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Autore: Terre_del_Nord    28/03/2010    9 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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That Love is All There is

Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Mirzam - MS.012 - Nulla è Come Appare (4)

MS.012


Mirzam Sherton
Inverness, Highlands -
maggio 1970 - inizio flashback

Ormai era notte fonda, quando raggiunsi Inverness: avevo bevuto fino quasi a perdere i sensi e nonostante tutto, continuavo a sentire perfettamente tutte le ferite che avevo nell’anima. Non volevo tornare a casa mia, ne avevo quasi un terrore irrazionale, pensai che forse una notte passata a intrugliare nella camera de “La dama scarlatta” mi avrebbe fatto passare la sensazione di vuoto che mi divorava da dentro. Mi mascherai alla meglio perché il gestore non si accorgesse dei lividi che Tonks mi aveva lasciato addosso, presi la chiave, avanzai nel buio delle scale fino al terzo piano, poi lungo i passaggi e i disimpegni, coperti di velluti e dorature e pieni di mobili in stile vittoriano. Infine raggiunsi la mia camera, l’ultima in fondo a un interminabile corridoio, immerso in un silenzio irreale: tutte le altre stanze erano, come al solito, silenziose e deserte. Misi la chiave nella toppa, la bacchetta sfoderata pronta a invocare Lumos appena fossi entrato, ma trovai la stanza già illuminata. Bellatrix era lì, a pochi metri da me, i lunghi capelli corvini sciolti sulle spalle, avvolta in un leggero abito color malva; leggeva un mio tomo di Erbologia, seduta su una poltrona accanto al baldacchino, non sapevo perché non avesse evocato il nostro laboratorio, e soprattutto, perché si trovasse lì. Sembrava aspettarmi

    “Che cosa ci fai qui?”
    “E tu? Che cosa ti è successo? Che cos’hai fatto al naso?”
    “Non sono affari tuoi! Perché non sei venuta a Hogsmeade? Dove diavolo eri finita? Se credi di poter fare come ti pare quando sei al servizio di Milord… Vattene! Non ti voglio tra i piedi! Vattene!”
    “Non ci penso proprio, tu non ti reggi in piedi! Siediti…”

Mi si era avvicinata, mi aveva attirato a sé, prendendomi per i lembi del mantello, e con un gesto secco e deciso mi costrinse a sedermi. Ero troppo stanco, ubriaco e persino depresso per ribellarmi, la lasciai fare, mentre, seduta di fronte a me, con delicatezza passava la bacchetta sul mio naso, bisbigliando incantesimi che avrebbero dovuto limitare i danni, poi appoggiò le mani calde sul mio viso, esponendolo alla luce fioca delle candele, per studiare gli altri lividi con attenzione e curarli uno dopo l’altro. Avevo difficoltà a respirare, ma mi arrivava lo stesso, violento, il suo profumo, una fragranza di fiori, selvaggi come lei, che avevo sentito spesso ma che quella sera sembrava particolarmente potente.

    “Dovresti andartene, Bellatrix, è tardi, non voglio che tu debba discutere con tuo padre a causa mia.”
    “Smettila di fare il ragazzo coscienzioso, Sherton: al contrario di te, io so badare a me stessa!”

Si alzò e passò dietro la poltrona su cui ero seduto, evocò una boccetta, l’aprì, si diffuse nell’aria un intenso profumo di erbe, poi iniziò a toccare alcuni punti della mia fronte con le sue dite fredde e appiccicose di quell’unguento odoroso. Cercai di oppormi, ma lei mi trattenne facilmente in quella posizione con un gesto secco: ero troppo stanco per resistere ancora.

    “Non so che intenzioni tu abbia, Black, ma di qualsiasi cosa si tratti, non è serata!”
    “Se non ti lasci aiutare, Sherton, domattina non riuscirai nemmeno ad alzarti dal letto, e andrai avanti così per giorni, perciò ora lasciami fare! Fidati, mi occuperò io di te! Sono in debito, ricordi?”

Avvicinò le labbra alla mia fronte, scoccandomi un bacio leggero, che sembrava portarsi via tutte le tensioni e le preoccupazioni che sentivo dentro. Sapevo di doverla allontanare o andarmene, da alcuni giorni si era fatta stranamente gentile e disponibile, e di tutto avevo bisogno fuorché di mettermi nei guai con lei.

    “Smettila con queste commedie, Black, sono molto meno sbronzo di quanto credi e di sicuro non abbastanza da dimenticare chi sono io e chi sei tu!”
    “E questo rende tutto più divertente, non trovi? Non potrai dire che me lo sono inventato io o che ti sei scordato!”
    “Bella…”
 
Bellatrix sorrise, con un rapido svolazzare della bacchetta mi tolse il mantello, la giacca e gli stivali e mi aprì la camicia dopodiché, nonostante le mie vive proteste, iniziò a curare le ferite che avevo addosso: era vero, con le erbe e le pozioni era abile a curare, almeno quanto lo era a uccidere. Ci impiegò alcune ore, ma alla fine riuscì a farmi sparire la maggior parte dei lividi e dei dolori che la rissa con Tonks mi aveva lasciato addosso.

    “Non dovrebbero restarti cicatrici, ti rimetterai in pochi giorni, almeno per quanto riguarda il corpo… Per chi ti sei battuto questa volta?”

La guardai far sparire unguenti e lozioni nella piccola sacca di pelle che portava sempre legata alla sua cintura, mentre io, rapido e imbarazzato, rindossavo la camicia e la abbottonavo con qualche difficoltà.

    “Nessuno che ti riguardi! No, scusami, sono uno… Ti ringrazio, non eri obbligata ad aiutarmi!”

Bella annuì e venne a sedersi sul bracciolo della mia poltrona, alzai la testa, immaginando avesse notato qualche altro segno da far sparire. Invece mi prese il viso tra le mani, osservandomi in silenzio, ed io, quasi senza accorgermene, mi ritrovai a scorrere i suoi zigomi con le dita, ammirando quel viso come quando eravamo dei ragazzini: i suoi occhi scuri avevano la stessa luce maliziosa di allora, ma c’era anche qualcosa di diverso, una specie di domanda, un desiderio. Scivolai con le dita sulle sue guance, aspettandomi che quella luce sparisse per lasciar posto a un ghigno di derisione, ma non fu così; arrivai alle sue labbra, sembravano petali di tenero velluto, per un istante mi chiesi cosa sarebbe accaduto se le mie si fossero posate sulle sue, se avessero respirato il suo respiro leggero e alla fine avessero assaggiato il suo sapore. Una voce nel cervello mi urlava “E’ Bellatrix Black!” ma non volevo ascoltarla. Sentii Bella scivolare leggera sopra di me e sciogliersi docile nel mio abbraccio sofferente, mi accarezzava la testa, le mani perse nei miei capelli, appoggiò le labbra sulle mie, provò a dischiudermele, per donarmi il suo bacio appassionato. Quasi fossi in trance, le percorsi la schiena con le mani, sopra il vestito, intrecciando le dita tra i lunghi capelli corvini che, in quella posizione, leggermente sopra di me, scendevano a nascondere entrambi al resto del mondo. Pensai di voler restare così, per sempre, con lei, senza più contatti con quello che restava del mondo, un mondo ormai ostile, vuoto, definitivamente lontano e staccato da me. Che cosa sarebbe accaduto se non mi fossi ribellato a quel destino, tanti anni prima? Se avessi accettato il bacio di Bellatrix sul treno? Se mio padre non mi avesse imposto di dimenticarla? Forse non sarebbe accaduto nulla di male a nessuno di noi. E ora… avevo sofferto per niente, visto che il destino, alla fine, aveva vinto sulla mia ribellione e mi aveva riportato a distanza di anni allo stesso punto. A lei.
Bella bloccò quella cascata di pensieri confusi, alterati da alcool e dolore, quando portò le dita sul corpetto, iniziando ad armeggiare con i bottoni di madreperla all’altezza del suo collo: un languore ben noto mi prese allo stomaco e scese in basso, risvegliandomi da quel momento di smarrimento. No, non era l’istinto, non era il destino, che potevano governare la mia vita; ero io, soltanto io, il padrone della mia vita, dei miei sentimenti, dei miei desideri. Giusti o sbagliati che fossero. La guardai, presi le sue mani nelle mie e le portai alle labbra, bloccando sul nascere le sue intenzioni.
   
    “No, non è giusto… non stanotte… non adesso che i miei pensieri non appartengono a te… non ancora almeno… io… sono confuso… devo andarmene…”

Bella mi fissò, sembrava scrutarmi dentro e riuscire a leggere perfettamente i miei pensieri. Sapeva che dicevo la verità, ma non mi derise, come mi sarei aspettato. Mi restò accanto.

    “No, non è necessario, non stai bene… Riposati… Mi prenderò io cura di te.”

Mi stampò un bacio leggero sulla fronte, poi si accoccolò, in silenzio tra le mie braccia. La testa appoggiata sul mio petto, ad ascoltare il mio cuore. Le presi le mani tra le mie, e rimanemmo così, in silenzio, senza dormire, aspettando l’alba di un nuovo mondo, incerto su quello che mi avrebbero riservato il futuro e Bellatrix Black.
Fine flashback

***

Mirzam Sherton
Amesbury, Wiltshire - dom. 20 dicembre 1970 (chap.3)

Avevo appena salutato Cissa quando incrociai Lucius e Bellatrix, soddisfatti e sorridenti, che rientravano da una passeggiata nel parco: dallo sguardo pieno di scherno che mi rivolse, capii che Bella, stretta nella sua mantellina di pelliccia, aveva appena combinato un’altra delle sue bravate. Conoscendola, non era da escludere che avesse sedotto Lucius nel parco e ora, ancora mezza avvinghiata a lui, credeva di ferirmi, facendomelo notare tanto smaccatamente; li salutai a mala pena, piccato, sicuro di sentirli sghignazzare, quando me li fossi lasciati alle spalle, ma non fu così.

    “Mirzam!”

Dopo aver consegnato il mantello a uno degli elfi e aver salutato Malfoy, Bellatrix era rimasta indietro: era meravigliosa e letale, l’abito rosso, attillato e seducente, ne esaltava il fisico minuto.

    “Sei la solita delusione! Pensavo mi avresti accolto con un benvenuto caloroso e che magari…”
    “Ho dovuto ricevere da solo tutti quegli ospiti, cosa diavolo pretendi? E comunque vedo che non hai perso tempo, ti sai destreggiare bene fuori e dentro la villa anche senza di me. Ti sei divertita?”

Non feci nulla per nascondere la mia irritazione, anzi calcai il tono astioso con cui feci quell’ultima domanda e per risposta vidi un lampo di malizia e compiacimento in lei, proprio come volevo io.

    “Sì, mi sono divertita, e non grazie a te, ma questo lo sai già. Per evitare la noia, Lucius è perfetto: è ottimo come… cavaliere. Un caro ragazzo, forte, affascinante, e molto, molto bravo…”
    “Lo immagino.”

Si era avvicinata, pericolosa, l’espressione irridente; la mano, possessiva, risalì maliziosa lungo il mio braccio; gli occhi scuri erano fissi nei miei, a catturare ogni mia emozione: voleva baciarmi, approfittando della discrezione del corridoio, ma io la fulminai con lo sguardo, risentito.

    “Fino a qualche mese fa, non ci avrei creduto: ce l’hai anche tu, il sangue, nelle vene. Non so ancora se sia gelosia, o solo orgoglio ferito, ma questa luce assassina nel tuo sguardo… mi piace.”

Allungò la mano sulle mie labbra, io senza staccare lo sguardo dal suo, la allontanai da me, bruscamente: Bella si mise a ridere, mentre il mio viso si coloriva di collera. Fu allora che, con la coda dell’occhio, intravidi un’ombra ritrarsi dietro una tenda del corridoio; era bene scoprire subito cosa stesse accadendo, ma in quel momento, furioso, avevo un unico pensiero: liberarmi di Bellatrix prima che ne combinasse un’altra delle sue.

    “Non c’è alcuna luce assassina nel mio sguardo, Black, sono solo stanco dei tuoi giochi: so che vai in giro a raccontare gli affari miei e questo oltre a non piacere a me, sarebbe molto sgradito a Lui!”
    “Chi gioca sei tu, sei tu che sparisci, che ti dimentichi di me! E ti giuro, se scopro che non è per stare accanto alla tua preziosa sorella che mi stai mettendo da parte, io…”
    “Lascia stare Meissa, Black! E ricorda: a casa mia non si deve sapere cosa sto facendo, se lo scoprissero, Milord si arrabbierebbe molto con te. Lo dico per il tuo bene, Bella: fai attenzione!”
    “Ragazzi!”

Ci voltammo: mio padre avanzava verso di noi, Bellatrix, recuperando un minimo di decoro, lo salutò come si conviene a una ragazza di buona famiglia e ci lasciò soli, lui rispose con la solita espressione amabile, ma per chi lo conosceva bene come me, era facile capire quanto fosse nervoso. Appena avesse acciuffato mio fratello, gli avrebbe dato una lezione; inoltre, anche se non conosceva i miei attuali rapporti con Bella, non gradiva che mi girasse intorno, per le note vecchie vicende.

    “Scusami, ma non ho ancora avuto modo di uscire a cercare Black.”
    “Non importa, è appena riemerso dalla cantina: tuo fratello ha confessato di averlo chiuso di sotto senza volerlo, puoi immaginare che figura per noi, con quell’arpia di Walburga Black.”
    “Non è possibile: Rigel non può avergli fatto nulla. Non ho motivo di difenderlo, lo sai, ma ho visto Sirius uscire in giardino e non l’ho visto rientrare, né avvicinarsi alla porta che conduce di sotto.”
    “Che cosa vorresti dire?”
    “Forse hanno usato anche loro, come Meissa, quella specie di portale che sta giù al maneggio, ma non chiedermi per quale motivo Rigel abbia mentito, perché non ne ho idea.”

Mio padre si voltò a guardare verso il salone e stampò uno sguardo assassino addosso a mio fratello: finalmente lo rivedevo, dopo una mattinata passata invano ad aspettarlo.

    “Ti sarei grato se riuscissi a capire cosa è davvero successo: Meissa è rientrata molto turbata, ora quei due stanno mentendo e qua dentro è una bolgia! Non vorrei aver commesso un errore a…”
    “Non credo dovresti preoccuparti troppo per questa storia: secondo me Rigel ha trovato Black nei guai, l’ha aiutato e ora lo sta coprendo. Sappiamo tutti quanto Walburga sia rigida con i figli!”
    “Speriamo: da quando frequenta il figlio di Avery, tuo fratello non me la racconta giusta.”
    “Sono sicuro che gli passerà presto, e comunque ci penserò io a tenerlo d’occhio. Godetevi questa festa, tu e la mamma, ve la meritate: è stato un anno pesante per tutti, soprattutto per lei.”

Mio padre parve convincersi e, sorridente, mi fece un cenno di assenso, poi ritornammo insieme nel salone, dove riprendemmo a chiacchierare con gli ospiti. Anche se mi mostravo sereno, ero sempre più nervoso: di lì a poco ci saremmo trasferiti in sala da pranzo, ci saremmo divisi nei vari tavoli e avrei dovuto parlare, che lo volessi o no, con Rodolphus. Quando era arrivato, mi aveva salutato appena e ora mi guardava ogni tanto da lontano, muto, gli occhi che sprizzavano rancore: non ci voleva un genio per capire chi fosse l’ombra che avevo intravisto nascondersi a spiarmi nel corridoio; e se aveva sentito anche solo in parte la mia discussione con Bella, ora sapeva che i suoi sospetti erano in qualche modo fondati. Era meglio affrontarlo subito: stava parlando con alcuni amici di suo padre, mi avvicinai, lo salutai di nuovo e avendolo colto impreparato, con una scusa riuscii a convincerlo a uscire sulla veranda.

    “Finalmente! Sono ore che cerco di avvicinarti per far due chiacchiere: ormai pare che non riusciamo più a incontrarci! Siediti accanto a me a pranzo, così parliamo!”
    “Un tavolo pieno di gentiluomini non è luogo adatto ai nostri discorsi, Sherton, non lo sai?”
    “Allora restiamo a parlare qui fuori: non è molto freddo e manca ancora un po’ per il pranzo.”
    “No, non ne ho alcuna voglia! Più mi stai lontano, oggi, meglio è per tutti!”
    “Come sarebbe? Perché? Che cosa succede oggi?”

Vedevo che combatteva tra la voglia di prendermi a pugni e la necessità di non dare spettacolo. Benché avesse solo due anni più di me, le responsabilità sembravano averlo invecchiato di colpo e, ormai, cercava sempre di comportarsi nella maniera più conveniente in pubblico.

    “Di qualsiasi cosa si tratti, Rod, non è importante quanto parlare del piano: non manca molto a Hogmanay, dobbiamo discutere gli ultimi dettagli, per il buon esito della nostra missione.”
    “La “mia”, Sherton, la mia missione, alla quale tu non prenderai parte. Non siamo più una squadra.”
    “Che cosa? Lestrange!”

Mi aveva dato le spalle per rientrare in casa, io lo raggiunsi e lo bloccai, mettendogli una mano sul braccio; Rodolphus mi fulminò con un’occhiata glaciale che non conoscevo, ma di nuovo non arrivò il pugno che avrebbe tanto desiderato darmi: avrebbe mentito, ero certo che avrebbe trovato una scusa convincente per mascherare quello che provava davvero.

    “Lavori con me da un anno, Sherton, sai cosa devi fare: io non ho altro da insegnarti. Sei un reclutatore, no? Hai delle persone da addestrare: occupati di loro, invece di fare solo gli affari tuoi!”
    “Gli affari miei? Sai meglio di me cosa sto facendo! E questa missione l’abbiamo pensata insieme!”
    “Una missione assolutamente priva di efficacia: ci ho riflettuto, ho presentato un altro progetto.”
    “Che cosa? Perché? Perché non mi hai detto nulla? Dovevi dirmelo, dovevi… Almeno parlamene ora! Abbiamo iniziato insieme, finiamo insieme; poi ognuno per la sua strada, se è ciò che vuoi!”
    “No, te l’ho detto, la missione è solo mia: non potrei fidarmi di te, non questa volta.”
    “Non puoi fidarti di me? E da quando? Quando ti avrei dato motivo di dubitare? Lavoriamo insieme da mesi, Lestrange: perché non mi hai parlato dei tuoi dubbi? Perché all’improvviso sono inadatto?”
    "Perché è finito il tempo delle stupidaggini, Mirzam, ora si fa sul serio. Tu non sei pronto a fare sul serio, non sei pronto a sporcarti le mani. Ed io non posso più permettermi i tuoi “se” e i tuoi “ma”, te l’ho già detto, o sei con me, o sei contro, in ogni aspetto della vita. Non intendo più parlarne!”
    “Rodolphus…”

Si allontanò senza aggiungere altro, richiamato da suo padre che voleva presentarlo a un importante uomo d’affari proveniente da Liegi e per il resto della giornata continuò a evitarmi come la peste. Non sapevo come prendere questa novità: durante il pranzo, allo stesso tavolo con Malfoy, le sorelle Black e altri nostri amici Serpeverde, non ci scambiammo che poche chiacchiere formali. Rod era molto taciturno, impegnato a guardare Bellatrix di soppiatto e non mi degnava di una parola, Bella ogni tanto sbirciava me, ma per lo più diceva stupidaggini a Narcissa su Lucius per farla arrossire, io ripensavo alle informazioni raccolte e mi sentivo peggio di quanto avessi previsto. Rod e Bella non mi avevano messo in difficoltà come temevo, ma la situazione mi stava sfuggendo ugualmente di mano; Meda voleva fare la più grossa cavolata della sua vita ed io, tagliando i ponti con lei nella maniera più stupida, mi ero messo nelle condizioni di non poterla più aiutare. Quanto alla storia di Hogmanay, se fino a quel momento si era parlato di irrompere nella casa del Ministro, mentre era alla cena di fine anno, per rubare qualcosa di compromettente, con cui ricattarlo e obbligarlo a fare quello che voleva Milord, ora ero certo che Rodolphus volesse puntare alla sua persona in maniera più diretta, probabilmente mortale, per poi tentare, di nuovo, di insediare al suo posto Archibald Lodge, che aveva perso le ultime elezioni a maggio per pochi voti. Questo, tra l’altro, avrebbe significato tempi bui per la Confraternita: anche se l’attuale Ministro non aveva sostenitori nelle Terre del Nord, tra i due era da considerarsi il male minore. Tobias Garrett, ricco grifondoro di OtterySt.Catchpole, aveva il sostegno di una parte considerevole del mondo magico, era un uomo capace, privo di pregiudizi e onesto, pronto a rischiare e intenzionato a fare quelle riforme che molti richiedevano a gran voce; era inviso, però, a molti altri, proprio per gli stessi motivi, per le conseguenze destabilizzanti di quelle riforme che alcuni temevano e soprattutto per la fermezza nel sostenere la politica aperta di uomini come Dumbledore. Garrett aveva già ricevuto numerose minacce di morte e per questo era protetto come mai si era visto prima: già da qualche mese, tra gli uomini che componevano la sua scorta personale, figurava addirittura Alastor Moody, uno degli Aurors più abili e letali della squadra di Bartemius Crouch. Visto contro chi volevano scontrarsi, temevo che a morire, stavolta, fossero proprio i miei compagni: ed io, benché mi sentissi diviso in due e riconoscessi spesso di non aderire perfettamente alle idee di Milord, non potevo permettere che Rodolphus, che mi aveva salvato mille volte dal carcere e dalla forca, rimasse ucciso o finisse ad Azkaban.

*

Mirzam Sherton
Loch Achall, Highlands - 20/21 dicembre 1970 (chap.3)

    “Le figure della “Danza delle spade” formano una specie di racconto, che parla della vita dell’uomo, un po’ come le Rune: dal momento in cui nasciamo e sprofondiamo nell’irrazionalità di ciò che ti circonda, al momento in cui ci eleviamo a comprendere lo Spirito di cui siamo parte.”

Ascoltavo sovrappensiero mio fratello descrivere le tradizioni del Nord ai nostri giovani ospiti, sulle rive di Loch Moidart, mentre, seduti attorno al fuoco, attendevamo il sorgere del sole per celebrare la fase finale dei riti di Yule. Presto saremmo tornati a casa, non vedevo l’ora. Era stata una notte magica, da tempo rinunciavo ai riti, al loro potere, alla loro capacità di rigenerare il mio spirito, ma, pur desiderando stare lì, la mia mente si era più volte persa in pensieri lontani. Ero confuso: mancavano pochi giorni alla missione ed io dovevo evitare il disastro che si preannunciava, ma non avevo idea di come potessi agire senza farmi scoprire e, soprattutto, senza conoscere, se non in parte, i progetti che avevano Milord e Rodolphus. La risata di Meissa a un’altra delle magie di Orion mi riportò al presente, mi guardai attorno, cercando di non pensare e godermi per un po’ quella pace fuori dal tempo: mio fratello e mia madre chiacchieravano con Sirius e Regulus, mentre mio padre era sottoposto a un terzo grado da parte di Walburga e per questo motivo sembrava l’unico a dispiacersi che non fosse ancora l’alba. Lo capivo, quella donna, da sempre, mi metteva i brividi addosso. I Black erano rimasti con noi per partecipare alle celebrazioni nel bosco e ora i due ragazzini pendevano dalle labbra di Rigel, affascinati dal nostro mondo, forse primitivo per loro, ma in un certo senso più reale di quello cui erano abituati a Londra. Avevo avuto modo di osservarli accuratamente, durante la notte: erano svegli e curiosi e, benché non li avessi degnati di molte attenzioni ad Amesbury, avevo guadagnato la loro ammirazione con lo spettacolo delle spade. Li avevo entusiasmati. E loro piacevano a me. Prima di separarci, avrei fatto loro ammirare la spada di Hifrig, forgiata mille anni prima nel fuoco puro della Madre Scozia: ero sempre stato affascinato dalle leggende legate a quella spada, al suo potere, al fatto che avesse difeso per secoli la nostra famiglia da babbani e rinnegati. Da ragazzino pensavo che, per avere più fiducia in me stesso, sarei dovuto partire per le lande più remote delle Highlands, per ritrovare quel fuoco eterno, gettarci dentro ciò che di sbagliato c’era nella mia vita, e forgiarmi in una tempra nuova, che mi rendesse più sicuro e più forte. Lasciai perdere di nuovo le mie fantasie e osservai mia sorella: era più sollevata rispetto al pomeriggio e avevo notato, compiaciuto, le occhiate incuriosite che si scambiava di nascosto col più grande dei figli di Orion, e l’affiatamento che si era già instaurato con Regulus, il più piccolo. Forse mio padre aveva ragione: la presenza dei Black a Herrengton, quell’estate, sarebbe stato un bene per tutti, Meissa si sarebbe distratta e avrebbe fatto amicizia con qualcuno della sua età, con cui avrebbe affrontato al meglio, a settembre, l’inserimento a Serpeverde. Era assolutamente vitale che trovasse degli amici prima di allora, perché nonostante la protezione del nome e di nostro padre, la sua vita poteva non esser semplice, a Hogwarts: anche un giorno di festa, per lei, poteva trasformarsi in un incubo, ne avevo avuto una dimostrazione quel pomeriggio.
La giornata era trascorsa tranquillamente tra pranzo, chiacchiere e balli, finché Rigel e Lucius avevano duellato di nuovo nella neve: ormai sapevo cosa ci fosse davvero dietro alle loro continue liti, per questo vedere mio cugino ferito e disarmato mi aveva dato un profondo senso di benessere. Per un po’, ai tempi della scuola, avevo apprezzato Lucius ma con i miei fratelli si stava comportando da idiota, soprattutto con Mei, e questo non potevo sopportarlo oltre. Mi ero sottratto ai balli fingendo un’indisposizione e ne avevo approfittato per salire ad assicurarmi che mia sorella stesse bene e sentire dalla sua voce se fosse vero quello che, a tavola, mi aveva detto Rigel sugli avvenimenti del mattino: contro gli ordini di nostro padre, era uscita nel parco per cercare la nostra gatta e, nella zona più desolata, vicino al laghetto delle ninfee, aveva incontrato Lucius e Bellatrix, che complottavano indisturbati non si sa cosa. Appena l’avevano vista, l’avevano infastidita, con la storia dello smistamento, poi Lucius aveva osato toccarle i capelli e Bella l’aveva minacciata. Avevo ascoltato stupefatto quelle parole, provando il desiderio profondo di cruciarli senza pietà: dovevo fare qualcosa, non potevo limitarmi a riferire i fatti a mio padre. Stavo pensando come agire, gustandomi soddisfatto l’immagine di Meissa che, prima di fuggire via, sputava in faccia a Malfoy, quando lei, in piedi alla finestra ad ammirare il giardino illuminato dalle luci fatate, si era voltata dicendomi che Rigel si stava di nuovo azzuffando con Lucius. Ero corso di sotto il più velocemente possibile, bacchetta in pugno, per aiutare mio fratello: quando però avevo visto Lucius disarmato, mi era dispiaciuto essere arrivato tanto presto e non aver lasciato a Rigel l’occasione di umiliarlo ancora di più. Soprattutto, mi dispiaceva che non fosse conveniente, davanti a tanti testimoni, continuare io stesso, perché l’avrei fatto davvero volentieri. Mi ero ripromesso che Malfoy non l’avrebbe passata liscia, perché quelli non erano più degli scherzi innocenti, Lucius stava spaventando a morte mia sorella, non solo con la faccenda dello smistamento, ma con quella, ancora più odiosa, della sciagurata promessa di nozze fatta dal nostro bisnonno al suo: non avrei permesso che una storia del genere gravasse ancora sulle spalle di una bambina di appena dieci anni. Era normale che in quelle condizioni Meissa avesse gli incubi e non volesse dormire: in quegli ultimi giorni, da quando occupavo una stanza al secondo piano della villa, mia sorella era venuta spesso da me per farsi rassicurare ed io le avevo promesso che sarebbe andato tutto bene, che presto Lucius sarebbe stato solo un fastidioso ricordo e lei sarebbe stata una Serpeverde, come desiderava, con il pieno controllo della propria vita e del proprio futuro. Spesso si era addormentata così, accoccolata sulle mie gambe, ed io avevo passato ore ad accarezzarle i capelli, a osservarla, sperando di riuscire a scacciare i suoi incubi con la mia sola presenza. A volte cercavo di immaginare quale sarebbe stato il suo futuro: volevo che non vivesse tutte le inquietudini in cui mi ero trovato a vivere io, ma non avevo idea di quale sarebbe stata la sorte del mondo magico da lì a dieci anni.

    Milord si impadronirà del potere per allora? Sotto la sua guida, sorgerà una nuova età di pace?
    O questo è solo l’inizio dell’inferno, e i filobabbani preferiranno morire piuttosto che lasciar riprendere alla magia il giusto ruolo nel mondo?

*

Appena aveva iniziato ad albeggiare, avevo tirato un sospiro di sollievo: finalmente ci muovevamo dal bosco verso le tende ed io mi potevo sottrarre alle chiacchiere degli adulti, con la scusa della spada da far vedere ai ragazzi. Da un po’, mentre gli altri si divertivano, ero sotto il tiro incrociato delle domande di Lady Walburga, che, dopo aver sfinito mio padre, mi aveva assediato per sapere tutto di me, dei miei progetti nel Puddlemere, di una mia eventuale carriera al Ministero e, soprattutto, della mia situazione sentimentale. Immaginavo che cercasse di fare gli interessi di Bellatrix e, in questo modo, quelli di tutta la loro famiglia, perché un mio eventuale fidanzamento con la primogenita di Cygnus avrebbe potuto in parte distrarre il mondo magico da qualsiasi guaio stesse per combinare Meda.

    “Sarete nostri ospiti a Grimmauld Place per Natale, vero Alshain?”

Orion ci interruppe mentre raccontavo ai ragazzi una delle avventure di Hifrig e della sua spada: senza accorgercene, eravamo arrivati alle tende, gli elfi avevano riportato i nostri oggetti a casa ed erano impegnati a smantellare l’accampamento usato quella notte. Era giunto il momento dei saluti.

    “Ti ringrazio, Orion, ma durante le festività saremo per lo più in Irlanda dai parenti di Dei.”
    “Allora sarete nostri ospiti a Capodanno. Ci saranno molti amici, e Cygnus con Druella e le ragazze!”

Walburga mi lanciò uno sguardo penetrante ed io sentii il viso arrossire leggermente: anche se non provavo i sentimenti che immaginava, la situazione con Bella poteva diventare imbarazzante in qualunque momento e non avevo alcuna intenzione di rischiare guai frequentandola più del dovuto. La moglie di Orion mi guardò soddisfatta, forse pensò di aver fatto centro: non doveva essere sfuggito nemmeno a lei, che, per tutto il pranzo, Bella non aveva fatto che guardarmi di sottecchi. Quel giochetto non doveva essere sfuggito a nessuno, in realtà, considerando le occhiatacce minacciose che Rodolphus mi aveva stampato addosso per tutto il resto del giorno.

    “Non ti prometto nulla, Walburga cara, a Hogmanay avrei già un impegno con la Confraternita…”
    “Non potete disertare Londra per tutte le festività! Non dopo tutti questi anni di esilio!Voglio organizzare una festa meravigliosa per il vostro ritorno! Inoltre sarebbe un peccato privare Mirzam delle occasioni che Londra può offrire in questi giorni, e sarebbe un peccato privare Londra di un giovane tanto bello e intrigante, che ha unito evidentemente il meglio dei genitori …”

Si avvicinò e mi accarezzò il viso, come quand’ero bambino e frequentavo spesso il suo salotto. Ricordai la famigerata Sala degli Arazzi, il divano su cui io e Meda stavamo seduti a giocare a scacchi per ore, mentre le nostre madri e Walburga chiacchieravano davanti a te e pasticcini, e Bellatrix, accucciata sul tappeto di fronte a noi, riproduceva le Rune delle mie mani nella cenere nel caminetto, gettandomi addosso occhiate malevole appena facevo un complimento a sua sorella.

    “Puoi invitare Mirzam quando vuoi, non c’è bisogno del mio permesso! Certo, se hai altri piani, mi appello al tuo buon nome e all’intelligenza di mio figlio…”
    “Questo è chiaro! Allora mio caro, posso invitarti per Capodanno a Grimmauld Place?”
    “Veramente ho già impegni a Inverness per Hogmanay, mi spiace, signora Black.”
    “Impegni galanti?”

Non le risposi. Quella donna m’inquietava, almeno quanto sua nipote, avevo la sensazione che fosse in grado di leggere nella mia mente anche senza magia, solo con quei suoi occhi freddi e indagatori. Gli impegni galanti erano l’ultimo dei miei problemi: nei giorni seguenti, avrei pensato al Ministro e a Meda che stava per mettersi nei guai. A trovare un sistema per evitare quelle sciagure.

    “Pazienza Walburga, sarà per un’altra occasione! Adesso è meglio andare, ci rivedremo a gennaio, vi auguro di passare delle buone feste!”

Mio padre le sorrise divertito, immaginava anche lui quali trame stesse tessendo; Walburga abbozzò un sorriso tirato, non era una Strega che si arrendeva tanto facilmente, soprattutto ora che sul piatto, c’era anche l’onore dei Black, non solo la sua solita, vecchia, ambizione dinastica di unire due delle più pure e potenti famiglie Slytherin dell’isola. Mia madre e Orion avevano assistito alla scaramuccia in silenzio, parzialmente turbati: mia madre era l’unica che sapesse di me e Bella e potevo contare sul suo sostegno e la sua discrezione; Orion, come sempre, pareva cadere dalle nuvole, ma mi chiedevo quanta parte avesse in realtà nelle malefatte di sua moglie: non mi sembrava possibile che fosse sempre all’oscuro di tutto. Infine mentre i fratelli Black e Rigel sembravano non aver nemmeno fatto caso a quella piccola scaramuccia verbale, notai che Meissa aveva seguito lo scambio di battute con le orecchie ben tese, cercando di capire se avrei fatto cenno alla mia misteriosa, quanto inesistente, ragazza.

***

Mirzam Sherton
Inverness, Highlands - giov. 31 dicembre 1970 (Festa di Hogmanay)

Era compito di Kenneth Emerson, quell’anno, organizzare i riti di Hogmanay, a Inverness, ed io, alla fine, anziché restare a Doire dagli zii con mia madre e i miei fratelli, avevo accettato di seguire mio padre, benché questo significasse rinunciare a divertirmi per occuparmi di affari e politica. Ascoltare discorsi seri mi avrebbe distratto e riallacciare relazioni con gli altri Maghi del Nord, in una circostanza ufficiale, avrebbe dimostrato a tutti la mia ferma intenzione di tornare a far parte della Confraternita. Inoltre, se c’era una talpa di Milord tra gli uomini più vicini a mio padre, quella notte avrebbe avuto la prova che stavo muovendomi per servire il Lord al meglio: ora che Lestrange mi avrebbe negato la sua protezione, era per me ancora più necessario che tutti lo pensassero. Vedermi così impegnato per Lui avrebbe allontanato da me anche il sospetto che c’entrassi qualcosa con la misteriosa lettera giunta al Ministro, con cui Garrette era stato avvertito del progetto di un attentato, organizzato per l’ultimo dell’anno. Pur priva dei dettagli che non conoscevo, la lettera era stata presa nella giusta considerazione da Crouch: Garrett aveva, infatti, annunciato che, per motivi di salute, avrebbe passato alcuni giorni in una località segreta, annullando tutti gli appuntamenti.
Partiti da Doire, mio padre ed io ci materializzammo a tarda sera nei pressi di Emerson Manor. Era da un po’ che non frequentavo più l’austera villa in cui ero stato di casa da ragazzino, e mi chiedevo se, a distanza di anni, il suo famoso studiolo con il forte odore di tabacco, i libri pregiati e le macabre incisioni, avrebbe ancora avuto una certa influenza su di me o, ormai, la vita che mi ero scelto aveva sottratto potere a quei simboli. In realtà, probabilmente non avrei avuto il tempo né la voglia per scoprirlo. La villa ottocentesca sorgeva fuori della città magica, in riva al Ness, in un sito immerso nei boschi, ricco di fascino e magia antica. Era una notte gelida ed io, dopo essere stati annunciati dall’elfo domestico, in attesa che arrivassero gli altri, avevo detto a mio padre e al nostro ospite che sarei uscito nel parco: mi ero avventurato nella neve alta, godendomi i suoni ovattati e i versi arcani delle creature della notte. Chiuso nel mio pesante mantello, mi ero fermato in riva al fiume, ammirando la luna che occhieggiava tra i rami spogli e, lì, avevo perso il controllo dei miei pensieri, fuggiti lontano, a un’altra terra, a un’altra cerimonia… Mi chiedevo se stessero ancora ballando, o la festa fosse già finita e… Divenni di pietra, solo le lacrime scorrevano, gelandosi sul mio viso. Avrei voluto che la luna piangesse per me, ma sapevo che in quel momento stava sorridendo altrove, alla nuova vita di Sile.

    “Allora è vero che ci sei anche tu! Non mi aspettavo proprio di vederti qui, stanotte!”

La voce nota mi colse alle spalle ed ebbi appena il tempo di asciugarmi le lacrime al buio; mi voltai, fingendo una serenità che non mi apparteneva più da tempo. Senza alzare gli occhi sul suo volto, mi lasciai abbracciare dal vecchio amico con cui avevo condiviso tanti momenti fondamentali.

    “Jarvis, che sorpresa! Non sapevo fossi di nuovo a casa.”
    “Siamo tornati per celebrare Yule in Irlanda, poi siamo stati sempre al sud.”
    “Peccato non esserci incontrati: sono stato a Doire tutte le feste, sono partito appena due ore fa.”
    “L’ho sentito dire, ma, lo sai, nei periodi di festa la libertà è ridotta. Avremo però modo di rifarci!”
    “Davvero? Stai dicendo che resterai? Tuo padre non aveva deciso di spedirti in Bulgaria?”
    “Sarà mio fratello ad andare in Bulgaria: d’ora in poi, io resterò a fare gli interessi di famiglia a Londra… Mia moglie aspetta un altro bambino e di certo mi pianterebbe se la trascinassi ancora in giro per il mondo come negli ultimi mesi! A essere sincero, ne sono stanco anch’io!”
    “Lo immagino! Sono felice per te, Jarvis, felice per queste belle novità!”

Avrei voluto per me una vita simile: non avrei mai immaginato che quel matrimonio, celebrato due anni prima senza amore, si sarebbe evoluto in quel modo. Non avevo creduto a quanti parlandomi di Jarvis me l’avevano descritto felice, ma ora guardandolo, lì di fronte a me, capivo che non erano bugie, che quel ragazzino terrorizzato che cercava di sfuggire a un destino infelice, si era tramutato in un uomo sicuro di sé, capace di ottenere, anche nella sorte avversa, ciò che desiderava.

    “Ti ringrazio, Mirzam. Se non hai altri impegni, potresti venire a trovarci la prossima settimana, che ne dici? Non parliamo da molto tempo, e ne ho proprio voglia: ho visto Augustus, mi ha detto che hai ripreso gli allenamenti e che questo sarà di sicuro l’anno decisivo per te.
    “Sì, è vero: le mie gambe sono tornate a posto e in estate Stenton deciderà del mio futuro. Se finirà bene, sarà anche merito tuo, ed io non ti ho mai ringraziato a dovere per l’inverno scorso…”
    “A parti invertite avresti fatto lo stesso per me, Mirzam; e se proprio ti senti in debito, qualche biglietto omaggio per vedere il Puddlemere sarà gradito, molto gradito!”

Sorrise: credeva davvero a quanto aveva detto. Io, al contrario, non ne ero altrettanto convinto: a parti invertite, che cosa avrei fatto? Pensando alla nostra amicizia, mi rendevo conto di non essere mai stato molto brillante, con lui. E di avere perso in questo modo un’occasione per vivere meglio.

    “C’è ancora tempo prima che arrivino tutti… Possiamo fare due passi lungo il fiume?”
    “D’accordo. In effetti, non ho nemmeno voglia di ritornare là dentro, Hogmanay è un’occasione un po’… troppo burocratica e poco spirituale, per i miei gusti.”

Sorrisi, pensando al modo schietto con cui anche mio padre bollava quell’occasione come la più barbosa tra tutti i riti della Confraternita e come cercasse sempre di evitare di doverla celebrare lui.

    “Sì, lo so, fin da piccolo l’hai sempre odiata, per questo non capisco cosa ci fai qui, stanotte...”

Aveva forse saputo della mia scelta di seguire Milord e ora si chiedeva se fossi in missione per Lui? O era la sua famiglia a fare il doppiogioco? Jarvis si era sempre mostrato cauto, era molto vicino alla Confraternita e non amava la politica del Ministero, ma non era un estremista con la brama del sangue. Se aveva saputo di me, non potevo immaginare cosa pensasse della mia decisione. Cercai di non sbilanciarmi, studiando allo stesso tempo la sua reazione per capire qualcosa in più.

    “Ho fatto un casino, l’inverno scorso, lo sai. Ora mio padre mi sta aiutando a rimediare.”
    “L’ho immaginato, quando ho saputo della danza delle Spade, ma oggi… perché non sei a Doire?”

Era una nota maliziosa quella che sentivo adesso nella sua voce? Non capivo a cosa si riferisse, il mio unico segreto in un certo senso “intrigante” era Bella, e nulla c’entrava con Doire. Non capivo come si fosse creato quell’errore nella sua mente: nessuno poteva davvero credere che, se mai avessi deciso di darmi da fare con qualcuna, ci avrei provato proprio con una ragazza di quella città, visto che….

    “Perché sarei dovuto restare a Doire oggi, secondo te?”
    “Perché…”
    “Jarvis, Mirzam, scusate, ma dovreste rientrare, tutti stanno aspettando solo voi due!”

Sua moglie, avvolta nel mantello, ci interruppe mentre Jarvis, sorridente, sembrava pronto a placare la mia curiosità. Dopo i soliti saluti di circostanza, mi aspettavo di riprendere il discorso rientrando in casa con loro, ma Sheena iniziò a distanziarlo da me, seccata. Parlavano concitati, lei gli imponeva di abbassare la voce. Io m’insospettii e rallentai il passo per capirci qualcosa.

    “Hai promesso, Jarvis!”
    “È sciocco e sbagliato! Bisogna dire la verità, i silenzi hanno già fatto troppi danni!”
    “Giusto o sbagliato che sia, hai promesso… Non è il momento, non puoi decidere tu per tutti!”

Non sentii altro, eravamo arrivati alla scalinata che immetteva nella villa: fui travolto dal solito circo di voci, sorrisi, strette di mano, complimenti ed esortazioni. Discorsi politici si mischiarono agli insegnamenti dei vecchi, che mi ripresero per come avevo rinunciato al dominio della mia mente per correre dietro alle emozioni. Non mi curai molto di quelle parole, ero più interessato a Jarvis e a sua moglie. Stavano forse per lasciarsi? No, non era credibile, non ora che aspettavano un altro bambino. Non sapevo per che cosa stessero bisticciando, ma avevo la strana, assurda, sensazione che fossi io la causa di quel loro litigio. Per tutta la notte sentii lo sguardo preoccupato di Jarvis su di me.
Mi convinsi di avere ragione: doveva avere qualcosa d’importante da dirmi.

***

Mirzam Sherton
Londra - sab. 9 gennaio 1971

Daily Prophet
Edizione speciale del 4 gennaio 1971

CAOS AL MINISTERO
 

SI È DIMESSO IL MINISTRO GARRETT

INDETTE NUOVE ELEZIONI PER LA FINE DI GENNAIO


Il Ministro Tobias Garrett, eletto appena pochi mesi fa, ha annunciato ieri sera le proprie dimissioni per non meglio precisati motivi di salute. Garrett, 67 anni, impegnato dal momento della sua elezione in una serie di urgenti riforme, ha colto alla sprovvista il suo staff e tutto il mondo magico con il suo annuncio. Il tanto atteso riordino della giustizia e le ormai necessarie modifiche degli statuti sono ora nuovamente a rischio. Molti si chiedono quale sia la vera ragione di questa decisione improvvisa: già nei giorni scorsi l’inaspettata rinuncia ai numerosi impegni per la chiusura dell’anno, aveva dato adito a voci e sospetti. Dal momento della sua elezione, Garrett è stato oggetto di numerose minacce di morte e per questo tenuto sotto continua protezione da parte delle migliori squadre Aurors del Dipartimento guidato da Barthemius Crouch. Voci ben informate dicono che però, stavolta, abbia giocato un ruolo decisivo il timore per le sorti di alcuni suoi parenti prossimi. In particolare, pare che... (Pagg 2-3 e seguenti)

    “Dimmi, tuo fratello o i tuoi amici Black ti hanno raccontato niente, Sherton?”

Richiusi quella copia del “Daily Prophet” vecchia di qualche giorno e l’abbandonai sul tavolo: eravamo a Londra, Rodolphus mi aveva invitato nel suo “appartamento da scapolo” per goderci insieme una ricca colazione. L’ottima riuscita della missione di Hogmanay l’aveva messo di buon umore tanto che, dopo settimane di ostruzionismo, era tornato a comportarsi quasi normalmente con me e a rivolgermi la parola: quel giorno per esempio mi aveva invitato a seguirlo per trattare un importante affare alla Gringott, e per invogliarmi, aveva solleticato la mia curiosità, promettendomi novità. Quel clima gioviale si era però rapidamente deteriorato, appena avevamo iniziato a trattare l’argomento Garrett e Rodolphus mi aveva confessato i retroscena dell’impresa. Non avevo capito nulla del suo piano, avevo immaginato un attacco frontale al Ministro, invece la famigerata nuova idea di Lestrange era stata quella di mandare un terrificante avvertimento a Garrett: i nipoti di sua sorella Rosemary erano stati tenuti in ostaggio per due giorni a Little Hangleton, ed erano stati liberati solo quando il Ministro aveva consegnato la lettera di dimissioni. Rodolphus aveva ragione, non era un’impresa adatta a me, se avessi saputo che avrebbe coinvolto dei bambini, avrei mandato a monte i suoi piani. Dovevo avere stampato in faccia tutto il mio disgusto e, con orrore, lo vidi compiacersi per ciò che provavo nei suoi confronti. L’avevo visto uccidere, certo, sapevo quanto fosse feroce, ma avevo sempre trovato qualche giustificazione nelle sue azioni. Stavolta, invece… Nonostante l’evidenza, mi ero illuso che Rodolphus non avesse la stessa sete di sangue di tutti gli altri, che fosse simile a me, che agisse solo su chi aveva qualcosa da scontare. Ora, però, non potevo più negare la verità: per Milord, avrebbe fatto qualsiasi cosa, avrebbe ucciso chiunque, anche senza una ragione, nel più crudele dei modi. L’idea di rapire dei bambini era stata sua. Non gli era stata imposta da Milord. Era stata un’idea sua. Mi sconvolgeva la tranquillità con cui esponeva la sua teoria: quello sarebbe diventato il nuovo corso dell’azione di Milord, più terribile e molto più efficace degli attentati e della corruzione. Se pochi avevano segreti inconfessabili per i quali essere ricattati, quasi tutti avevano amici e parenti da difendere a qualsiasi costo. E il dipartimento Aurors non poteva estendere la propria protezione su tutti i parenti del Ministro e di altri membri fondamentali della nostra società. Non poteva proteggere ogni singolo Mago o Strega, chiunque poteva essere avvicinato e costretto a seguire Milord con quel genere di minacce. Tremai. Se quello fosse diventato il nuovo metodo di Milord, nessuno sarebbe stato capace di sottrarsi. Nemmeno uomini forti e potenti come mio padre.

    “Allora? Mi ascolti Sherton? Ti ha detto nulla tuo fratello?”
    “Scusami ero… sovrappensiero. A cosa ti riferisci? Rigel è tornato a Hogwarts con Basty, lo sai.”
    “Mio fratello non è amico di Narcissa Black. Non quanto il tuo, almeno…”
    “E questo cosa c’entra?”
    “Ti chiedo se sai nulla di Andromeda Black: secondo Rabastan, suo padre l’ha ritirata da scuola. Meda è ripartita con gli altri, dopo le vacanze di Natale, ma non ha mai varcato i cancelli di Hogwarts. Non si sa cosa sia accaduto sul treno, forse non si è sentita bene, ma qualcuno se ne sarebbe dovuto accorgere, invece niente. Si dice che Narcissa abbia mandato un gufo dall’Espresso e che a Hogsmeade ci fosse un Medimago che l’avrebbe fatta ricoverare: le sue condizioni sarebbero gravi, salterà persino l’anno. Alcuni, però, parlano già di uno scandalo… bello grosso…”
    “Uno scandalo? Ma quale scandalo? So per certo che Meda era già indisposta durante le feste, avranno sottovalutato la situazione e ora la staranno curando adeguatamente al San Mungo… Io non capisco perché si debba sempre parlar male delle persone per bene!”
    “Beh, quello che dici è compatibile con la teoria secondo cui qualcuno l’avrebbe messa in uno stato che, entro maggio, diventerà… molto grosso e scandaloso!”

Rodolphus scoppiò a ridere, soffocandosi quasi, mentre ipotizzava altri dettagli osceni sulla presunta gravidanza di Andromeda. Io ebbi non poche difficoltà a mascherare le mie emozioni, a tenere ferma la mano, e alta e chiara la voce.

    “Smettila, Lestrange! Meda non è quel genere di ragazza! Pulisciti la bocca quando parli di lei!”
    “La Santa Andromeda e il suo Illuso Scudiero… Apri gli occhi Sherton, non credo tu la conosca bene quanto dici: ammetto però che questa storia e le voci di corridoio puzzano anche a me. Molto. Nemmeno io credo sia davvero incinta. In ogni bugia, però, c’è un fondo di verità e forse, a Cygnus, conviene che circoli questa versione, piuttosto che ammettere come stanno veramente le cose…”
    “E sentiamo, tu che conosci il mondo: cosa potrebbe esserci di peggiore di una bugia simile, per una ragazza come Andromeda e per una famiglia come i Black?”
    “La verità, Sherton. Perché stavolta la verità si riduce a una singola, oscena parola. Sanguesporco.”
    “Ma smettila! Cosa c’entrerebbero adesso i Sanguesporco con Meda? Tu vaneggi, Lestrange!”
    “Sono serio, invece, molto serio: si sussurra da tempo che Meda abbia un’amicizia scomoda con un Sanguesporco di Tassorosso; e come hai detto anche tu, di recente non si è vista a nessuna festa, forse indisposta, forse segregata; è partita ma non è mai arrivata a Hogwarts; e voci ufficiali dicono che non tornerà. Se combino questi fatti - non dicerie, fatti - ottengo un’unica verità: “Fuga”. Per me, appena si è allontanata da Black Manor, il Sanguesporco l’ha aiutata a scappare da casa. E quale occasione migliore della confusione di Hogsmeade per eludere il controllo della propria famiglia?”

Rodolphus sorrise, compiaciuto del mio turbamento, io finsi tutta la sorpresa di cui fossi capace. In realtà sapevo già tutto, fin troppo bene: Cissa, contando sulla mia discrezione, mi aveva spedito un gufo appena si era resa conto della tragedia, sperando che la ritrovassi prima che la notizia si diffondesse. Ed io, che dopo Yule ero riuscito a scoprire dove vivessero i Tonks, ero subito partito per Leeds e avevo passato gli ultimi giorni a cercarla. Invano. Usando le mie conoscenze sui babbani, ero riuscito ad avvicinare i genitori di Ted, facendomi passare per un suo collega e con tutta la calma e la gentilezza che conoscevo, avevo tentato di estorcere loro delle informazioni, ma non c’era stato niente da fare, non sapevano niente. Avevo provato a spiarli, a spiare i loro amici, i loro vicini, avevo pagato persone fidate perché continuassero a sorvegliare la zona, ma Meda e Ted erano spariti nel nulla. Avevo capito troppo tardi che non si erano rifugiati tra i babbani, ma avevano ottenuto aiuto da un Mago. I sospetti di Cissa su suo zio Alphard divennero di colpo realistici anche per me, ero perciò andato a fargli visita, ma ormai era passato troppo tempo: se anche li avesse aiutati lui, aveva avuto tutto il tempo per cancellare alla perfezione le tracce della loro fuga e del suo tradimento. Avevo scritto a Cissa, proprio quella mattina, mi aveva confermato che nemmeno suo padre era riuscito a trovarla. E ora la sciagura si avvicinava a grandi passi: se Meda non avesse dato cenno di ravvedimento e non fosse tornata a casa al più presto per affrontare la giusta punizione, prima che le chiacchiere e i sospetti si fossero trasformati in certezze, nessuno avrebbe più potuto fare qualcosa per lei. Sarebbe stata disconosciuta, diseredata, cancellata dall’arazzo dei Black e trattata da traditrice del Sangue Puro. E, da quel momento, chiunque fosse stato scoperto ad aiutarla sarebbe stato bollato a sua volta come traditore.
Mi sentivo responsabile, avevo abbandonato Meda al suo destino nel momento in cui era più fragile: non avrei dovuto affrontare Ted in quel modo, e soprattutto non dovevo dire a Meda le stupidaggini che le avevo detto. L’avevo umiliata, l’avevo giudicata, l’avevo fatta sentire indegna di me e della mia amicizia, solo perché il mio stramaledetto orgoglio non mi aveva fatto ammettere con lei la verità sui miei sentimenti, nemmeno nel momento decisivo. Quando ero stato messo di fronte al fatto che lei mi preferiva un mezzobabbano, invece di farle capire con le buone che era vittima di un’illusione, mi ero fatto travolgere dalla rabbia, avevo perso il controllo e avevo mollato, come se non valesse più la pena fare di tutto per lei. Quando avevo recuperato un minimo di ragionevolezza, le avevo scritto, per tutta l’estate, ma era troppo tardi: Andromeda mi aveva rispedito tutte le lettere senza nemmeno aprirle, mi aveva rimandato i regali che le avevo fatto nel corso degli anni, persino il codice per capire il libro di pozioni e i libri di poesie, anche quello che Sile aveva donato a me ed io a lei. Forse sarei dovuto andare a Manchester, affrontarla di persona, ma mi era mancato il coraggio di guardare di nuovo in faccia la realtà. Avevo rovinato tutto. Tutto.

    “Sarebbe uno scandalo di proporzioni bibliche: non sarebbe la prima volta che un Black perde la ragione, certo, ma… Non fanno che ripetere che sono “Toujours pur”, credono di stare un gradino sopra a tutti gli altri! Immagina la faccia di Pollux Black! Se non schiatta stavolta… E suo padre? Salazar! Cygnus ha sempre partecipato alle cacce al babbano, non c’è nessuno abile e spietato come lui, con la feccia! E ora la figlia gli sfornerà nipotini mezzosangue! Ahahahah!”

La mano si contrasse in un pugno, le dita si serrarono così forte da far sbiancare le nocche e affondare le unghie nella carne. Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene. Non era il discorso della purezza del Sangue a turbarmi. No. Era la consapevolezza che i sentimenti che per anni avevo coltivato in me non si sarebbero mai tramutati in vita. Che i figli mezzosangue di Meda, come quelli purosangue di Sile, sarebbero stati l’espressione di un amore più forte del mio e il chiaro simbolo dei miei fallimenti. Avrei voluto maledire Sile per non essere tornata da me, avrei voluto odiare Andromeda per avermi preferito addirittura un mezzobabbano, avrei voluto avere il coraggio di uccidere Tonks e Corso solo per aver osato alzare gli occhi su di loro, ma l’unico a meritare quell’odio ero io stesso. Meritavo le mie maledizioni, per le mie insicurezze, le mie indecisioni, la mia vigliaccheria. Per la mia stupidità. Meda, con quel suo gesto agli occhi di tutti blasfemo, aveva in realtà mostrato cosa conta nella vita: per amore, per il vero amore, si è capaci di tutto, di rinunciare a tutto. Io, al contrario, io avevo sempre avuto paura. Di tutto.

    “È strano però che tu non sappia dirmi niente, va bene che di queste cose non si parla volentieri in giro, ma tu e Bellatrix siete così amici… Stranamente amici, da un po’ di tempo a questa parte.”

Mi ripresi dai miei pensieri e lo fissai, ancora stranito: mi guardava beffardo, una nota sadicamente compiaciuta nell’espressione, come al solito irridente. Senza accorgermene, le mie mani erano ritornate nervose sul Daily, l’avevano riaperto e ora ci tamburellavo sopra distrattamente.

    “Scusa ma non ti seguo.”
    “Nessuno l’ha più sentita urlarti contro i peggiori anatemi del mondo magico, nessun insulto, nessuna ironia. Quel giorno, a casa tua, poi c’era un clima… Non lo so: non ho mai visto Bella così giocosa e felice, è cambiata molto, soprattutto con te. Non lo trovi strano?”
    “Per me è la solita rompipalle, Rodolphus! Quanto al suo comportamento con me, forse lavorando insieme, ha imparato a contenersi: vuole arrivare a Milord e sarebbe capace di tutto per riuscirci!”
    “Già, sarà per questo. Ti ho chiesto di vederci, oggi, perché voglio appunto parlarti di lei: d’ora in poi, me ne occuperò io. Stavolta hai impiegato troppo tempo per darmi una valutazione obiettiva.”
    “Troppo tempo? Sei stato tu a chiedermi di controllarla perché è troppo imprevedibile! Per me era pronta dall’inizio! Comunque, se vuoi occupartene tu, nessun problema, anzi, te ne sarò grato, perché con il Quidditch, Bella è diventata un impegno troppo gravoso per me!”
    “Un impegno gravoso? Dai! Credevo ti divertissi con lei!”
    “Abbiamo un’idea molto diversa di divertimento, Lestrange: io mi diverto solo con il Quidditch.”
    “Ammetterai però che il Quidditch non è rilassante quanto una bella donna, dopo una missione impegnativa! Hai ragione, però, ti ho chiesto io di passare tanto tempo con lei e tu hai fatto un ottimo lavoro. Tanto che mi dispiacerà molto non poterne approfittare, alla fine...”
    “Che cosa vorresti dire?”
    “Ti avevo promesso novità, ricordi? Mi raccomando, tu non dirle nulla: non intendo più parlare di lei con Milord. No, non fare quella faccia, ho riflettuto e ho deciso di chiedere subito a Cygnus la sua mano. E non è certo per mandarla a combattere che voglio sposarla! Se la storia di Meda è vera, come immagino, questo è il momento giusto: suo padre non ha motivo di negarmela e ora non farà storie nemmeno lei, perché appena si saprà di sua sorella, spariranno tutti i pretendenti slytherin e purosangue che ha! Prima di espormi, però, devo assicurarmi che non ci saranno sorprese.”

Piegai il Daily, spianandolo per bene sul tavolo, e lo lasciai lì, definitivamente. Poi alzai gli occhi su di lui e iniziai a fissarlo; Rodolphus, a sua volta, puntava uno sguardo fiero e deciso su di me.

    “Se non le darai ciò che vuole, Rodolphus, l’accesso alla cerchia di Milord, nessuno può garantirti che non avrai sorprese: Bella è una donna instabile, lo sai, cui non interessa sposarsi.”
    “Non è di lei che mi preoccupo: con la giusta pressione di un marito e di un padre, la donna mette la testa a posto, e per quanto speciale, Bella è solo una donna. Quello da cui non voglio scherzi sei tu!”
    “Io? E che cosa c’entro io? Se vuoi la mia benedizione, te la do senza problemi, anche se sai come la penso: se solo aprissi gli occhi, ne troveresti molte più gentili, delicate e adatte alla famiglia.”
    “Non m’interessano la tua benedizione o la tua opinione, Sherton. So che potrei fare come molti, accontentarmi di prenderla come trofeo, per il suo nome e il suo sangue, chiudendo un occhio sui suoi difetti e divertendomi altrove. Ci son tante famiglie che vivono così e di sicuro lo farò anch’io, ma non adesso: io sono un Lestrange, ho anche delle responsabilità verso la mia famiglia. Per questo, non posso permettermi… interferenze… o Maghi del Nord imboscati nel Norfolk…”

Ci misi un po’ a capire il senso di quelle parole ridicole e, quando mi fu chiaro, scoppiai a ridere, rimediando un’occhiata di fuoco: era assurdo che un uomo privo di morale e vergogna come Rodolphus diventasse così cauto parlando delle eventuali corna che temeva di ricevere da Bellatrix. E ancora più incredibile era che s’illudesse di trovare in lei una donna disposta a piegarsi, per paura di un padre o di un marito. Con la sua ingenuità, Rodolphus dimostrava quanto già fosse in sua balia, senza averla ancora mai nemmeno baciata.

    “Non so se fa più ridere pensare a Bella come a una donnetta qualsiasi o ai Maghi del Nord imboscati nel Norfolk. Salazar! Ma come ti vengono in mente, Rodolphus? L’alcool ti fa male…”
    “Basta cazzate, Sherton, non fare finta di non capire! Sai benissimo di cosa sto parlando!”
    “No, Rodolphus, mi spiace, ma non ne ho idea: non ci sono Maghi del Nord nel Norfolk da quando Salazar Slytherin ha lasciato quelle paludi per raggiungere la Scozia. E per quanto ne sappia, non c’è motivo per cui la Confraternita dovrebbe venire a bussare alla tua porta. Perciò dimmi chiaramente cosa vuoi da me, o i tuoi contorti giri di parole mi faranno venire il mal di testa…”
    “D’accordo! Mettiamo le carte in tavola! So che hai una tresca con lei! Voglio sapere la verità, voglio sapere quanto è seria questa storia! Non permetterò a nessuno di restare nascosto nel buio a insidiare il mio letto, nemmeno a te, Sherton: se credi di poterti divertire alle mie spalle, mentre io mi sputtano davanti a tutti come uno stupido, ti sbagli di grosso! Ho già ucciso per molto meno!”
    “Stai scherzando? Una tresca? Io? Con Bella Black? Tu non sei ubriaco, Lestrange, tu sei pazzo!”
    “E tu sei da sempre un pessimo bugiardo, Sherton, perciò non farmi perdere tempo: vi hanno visto a Nocturne Alley, e vi ho visto io con i miei occhi a casa tua: so che da mesi c’è qualcosa tra voi!”
    “Lo sai meglio di me, cosa c’è “da mesi” tra noi! Lo sai meglio di me, per volontà di chi l’ho frequentata: è a te che ho inviato resoconti su resoconti per mesi, e tu hai sempre risposto “Non mi fido ancora”. Ci lavoro insieme e ci devo uscire insieme, è vero: me l’hai fatto fare tu, ricordi?”
    “E mi credi tanto stupido da non aver capito che non vi frequentate solo per interesse di Milord?”
    “Se la metti così… Credi in ciò che vuoi, Rodolphus, le tue convinzioni non m’interessano. Ma se davvero temi di ritrovarti con figli che non siano tuoi, accetta un consiglio: invece di renderti ridicolo facendo il terzo grado a me, valuta meglio la donna con cui intendi dividere il tuo letto! Perché non mi pare che tu abbia ben capito chi è Bellatrix Black!”

Mi alzai, deciso ad andarmene, non volevo più saperne di Bella, ma mi sentii arpionare l’avambraccio con forza, mi trattenne e mi tirò giù, mi sbilanciai e a stento restai in piedi. Mi voltai: Rodolphus era rimasto seduto, immobile, gli unici indizi di vita erano un bagliore assassino nello sguardo e la vena che gli pulsava feroce al centro della fronte.

    “Litigare non cambia la realtà su Bella e se non sbaglio, tra meno di un’ora, hai un appuntamento importante alla Gringott. Non sei tu a dire sempre che occorre usare al meglio il proprio tempo?”
    “L’incontro alla Gringott è fissato per domani, per oggi il mio unico appuntamento sei tu: e tu non uscirai da qui, finché non avrò le risposte che cerco, dovessi ricorrere al Veritaserum per ottenerle!”
    “E quali sarebbero queste risposte? Vuoi sapere se ci sono andato a letto? Se anche fosse? Che differenza farebbe? Bellatrix non è una ragazza ingenua, sedotta con l’inganno da un mascalzone, né un’educanda col sogno di diventare una brava madre di famiglia. Dai tempi della scuola non si è tirata indietro mai. Con nessuno. Che cosa cambierebbe se nella sua lista ci fossi anch’io?”

Rodolphus sembrò meravigliato, forse si aspettava che negassi fino alla morte, invece ero rimasto sul vago, aperto a ogni interpretazione. Scoppiò a ridere: non era però una delle sue risate false, ma una di quelle più tristi e amare. Non smise di arpionarmi per il braccio, la sua presa si fece anzi più insistente, e il suo sguardo, ancora arrabbiato, adesso era più circospetto.

    “Già. Che cosa cambierebbe se ci fossi anche tu nella lista? Tu sei l’unico che lei abbia mai amato, oltre se stessa: non è poi così insignificante, come argomento, non trovi? E c’ero anch’io il giorno in cui sei andato da Burgin, per comprarle l’anello. Per questo, a costo di passare per un patetico sciocco, invece di ucciderti subito, così da non averti più tra i piedi, pretendo la verità su come stanno le cose. Voglio sapere da te, il mio presunto “migliore amico”, se ne sei ancora innamorato.”
    “Salazar, Lestrange, ancora con quell’anello! Sono passati secoli! L’ho già rivenduto da un pezzo!”
    “Sì, lo so. E voglio che tu sappia che l’ho ricomprato io.”
    “Tu cosa? Perché? No! Aspetta! Non voglio saperlo! Che cosa vuoi da me? Dimmi semplicemente che cosa vuoi! Vuoi sposarla? Sposala! Vuoi che non la veda più? Nessun problema! Non mi credi? Allora è inutile parlarne ancora, perché evidentemente non hai mai capito nulla di me!”
    “Ti ho chiesto se ne sei innamorato: non è difficile dire sì o no! E pretendo la verità!”
    “Io non l’ho mai amata e credo che, standole accanto, non ti sarà difficile capirne il motivo: Bellatrix è infida, meschina e crudele. Se ci tieni alla salute, dovresti starle alla larga, ma visto che sei così pazzo da volerti rovinare la vita per lei, non sarò certo io a impedirtelo!”
    “Se di lei non t’importa, se lei è orribile come dici, perché ti sei impegnato tanto per farla innamorare di te? Se è una ragazza facile come dici, non era necessario per portartela a letto!”
    “Che cosa avrei fatto io, Lestrange? Tu farnetichi! Ed io sono stanco di questa pagliacciata!”
    “L’unica pagliacciata qui è quella che hai messo in atto tu, Sherton! So che stai mentendo e voglio capire che cosa stai complottando! Ero a Rosier Manor, ieri sera, abbiamo festeggiato le dimissioni di Garrett: tra gli altri, c’erano Cygnus, sua moglie e Bellatrix. Lei mi ha avvicinato per chiedermi di te, per sapere che fine avessi fatto. Non l’ho mai vista comportarsi così. Mai. Non ha detto nulla di sconveniente, ma io sono molto attento ai particolari e ne ho scorti d’interessanti. E, conoscendoti, assolutamente verosimili. L’hai sempre riaccompagnata a casa, per assicurarti che non le accadesse nulla. L’hai curata amorevolmente quando è rimasta ferita, alcuni mesi fa. Perché? Perché, se la odi tanto! Abbi il coraggio di guardarmi negli occhi e ripetere che non la ami!”
    “Non nego nulla di tutto questo, ma non è come immagini. Ti è mai venuto in mente che potrei averlo fatto per te? Che pur odiandola, abbia cercato di proteggerla perché so cosa provi per lei?”
    “Certo , come no… il mio buon samaritano!”
    “Lestrange, se si è innamorata di me, a parte che non lo credo possibile, sono problemi suoi. Forse tuoi, non certo miei. È la verità: è già tanto che non le abbia fatto volontariamente del male! Se vuoi, posso bere tutta la tua scorta di Veritaserum, ma se ci pensi, non ti sarà difficile capire che sto dicendo la verità, anche senza magia. Lo dico a te, adesso e non lo ripeterò mai più: dopo Sile ho provato qualcosa per una sola donna, per una Black: per Andromeda Black. E se mi restasse ancora almeno una speranza, sarei già da Cygnus per chiedergli la sua mano. Ma non ho più speranze, e sai perché, Lestrange? Perché quella maledetta di sua sorella ha ingannato entrambi, rovinando tutto. Tu non hai idea di quanto io la odi! Di quanto avrei voluto che l’auror la uccidesse!”
    “Tu e Meda? Tu sei innamorato di Andromeda Black?”
    “Sì, Lestrange, dal mio ultimo anno a Hogwarts… Ricordi che feci di tutto per averla al matrimonio di Warrington? Vi siete sbagliati tutti, per me non era una semplice cotta…”
    “Salazar, è vero! Io… Credevo… ma perché non sei andato da Cygnus, allora?”
    “Ormai non ha più importanza, Lestrange, è una storia chiusa. E non voglio più parlarne. Se è davvero come credi, se Bellatrix è davvero interessata a me, sparire dalla sua vita come vuoi che faccia e negarle Milord la getterà nella disperazione. E sapere che sta soffrendo, ti assicuro, sarà per me una vendetta gradevole e pulita. Al tuo posto, approfitterei di quest’occasione: lei non sa che sei tu l’uomo di Milord cui ho sempre fatto rapporto, non sa ancora che sei il Mangiamorte più vicino a Milord. Potresti essere per lei il cavaliere dalla scintillante armatura che corre a salvarla dal dolore per il mio abbandono, le propone di sposarla e le mostra il marchio del Signore Oscuro, promettendole di condurla davvero sulla via di Milord, quella che io le ho assicurato e poi le ho negato. In questo modo, io avrò la mia vendetta, Rodolphus, e tu la donna che desideri.”
    “Sarebbe perfetto, per me, ma un errore fatale per te: se non vuoi che cerchi per tutta la vita di fartela pagare, dovresti chiarirti con lei e spiegarle che non dipende da te se non incontrerà Milord.”
    “È tutta la vita che mi perseguita, Rodolphus: cosa dovrebbe esserci di diverso stavolta?”
    “Potresti trovarti contro tutta la sua famiglia, e non solo loro! Durante le feste di Natale, Walburga ha lasciato intendere con tutti che fossi interessato a una delle figlie di Cygnus, a Bellatrix per la precisione: non credo che l’amicizia tra tuo padre e Orion possa salvarti dall’ira dei Black se sparissi senza una parola, soprattutto se son vere le storie su Meda. I Black non sopporterebbero un altro scandalo. E nemmeno mio padre. E nemmeno io. Se la compromettessi in questo modo, non potrei più sposarla. Ed io non posso permettertelo. Nemmeno per aiutarti a vendicarti!”
    “Hai ragione. Anche se meriterebbe quell’umiliazione, non posso coinvolgerti in una storia simile. Ti prometto che entro una settimana mio padre parlerà con Cygnus e le sue parole saranno inequivocabili. Invita tuo padre a insistere con Orion Black per sapere la verità: conosco il mio padrino, correrà subito da noi. E a quel punto, ci penserò io a fare, bene, la parte dello stupido!”

Rodolphus mi fissò, turbato, c’era ancora qualcosa che non gli tornava, ma non poteva immaginare cosa fosse; la parte di verità rimasta celata, d’altra parte, non era affar suo, era solo una questione tra Bella e me, una questione che non avrebbe dovuto conoscere mai o si sarebbe infranto quell’equilibrio traballante che ormai restava tra noi. Alla fine, diversa da quella che s’immaginava e che temeva di sentire, la “verità” gli dava sicurezza: per questo si era affrettato a credermi, senza insistere con le domande. Sarebbe stato destabilizzante anche per lui pensare di essersi sbagliato a fidarsi di me. Mi alzai e lo lasciai lì, ai suoi progetti, ora inaspettatamente prossimi a concretizzarsi. Mi smaterializzai, diretto da Stenton: il Quidditch avrebbe liberato la mia mente dalla sensazione di sporco che mi sentivo addosso. Dal senso di smarrimento e di solitudine. Di abbandono. Di fine. La battaglia era al termine, non avevo più niente, nemmeno la rabbia. Dovevo volare, provare il vento freddo sulla faccia, snebbiarmi la mente, per sentirmi ancora vivo. Non avrei più dovuto frequentare Bellatrix: era meraviglioso, per me, perché ormai mi era sempre più difficile starle accanto senza mostrare cosa provassi davvero per lei. Molto presto avrei goduto delle sue lacrime e soddisfatto la mia vendetta. E avrei finalmente chiuso una parte tanto importante quanto penosa della mia vita.

***

Mirzam Sherton
Amesbury, Wiltshire - mart. 12 gennaio 1971 (chap.4)

 
   “Allora, ragazzo mio… mi è giunta voce che sei interessato a una delle figlie di Cygnus, e se è vero, come tuo padrino, sarei ben lieto di favorirti presso mio cognato: non che ce ne sia bisogno nel tuo caso, ma... Io ho parlato chiaro, ora sta a te, è nel tuo interesse dire come stanno le cose, visto che tuo padre è così pazzo da lasciarvi liberi di decidere da soli!”

Orion Black era venuto a farci visita, quella sera, come m’immaginavo: il giorno dopo il mio chiarimento con Rodolphus, Roland Lestrange aveva pranzato per affari con lui, cercando di estorcergli informazioni sui miei veri progetti matrimoniali. A quel punto, Walburga doveva aver convinto il marito che era il momento di partire per Amesbury, in missione, così da mettermi spalle al muro di fronte a mio padre. Bella, intanto, continuava a spedirmi messaggi in cui la preoccupazione iniziale per me, lasciava via via il posto a toni sempre più esasperati e minacciosi: aveva urgente bisogno di parlarmi, io però non avevo più alcuna intenzione di affrontarla, di giustificarmi, di ascoltarla. A complicare il tutto, c’era il pensiero per la nuova misteriosa impresa che stava preparando Milord: mi aveva convocato per un lavoretto semplice, da fare nel Galles, nulla di sanguinario, pertanto perfetto per me. Dovevo rubare uno smeraldo a un antiquario. Ero sicuro che avesse pensato a me per un motivo ben preciso: voleva farmi arrivare un messaggio. Voleva farlo arrivare soprattutto a mio padre. Dovevamo sapere che lui conosceva di Herrengton, di Habarcat, delle Terre del Nord, molte più informazioni di quante ne conoscesse la maggior parte dei Maghi. E di certo molto più di quanto mio padre ed io ci aspettassimo da lui. La notizia mi mise in agitazione, pensavo che prima o poi avrebbe cercato il famigerato anello degli Sherton, che per i più era solo una leggenda, ma non mi aspettavo che avrebbe intrapreso quella strada tanto presto. Da quel momento mio padre avrebbe dovuto usare maggiore cautela nella sua ricerca e soprattutto avrebbe dovuto essere molto abile e fortunato, per riuscire a ritrovarlo per primo.

    “T’interessa una delle figlie di Cygnus? Oh Mir, è stupendo, è una famiglia perfetta per noi!”

Tornai presente alla discussione: anche mia madre stava facendo la sua parte, fingendo di non sapere di Meda, fingendo di non aver mai fatto con me una lunga discussione sui miei sentimenti, rassicurandomi che non era strano essere confusi quando si provano sentimenti tanto potenti. Anche per lei era stato difficile, all’inizio, riconoscere in mio padre, l’uomo della sua vita. Mi aveva parlato delle molte facce dell’amore e di come l’inesperienza spesso faccia scambiare per esso non solo il desiderio fisico, ma anche l’affetto profondo, la stima e il senso di protezione. Avrei dovuto parlare con lei molto prima di quello che provavo, perché mi avrebbe aiutato a capire quel mio mondo interiore, che non sembrava oscuro a lei tanto quanto lo era per me. Lanciai a Orion l’ennesima occhiataccia della serata, a lui non volevo dare spiegazioni, volevo solo costringere mio padre a una conversazione privata, che non avremmo gradito nessuno dei due. Mi alzai dal divano, ammutolito e fuggii per le scale con la rapidità di un fulmine, senza salutare nessuno, lasciandoli basiti a fare supposizioni sui miei comportamenti e i miei mutismi, sempre più frequenti e ostinati. Mi chiusi in camera, a riflettere: dovevo prepararmi a sostenere bene la parte di fronte a mio padre.

***

Mirzam Sherton
Amesbury, Wiltshire - dom. 17 gennaio 1971 (chap.15)

    “Dobbiamo parlare di questa storia: il tuo comportamento negli ultimi giorni è stato… Non capisco che cosa ti sia preso: Orion è di famiglia, d’accordo, ma… Ci hai ugualmente messo in imbarazzo!”
    “Mi dispiace, mi scuso conte, con la mamma… Manderò un dono a Orion per scusarmi della mia maleducazione anche con lui. Non intendo però parlare con te o con altri di faccende che sono solo mie. So che avete le migliori intenzioni del mondo ma, se ben ricordi, tu hai già fatto abbastanza danni in passato!”
    “Lo so, hai ragione, ma stavolta è diverso. Ti prometto che non m’intrometterò, ma devo capire cosa sta succedendo: c’è qualcosa di vero nelle parole di Orion o si tratta di un’altra assurda invenzione di quell’arpia di sua moglie? Tu sei ormai grande a sufficienza per saperti destreggiare, credo, ma devo ricordarti che quello che fai può ripercuotersi su tutti noi, soprattutto sui tuoi fratelli, soprattutto su Meissa! Non scordarlo. Perciò rispondimi sinceramente: sei innamorato di una delle figlie di Cygnus?”
    “Anche se fosse, si tratta di una storia senza importanza e, soprattutto, senza futuro.”
    “In che senso senza futuro? Spero che tu non ti riferisca ancora a Sile Kelly! Non vedo Donovan da mesi, so che ha lasciato Doire per una ricerca in Catalogna, ma se tutto è andato secondo programmi, quella ragazza ormai dovrebbe si è sposata con quel suo maledetto francese! Hai già pagato un prezzo altissimo per questa storia! Volta pagina! Hai venti anni, non puoi rovinare la tua vita per un sogno da ragazzino! Scusami, davvero, scusami…”
    “Sile è un capitolo chiuso, non ti preoccupare, lei non c’entra. Nemmeno le figlie di Cygnus, però, sono adatte a me: Bellatrix, lo sai già, ha una visione del mondo che non coincide con la mia, Narcissa è poco più di una bambina, viziata e petulante… Non so cos’altro aggiungere…”
    “Non hai citato Meda: lei che cos’ha che non va? Nulla mi pare!”
    “No, lei non ha nulla: Meda è… perfetta…”

Non riuscii a evitare il tono di profonda amarezza che incrinò la mia voce, non altrettanto bene di quando avevo mentito dicendo di non pensare più a Sile. Ma l’amarezza che velava le mie parole si nutriva di un dolore diverso: se era con rimpianto che pensavo a Sile, non riuscivo a pensare a Meda senza sentirmi in colpa. Mio padre mi guardò a fondo, vidi l’espressione burbera aprirsi in un sorriso radioso, era da tempo che non sorrideva così, da quando gli avevo detto la prima volta che ero interessato a una ragazza e lui mi aveva dato, un po’ titubante le chiavi di Essex Street. Come avevo immaginato, Orion non gli aveva detto la verità, ne ero sicuro: per non danneggiare l’immagine della famiglia e per non mettere a repentaglio le sorti delle tre sorelle e di tutto il casato, non avrebbe confidato, nemmeno sotto tortura, nemmeno a mio padre, cosa stava realmente accadendo a casa di Cygnus a causa di Meda. Almeno finché ci fosse stata ancora qualche speranza di bilanciare quella vergogna sacrificando Bellatrix in un ricco e prestigioso matrimonio.

    “Esattamente: Meda è perfetta… A dire il vero, è da parecchio che non la vedo, ma fin da piccola Andromeda è sempre stata molto affascinante e soprattutto senza i grilli per la testa di sua sorella. Non posso che essere felice della tua scelta, Mirzam, davvero. Andrò a parlare con suo padre oggi stesso, se vuoi, non ci sono problemi.”
    “A dire il vero, io credo che un problema ci sia...”
    “Un problema? Di che genere? Non credo che Cygnus possa lamentarsi della proposta che vorresti fargli. Hai forse motivo di credere che Meda non sarebbe d’accordo? È già interessata a qualcun altro? Magari è solo timida: vi conoscete da una vita, frequentandovi di nuovo come un tempo, non ti sarà difficile farti apprezzare per come sei… Andavate molto d’accordo fino a pochi anni fa.”
    “Io credo sia meglio non correre, non esporsi, prima di aver… fatto luce su alcuni dettagli…”
    “Spiegati. Di cosa stai parlando?”
    “Giorni fa Rigel mi ha scritto che ci sono strane voci a scuola. Anche Rodolphus dice che… Credo che abbia notato anche tu che Meda non è venuta qua ad Amesbury per la festa di Wezen, insieme agli altri Black. Non so, di preciso, cosa stia succedendo, ma forse, non si tratta solo di voci…”
    “Di grazia, mi spieghi cosa vorresti dire? Lo sai che non amo i pettegolezzi e non m’interessa approfondire queste cose, ma la situazione cambia radicalmente se di mezzo ci sei tu! Se poi ti riferisci al fatto che Meda si è sentita male e Cygnus l’ha dovuta ritirare da scuola, l’ho saputo anch’io. Orion me ne ha parlato l’altro giorno a Grimmauld Place (capitolo angelo e demone 8), ha detto che hanno temuto fosse una forma grave di Vaiolo di Drago, ma per fortuna pare abbia preso la forma più leggera, perciò non vedo cosa ci sia da preoccuparsi: Meda è giovane, forte, ben curata, non ci saranno conseguenze di alcun genere! Mi stupisco piuttosto che tu sia fuggito via come un selvaggio, invece di approfittare della presenza di Orion per informarti di persona sulle sue condizioni: è il minimo che avresti dovuto fare, se è vero che ci tieni tanto a lei!”
    “Non credo si tratti di questo, credo che i Black stiano mentendo su Meda: alcuni dicono che Meda abbia fatto amicizia con un natobabbano. Persino Bellatrix lo dice…”
    “Mirzam… per favore: tu sei mio figlio, non sei il figlio di Lestrange o di Black, mi pare di averti già insegnato la differenza tra amicizia, che per noi è sempre lecita, e gli altri rapporti, che invece sono leciti solo con determinate famiglie... non metterai in discussione i tuoi sentimenti per lei per un’amicizia di scuola?”
    “Io credo sia qualcosa di più di un’amicizia lecita…”

Mio padre parve raggelarsi di colpo: sapevo quanto fosse più indulgente di tutti gli altri Serpeverde, e di come la sua propensione a conoscere e apprezzare il meglio del mondo babbano lo rendesse una rarità nel nostro ambiente, al limite dell’eresia, ma non ci voleva poi molto a vedere come i tabù fondamentali dei Maghi Purosangue fossero incisi profondamente nel suo cuore. E Meda aveva infranto appunto il più sacro di quei tabù. Non si poteva mischiare il sangue puro con quello che puro non era. Le conseguenze sarebbero state terribili, bastava vedere che vita miserabile conduceva la sua vecchia amica d’infanzia, Eileen Prince, per aver voluto sprecare la propria vita con un babbano. O quanto fosse costato a Orion quel famigerato errore di gioventù. Secondo mio padre, però, non era necessario punire chi commetteva certe follie: era la vita stessa, infatti, a insegnare loro, nel più crudele dei modi, che gli errori si pagano sempre. E senza sconti.

    “Se lo ritieni possibile, non so a cosa serva questa conversazione: perché continui a curarti di lei se pensi sia interessata o peggio, si sia già compromessa con un nato Babbano? La questione è chiusa, a questo punto, non credi?”
    “Volevi sapere la verità, no? Ora la sai!Io penso a lei dalla fine della scuola, non solo perché è così bella, ma perché non è un’ idiota come la maggior parte delle altre ragazze che ho conosciuto…”
    “Non è comunque un motivo sufficiente per impelagarsi in una situazione dubbia! Tra l’altro hai appena vent’anni e non è urgente programmare un tuo matrimonio: hai tutto il tempo per trovarti una ragazza migliore di lei, adatta a te. Salazar! Ora inizio a capire perché Walburga ci tenesse tanto a incastrarti con Bellatrix! Voleva sfruttare il nostro nome per mascherare uno scandalo… Lurida...”
    “Siete voi che avete parlato di matrimonio, io non ho fatto né detto niente! Tu non capisci, io…”
    “Hai ragione, io non capisco: se sapevi tutto questo, non capisco perché tu non sia rimasto l’altra sera con noi e non abbia detto subito, chiaramente, a Orion che questi discorsi son solo chiacchiere senza fondamento. Questa faccenda è chiaramente chiusa, Mirzam: come mi dispiacerebbe avere quella pazza di Bellatrix in giro per casa, non potrei star tranquillo con una ragazza discutibile come Meda! Lo sai vero, che se Cygnus ti sapesse interessato a lei, a costo di doverla incatenarla mani e piedi, te la rifilerebbe bella e infiocchettata! Così poi sarebbero solo affari nostri evitare uno scandalo! So che non mi devo impicciare, ma… ho anche i tuoi fratelli da proteggere!”
    “Questo lo so… Infatti, io… Ormai è da un pezzo che sto pensando di metterci una pietra sopra, ma prima devo sapere la verità, lo capisci? Non posso vivere col dubbio che siano solo voci! E se non fosse vero? Se fossero stupide chiacchiere, io avrei rinunciato a lei per niente…”

Lo guardai, beveva del Whisky babbano con indolenza: dall’espressione che mi rivolse, capii di aver recitato bene, mi vedeva per ciò che mi sentivo. Un vigliacco, uno stupido una persona con le idee poco chiare, incapace di combattere con coraggio per realizzare i propri sogni.

    “Tu non hai rinunciato a niente, Mirzam: credevo che lo avessi imparato, visto quello che hai fatto per Sile! Credevo sapessi cos’è l’amore. Quello vero. Se quello che provi per Meda fosse amore, a quest’ora mi avresti atterrato con un pugno per gli insulti che le ho rivolto, infischiandotene delle conseguenze; se fosse davvero amore, non te ne importerebbe niente del sangue, delle chiacchiere, della terra cui dovresti rinunciare per lei;assolutamente niente! Non staresti qui a struggerti per sapere la verità, ma saresti già alla sua porta, e lo chiederesti a lei, a qualunque costo, guardandola negli occhi, fregandotene dei pettegolezzi e di tutto quello che ne deriverebbe….”
    “Evidentemente… Io non sono te… E mai lo sarò!”

Lo guardai, ci scambiammo un’occhiata strana, per un attimo pensai che avesse intuito.

    “Sì, purtroppo me ne sto rendendo conto, anche se, a volte, pur partendo da strade diverse tra loro, si finisce col percorrere la stessa rotta. Andrò da Cygnus, voglio chiarire questa storia, questo genere di equivoci non fa bene a nessuno. Gli dirò che non sei interessato a Bella, ma a Meda e se la versione di Orion corrisponde a verità, appena si sarà rimessa, parleremo seriamente della proposta che intendi fargli per lei. Spero di riportarti buone notizie da Manchester: lei sarebbe perfetta, non perché si tratta di una Black, ma perché forse, con il suo animo gentile, potrebbe essere capace di guarirti da questa tristezza e da questa delusione che stanno appannando il tuo spirito…”
    “Non devi preoccuparti per me, ma ti ringrazio e ti prometto che... ”
    “Prima di partire, però… se quello che sospetti su di lei fosse vero, la mia visita a Cygnus potrebbe velocizzare le decisioni dei Black nei suoi confronti… e, conoscendoli, posso assicurarti che di fronte a uno scandalo simile, non sarebbero clementi con nessuno, non lo saranno nemmeno con lei…”
    “Meda è l’unica persona che conosco, oltre a te e alla mamma, che sa per cosa valga davvero la pena combattere. Di sicuro, molto più di me e della maggior parte del mondo magico. Se davvero ha fatto una scelta del genere, vuol dire che ha trovato qualcuno che, di là del sangue, deve essere perfetto come lei… qualcuno capace di… difenderla, molto meglio di… me… di amarla più… ”

Mi abbracciò ed io mi abbandonai a quell’abbraccio, con la disperazione di un naufrago in mezzo alla tempesta. Per mia fortuna, rimase in silenzio, come me, senza rivolgermi altre domande. Poco dopo, salì nelle sue stanze per cambiarsi, preparò un dono da portare a Cygnus e partì per Manchester, con la Metropolvere che tanto odiava.

***

Mirzam Sherton
12, Grimmauld Place, Londra - sab. 23 gennaio 1971 (chap.7)

Meno di una settimana più tardi ci presentammo a Grimmauld Place per il compleanno di Regulus, il figlio minore di Orion: una festa magnifica, sfarzosa come poteva esserlo solo un evento organizzato dai Black. Nell’aria si sentiva però aleggiare già l’odore intenso della tragedia. Passai tutto il tempo a chiacchierare con Rodolphus, evitando Bellatrix che, dalle occhiate che lanciava a me e a mio padre, evidentemente aspettava il momento giusto per saltarmi alla gola e uccidermi. In effetti, non doveva essere stato piacevole per lei assistere all’arrivo inaspettato di Alshain Sherton, riempirsi di emozione e di speranza quando si era chiuso nello studio con suo padre, per trattare urgentemente argomenti importanti e personali, e sapere, poi, alla sua partenza, che la proposta di matrimonio degli Sherton riguardava non lei ma sua sorella Andromeda, la rinnegata. Cygnus, credendo si trattasse di una richiesta dovuta al nome e al sangue dei Black, a quel punto, aveva cercato di proporre per me, la sua figlia maggiore, così da ripagare in qualche modo gli Sherton della delusione dovuta a Meda, ma mio padre era stato categorico nel sostenere quanto Bella fosse inadatta al futuro erede di Hifrig, e che comunque, io non desideravo Andromeda in quanto Black, ovvero ricca, serpeverde e purosangue, ma perché ero innamorato di lei. La situazione era stata imbarazzante per tutti e continuava a esserlo, soprattutto perché, al contrario degli altri che parevano essersene fatti una ragione, anche grazie all’interesse dichiarato di Lestrange per Bella, Walburga non voleva rassegnarsi e faceva di tutto per non lasciarmi in pace. All’ennesimo tentativo dell’arpia di coinvolgermi nelle sue chiacchiere, cui mi ero sottratto imboscandomi nei discorsi di un branco di noiosissimi barbagianni, Lestrange era venuto a salvarmi, con un bicchiere di ottimo champagne elfico e la sua calorosa risata.

    “Se non ci fossi io a venirti a salvare! Rallegrati, manca poco ormai… Guarda mio padre: sta parlando proprio adesso con Cygnus, vogliamo firmare quanto prima quel dannato contratto!”
    “Davvero? Anche se domani tutti quanti sapranno ufficialmente di Meda? Non credevo che i Lestrange potessero passare sopra tanto facilmente a una macchia simile…”
    “Beh sai… il fatto è che… esiste un modo per cancellare certe macchie: so per certo che stasera ci sarà una piccola macchiolina in più nel famigerato arazzo dei Black. Sarà sufficiente disconoscerla per far vedere quanto sono lontani i Black dall’apprezzare certe scelte. Questo, però, sono fatti loro: quello che m’interessa è che quella macchia si tradurrà per me nella ricchissima proprietà dei Black a Lacock. Ho già fatto sapere che per pareggiare i conti, per rimediare al danno d’immagine che potrei subire, la voglio come dono personale di Pollux Black, a maggio, quando sposerò Bella.”
    “La proprietà di Lacock? Salazar! Ti rendi conto che la sacra famiglia dei Black ha avuto origine lì? Gli hai chiesto il sancta sanctorum… E visto quanto è incantevole quella tenuta, immagino quanto saranno furiose Druella e Narcissa: quel posto è il loro paradiso personale!”
    “E non saranno furiose solo loro, perché la proprietà passerà a me… solo a me… non a me e alla mia futura moglie… a me…”
    “Conoscendoti, immagino quali saranno le tue occupazioni in quel paradiso, lontano da tua moglie…”
    “Esattamente… prima sistemerò la questione dell’erede, prima potrò andarmi a godere un po’ di meritate vacanze… sei invitato fin da ora, Sherton!”

Rodolphus avvicinò il suo calice al mio per brindare, sornione, poi tutto allegro si allontanò, per andare a chiacchierare col suo futuro suocero. Cygnus ci aveva guardato per diversi minuti, mentre parlava con Roland Lestrange, m’illudevo che non mi odiasse quanto sua figlia e sua sorella, infondo se si fosse fatto due calcoli sarebbe rimasto soddisfatto, considerando quanto il prestigio dei Lestrange al Ministero e al Wizengamot fosse superiore a quello degli Sherton, soprattutto se fosse diventato Ministro della Magia Lodge. Come Rodolphus le si avvicinò, con modi stucchevolmente galanti, Bella mi fulminò con lo sguardo, io feci finta di non essermene accorto e ripresi a chiacchierare con altri ospiti; sapevo che per quel giorno, si sarebbe accontenta dell’unica soddisfazione che le avrebbe sicuramente offerto il destino: vedere il nome di sua sorella bruciato e cancellato dall’arazzo dei Black. Sapevo anche, però, che non le sarebbe bastato mai: avrebbe cercato per tutto il resto della sua vita di prendersi la sua vendetta anche nei miei confronti. Soprattutto appena avesse scoperto le verità che ancora celavo.


*continua*


NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, aggiunto a preferiti/seguiti, recensito...  L'immagine scelta (che notoriamente rappresenta Bella e Roddie, ma che io uso anche in chiave "diversa") è di LyraKristine.

Valeria


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