aver capito che non vi frequentate solo per interesse di
Milord?”
“Se la metti
così… Credi in ciò che vuoi,
Rodolphus, le tue convinzioni non m’interessano. Ma se
davvero temi di ritrovarti con figli che non siano tuoi, accetta un
consiglio: invece di renderti ridicolo facendo il terzo grado a me,
valuta meglio la donna con cui intendi dividere il tuo letto!
Perché non mi pare che tu abbia ben capito chi è
Bellatrix Black!”
Mi alzai, deciso ad andarmene, non
volevo più saperne di Bella, ma mi sentii arpionare
l’avambraccio con forza, mi trattenne e mi tirò
giù, mi sbilanciai e a stento restai in piedi. Mi voltai:
Rodolphus era rimasto seduto,
immobile, gli unici indizi di vita erano un bagliore assassino nello
sguardo e la vena che gli pulsava feroce al centro della fronte.
“Litigare non cambia la
realtà su Bella e se non sbaglio, tra meno di
un’ora, hai un appuntamento importante alla Gringott. Non sei
tu a dire sempre che occorre usare al meglio il proprio
tempo?”
“L’incontro alla
Gringott è fissato per domani, per oggi il mio unico
appuntamento sei tu: e tu non uscirai da qui, finché non
avrò le risposte che cerco, dovessi ricorrere al Veritaserum
per ottenerle!”
“E quali sarebbero queste
risposte? Vuoi sapere se ci sono andato a letto? Se anche fosse? Che
differenza farebbe? Bellatrix non è una ragazza ingenua,
sedotta con l’inganno da un mascalzone, né
un’educanda col sogno di diventare una brava madre di
famiglia. Dai tempi della scuola non si è tirata indietro
mai. Con nessuno. Che cosa cambierebbe se nella sua lista ci fossi
anch’io?”
Rodolphus sembrò
meravigliato, forse si aspettava che negassi fino alla morte, invece
ero rimasto sul vago, aperto a ogni interpretazione. Scoppiò
a ridere: non era
però una delle sue risate false, ma una di quelle
più tristi e amare. Non smise di arpionarmi per il braccio,
la sua presa si fece anzi più insistente, e il suo sguardo,
ancora arrabbiato, adesso era più circospetto.
“Già. Che cosa
cambierebbe se ci fossi anche tu nella lista? Tu sei l’unico
che lei abbia mai amato, oltre se stessa: non è poi
così insignificante, come argomento, non trovi? E
c’ero anch’io il giorno in cui sei andato da
Burgin, per comprarle l’anello. Per questo, a costo di
passare per un patetico sciocco, invece di ucciderti subito,
così da non averti più tra i piedi, pretendo la
verità su come stanno le cose. Voglio sapere da te, il mio
presunto “migliore amico”, se ne sei ancora
innamorato.”
“Salazar, Lestrange, ancora
con quell’anello! Sono passati secoli! L’ho
già rivenduto da un pezzo!”
“Sì, lo so. E
voglio che tu sappia che l’ho ricomprato io.”
“Tu cosa? Perché?
No! Aspetta! Non voglio saperlo! Che cosa vuoi da me? Dimmi
semplicemente che cosa vuoi! Vuoi sposarla? Sposala! Vuoi che non la
veda più? Nessun problema! Non mi credi? Allora è
inutile parlarne ancora, perché evidentemente non hai mai
capito nulla di me!”
“Ti ho chiesto se ne sei
innamorato: non è difficile dire sì o no! E
pretendo la verità!”
“Io non l’ho mai
amata e credo che, standole accanto, non ti sarà difficile
capirne il motivo: Bellatrix è infida, meschina e crudele.
Se ci tieni alla salute, dovresti starle alla larga, ma visto che sei
così pazzo da volerti rovinare la vita per lei, non
sarò certo io a impedirtelo!”
“Se di lei non
t’importa, se lei è orribile come dici,
perché ti sei impegnato tanto per farla innamorare di te? Se
è una ragazza facile come dici, non era necessario per
portartela a letto!”
“Che cosa avrei fatto io,
Lestrange? Tu farnetichi! Ed io sono stanco di questa
pagliacciata!”
“L’unica
pagliacciata qui è quella che hai messo in atto tu, Sherton!
So che stai mentendo e voglio capire che cosa stai complottando! Ero a
Rosier Manor, ieri sera, abbiamo festeggiato le dimissioni di Garrett:
tra gli altri, c’erano Cygnus, sua moglie e Bellatrix. Lei mi
ha avvicinato per chiedermi di te, per sapere che fine avessi fatto.
Non l’ho mai vista comportarsi così. Mai. Non ha
detto nulla di sconveniente, ma io sono molto attento ai particolari e
ne ho scorti d’interessanti. E, conoscendoti, assolutamente
verosimili. L’hai sempre riaccompagnata a casa, per
assicurarti che non le accadesse nulla. L’hai curata
amorevolmente quando è rimasta ferita, alcuni mesi fa.
Perché? Perché, se la odi tanto! Abbi il coraggio
di guardarmi negli occhi e ripetere che non la ami!”
“Non nego nulla di tutto
questo, ma non è come immagini. Ti è mai venuto
in mente che potrei averlo fatto per te? Che pur odiandola, abbia
cercato di proteggerla perché so cosa provi per
lei?”
“Certo , come no…
il mio buon samaritano!”
“Lestrange, se si è
innamorata di me, a parte che non lo credo possibile, sono problemi
suoi. Forse tuoi, non certo miei. È la verità:
è già tanto che non le abbia fatto
volontariamente del male! Se vuoi, posso bere tutta la tua scorta di
Veritaserum, ma se ci pensi, non ti sarà difficile capire
che sto dicendo la verità, anche senza magia. Lo dico a te,
adesso e non lo ripeterò mai più: dopo Sile ho
provato qualcosa per una sola donna, per una Black: per Andromeda
Black. E se mi restasse ancora almeno una speranza, sarei
già da Cygnus per chiedergli la sua mano. Ma non ho
più speranze, e sai perché, Lestrange?
Perché quella maledetta di sua sorella ha ingannato
entrambi, rovinando tutto. Tu non hai idea di quanto io la odi! Di
quanto avrei voluto che l’auror la uccidesse!”
“Tu e Meda? Tu sei innamorato
di Andromeda Black?”
“Sì, Lestrange, dal
mio ultimo anno a Hogwarts… Ricordi che feci di tutto per
averla al matrimonio di Warrington? Vi siete sbagliati tutti, per me
non era una semplice cotta…”
“Salazar, è vero!
Io… Credevo… ma perché non sei andato
da Cygnus, allora?”
“Ormai non ha più
importanza, Lestrange, è una storia chiusa. E non voglio
più parlarne. Se è davvero come credi, se
Bellatrix è davvero interessata a me, sparire dalla sua vita
come vuoi che faccia e negarle Milord la getterà nella
disperazione. E sapere che sta soffrendo, ti assicuro, sarà
per me una vendetta gradevole e pulita. Al tuo posto, approfitterei di
quest’occasione: lei non sa che sei tu l’uomo di
Milord cui ho sempre fatto rapporto, non sa ancora che sei il
Mangiamorte più vicino a Milord. Potresti essere per lei il
cavaliere dalla scintillante armatura che corre a salvarla dal dolore
per il mio abbandono, le propone di sposarla e le mostra il marchio del
Signore Oscuro, promettendole di condurla davvero sulla via di Milord,
quella che io le ho assicurato e poi le ho negato. In questo modo, io
avrò la mia vendetta, Rodolphus, e tu la donna che
desideri.”
“Sarebbe perfetto, per me, ma
un errore fatale per te: se non vuoi che cerchi per tutta la vita di
fartela pagare, dovresti chiarirti con lei e spiegarle che non dipende
da te se non incontrerà Milord.”
“È tutta la vita
che mi perseguita, Rodolphus: cosa dovrebbe esserci di diverso
stavolta?”
“Potresti trovarti contro
tutta la sua famiglia, e non solo loro! Durante le feste di Natale,
Walburga ha lasciato intendere con tutti che fossi interessato a una
delle figlie di Cygnus, a Bellatrix per la precisione: non credo che
l’amicizia tra tuo padre e Orion possa salvarti
dall’ira dei Black se sparissi senza una parola, soprattutto
se son vere le storie su Meda. I Black non sopporterebbero un altro
scandalo. E nemmeno mio padre. E nemmeno io. Se la compromettessi in
questo modo, non potrei più sposarla. Ed io non posso
permettertelo. Nemmeno per aiutarti a vendicarti!”
“Hai ragione. Anche se
meriterebbe quell’umiliazione, non posso coinvolgerti in una
storia simile. Ti prometto che entro una settimana mio padre
parlerà con Cygnus e le sue parole saranno inequivocabili.
Invita tuo padre a insistere con Orion Black per sapere la
verità: conosco il mio padrino, correrà subito da
noi. E a quel punto, ci penserò io a fare, bene, la parte
dello stupido!”
Rodolphus mi fissò, turbato,
c’era ancora qualcosa che non gli tornava, ma non poteva
immaginare cosa fosse; la parte di verità rimasta celata,
d’altra parte, non era affar suo, era solo una questione tra
Bella e me, una questione che non avrebbe dovuto conoscere mai o si
sarebbe infranto quell’equilibrio traballante che ormai
restava tra noi. Alla fine, diversa da quella che
s’immaginava e che temeva di sentire, la
“verità” gli dava sicurezza: per questo
si era affrettato a credermi, senza insistere con le domande. Sarebbe
stato destabilizzante anche per
lui pensare di essersi sbagliato a fidarsi di me. Mi alzai e lo lasciai
lì, ai
suoi progetti, ora inaspettatamente prossimi a concretizzarsi. Mi
smaterializzai, diretto da Stenton:
il Quidditch avrebbe liberato la mia mente dalla sensazione di sporco
che mi sentivo addosso. Dal senso di smarrimento e di
solitudine. Di abbandono. Di fine. La battaglia era al termine, non
avevo
più niente, nemmeno la rabbia. Dovevo volare, provare il
vento freddo
sulla faccia, snebbiarmi la mente, per sentirmi ancora vivo. Non avrei
più dovuto
frequentare Bellatrix: era meraviglioso, per me, perché
ormai mi era sempre più difficile starle accanto senza
mostrare cosa provassi davvero per lei. Molto presto avrei goduto delle
sue
lacrime e soddisfatto la mia vendetta. E avrei finalmente chiuso una
parte
tanto importante quanto penosa della mia vita.
***
Mirzam
Sherton
Amesbury, Wiltshire - mart. 12 gennaio 1971 (chap.4)
“Allora, ragazzo
mio… mi è giunta voce che sei interessato a una
delle figlie di Cygnus, e se è vero, come tuo padrino, sarei
ben lieto di favorirti presso mio cognato: non che ce ne sia bisogno
nel tuo caso, ma... Io ho parlato chiaro, ora sta a te, è
nel tuo interesse dire come stanno le cose, visto che tuo padre
è così pazzo da lasciarvi liberi di decidere da
soli!”
Orion Black era venuto a farci visita,
quella sera, come m’immaginavo: il giorno dopo il mio
chiarimento con Rodolphus, Roland Lestrange aveva pranzato per affari
con lui, cercando di estorcergli informazioni sui miei veri progetti
matrimoniali. A quel punto, Walburga doveva aver
convinto il marito che era il momento di partire per Amesbury, in
missione, così da mettermi spalle al muro di fronte a mio
padre. Bella, intanto, continuava a spedirmi
messaggi in cui la preoccupazione iniziale per me, lasciava via via il
posto a toni sempre più esasperati e minacciosi: aveva
urgente bisogno di parlarmi, io però non avevo
più alcuna intenzione di affrontarla, di giustificarmi, di
ascoltarla. A complicare il tutto, c’era
il pensiero per la nuova misteriosa impresa che stava preparando
Milord: mi aveva convocato per un lavoretto semplice, da fare nel
Galles, nulla di sanguinario, pertanto perfetto per me. Dovevo rubare
uno smeraldo a un
antiquario. Ero sicuro che avesse pensato a me per
un motivo ben preciso: voleva farmi arrivare un messaggio. Voleva farlo
arrivare soprattutto a mio padre. Dovevamo sapere che lui conosceva di
Herrengton, di Habarcat, delle Terre del Nord, molte più
informazioni di quante ne conoscesse la maggior parte dei Maghi. E di
certo molto più di
quanto mio padre ed io ci aspettassimo da lui. La notizia mi mise in
agitazione,
pensavo che prima o poi avrebbe cercato il famigerato anello degli
Sherton, che per i più era solo una leggenda, ma non mi
aspettavo che avrebbe intrapreso quella strada tanto presto. Da quel
momento mio padre avrebbe dovuto
usare maggiore cautela nella sua ricerca e soprattutto avrebbe dovuto
essere molto abile e fortunato, per riuscire a ritrovarlo per primo.
“T’interessa una
delle figlie di Cygnus? Oh Mir, è stupendo, è una
famiglia perfetta per noi!”
Tornai presente alla discussione: anche
mia madre stava facendo la sua parte, fingendo di non sapere di Meda,
fingendo di non aver mai fatto con me una lunga discussione sui miei
sentimenti, rassicurandomi che non era strano essere confusi quando si
provano sentimenti tanto potenti. Anche per lei era stato difficile,
all’inizio, riconoscere in mio padre, l’uomo della
sua vita. Mi aveva parlato delle molte facce
dell’amore e di come l’inesperienza spesso faccia
scambiare per esso non solo il desiderio fisico, ma anche
l’affetto profondo, la stima e il senso di protezione. Avrei
dovuto parlare con lei molto prima
di quello che provavo, perché mi avrebbe aiutato a capire
quel mio mondo interiore, che non sembrava oscuro a lei tanto quanto lo
era per me. Lanciai a Orion l’ennesima
occhiataccia della serata, a lui non volevo dare spiegazioni, volevo
solo costringere mio padre a una conversazione privata, che non avremmo
gradito nessuno dei due. Mi alzai dal divano, ammutolito e
fuggii
per le scale con la rapidità di un fulmine, senza salutare
nessuno, lasciandoli basiti a fare supposizioni sui miei comportamenti
e i miei mutismi, sempre più frequenti e ostinati. Mi chiusi
in camera, a riflettere:
dovevo prepararmi a sostenere bene la parte di fronte a mio padre.
***
Mirzam
Sherton
Amesbury, Wiltshire - dom. 17 gennaio 1971 (chap.15)
“Dobbiamo parlare
di questa
storia: il tuo comportamento negli ultimi giorni è
stato… Non capisco che cosa ti sia preso: Orion è
di famiglia, d’accordo, ma… Ci hai ugualmente
messo in imbarazzo!”
“Mi dispiace, mi scuso conte,
con la mamma… Manderò un dono a Orion per
scusarmi della mia maleducazione anche con lui. Non intendo
però parlare con te o con altri di faccende che sono solo
mie. So che avete le migliori intenzioni del mondo ma, se ben ricordi,
tu hai già fatto abbastanza danni in passato!”
“Lo so, hai ragione, ma
stavolta è diverso. Ti prometto che non
m’intrometterò, ma devo capire cosa sta
succedendo: c’è qualcosa di vero nelle parole di
Orion o si tratta di un’altra assurda invenzione di
quell’arpia di sua moglie? Tu sei ormai grande a sufficienza
per saperti destreggiare, credo, ma devo ricordarti che quello che fai
può ripercuotersi su tutti noi, soprattutto sui tuoi
fratelli, soprattutto su Meissa! Non scordarlo. Perciò
rispondimi sinceramente: sei innamorato di una delle figlie di
Cygnus?”
“Anche se fosse, si tratta di
una storia senza importanza e, soprattutto, senza futuro.”
“In che senso senza futuro?
Spero che tu non ti riferisca ancora a Sile Kelly! Non vedo Donovan da
mesi, so che ha lasciato Doire per una ricerca in Catalogna, ma se
tutto è andato secondo programmi, quella ragazza ormai
dovrebbe si è sposata con quel suo maledetto francese! Hai
già pagato un prezzo altissimo per questa storia! Volta
pagina! Hai venti anni, non puoi rovinare la tua vita per un sogno da
ragazzino! Scusami, davvero, scusami…”
“Sile è un capitolo
chiuso, non ti preoccupare, lei non c’entra. Nemmeno le
figlie di Cygnus, però, sono adatte a me: Bellatrix, lo sai
già, ha una visione del mondo che non coincide con la mia,
Narcissa è poco più di una bambina, viziata e
petulante… Non so cos’altro
aggiungere…”
“Non hai citato Meda: lei che
cos’ha che non va? Nulla mi pare!”
“No, lei non ha nulla: Meda
è… perfetta…”
Non riuscii a evitare il tono di
profonda amarezza che incrinò la mia voce, non altrettanto
bene di quando avevo mentito dicendo di non pensare più a
Sile. Ma l’amarezza che velava le
mie parole si nutriva di un dolore diverso: se era con rimpianto che
pensavo a Sile, non riuscivo a pensare a Meda senza sentirmi in colpa.
Mio padre mi guardò a fondo,
vidi l’espressione burbera aprirsi in un sorriso radioso, era
da tempo che non sorrideva così, da quando gli avevo detto
la prima volta che ero interessato a una ragazza e lui mi aveva dato,
un po’ titubante le chiavi di Essex Street. Come avevo
immaginato, Orion non gli
aveva detto la verità, ne ero sicuro: per non danneggiare
l’immagine della famiglia e per non mettere a repentaglio le
sorti delle tre sorelle e di tutto il casato, non avrebbe confidato,
nemmeno sotto tortura, nemmeno a mio padre, cosa stava realmente
accadendo a casa di Cygnus a causa di Meda. Almeno finché ci
fosse stata ancora qualche speranza di bilanciare quella vergogna
sacrificando Bellatrix in un ricco e prestigioso matrimonio.
“Esattamente: Meda
è perfetta… A dire il vero, è da
parecchio che non la vedo, ma fin da piccola Andromeda è
sempre stata molto affascinante e soprattutto senza i grilli per la
testa di sua sorella. Non posso che essere felice della tua scelta,
Mirzam, davvero. Andrò a parlare con suo padre oggi stesso,
se vuoi, non ci sono problemi.”
“A dire il vero, io credo che
un problema ci sia...”
“Un problema? Di che genere?
Non credo che Cygnus possa lamentarsi della proposta che vorresti
fargli. Hai forse motivo di credere che Meda non sarebbe
d’accordo? È già interessata a qualcun
altro? Magari è solo timida: vi conoscete da una vita,
frequentandovi di nuovo come un tempo, non ti sarà difficile
farti apprezzare per come sei… Andavate molto
d’accordo fino a pochi anni fa.”
“Io credo sia meglio non
correre, non esporsi, prima di aver… fatto luce su alcuni
dettagli…”
“Spiegati. Di cosa stai
parlando?”
“Giorni fa Rigel mi ha scritto
che ci sono strane voci a scuola. Anche Rodolphus dice che…
Credo che abbia notato anche tu che Meda non è venuta qua ad
Amesbury per la festa di Wezen, insieme agli altri Black. Non so, di
preciso, cosa stia succedendo, ma forse, non si tratta solo di
voci…”
“Di grazia, mi spieghi cosa
vorresti dire? Lo sai che non amo i pettegolezzi e non
m’interessa approfondire queste cose, ma la situazione cambia
radicalmente se di mezzo ci sei tu! Se poi ti riferisci al fatto che
Meda si è sentita male e Cygnus l’ha dovuta
ritirare da scuola, l’ho saputo anch’io. Orion me
ne ha parlato l’altro giorno a Grimmauld Place (capitolo
angelo e demone 8), ha detto che hanno temuto fosse una forma grave di
Vaiolo di Drago, ma per fortuna pare abbia preso la forma
più leggera, perciò non vedo cosa ci sia da
preoccuparsi: Meda è giovane, forte, ben curata, non ci
saranno conseguenze di alcun genere! Mi stupisco piuttosto che tu sia
fuggito via come un selvaggio, invece di approfittare della presenza di
Orion per informarti di persona sulle sue condizioni: è il
minimo che avresti dovuto fare, se è vero che ci tieni tanto
a lei!”
“Non credo si tratti di
questo, credo che i Black stiano mentendo su Meda: alcuni dicono che
Meda abbia fatto amicizia con un natobabbano. Persino Bellatrix lo
dice…”
“Mirzam… per
favore: tu sei mio figlio, non sei il figlio di Lestrange o di Black,
mi pare di averti già insegnato la differenza tra amicizia,
che per noi è sempre lecita, e gli altri rapporti, che
invece sono leciti solo con determinate famiglie... non metterai in
discussione i tuoi sentimenti per lei per un’amicizia di
scuola?”
“Io credo sia qualcosa di
più di un’amicizia lecita…”
Mio padre parve raggelarsi di colpo:
sapevo quanto fosse più indulgente di tutti gli altri
Serpeverde, e di come la sua propensione a conoscere e apprezzare il
meglio del mondo babbano lo rendesse una rarità nel nostro
ambiente, al limite dell’eresia, ma non ci voleva poi molto a
vedere come i tabù fondamentali dei Maghi Purosangue fossero
incisi profondamente nel suo cuore. E Meda aveva infranto appunto il
più sacro di quei tabù. Non si poteva mischiare
il sangue puro
con quello che puro non era. Le conseguenze sarebbero state
terribili, bastava vedere che vita miserabile conduceva la sua vecchia
amica d’infanzia, Eileen Prince, per aver voluto sprecare la
propria vita con un babbano. O quanto fosse costato a Orion
quel
famigerato errore di gioventù. Secondo mio padre,
però, non
era necessario punire chi commetteva certe follie: era la vita stessa,
infatti, a insegnare loro, nel più crudele dei modi, che gli
errori si pagano sempre. E senza sconti.
“Se lo ritieni possibile, non
so a cosa serva questa conversazione: perché continui a
curarti di lei se pensi sia interessata o peggio, si sia già
compromessa con un nato Babbano? La questione è chiusa, a
questo punto, non credi?”
“Volevi sapere la
verità, no? Ora la sai!Io penso a lei dalla fine della
scuola, non solo perché è così bella,
ma perché non è un’ idiota come la
maggior parte delle altre ragazze che ho
conosciuto…”
“Non è comunque un
motivo sufficiente per impelagarsi in una situazione dubbia! Tra
l’altro hai appena vent’anni e non è
urgente programmare un tuo matrimonio: hai tutto il tempo per trovarti
una ragazza migliore di lei, adatta a te. Salazar! Ora inizio a capire
perché Walburga ci tenesse tanto a incastrarti con
Bellatrix! Voleva sfruttare il nostro nome per mascherare uno
scandalo… Lurida...”
“Siete voi che avete parlato
di matrimonio, io non ho fatto né detto niente! Tu non
capisci, io…”
“Hai ragione, io non capisco:
se sapevi tutto questo, non capisco perché tu non sia
rimasto l’altra sera con noi e non abbia detto subito,
chiaramente, a Orion che questi discorsi son solo chiacchiere senza
fondamento. Questa faccenda è chiaramente chiusa, Mirzam:
come mi dispiacerebbe avere quella pazza di Bellatrix in giro per casa,
non potrei star tranquillo con una ragazza discutibile come Meda! Lo
sai vero, che se Cygnus ti sapesse interessato a lei, a costo di
doverla incatenarla mani e piedi, te la rifilerebbe bella e
infiocchettata! Così poi sarebbero solo affari nostri
evitare uno scandalo! So che non mi devo impicciare, ma… ho
anche i tuoi fratelli da proteggere!”
“Questo lo so…
Infatti, io… Ormai è da un pezzo che sto pensando
di metterci una pietra sopra, ma prima devo sapere la
verità, lo capisci? Non posso vivere col dubbio che siano
solo voci! E se non fosse vero? Se fossero stupide chiacchiere, io
avrei rinunciato a lei per niente…”
Lo guardai, beveva del Whisky babbano
con indolenza: dall’espressione che mi rivolse, capii di aver
recitato bene, mi vedeva per ciò che mi sentivo. Un
vigliacco, uno stupido una persona
con le idee poco chiare, incapace di combattere con coraggio per
realizzare i propri sogni.
“Tu non hai rinunciato a
niente, Mirzam: credevo che lo avessi imparato, visto quello che hai
fatto per Sile! Credevo sapessi cos’è
l’amore. Quello vero. Se quello che provi per Meda fosse
amore, a quest’ora mi avresti atterrato con un pugno per gli
insulti che le ho rivolto, infischiandotene delle conseguenze; se fosse
davvero amore, non te ne importerebbe niente del sangue, delle
chiacchiere, della terra cui dovresti rinunciare per lei;assolutamente
niente! Non staresti qui a struggerti per sapere la verità,
ma saresti già alla sua porta, e lo chiederesti a lei, a
qualunque costo, guardandola negli occhi, fregandotene dei pettegolezzi
e di tutto quello che ne deriverebbe….”
“Evidentemente… Io
non sono te… E mai lo sarò!”
Lo guardai, ci scambiammo
un’occhiata strana, per un attimo pensai che avesse intuito.
“Sì, purtroppo me
ne sto rendendo conto, anche se, a volte, pur partendo da strade
diverse tra loro, si finisce col percorrere la stessa rotta.
Andrò da Cygnus, voglio chiarire questa storia, questo
genere di equivoci non fa bene a nessuno. Gli dirò che non
sei interessato a Bella, ma a Meda e se la versione di Orion
corrisponde a verità, appena si sarà rimessa,
parleremo seriamente della proposta che intendi fargli per lei. Spero
di riportarti buone notizie da Manchester: lei sarebbe perfetta, non
perché si tratta di una Black, ma perché forse,
con il suo animo gentile, potrebbe essere capace di guarirti da questa
tristezza e da questa delusione che stanno appannando il tuo
spirito…”
“Non devi preoccuparti per me,
ma ti ringrazio e ti prometto che... ”
“Prima di partire,
però… se quello che sospetti su di lei fosse
vero, la mia visita a Cygnus potrebbe velocizzare le decisioni dei
Black nei suoi confronti… e, conoscendoli, posso assicurarti
che di fronte a uno scandalo simile, non sarebbero clementi con
nessuno, non lo saranno nemmeno con lei…”
“Meda è
l’unica persona che conosco, oltre a te e alla mamma, che sa
per cosa valga davvero la pena combattere. Di sicuro, molto
più di me e della maggior parte del mondo magico. Se davvero
ha fatto una scelta del genere, vuol dire che ha trovato qualcuno che,
di là del sangue, deve essere perfetto come lei…
qualcuno capace di… difenderla, molto meglio di…
me… di amarla più… ”
Mi abbracciò ed io mi
abbandonai a quell’abbraccio, con la disperazione di un
naufrago in mezzo alla tempesta. Per mia fortuna, rimase in silenzio,
come me, senza rivolgermi altre domande. Poco dopo, salì
nelle sue
stanze per cambiarsi, preparò un dono da portare a Cygnus e
partì per Manchester, con la Metropolvere che tanto odiava.
***
Mirzam
Sherton
12, Grimmauld Place, Londra - sab. 23 gennaio 1971 (chap.7)
Meno di una settimana più
tardi ci presentammo a Grimmauld Place per il compleanno di Regulus, il
figlio minore di Orion: una festa magnifica, sfarzosa come poteva
esserlo solo un evento organizzato dai Black. Nell’aria si
sentiva
però aleggiare già l’odore intenso
della tragedia. Passai tutto il tempo a chiacchierare
con Rodolphus, evitando Bellatrix che, dalle occhiate che lanciava a me
e a mio padre, evidentemente aspettava il momento giusto per saltarmi
alla gola e uccidermi. In effetti, non doveva essere stato
piacevole per lei assistere all’arrivo inaspettato di Alshain
Sherton, riempirsi di emozione e di speranza quando si era chiuso nello
studio con suo padre, per trattare urgentemente argomenti importanti e
personali, e sapere, poi, alla sua partenza, che la proposta di
matrimonio degli Sherton riguardava non lei ma sua sorella Andromeda,
la rinnegata. Cygnus, credendo si trattasse di una
richiesta dovuta al nome e al sangue dei Black, a quel punto, aveva
cercato di proporre per me, la sua figlia maggiore, così da
ripagare in qualche modo gli Sherton della delusione dovuta a Meda, ma
mio padre era stato categorico nel sostenere quanto Bella fosse
inadatta al futuro erede di Hifrig, e che comunque, io non desideravo
Andromeda in quanto Black, ovvero ricca, serpeverde e purosangue, ma
perché ero innamorato di lei. La situazione era stata
imbarazzante per
tutti e continuava a esserlo, soprattutto perché, al
contrario degli altri che parevano essersene fatti una ragione, anche
grazie all’interesse dichiarato di Lestrange per Bella,
Walburga non voleva rassegnarsi e faceva di tutto per non lasciarmi in
pace. All’ennesimo tentativo
dell’arpia di coinvolgermi nelle sue chiacchiere, cui mi ero
sottratto imboscandomi nei discorsi di un branco di noiosissimi
barbagianni, Lestrange era venuto a salvarmi, con un bicchiere di
ottimo champagne elfico e la sua calorosa risata.
“Se non ci fossi io a venirti
a salvare! Rallegrati, manca poco ormai… Guarda mio padre:
sta parlando proprio adesso con Cygnus, vogliamo firmare quanto prima
quel dannato contratto!”
“Davvero? Anche se domani
tutti quanti sapranno ufficialmente di Meda? Non credevo che i
Lestrange potessero passare sopra tanto facilmente a una macchia
simile…”
“Beh sai… il fatto
è che… esiste un modo per cancellare certe
macchie: so per certo che stasera ci sarà una piccola
macchiolina in più nel famigerato arazzo dei Black.
Sarà sufficiente disconoscerla per far vedere quanto sono
lontani i Black dall’apprezzare certe scelte. Questo,
però, sono fatti loro: quello che m’interessa
è che quella macchia si tradurrà per me nella
ricchissima proprietà dei Black a Lacock. Ho già
fatto sapere che per pareggiare i conti, per rimediare al danno
d’immagine che potrei subire, la voglio come dono personale
di Pollux Black, a maggio, quando sposerò Bella.”
“La proprietà di
Lacock? Salazar! Ti rendi conto che la sacra famiglia dei Black ha
avuto origine lì? Gli hai chiesto il sancta
sanctorum… E visto quanto è incantevole quella
tenuta, immagino quanto saranno furiose Druella e Narcissa: quel posto
è il loro paradiso personale!”
“E non saranno furiose solo
loro, perché la proprietà passerà a
me… solo a me… non a me e alla mia futura
moglie… a me…”
“Conoscendoti, immagino quali
saranno le tue occupazioni in quel paradiso, lontano da tua
moglie…”
“Esattamente… prima
sistemerò la questione dell’erede, prima
potrò andarmi a godere un po’ di meritate
vacanze… sei invitato fin da ora, Sherton!”
Rodolphus avvicinò il suo
calice al mio per brindare, sornione, poi tutto allegro si
allontanò, per andare a chiacchierare col suo futuro
suocero. Cygnus ci aveva guardato per diversi
minuti, mentre parlava con Roland Lestrange, m’illudevo che
non mi odiasse quanto sua figlia e sua sorella, infondo se si fosse
fatto due calcoli sarebbe rimasto soddisfatto, considerando quanto il
prestigio dei Lestrange al Ministero e al Wizengamot fosse superiore a
quello degli Sherton, soprattutto se fosse diventato Ministro della
Magia Lodge. Come Rodolphus le si
avvicinò, con modi stucchevolmente galanti, Bella mi
fulminò con lo sguardo, io feci finta di non essermene
accorto e ripresi a chiacchierare con altri ospiti; sapevo che per quel
giorno, si sarebbe accontenta dell’unica soddisfazione che le
avrebbe sicuramente offerto il destino: vedere il nome di sua sorella
bruciato e cancellato dall’arazzo dei Black. Sapevo anche,
però, che non
le sarebbe bastato mai: avrebbe cercato per tutto il resto della sua
vita di prendersi la sua vendetta anche nei miei confronti. Soprattutto
appena avesse scoperto le
verità che ancora celavo.
*continua*
NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, aggiunto a preferiti/seguiti,
recensito... L'immagine scelta (che notoriamente rappresenta
Bella e Roddie, ma che io uso anche in chiave
"diversa") è di LyraKristine.
Valeria
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