Capitolo
32
Attraccata
al pontile c’era la nave del capitano Borghero
così Barbara pensò che Robert, così
come faceva spesso, potesse essere andato a controllare il carico della
merce.
Pur aguzzando la vista però, non riusciva a scorgerlo sul
molo ed allora si
guardò intorno per vedere se fosse sulla spiaggia. Non era
neanche lì.
Cominciava a sentirsi scoraggiata quando si accorse che Thunder si era
avvicinato al calesse. Accarezzando il collo dell’animale con
il quale dopo
tanto tempo aveva preso confidenza, con la voce rotta
dall’angoscia gli
sussurrò piano, quasi aspettandosi assurdamente una risposta:
-
Dov’è, Thunder, dimmi, dov’è
il tuo padrone?
Aveva
voglia di piangere ma continuò a guardarsi intorno,
finché lo scorse seduto su
una duna altissima. Si avviò verso di lui con enorme
difficoltà perché c’era
molto da arrampicarsi ed il vestito lungo le impediva i passi. Quando
gli fu
abbastanza vicino, notò
la malinconia
sul suo viso e ne fu molto dispiaciuta. Si avvide che la stava
guardando
avvicinarsi, ma i suoi occhi erano
quasi
spenti, come se non vedessero la realtà che lo circondava,
ma un mondo buio e
lontano dal quale non riusciva a tornare indietro.
-
Robert – lo chiamò un po’ ansante quando
gli fu più vicino, però lui non le
rispose, continuando a guardarla come se nemmeno la vedesse.
Lo
raggiunse e gli si sedette accanto, senza parlare.
-
Se
non ti affretti ad andare a parlare con lui, il capitano Borghero
ripartirà –
le disse dopo un po’ con un tono di voce quasi distaccato.
-
Non
sono venuta per Borghero, sono qui
per
te.
-
Ho
capito, a quanto pare le notizie viaggiano in fretta. Chi te
l’ha detto?
-
Gaetano Spalice. È venuto poco fa a Villa Bianca
perché voleva dirti che tutto
il personale della miniera è con te ed è pronto a
manifestare contro
quest’infamia che ti sta facendo sir Paul. Ma come
può cacciarti dopo tutto ciò
che hai fatto per lui?
Contrariamente
alla moglie che era molto adirata, Robert si mantenne calmo.
-
Non
mi ha cacciato, mi ha solo detto che alla miniera di Ingurtosu due
direttori
sono un po’ troppi adesso che c’è anche
Leonard. E poi i genitori di Julie mi
hanno trovato un buon impiego nella direzione di una fabbrica a Londra.
Vorrebbero
farmi tornare lì in modo da potersi occupare anche loro di Charles. Desiderano che
il nipote cresca
in una grande e moderna città dove non appena si
farà più grande, potrà
frequentare a loro spese le migliori scuole ed avere altre prospettive
che non
qui, in un paesino sperduto della Sardegna. Insomma, proprio come
dicevi tu, se
ti ricordi. Secondo sir Paul dovrei accettare per il bene di mio
figlio.
-
Non
lo sa sir Paul che il tuo lavoro è questo? Accidenti, aveva
ragione Grazia, è
una vera carogna!
-
Non
dire così, chissà quante pressioni ha ricevuto
dalla sua famiglia prima di
prendere questa decisione. In fondo non posso pretendere di
più, si è già
troppo esposto per me. Poi Leonard ha ragione, io non sono proprio
adatto a
fare questo mestiere.
Barbara
si arrabbiò moltissimo.
-
Ah
no? E chi lo dice, un
incompetente che
fa succedere disastri non appena si avvicina ad una miniera?
Chiediamolo al
marchese Rodotà se sei adatto o no. Secondo me ti
accoglierebbe a braccia
aperte se solo tu gli chiedessi di lavorare per lui!
Nonostante
la difesa accorata della donna, il giovane non cambiò
atteggiamento e scuotendo
la testa malinconico, affermò:
-
Finirei per fare la stessa fine anche se lavorassi per un altro. Io non
appartengo alla razza padrona, sono e resterò sempre un
minatore. L’ho sempre
saputo, non è possibile stare con due piedi in una scarpa.
-
Non è
vero, tu sei bravo ed hai studiato tanto. Se però ti sei
stancato delle minere,
puoi rivolgerti a quel professore dell’Università
del Galles che ti voleva come
suo assistente.
Un
sorriso amaro increspò le labbra dell’uomo che
pareva solo osservare il mare in
tempesta.
-
Già,
in fondo ad un fallito come me può stare anche bene
inseguire le promesse
ricevute dieci anni fa da un tizio che forse neanche più si
ricorda chi sono! –
mormorò.
-
Insomma la vuoi smettere con questa storia del fallito? Ne abbiamo
già
discusso, proprio qui se non erro, e non vedo perché tu ti
debba considerare
tale.
Questa
volta Robert fissò lei con uno sguardo pieno di malinconia.
-
Tu
come lo chiami uno che alla mia età non ha più un
lavoro né una casa né una
famiglia?
-
Il
lavoro lo troverai ed anche la casa e poi mi dici perché non
hai una famiglia?
Noi chi siamo?
Scuotendo
ancora la testa, lui continuò:
-
Sarà
meglio per tutti voi se mi lasciate perdere. A Charles i nonni daranno
tutto quanto
gli spetta e crescerà senz’altro sereno anche
senza di me così come mia madre
starà di certo meglio con mia sorella. In quanto a te, te ne
andrai e cercherai
finalmente la tua strada.
Barbara
rabbrividì a quelle parole e con un soffio di voce gli
disse, guardando anche
lei il mare:
-
Ti
prego, non mortificarmi, non mi rinfacciare le assurdità che
ti ho detto
stamani in un momento di rabbia.
-
Non
era affatto assurdo ciò che hai detto, ti capisco, ti sei
stancata di tutto
questo.
-
Ed
invece lo è – gli rispose tornando a guardarlo
– Ti pare mai possibile che
lasci mio marito? E ti sembra mai possibile che io possa occuparmi dei
figli
degli altri e non delle mie creature?
-
Non
intendevo dire questo. Potrebbe sin d’ora esserci un uomo a
prendersi cura di
te e di Maria Neve e saprà farlo sicuramente meglio di
quanto non l’abbia mai
fatto io.
-
Davvero? E chi è, lo conosci? Non sei stato proprio tu a
dirmi ieri che gli
uomini se ne scappano a gambe levate davanti a me? Ah no, mio caro, tu
sei
stato l’unico a cascarci come uno stupido ed a sposarmi ed
ora, mi dispiace per
te, devi sopportarmi anche se sono una maledetta bisbetica!
Aveva
parlato sorridendo, quasi a fargli capire di non portargli alcun
rancore per le
cose spiacevoli che le aveva detto, ma il tono scherzoso e la sua
autoironia
non riuscirono a strappare a Robert, come aveva sperato, nessun
sorriso, anzi, lui
girò la testa dall’altro lato per non guardarla in
faccia mentre le diceva:
-
Ci ho
riflettuto, sai, e sono giunto alla conclusione che dopo quello che ti
ho detto
ieri era naturale che tu ti arrabbiassi. Mi sono comportato come un
vigliacco.
-
Non è
vero. Anche io ci ho riflettuto molto ed ho capito di essere stata io a
comportarmi male. La verità è che mi sono sentita
assai mortificata per la
figura ridicola che ho fatto sia con Sean Hopkins che con te e poi
… - la donna
esitò e, come se avesse cercato il coraggio di continuare,
cominciò a stringere
il crocifisso di corallo che portava al collo -
e poi ci sono rimasta male perché la tua
reazione non mi era parsa
quella di un uomo veramente innamorato. Perdonami, non avrei dovuto
farlo
perché, anche se fosse così, comunque ti sei
dimostrato buono e paziente con me
più di quanto io non meritassi.
Robert
si voltò di colpo a guardarla e finalmente trovò
la forza di aprirle l’animo.
Accorato, le disse senza fermarsi:
-
Invece
sono stato davvero un vigliacco perché ti ho mentito di
proposito per il
risentimento e la paura che tu potessi ripensarci. Non ho avuto il
coraggio di rivelarti
quanto fossi stato male all’idea di perderti e non ti ho nemmeno
raccontato la verità
riguardo a Sean. Quando venne da me, mi confessò di
considerare il tuo amore
come l’ultimo regalo riservatogli dalla vita e di desiderarti
moltissimo. Fui
io ad implorarlo di non portarti via da me e lui, un po’
perché fu impietosito
dai miei sentimenti, un po’ perché pensava che
nonostante tutto tu mi amassi ed
in seguito avresti potuto pentirti della tua scelta, decise di
andarsene per
non starti più accanto e non rischiare di cedere
all’enorme attrazione che provava
per te.
Si
fermò aspettando che lei dicesse qualcosa, ma
poiché lei sembrava ammutolita,
continuò, distogliendo di nuovo lo sguardo.
-
Scrivigli, digli che si era sbagliato, che lo ami davvero. Vedrai,
verrà a
prenderti e così sarai felice.
In
quel
momento un minatore bruno passò lì accanto e li
salutò, interrompendo il loro
discorso.
-
Ingegnere, ho qui i documenti del capitano Borghero. Cosa faccio, ve li
porto
lassù? – gli chiese da lontano e ad alta voce,
riparandosi gli occhi con la
mano dai raggi del sole calante.
-
No,
Toscani, portateli all’ingegner Farewell,
se ne occuperà lui d’ora in poi.
Lentamente
l’uomo ed i suoi compagni si allontanarono mentre la nave riprendeva il mare
sfidando le onde
impetuose. Oramai erano rimasti da soli sulla spiaggia e nessuno dei
due
parlava. La donna se ne stava tutta assorta a riflettere e nel
frattempo si
rigirava ancora tra le dita il piccolo crocifisso.
-
Finirai per consumarlo – le disse lui con un sorriso un
po’ triste,
indicandoglielo.
Anche
Barbara sorrise, dolcemente.
-
Lo
so, ma è il mio portafortuna. Me lo diede un pescatore di
corallo che adesso
non c’è più, è morto lo
stesso periodo in cui è finito Lino Sulis. Si chiamava
Gavino. Era solo un vecchio, ignorante pescatore eppure era una persona
così
sensibile e saggia da indurmi a confidargli anche le mie cose
più intime.
Quando gli parlai di te e dello strano patto che mi avevi proposto, mi
disse
che quando ci si sposa l’importante non è soltanto
amarsi, ma anche aver voglia
di darsi sostegno reciprocamente, di sentirsi responsabili nei
confronti dei
figli, di costruire qualcosa di solido che le difficoltà di
ogni giorno non
possano abbattere. Solo così, mi disse, si diventa davvero
una famiglia. Noi lo
siamo, non credi?
Robert
la guardò serio, poi girò ancora il viso
dall’altro lato per non lasciar
scorgere la sua enorme emozione.
-
Forse, ma a me non basta
– le rispose – non
sopporto di sapere che mi
stai accanto
solo perché siamo marito e moglie, magari continuando ad
amare un altro. Lo so,
è ciò che ti chiesi di fare quando ti proposi di
sposarmi lasciandomi essere
ancora innamorato di Julie, ma l’assurdità di un
tale proponimento ha fatto
soffrire me per primo, te l’assicuro.
Si
passò una mano sugli occhi in un gesto di scoraggiamento poi
proseguì, la voce
calda diventata quasi solo un sussurro.
-
Ho
bisogno di te, ma soprattutto ho bisogno che tu possa amarmi anche se
so di non
avere il diritto di chiedertelo né quello di impedirti di cercare altrove
la tua felicità.
Barbara
gli afferrò un braccio e cominciò a scuoterlo,
parlandogli con veemenza.
-
Smettila
di dire sciocchezze! Nella sua saggezza Sean aveva visto giusto ed io
stessa ho
capito da un pezzo che ciò
che provavo
per lui non era di certo amore. Io cercavo la tranquillità,
la protezione, la
libertà da tutti i miei timori, ma ora so che amare
è avere paura per il tuo
uomo, lottare con lui e per lui e perché no, fremere di
desiderio se soltanto
ti guarda in un certo modo o ti sfiora…
Non
concluse il discorso, ma gli prese la mano e se la portò al
viso premendola
sulla propria guancia con tenerezza infinita, poi alzò di
nuovo lo sguardo,
fissandolo dritto negli occhi.
-
Ma
cosa vogliamo di più Robert? Io e te abbiamo già
tutto quello che conta, forse
dobbiamo solo imparare a dirci quanto ci amiamo.
La
trepidazione con cui gli stava parlando la faceva vibrare tutta e sul
viso
arrossato, gli occhi splendevano come due ambre lucenti. Aveva paura di
dirglielo, ma oramai non ne poteva più fare a meno.
-
Io ti
amo tanto! Dimmi che anche tu mi ami, ti prego – gli chiese
infine, tremando.
Robert
non le rispose, in un impeto di gioia l’afferrò ed
abbracciandola forte,
cominciò a baciarle tutto il viso, gli occhi, le guance e
poi le cercò la bocca.
Senza fermarsi più, la costrinse a distendersi sulla sabbia
ancora calda di
sole, continuando a carezzarle il corpo, fremente di passione.
La
donna provò a schernirsi scherzosamente e ridendo gli
diceva, cercando di
frenarlo:
-
No,
non va bene, ingegnere, un po’ di controllo, un po’
di controllo…
Ma
lui non
poteva in alcun modo controllare l’impeto di un
amore che oramai avvertiva grande e ricambiato, aveva
bisogno di
possederla anche fisicamente per sentirla sua, per sentirsi suo. Questa
volta non
era un semplice impulso erotico a spingerlo, ma la necessità che muove un uomo ed una
donna a congiungersi
perché non sono più
due persone distinte
ma una sola anima, una sola carne. Non poteva lasciar passare quel
momento
magico ed irripetibile, doveva averla adesso, subito. Cercò
di sollevarle la
gonna ma ancora lei provò a fermarlo tirandola di nuovo
giù. Nella lotta
giocosa che ne seguì, rotolarono a lungo abbracciati
giù dalla duna nella
sabbia morbida. Quando finalmente si fermarono, scoppiarono a ridere
entrambi
ma poi si guardarono negli occhi e in quello sguardo ci furono mille,
silenziose parole d’amore. Niente e nessuno avrebbe potuto
fermare il loro
desiderio e d’altronde la spiaggia era deserta. Con dolcezza
infinita, Barbara
si abbandonò ai baci di Robert e mentre chiudeva gli occhi,
vide l’azzurro
dello sguardo innamorato del suo uomo brillare come il cielo sopra di
lei.
Tenendosi
teneramente avvinti nella beatitudine in cui erano sprofondati dopo il
sesso,
avrebbero voluto fermare il tempo tanto stavano bene. Purtroppo il sole
ormai
aveva tinto di porpora il cielo e benché fosse ancora
presto, le prime ombre
della sera cominciavano a calare nella corta giornata di ottobre.
Staccandosi a
fatica l’uno dall’altra si rialzarono e
cominciarono a rivestirsi ed a pulirsi
dalla sabbia.
Ad
un
certo punto Barbara si piazzò di fronte al marito e, con le
mani sui fianchi,
lo rimproverò a bruciapelo, guardandolo con la consueta ruga
che le segnava la
fronte.
-
Però
non me l’hai detto, a pensarci bene.
-
Cosa?
-
Che
mi ami.
-
Io
sono un tipo di poche parole, non te lo scordare – si
schernì l’uomo con un
sorriso malandrino.
-
No
accidenti, devi dirmelo! Devo sapere se n’è valsa
la pena.
-
Di che?
-
Di
combinarmi così piena di sabbia e rischiare di rovinarmi la
reputazione
facendomi beccare a fare certe cose su una spiaggia con un ingegnere
mezzo
scemo e per giunta pure disoccupato!
-
scherzò fingendosi arrabbiata.
Robert
rise e afferratala per la vita, la strinse forte.
-
Ma lo
sai che sei proprio una megera? Secondo me sei anche peggio di lady
Margaret.
-
Però
sono più carina – sorrise la giovane afferrandolo
per i baveri della giacca e
sollevando il visino allegro a guardarlo.
-
Appena appena – la prese in giro lui posandole prima un bacio
sul nasino e poi
cercandole di nuovo le labbra.
-
Ah
sì? E allora va’ a baciare lei, va’!
– gli disse scostandolo e ridendo
divertita per poi aggiungere più seria – Su,
amore, affrettiamoci a tornare a
casa: c’è quella povera mamma tua che
non solo è in pena per te ma è stata pure a
combattere tutto il pomeriggio con
quelle pesti dei tuoi figli.
Si
avviò decisa verso il calesse mentre Robert, seguendola,
continuava a prenderla
in giro.
-
Figli
miei? Guarda che la piccola ha preso pari pari il tuo caratterino! In
quanto a
quell’altro poi, sei stata tu a farlo crescere
così viziato, fosse stato per
me…
-
Sentitelo! Il padre tutto d’un pezzo! A te basta una
lacrimuccia ed uno sguardo
tenero per farti sdilinquire tutto. Poi sarei io quella che li vizia!
Continuarono
a punzecchiarsi amorevolmente mentre salivano sul calesse, felici come
non si
erano mai sentiti prima.
Anche
se in quel momento il futuro era assai incerto e non conoscevano quale
sarebbe
stato il loro destino, avevano la consapevolezza di possedere
già tutto ciò che
conta e che sarebbe bastato ricordarsene sempre per affrontare con
fiducia il
domani.
Per
un
po’ risuonarono ancora le loro voci allegre ed il fischio con
cui Robert chiamò
il suo fedele baio, poi, non appena si allontanarono,
ritornò un silenzio
incantato, interrotto solo dal rumore del mare in tempesta e dal soffio
del
vento che cancellò le orme dei loro passi sulla sabbia
sottile.
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E mentre
Barbara e Robert si allontanano, solo due parole per salutarli. Vi ho parlato di ben due
anni della loro vita,
dei momenti di disperazione e di quelli di gioia, della rabbia, degli
errori, delle
loro umane debolezze. Hanno messo al mondo una bambina ed hanno
cresciuto il
piccolo Charles, si sono scontrati, si sono avvicinati, sono maturati,
hanno
imparato a dirsi la verità e ad accettarsi con tutti i loro
difetti e i loro
pregi, hanno conosciuto la passione autentica che non è
fatta solo di sesso ma
è un legame ben più profondo. Oramai non avrei
più niente da dirvi su di loro
per questo li lascio andare da soli incontro al loro futuro.
D’altronde è un
futuro che ognuna di voi potrà immaginare come meglio crede,
le vie da seguire
che vi ho lasciato sono tante. Potrà succedere infatti che
sir Badley, dietro
la pressione dei minatori, receda dalle sue decisioni e lasci il nostro
direttore riprendere il suo posto a Ingurtosu oppure può
darsi che Robert torni
nella natia Cardiff e lì incominci una nuova vita come
professore
universitario. Può anche succedere che ripensi
all’offerta del marchese Rodotà e
la sua Barbara ritorni da sposa e madre felice in
quell’Alghero da dove era
partita così triste e dubbiosa solo qualche anno prima.
Oppure può darsi che l’ingegnere
accetti l'importante incarico che
gli è
stato promesso a Londra e finalmente riesca a dimostrare, soprattutto a
se
stesso, il suo valore. Potrete immaginare che abbiano altri figli,
questa volta
voluti ma non certo
più amati di quanto
non siano la piccola Neve con il suo caratterino già
così deciso o il
capriccioso Charles che magari grazie all’aiuto dei nonni
materni potrà
diventare qualcuno.
Vi ripeto, ciascuna potrà immaginarsi un epilogo a suo
piacimento, l’unica cosa
che vi raccomando dopo quanto hanno passato Barbara e Robert
è che, come nelle
favole, li facciate vivere “per sempre insieme felici e
contenti”.
E proprio come nelle vecchie favole, a me non resta che recitare
l’antica
filastrocca:
“Larga la foglia, stretta la via, dite la vostra che ho detto
la mia”. Per
vostra intendo naturalmente una piccola recensione, un commentino,
appena due
parole, giusto per farmi capire se sono solo io ad appassionarmi e a
divertirmi
tanto in questa meravigliosa avventura della scrittura ma riescono a
farlo anche coloro
che mi leggono.
Abbraccio forte forte soprattutto le
“fedelissime”che mi
hanno sempre dimostrato tanto affetto e
tanto apprezzamento. A loro prometto di ritornare al più
presto con un nuovo
romanzo che spero potrà piacere ugualmente. Nel frattempo,
mentre a mia volta
mi metterò a fare un po’ la lettrice e a recensire
le tante belle cose
pubblicate su EPF, spero che ci sia ancora qualcun altro che abbia voglia di leggere
le mie (fatemi un
po’ di pubblicità, vi prego!). Vi ricordo che
nella mia pagina c’è il forum
dove potremo dialogare ancora adesso che questa storia è
finita e… basta, non
ce la faccio più, devo mettermi a piangere.
Sob sob sob
sob!
Un grazie
enorme a tutte!
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