Mobili
Titolo:
Questione di... Mobili
Rating:
Giallo
Capitolo:
unico
Personaggi:
DeathMask, Aphrodite, Shura.
Special Guest Star:
Saga
Disclaimer:
I personaggi non
sono miei ma appartengono a quel demon
genio di Masami Kurumada, anche
se sto cercando di convincerlo a darmi Milo. E Kanon. E un altro
centinaio di personaggi. Questa fanfiction non è stata
scritta a
scopo di lucro (magari) ma per puro divertimento dell'autrice.
Note dell'Autrice:
Se ci fosse
stato un genere "deficenza totale" l'avrei messo. Dunque, le rose -
secondo la sapienza di internet - si piantano ad ottobre (E anche se
non fosse così, fate finta che lo sia. Insomma, Leopardi
può fare mazzolini di Rose e Viole, che non fioriscono nella
stessa stagione, e io no? Ok. Ignoratemi). Il compleanno
di Phro (dato che non ho sottomano il fumetto) secondo Santa Wikipedia
è il 10 marzo.
L'idea di DeathMask alle prese con la ristrutturazione della sua casa
è di beat.
*O*
E io vi voglio bene. Davvero. Non faccio queste cose perché
vi voglio male.
Sappiate che è venuta fuori durante una chiacchierata via
sms
con Calliope. E dire che il tutto era partito dai nostri commenti
sull'amichevole Italia-Svizzera. Va beh XD Quindi il merito (o la
colpa, vedete voi) è anche suo °W°
Nee-san, questa fics è tutta per te, con amore <3
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PS: A quelle povere anime pie che avranno il coraggio di recensire
risponderò nel prossimo capitolo della mia fics su Pandora,
"Quale Vita?"[/Pubblicità
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Questione di... Mobili
Era una fredda ma limpida giornata di marzo, di quelle che segnano il
confine fra l’inverno e la primavera, e i pallidi raggi
solari
intiepidivano a malapena quelle stesse, bianche pietre che avrebbero
riarso senza pietà mesi più tardi.
Il Santuario, come sempre, era un crogiolo di voci e
attività,
fra soldati semplici in allenamento all’arena e
servitù
che andava e veniva da un tempio all’altro; stranamente,
anche la
scalinata delle Dodici Case – da sempre luogo sacro di
silenzio,
disciplina e ordine – non era immune da una fervida
attività.
Erano passati soltanto pochi giorni da quello che era stato
unanimemente definitivo “il
miracolo”:
una precaria - ma reale - tregua tra la Pallade Athena e il Signore
degli Inferi, che aveva permesso ai Saint di ricevere una nuova
possibilità e una nuova vita.
Per la prima volta dopo anni, le dodici case avevano accolto tutti i
loro protettori, senza inganni o malintesi. In pace.
Con un unico, piccolo,
insignificante problema.
“Il primo che passa giuro che lo ammazzo.”
Ringhiò
DeathMask fra sé e sé, osservando con odio il
soffitto
sfondato della casa del Grande Cancro, che stava inutilmente tentando
di riparare.
Appoggiato a quella che un tempo era stata una colonna, Shura
–
forte di una casa pressoché intatta, al massimo da
spolverare -
se la rideva sotto i baffi.
“Credo che sarebbe controproducente.”
Il cavaliere di Cancer lo fulminò con lo sguardo, prima di
rimettersi a imprecare fra i denti contro odiosi Gold Saint impassibili
che scambiavano la sua casa per un set fa film dell’orrore o
da
spettacoli di illusioni. E ‘fanculo anche a Saga, che le
galassie
poteva anche farle esplodere solo a casa sua.
“Che minchia stan facendo tutti gli altri?”
berciò
poi, buttando per terra un calcinaccio appena raccolto, esasperato.
“Altre cose.” Rispose Capricorn laconico. Sollevo
un
sopracciglio. “Le tue doti di muratore mi lasciano
affascinato.”
“’fanculo, Shura. E poi, non l’ho neanche
fatto io ‘sto casino! Mentre voi” -
sottolineò molto quel voi
- “facevate esplodere le stelle, il giardinetto personale di
Shaka e quant’altro, io ero morto. Schiattato,
è chiaro? Di
nuovo.” Masticò quelle due ultime
parole a fatica.
“Ce l’ho presente, DeathMask.” Shura
sospirò
fra sé e sé: si stava già pentendo di
essere
andato a trovare l’amico.
Non che la sua fosse stata una visita disinteressata, a dire il vero.
Era solo che Aphrodite era in preda ad un attacco di isteria fin da
quando – risalendo alla Dodicesima dopo essere tornato in
vita
– aveva scoperto che il suo intero roseto era morto. Puff, sparito, scomparso.
Al fine di evitare di rimanere coinvolto in un’operazione di
giardinaggio intensivo, Shura si era in fretta defilato verso la casa
del Grande Cancro, salvo trovarvi un DeathMask di umore più
che
nero.
“Che minchia sta facendo Shaka?” berciò
ancora il siciliano, deciso a prendersela con qualcuno.
“Sta meditando,” rispose Capricorn, come se fosse
la cosa più logica del mondo.
“Meditando.”
“Sì.”
“Nel suo giardinetto?”
“Così pare.”
“Ma non era stato distrutto?”
“Pare sia rifiorito non appena lui vi ha rimesso
piede.”
DeathMask contò fino a dieci, cercando di contenersi dal
prendere e andare a fare una strage.
Dovette proseguire fino a cinquanta.
“Ma la sua casa è distrutta. Più della
mia.”
“Decisamente,” confermò.
Cancer ghignò. “E ha intenzione di ricostruirla
meditando? O si auto-ricostruisce anche quella?”
“Ha detto che ci penserà quando sarà il
momento.” Shura assunse un’aria eloquente, come a
dire “Sai
com’é fatto”.
DeathMask stava per chiedere di Saga – che, in fondo, era il
vero
colpevole della distruzione della sua casa – quando il
suddetto
cavaliere entrò a grandi passi nella sala semi-distrutta.
“Oh, proprio te cercavo.”
“Non ora, Cancer.” Lo bloccò subito
Gemini, con tono
secco e una faccia talmente incupita da zittire anche il cavaliere
della quarta casa.
“Avete visto Kanon?”
“No.”
“Sì.”
Saga si girò verso Shura, colpevole della risposta
affermativa.
“Dov’é?”
“L’ho visto che stava salendo la scalinata,
perché?”
“Perché,”
rispose Gemini “a quest’ora doveva essere
giù alla terza casa per aiutarmi a ripararla.”
“Ah.”
“Appunto.”
Cancer ghignò sornione. La
giusta punizione per aver distrutto la casa del Grande Cancro. Grazie
Kanon.
“E Aioros?” si azzardò a chiedere Shura,
sapendo
che, da quando erano tornati in vita, Gemini e Sagitter si erano
riavvicinati parecchio.
“Aioros” sospirò Saga “si
è offerto di
aiutare i soldati a ricostruire tutte quelle parti del Santuario che
sono state distrutte durante la guerra.”
Splendente, generoso e
perfetto Aioros. Come sempre. Pensò Shura con
un sorriso amaro.
Accecante ed eccessivo
come tre cucchiaini di zucchero in un espresso,
pensò invece Cancer, trattenendosi dallo sbadigliare.
“Ah, ora che ci penso,” riprese Capricorn
“Sulla
scalinata Kanon ha incontrato Milo, e mi è sembrato che gli
dicesse qualcosa a proposito di una gita in inghilterr—dove
vai,
Saga?”
Gemini si allontanò velocemente, stringendo i denti e
assottigliando lo sguardo.
I due cavalieri lo sentirono solo sibilare qualcosa riguardo a certe
viverne inglesi che allungavano le mani nei momenti meno opportuni.
DeathMask lanciò un’occhiata a Shura, che
alzò le mani in segno di resa.
“Non chiedere niente, Death, davvero. Non chiedere nulla che
è meglio.”
Imprecando ancora, il siciliano riprese a tentare il restauro.
“Si può sapere perché sei
così...”
“Incazzato?”
“Pensavo a insofferente, ma anche così rende
l’idea. Non può essere solo per la casa.”
“Sono incazzato perché stamattina ho chiesto alla
puttanella lassù se mi dava una mano a sistemare, visto che
la
sua casa è intatta.”
Shura si trattenne dal prendersi la testa fra le mani. Se conosceva
DeathMask – e
lo conosceva – più che chiedere
doveva aver intimato.
E se conosceva Aphrodite –
e conosceva anche lui – poteva benissimo
immaginarsi la risposta.
“E sai quello cosa mi ha risposto?!”
“Posso immaginar—”
Senza ascoltarlo, Cancer continuò “Mi ha risposto che
non gli fregava assolutamente nulla della mia casa, e che al confronto
della sua disgrazia la mia era insignificante. Perché le rose non si
possono piantare in marzo! Come se questo non bastasse,
non so se te ne sei accorto, ma guarda!”
E gli indicò con un gesto brusco una parete.
Capricorn sbatté un paio di volte le palpebre, cercando di
interpretare.
“E’ un muro.” Disse alla fine.
“Precisamente. Un muro. Soltanto un muro!”
Iniziò seriamente a pensare che il morire troppe volte
avesse fatto impazzire del tutto l’amico.
“E quindi?”
“Le mie teste!
Non ci sono più le mie teste! I miei trofei! E non siamo in
guerra, quindi non posso ammazzare nessuno! Il mio soprannome
andrà a puttane, capisci?!”
L'unica cosa che Capricorn realizzò fu che Cancer
in preda
ad un attacco di isteria assomigliava pericolosamente e curiosamente ad
Aphrodite.
Iniziò, invece, a pensare ad un modo per andarsene di
lì.
“E magari la puttanella si aspetta anche che gli faccio un
regalo
per il compleanno dopo il modo in cui mi ha
tratta—”
DeathMask si interruppe di colpo.
La luce pericolosa che Shura gli vide negli occhi e un ghigno poco
raccomandabile gli fecero temere il peggio.
“Oh, il compleanno. Ma
certo.”
“Cos’hai in mente?” chiese, preoccupato.
“Niente, niente. Aphrodite è svedese,
vero?”
“Sì. Perché?”
“Bene. Molto
bene.”
Con un ultimo ghigno, osservò dei cataloghi buttati in un
angolo.
Vendetta, tremenda
vendetta.
***
Il 10 marzo era arrivato; e Cancer era riuscito – con un
abile
stratagemma e complice un ignaro Shura – a fare in modo che
il
cavaliere di Pisces se ne stesse lontano dalla Dodicesima casa per
tutta la mattina.
Il tempo necessario a mettere in atto il suo diabolico piano.
Ora, mentre osservava i suoi due amici salire dall’Undicesima
casa verso quella di Aphrodite, non riuscì a trattenere un
ghigno.
“’Staminchia, Aphrodite, non dirmi che oggi
invecchi!”
Il suddetto cavaliere si limitò a fulminarlo con lo sguardo.
“Credevo fossi a casa tua a tentare di
ripararla, Cancer.”
“Ma come siamo simpatici, oggi.” Il siciliano
strinse i
denti, cercando di non cogliere la provocazione “Non sei
curioso
di vedere il mio regalo?” Aggiunse invece, con un tono che
fece
preoccupare immediatamente Aphrodite. Troppo gentile.
Assottigliò lo sguardo. “Che hai
combinato?”
“Venite!”
Con aria estremamente soddisfatta, DeathMask li condusse verso le
stanze private di Pisces, spalancando la porta con un gesto teatrale.
Sospettoso, Aphrodite gli scoccò un’occhiata,
prima di entrare e guardare.
Guardò.
Poi si girò verso Shura, per vedere se – per caso
–
anche lui vedesse la stessa cosa. A giudicare dal fatto che era
impallidito, dedusse di sì.
Si girò di nuovo verso la stanza, rifiutandosi di credere
che fosse la sua.
Mobili.
Mobili nuovi.
Mobili banali, di compensato, montabili e smontabili, in serie.
E lì, in mezzo a tutto quello sfacelo, su un orrendo
tavolinetto
da monolocale in svendita, troneggiava un maledetto catalogo firmato Ikea.
DeathMask si congratulò con se stesso:
l’espressione
disgustata di Pisces era impagabile. Inizialmente aveva pensato di
arredargli il giardino – dove prima c’era il roseto
–
ma se avesse osato toccargli quel posto si sarebbe davvero ritrovato
con una rosa nel petto; e
sinceramente non ci teneva a morire per la quarta volta.
Aphrodite si girò con movimenti più lenti
possibili verso
il cavaliere di Cancer, elaborando mentalmente il modo migliore per
ucciderlo.
“Cancer.”
“Ti piace?”
“Che diavolo ti è saltato in mente?”
“Qualche giorno fa avevi detto di voler rinnovare il tuo
arredamento. Quella marca,” e indicò il catalogo
“è svedese.
Ho pensato che avere qua i mobili della tua patria potesse farti
sentire di meno la sua mancanza.”
Lo disse davvero, ma il ghigno bastardo sulla sua faccia diceva
tutt’altro.
“Cancer… io
in Svezia ci sono stato meno di due anni. Sono stato
addestrato in Groenlandia.”
DeathMask sollevò le spalle.
“Sempre freddo fa.” Rispose accentuando il ghigno
sul suo volto, e trattenendosi dal scoppiargli a ridere in faccia.
Ok. Si
disse Aphrodite. Cancer
voleva morire.
Osservando la sua faccia da schiaffi, decise: l’avrebbe
ucciso
lentamente, soffocandolo, costringendolo a ingoiare una per una tutte
le pagine di quel catalogo. Ed
erano tante.
Shura, vedendo un’espressione molto, molto pericolosa
affiorare
sul volto di Pisces, si allontanò senza dare
nell’occhio,
spuntando alla luce nel giorno proprio mentre iniziavano le urla.
Sospirò esasperato, avviandosi alla decima casa e
chiedendosi
– per la milionesima volta – come diavolo facesse a
sopportare quei due pazzi.
***
A.N.:
Chiariamoci.
A me piace l'Ikea. Soprattutto mi piacciono le polpette svedesi che si
mangiano lì *W*
E' solo che a Phro non piacciono i mobili Ikea X°D
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