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Autore: mamma Kellina    29/03/2010    14 recensioni
Nei primi anni del Novecento, Robert, un giovane ingegnere minerario vedovo e con un figlio piccolo e Barbara, una ragazza sarda con un triste passato che la condannava a restare zitella, hanno deciso di sposarsi solo per reciproca convenienza. Ben presto però i sentimenti e l’attrazione fisica hanno trasformato il loro patto in una situazione molto difficile da sopportare soprattutto perché nessuno dei due vuole accettare che, malgrado tutto, l’amore sta entrando a poco a poco nelle loro esistenze.
Eccovi dunque la seconda parte di questa vicenda che si svolge nelle miniere della Sardegna sud occidentale. Spero che chi ha già seguito la prima parte avrà piacere di vedere come si conclude il romanzo ma non dispero nemmeno di trovare ancora nuovi lettori. A tutti prometto una storia vivace, intrigante, meno drammatica di quella narrata finora, ma che, mi auguro, saprà ugualmente emozionare e coinvolgere.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Capitolo 32

 

 

Attraccata al pontile c’era la nave del capitano Borghero così Barbara pensò che Robert, così come faceva spesso, potesse essere andato a controllare il carico della merce. Pur aguzzando la vista però, non riusciva a scorgerlo sul molo ed allora si guardò intorno per vedere se fosse sulla spiaggia. Non era neanche lì. Cominciava a sentirsi scoraggiata quando si accorse che Thunder si era avvicinato al calesse. Accarezzando il collo dell’animale con il quale dopo tanto tempo aveva preso confidenza, con la voce rotta dall’angoscia gli sussurrò piano, quasi aspettandosi assurdamente una risposta:

- Dov’è, Thunder, dimmi, dov’è il tuo padrone?

Aveva voglia di piangere ma continuò a guardarsi intorno, finché lo scorse seduto su una duna altissima. Si avviò verso di lui con enorme difficoltà perché c’era molto da arrampicarsi ed il vestito lungo le impediva i passi. Quando gli fu abbastanza vicino,  notò la malinconia sul suo viso e ne fu molto dispiaciuta. Si avvide che la stava guardando avvicinarsi, ma i suoi occhi  erano quasi spenti, come se non vedessero la realtà che lo circondava, ma un mondo buio e lontano dal quale non riusciva a tornare indietro.

- Robert – lo chiamò un po’ ansante quando gli fu più vicino, però lui non le rispose, continuando a guardarla come se nemmeno la vedesse.

Lo raggiunse e gli si sedette accanto, senza parlare.

- Se non ti affretti ad andare a parlare con lui, il capitano Borghero ripartirà – le disse dopo un po’ con un tono di voce quasi distaccato.

- Non sono venuta per Borghero, sono qui  per te.

- Ho capito, a quanto pare le notizie viaggiano in fretta. Chi te l’ha detto?

- Gaetano Spalice. È venuto poco fa a Villa Bianca perché voleva dirti che tutto il personale della miniera è con te ed è pronto a manifestare contro quest’infamia che ti sta facendo sir Paul. Ma come può cacciarti dopo tutto ciò che hai fatto per lui?

Contrariamente alla moglie che era molto adirata, Robert si mantenne calmo.

- Non mi ha cacciato, mi ha solo detto che alla miniera di Ingurtosu due direttori sono un po’ troppi adesso che c’è anche Leonard. E poi i genitori di Julie mi hanno trovato un buon impiego nella direzione di una fabbrica a Londra. Vorrebbero farmi tornare lì in modo da potersi occupare anche loro  di Charles. Desiderano che il nipote cresca in una grande e moderna città dove non appena si farà più grande, potrà frequentare a loro spese le migliori scuole ed avere altre prospettive che non qui, in un paesino sperduto della Sardegna. Insomma, proprio come dicevi tu, se ti ricordi. Secondo sir Paul dovrei accettare per il bene di mio figlio.

- Non lo sa sir Paul che il tuo lavoro è questo? Accidenti, aveva ragione Grazia, è una vera carogna!

- Non dire così, chissà quante pressioni ha ricevuto dalla sua famiglia prima di prendere questa decisione. In fondo non posso pretendere di più, si è già troppo esposto per me. Poi Leonard ha ragione, io non sono proprio adatto a fare questo mestiere.

Barbara si arrabbiò moltissimo.

- Ah no? E chi lo dice,  un incompetente che fa succedere disastri non appena si avvicina ad una miniera? Chiediamolo al marchese Rodotà se sei adatto o no. Secondo me ti accoglierebbe a braccia aperte se solo tu gli chiedessi di lavorare per lui!

Nonostante la difesa accorata della donna, il giovane non cambiò atteggiamento e scuotendo la testa malinconico, affermò:

- Finirei per fare la stessa fine anche se lavorassi per un altro. Io non appartengo alla razza padrona, sono e resterò sempre un minatore. L’ho sempre saputo, non è possibile stare con due piedi in una scarpa.

- Non è vero, tu sei bravo ed hai studiato tanto. Se però ti sei stancato delle minere, puoi rivolgerti a quel professore dell’Università del Galles che ti voleva come suo assistente.

Un sorriso amaro increspò le labbra dell’uomo che pareva solo osservare il mare in tempesta.

- Già, in fondo ad un fallito come me può stare anche bene inseguire le promesse ricevute dieci anni fa da un tizio che forse neanche più si ricorda chi sono! – mormorò.

- Insomma la vuoi smettere con questa storia del fallito? Ne abbiamo già discusso, proprio qui se non erro, e non vedo perché tu ti debba considerare tale.

Questa volta Robert fissò lei con uno sguardo pieno di malinconia.

- Tu come lo chiami uno che alla mia età non ha più un lavoro né una casa né una famiglia?

- Il lavoro lo troverai ed anche la casa e poi mi dici perché non hai una famiglia? Noi chi siamo?

Scuotendo ancora la testa, lui continuò:

- Sarà meglio per tutti voi se mi lasciate perdere. A Charles i nonni daranno tutto quanto gli spetta e crescerà senz’altro sereno anche senza di me così come mia madre starà di certo meglio con mia sorella. In quanto a te, te ne andrai e cercherai finalmente la tua strada.

Barbara rabbrividì a quelle parole e con un soffio di voce gli disse, guardando anche lei il mare:

- Ti prego, non mortificarmi, non mi rinfacciare le assurdità che ti ho detto stamani in un momento di rabbia.

- Non era affatto assurdo ciò che hai detto, ti capisco, ti sei stancata di tutto questo.

- Ed invece lo è – gli rispose tornando a guardarlo – Ti pare mai possibile che lasci mio marito? E ti sembra mai possibile che io possa occuparmi dei figli degli altri e non delle mie creature?

- Non intendevo dire questo. Potrebbe sin d’ora esserci un uomo a prendersi cura di te e di Maria Neve e saprà farlo sicuramente meglio di quanto non l’abbia mai fatto io.

- Davvero? E chi è, lo conosci? Non sei stato proprio tu a dirmi ieri che gli uomini se ne scappano a gambe levate davanti a me? Ah no, mio caro, tu sei stato l’unico a cascarci come uno stupido ed a sposarmi ed ora, mi dispiace per te, devi sopportarmi anche se sono una maledetta bisbetica!

Aveva parlato sorridendo, quasi a fargli capire di non portargli alcun rancore per le cose spiacevoli che le aveva detto, ma il tono scherzoso e la sua autoironia non riuscirono a strappare a Robert, come aveva sperato, nessun sorriso, anzi, lui girò la testa dall’altro lato per non guardarla in faccia mentre le diceva:

- Ci ho riflettuto, sai, e sono giunto alla conclusione che dopo quello che ti ho detto ieri era naturale che tu ti arrabbiassi. Mi sono comportato come un vigliacco.

- Non è vero. Anche io ci ho riflettuto molto ed ho capito di essere stata io a comportarmi male. La verità è che mi sono sentita assai mortificata per la figura ridicola che ho fatto sia con Sean Hopkins che con te e poi … - la donna esitò e, come se avesse cercato il coraggio di continuare, cominciò a stringere il crocifisso di corallo che portava al collo -  e poi ci sono rimasta male perché la tua reazione non mi era parsa quella di un uomo veramente innamorato. Perdonami, non avrei dovuto farlo perché, anche se fosse così, comunque ti sei dimostrato buono e paziente con me più di quanto io non meritassi.

Robert si voltò di colpo a guardarla e finalmente trovò la forza di aprirle l’animo. Accorato, le disse senza fermarsi:

- Invece sono stato davvero un vigliacco perché ti ho mentito di proposito per il risentimento e la paura che tu potessi ripensarci. Non ho avuto il coraggio di rivelarti quanto fossi stato male all’idea di perderti  e non ti ho nemmeno raccontato la verità riguardo a Sean. Quando venne da me, mi confessò di considerare il tuo amore come l’ultimo regalo riservatogli dalla vita e di desiderarti moltissimo. Fui io ad implorarlo di non portarti via da me e lui, un po’ perché fu impietosito dai miei sentimenti, un po’ perché pensava che nonostante tutto tu mi amassi ed in seguito avresti potuto pentirti della tua scelta, decise di andarsene per non starti più accanto e non rischiare di cedere all’enorme attrazione che provava per te.

Si fermò aspettando che lei dicesse qualcosa, ma poiché lei sembrava ammutolita, continuò, distogliendo di nuovo lo sguardo.

- Scrivigli, digli che si era sbagliato, che lo ami davvero. Vedrai, verrà a prenderti e così sarai felice.

In quel momento un minatore bruno passò lì accanto e li salutò, interrompendo il loro discorso.

- Ingegnere, ho qui i documenti del capitano Borghero. Cosa faccio, ve li porto lassù? – gli chiese da lontano e ad alta voce, riparandosi gli occhi con la mano dai raggi del sole calante.

- No, Toscani, portateli all’ingegner Farewell,  se ne occuperà lui d’ora in poi.

Lentamente l’uomo ed i suoi compagni si allontanarono mentre  la nave riprendeva il mare sfidando le onde impetuose. Oramai erano rimasti da soli sulla spiaggia e nessuno dei due parlava. La donna se ne stava tutta assorta a riflettere e nel frattempo si rigirava ancora tra le dita il piccolo crocifisso.

- Finirai per consumarlo – le disse lui con un sorriso un po’ triste, indicandoglielo.

Anche Barbara sorrise, dolcemente.

- Lo so, ma è il mio portafortuna. Me lo diede un pescatore di corallo che adesso non c’è più, è morto lo stesso periodo in cui è finito Lino Sulis. Si chiamava Gavino. Era solo un vecchio, ignorante pescatore eppure era una persona così sensibile e saggia da indurmi a confidargli anche le mie cose più intime. Quando gli parlai di te e dello strano patto che mi avevi proposto, mi disse che quando ci si sposa l’importante non è soltanto amarsi, ma anche aver voglia di darsi sostegno reciprocamente, di sentirsi responsabili nei confronti dei figli, di costruire qualcosa di solido che le difficoltà di ogni giorno non possano abbattere. Solo così, mi disse, si diventa davvero una famiglia. Noi lo siamo, non credi?

Robert la guardò serio, poi girò ancora il viso dall’altro lato per non lasciar scorgere la sua enorme emozione.

- Forse, ma a me non  basta – le rispose – non sopporto di sapere che  mi stai accanto solo perché siamo marito e moglie, magari continuando ad amare un altro. Lo so, è ciò che ti chiesi di fare quando ti proposi di sposarmi lasciandomi essere ancora innamorato di Julie, ma l’assurdità di un tale proponimento ha fatto soffrire me per primo, te l’assicuro.

Si passò una mano sugli occhi in un gesto di scoraggiamento poi proseguì, la voce calda diventata quasi solo un sussurro.

- Ho bisogno di te, ma soprattutto ho bisogno che tu possa amarmi anche se so di non avere il diritto di chiedertelo né quello di  impedirti di cercare altrove la tua felicità. 

Barbara gli afferrò un braccio e cominciò a scuoterlo, parlandogli con veemenza.

- Smettila di dire sciocchezze! Nella sua saggezza Sean aveva visto giusto ed io stessa ho capito da un pezzo che  ciò che provavo per lui non era di certo amore. Io cercavo la tranquillità, la protezione, la libertà da tutti i miei timori, ma ora so che amare è avere paura per il tuo uomo, lottare con lui e per lui e perché no, fremere di desiderio se soltanto ti guarda in un certo modo o ti sfiora…

Non concluse il discorso, ma gli prese la mano e se la portò al viso premendola sulla propria guancia con tenerezza infinita, poi alzò di nuovo lo sguardo, fissandolo dritto negli occhi.

- Ma cosa vogliamo di più Robert? Io e te abbiamo già tutto quello che conta, forse dobbiamo solo imparare a dirci quanto ci amiamo.

La trepidazione con cui gli stava parlando la faceva vibrare tutta e sul viso arrossato, gli occhi splendevano come due ambre lucenti. Aveva paura di dirglielo, ma oramai non ne poteva più fare a meno.

- Io ti amo tanto! Dimmi che anche tu mi ami, ti prego – gli chiese infine, tremando.

Robert non le rispose, in un impeto di gioia l’afferrò ed abbracciandola forte, cominciò a baciarle tutto il viso, gli occhi, le guance e poi le cercò la bocca. Senza fermarsi più, la costrinse a distendersi sulla sabbia ancora calda di sole, continuando a carezzarle il corpo, fremente di passione.

La donna provò a schernirsi scherzosamente e ridendo gli diceva, cercando di frenarlo:

- No, non va bene, ingegnere, un po’ di controllo, un po’ di controllo…

Ma lui non poteva in alcun modo controllare l’impeto di un  amore che oramai avvertiva grande e ricambiato, aveva bisogno di possederla anche fisicamente per sentirla sua, per sentirsi suo. Questa volta non era un semplice impulso erotico a spingerlo, ma la necessità  che muove un uomo ed una donna a congiungersi perché non sono  più due persone distinte ma una sola anima, una sola carne. Non poteva lasciar passare quel momento magico ed irripetibile, doveva averla adesso, subito. Cercò di sollevarle la gonna ma ancora lei provò a fermarlo tirandola di nuovo giù. Nella lotta giocosa che ne seguì, rotolarono a lungo abbracciati giù dalla duna nella sabbia morbida. Quando finalmente si fermarono, scoppiarono a ridere entrambi ma poi si guardarono negli occhi e in quello sguardo ci furono mille, silenziose parole d’amore. Niente e nessuno avrebbe potuto fermare il loro desiderio e d’altronde la spiaggia era deserta. Con dolcezza infinita, Barbara si abbandonò ai baci di Robert e mentre chiudeva gli occhi, vide l’azzurro dello sguardo innamorato del suo uomo brillare come il cielo sopra di lei.

 

Tenendosi teneramente avvinti nella beatitudine in cui erano sprofondati dopo il sesso, avrebbero voluto fermare il tempo tanto stavano bene. Purtroppo il sole ormai aveva tinto di porpora il cielo e benché fosse ancora presto, le prime ombre della sera cominciavano a calare nella corta giornata di ottobre. Staccandosi a fatica l’uno dall’altra si rialzarono e cominciarono a rivestirsi ed a pulirsi dalla sabbia.

Ad un certo punto Barbara si piazzò di fronte al marito e, con le mani sui fianchi, lo rimproverò a bruciapelo, guardandolo con la consueta ruga che le segnava la fronte.

- Però non me l’hai detto, a pensarci bene.

- Cosa?

- Che mi ami.

- Io sono un tipo di poche parole, non te lo scordare – si schernì l’uomo con un sorriso malandrino.

- No accidenti, devi dirmelo! Devo sapere se n’è valsa la pena.

- Di che?

- Di combinarmi così piena di sabbia e rischiare di rovinarmi la reputazione facendomi beccare a fare certe cose su una spiaggia con un ingegnere mezzo scemo e per giunta pure disoccupato!  - scherzò fingendosi arrabbiata.

Robert rise e afferratala per la vita, la strinse forte.

- Ma lo sai che sei proprio una megera? Secondo me sei anche peggio di lady Margaret.

- Però sono più carina – sorrise la giovane afferrandolo per i baveri della giacca e sollevando il visino allegro a guardarlo.

- Appena appena – la prese in giro lui posandole prima un bacio sul nasino e poi cercandole di nuovo le labbra.

- Ah sì? E allora va’ a baciare lei, va’! – gli disse scostandolo e ridendo divertita per poi aggiungere più seria – Su, amore, affrettiamoci a tornare a casa: c’è quella povera mamma tua  che non solo è in pena per te ma è stata pure a combattere tutto il pomeriggio con quelle pesti dei tuoi figli.

Si avviò decisa verso il calesse mentre Robert, seguendola, continuava a prenderla in giro.

- Figli miei? Guarda che la piccola ha preso pari pari il tuo caratterino! In quanto a quell’altro poi, sei stata tu a farlo crescere così viziato, fosse stato per me…

- Sentitelo! Il padre tutto d’un pezzo! A te basta una lacrimuccia ed uno sguardo tenero per farti sdilinquire tutto. Poi sarei io quella che li vizia!

Continuarono a punzecchiarsi amorevolmente mentre salivano sul calesse, felici come non si erano mai sentiti prima.

Anche se in quel momento il futuro era assai incerto e non conoscevano quale sarebbe stato il loro destino, avevano la consapevolezza di possedere già tutto ciò che conta e che sarebbe bastato ricordarsene sempre per affrontare con fiducia il domani.

Per un po’ risuonarono ancora le loro voci allegre ed il fischio con cui Robert chiamò il suo fedele baio, poi, non appena si allontanarono, ritornò un silenzio incantato, interrotto solo dal rumore del mare in tempesta e dal soffio del vento che cancellò le orme dei loro passi sulla sabbia sottile.

 

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E mentre Barbara e Robert si allontanano, solo due parole per salutarli.  Vi ho parlato di ben due anni della loro vita, dei momenti di disperazione e di quelli di gioia, della rabbia, degli errori, delle loro umane debolezze. Hanno messo al mondo una bambina ed hanno cresciuto il piccolo Charles, si sono scontrati, si sono avvicinati, sono maturati, hanno imparato a dirsi la verità e ad accettarsi con tutti i loro difetti e i loro pregi, hanno conosciuto la passione autentica che non è fatta solo di sesso ma è un legame ben più profondo. Oramai non avrei più niente da dirvi su di loro per questo li lascio andare da soli incontro al loro futuro. D’altronde è un futuro che ognuna di voi potrà immaginare come meglio crede, le vie da seguire che vi ho lasciato sono tante. Potrà succedere infatti che sir Badley, dietro la pressione dei minatori, receda dalle sue decisioni e lasci il nostro direttore riprendere il suo posto a Ingurtosu oppure può darsi che Robert torni nella natia Cardiff e lì incominci una nuova vita come professore universitario. Può anche succedere che ripensi all’offerta del marchese Rodotà e la sua Barbara ritorni da sposa e madre felice in quell’Alghero da dove era partita così triste e dubbiosa solo qualche anno prima. Oppure può darsi che l’ingegnere accetti l'importante incarico  che gli è stato promesso a Londra e finalmente riesca a dimostrare, soprattutto a se stesso, il suo valore. Potrete immaginare che abbiano altri figli, questa volta voluti  ma non certo più amati di quanto non siano la piccola Neve con il suo caratterino già così deciso o il capriccioso Charles che magari grazie all’aiuto dei nonni materni potrà diventare qualcuno.
Vi ripeto, ciascuna potrà immaginarsi un epilogo a suo piacimento, l’unica cosa che vi raccomando dopo quanto hanno passato Barbara e Robert è che, come nelle favole, li facciate vivere “per sempre insieme felici e contenti”.
E proprio come nelle vecchie favole, a me non resta che recitare l’antica filastrocca:
“Larga la foglia, stretta la via, dite la vostra che ho detto la mia”. Per vostra intendo naturalmente una piccola recensione, un commentino, appena due parole, giusto per farmi capire se sono solo io ad appassionarmi e a divertirmi tanto in questa meravigliosa avventura della scrittura ma riescono a farlo  anche coloro che mi leggono.
Abbraccio forte forte soprattutto le “fedelissime”che  mi hanno sempre dimostrato tanto affetto e tanto apprezzamento. A loro prometto di ritornare al più presto con un nuovo romanzo che spero potrà piacere ugualmente. Nel frattempo, mentre a mia volta mi metterò a fare un po’ la lettrice e a recensire le tante belle cose pubblicate su EPF, spero che ci sia ancora qualcun altro  che abbia voglia di leggere le mie (fatemi un po’ di pubblicità, vi prego!). Vi ricordo che nella mia pagina c’è il forum dove potremo dialogare ancora adesso che questa storia è finita e… basta, non ce la faccio più, devo mettermi a piangere.

Sob sob sob sob!

Un grazie enorme a tutte!   

   
 
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