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Hellcome to NevediNotte -
Il
Carro dei Mostri
«Si chiamano mostri
perché devono essere
mostrati, signore e signori!»
Il
carro dei mostri che gira le
strade
Ti porta lontano,
mostrarti vorrà!
Il carro dei mostri, che
gira le strade,
Che gira e che gira e
che gira...
[Fiaba - L'omino di latta]
«Si chiamano mostri perché devono essere mostrati, signore e signori!».
La voce del Padrone risuonava tetra come se stesse parlando dentro un
barattolo di latta.
Quell’uomo viaggiava per il mondo con un carro speciale. Molto
speciale. Possedeva, infatti, incredibili attrazioni, che sembravano
provenire direttamente da un incubo.
Non era propriamente un circo, poiché, oltre al contenuto del carro,
c’erano solo il proprietario e il suo aiutante: un qualcosa che
rimaneva fuori dalle gabbie e guidava il carro al posto del Padrone.
Forse, tra tutti, è stato scelto proprio “lui” per quel ruolo che
profumava di libertà perché non sarebbe mai potuto scappare; non per
cieca fedeltà al suo datore di lavoro, ma per il proprio aspetto
fisico: il Pinguino, così era chiamato, non possedeva le gambe.
Ogni membro di quella grottesca compagnia nomade di città in città
aveva una sua propria caratteristica che lo rendeva terrificante;
c’erano: un ciclope, un bimbo completamente bianco con gli occhi rossi,
una donna con sei braccia, una “cosa” senza volto, una vecchina senza
mani che lavorava a maglia, una giovane sirena terrestre, una ragazza
con una mostruosa faccia dietro la testa tenuta rasata, una bimba con
un paio di scheletriche braccia sulla schiena – simili ad ali –, un
ragazzo con le stigmate, due giovani gemelli attaccati per il bacino
come se uno fosse a cavallino sull’altro, un uomo alto mezzo metro, un
giovane con il braccio nero che sembrava marcio.
Erano tutti mostri.
Mostri che vivevano in quel carro, tra le sbarre delle loro prigioni,
come bestie.
Ma non tutte le creature rinchiuse in quella prigione erano autentiche:
la maggior parte era veramente nata così, e per questo, solitamente,
abbandonata e raccolta dal padrone del carro; ma altri si erano causati
da soli quelle malformazioni, come il Pinguino, la Sarta, il Viso e il
Blasfemo. Essi avevano scelto di rifiutare il corpo che Dio gli aveva
donato per poter entrare a far parte di quella compagnia; in parte per
avere così un lavoro, ma anche perché volevano uscire dalla monotonia
della loro tediosa città e viaggiare per il mondo non dovendo nemmeno
sporcarsi le mani con spettacoli circensi, ma solo posando per un
pubblico incredulo e terrorizzato. Avevano rinunciato a un corpo
“normale” per un impiego facile e una vita all’apparenza agiata. Ma la
realtà di quel carrozzone era ben diversa una volta vista dall’interno
e non da fuori, tra gli spettatori.
Il Padrone era un essere spietato: li teneva tutti segregati dentro il
suo carro, dando loro un pasto al giorno e basta. Nessun letto per
dormire o dell’acqua per lavarsi. Venivano lavati solo di rado, proprio
quando puzzavano troppo per sopportarli oltre e venivano colpiti con
secchiate fredde. Quelle gabbie erano le loro case, le loro prigioni
che puzzavano di sudore, orina e feci. Un orribile spettacolo di
sottomissione e violenza psicologica atti a volerli far sentire
inferiori.
Tutti si conoscevano tra loro e spesso chiacchieravano nel carro. Non
tutti erano in grado di parlare correttamente la lingua (erano
soprattutto il ciclope e i giovani ad avere problemi), e quasi nessuno
aveva avuto un’istruzione adeguata. Infatti erano stati emarginati fin
da giovani dalla società e solo in pochi avevano trovato un’anima pia
che li aiutasse prima dell’arrivo del padrone del Carro dei Mostri a
portarli via, dando ad ognuno un nuovo nome legato alla particolarità
per il quale era stato scelto, eliminando così il nome da umano e
accogliendo il nome da mostro, che utilizzavano anche per rivolgersi
tra di loro; perché il padrone non li considerava umani, ma mostri, e
da tali li trattava.
Durante uno dei loro monotoni viaggi, la carovana arrivò presso una
cittadina piccola e modesta. Dopo aver tenuto lì la consueta “Mostra
dei Mostri”, il Padrone decise di ripartire immediatamente la mattina
dopo prendendo il sentiero tra le montagne boscose e risparmiare così
un giorno di cammino per raggiungere la città al di là dei monti.
Quelle terre erano veramente desolate, ma anche lì la gente era ben
felice di pagare per vedere quegli uomini dallo strano aspetto,
soprattutto perché pochi stranieri passavano da quelle parti a causa
del difficile collegamento tra paesi.
Così il carro trainato da due forti cavalli da tiro, condotto dal
Pinguino, imboccò il sentiero per i monti innevati, arrestando il
cammino solo qualche minuto prima del tramonto.
Il Padrone entrò nella sua cuccetta appena dietro il sedile del
cocchiere e si mise a dormire, ordinando al Pinguino di svegliarlo nel
caso vedesse dei lupi. Non avrebbe mai potuto rischiare di perdere i
suoi due preziosi cavalli purosangue!
Il cocchiere deambulò goffamente per il bosco, raccogliendo parecchia
legna, e accese diversi fuochi intorno a loro, creando un cerchio
discontinuo di fiamme, per tenere lontani gli animali selvatici. Ma non
aveva pensato che quel bosco potesse essere popolato non solo da
animali.
Quando il Pinguino andò ad addormentarsi insieme ai cavalli, alla
ricerca di un po’ di calore in mezzo a tutta quella neve depositata
attorno a loro e che appesantiva i rami degli alberi, il silenzio cadde
sul bosco.
Non un filo di vento o un qualsivoglia suono di madre natura interruppe
lo scoppiettio del fuoco, rendendo pauroso quel luogo all'apparenza
disabitato.
Dopo pochi secondi, però, si udì un fievole rumore: lo scricchiolo
sulla neve sotto il peso di un qualcuno che procedeva di buon ritmo, un
qualcosa di troppo fioco perché gli umani potessero udirlo, se non una
tra loro. Colei che ancora non dormiva: l'Angelo. Sorpresa da quel
suono inaspettato, la bimba guardò d'istinto verso la grossa tenda e la
grata che li separavano dal mondo esterno, pensando solo dopo al fatto
che non avrebbe potuto vedere nulla. Quella volta, però, non andò così,
perché qualcuno osò scostare la tenda, potendo così creare un
collegamento tra il mondo esterno e l'Inferno.
L'Angelo vide abbastanza bene quell'estraneo, grazie ai diversi fuochi:
aveva lunghi capelli lisci e un paio di orecchie deformi, dalla forma
allungata. Gli occhi chiari della figura si allargarono appena quando
vide cosa contenesse quel carrozzone. Nonostante l'oscurità, nulla
poteva sfuggirgli, poiché che era capace di vedere anche un'immagine
termica del luogo.
Guardò la bimba e le parlò in una strana lingua, che lei non aveva mai
sentito nonostante le tante città che avevano girato. Lei scosse la
testa, facendogli comprendere che non lo capiva, allora questi iniziò a
parlare innumerevoli altri linguaggi, finché la bambina non s’illuminò
quando sentì delle parole che riconobbe subito: erano in latino.
Sollevando le mani, come a fare cenno di aspettare, l'Angelo allungò il
magro braccio oltre le sbarre della propria gabbia, andando a toccare
una gamba del Blasfemo, che dormiva con gli arti inferiori lungo
distesi fuori dalla propria prigione.
Mugugnando appena, si svegliò: «Uhn, che c'è?» domandò in un sussurro
in latino, la loro lingua.
Era molto raro che venissero svegliati nel cuore della notte, quindi
non si arrabbiò, pensando a un’emergenza.
«Pahale!» biascicò a stento la
bimba, intendendo "parlare", indicandogli il nuovo arrivato.
Il ragazzo lo guardò per un po', basito, non capendo chi fosse e,
soprattutto, perché fosse lì in mezzo a un gelido bosco.
«Salve» lo salutò cordiale, ritirandosi compostamente nella propria
gabbia. «Possiamo esserle utili?» chiese educato. Il Blasfemo, prima di
diventare uno della compagnia, era un nobile e, per questo, era il più
colto tra loro.
«Sei tu il capo, qui dentro?» domandò colui che stava all'esterno.
«Non abbiamo nessun capo» rispose l’altro, tranquillamente.
«Quindi posso parlare con te» capì. «Dovete andarvene da qui, subito.
Non vi vogliamo.»
«Da qui... dove?» domandò, sempre tenendo la voce bassa, mentre
l'Angelo li guardava senza comprendere.
«Dal bosco».
«Nh? Lei e la sua famiglia vivete qui? Ma non ci sono case...» obiettò
il Blasfemo. «Siete forse degli esiliati?».
I lunghi capelli vennero scossi con un energico movimento di diniego.
«Viviamo qua» la chiuse così. «E non vogliamo simili aberrazioni nel
nostro bosco» disse composto.
A quelle parole il Blasfemo sputò nella direzione della tenda aperta.
«Non siamo mostri!» disse a voce un pelo più alta, con fermezza e
determinazione.
Durante quell'ultimo scambio di battute aveva però risvegliato gli
altri inquilini nelle gabbie. Vari lamenti di protesta si sollevarono,
prima che tutti facessero caso all'individuo che li guardava con il
volto segnato da una smorfia di disprezzo.
«Chi è quell'uomo?» domandò la Nubile Nera, l'unica nella compagnia a
dividere la cella con un'altra persona: la Cavia, un bambino troppo
piccolo per poter essere lasciato solo, e che forse avrebbe trovato
l'adeguata protezione materna tra le sei braccia della Freak.
«Non lo s—» fece per dire l'ex-nobile, quando la figura all'esterno si
intromise:
«Non scambiarmi mai per un uomo!» disse con voce cupa, quasi sibilante,
come se gli avesse fatto un'offesa cercandogli tutto l'albero
genealogico.
«Allora noi ti chiameremo “uomo” se tu continuerai a offenderci!»,
rispose il Blasfemo.
«Vi potrei uccidere con un solo schiocco di dita» sussurrò l’altro,
posando la mano sulla grossa serratura delle grate oltre la tenda
«Oppure liberarvi e permettervi di lasciare questo bosco».
Tutti fecero attenzione alle sue parole, anche coloro che non le
capivano bene a causa del loro basso grado di istruzione.
«Allora?» domandò, guardando il Blasfemo.
In quel momento, la vocina timida di una giovane ragazza provenne dal
buio:
«Io voglio tornare a casa...» sussurrò la Sirena, agitando la sua
"pinna" caudale. «Questo posto è orribile.»
«Per me qualunque posto fa schifo...» fece l'Incubo, coprendosi la
testa con un panno sudicio, troppo imbarazzata di mostrare la sua
seconda faccia.
«Appena la mia malattia raggiungerà il cuore, morirò comunque...»
rispose il Putrefatto.
«Non potrò mai trovare un altro lavoro, così, senza mani... Ma io non
vorrei mai morire qua dentro, sinceramente» lo sgridò la Sarta, in un
sibilo.
Gli altri rimasero fuori dalla conversazione. Solo un’altra voce
gracchiante e pesante raggiunse le orecchie a punta del non-uomo; era
il Viso: «Non riesco a vederti... con questi miei occhi inutili... ma
certamente posso immaginare... il tuo ribrezzo...» parlava stanca, come
se ogni parola le costasse una fatica immane. «Ma se ci aiuterai, noi
ti saremo debitori».
La figura assunse un'espressione ancora più schifata. «Voi debitori?
Non fatemi ridere: mi fate solo pietà».
«Anche tu... odi... gli uomini, no?» disse la donna dal volto
inguardabile. «Io e molti altri qui li odiamo. Io non sono nata
così... mia madre mi ha messo... la faccia dentro un pentolone... pieno
di acqua calda, per deformarmelo... Mi ha cotto gli occhi... e... la
bocca... e un orecchio… e mi ha rivenduta al Padrone... io odio gli
umani...» raccontò. Probabilmente se avesse avuto ancora i condotti
lacrimali, avrebbe pianto.
«E tutto questo che c'entra?» domandò la figura misteriosa, facendo
scattare la serratura quasi per magia, aprendo silenziosamente la
pesante paratia e salendo sul carro.
«Abbiamo un nemico in comune» gli fece notare uno dei due Fantini.
«Potremmo essere utili» aggiunse il secondo.
«Tacete» ringhiò, aprendo piano piano le gabbie con la sola imposizione
della mano.
I Freaks rimasero sconvolti, non riuscendo a capire come potesse fare
una cosa del genere. Forse anche lui era un "diverso" esattamente come
loro?
Il Ciclope e il Nano, che non avevano capito nulla della conversazione,
furono però ben felici quando quell'essere dai lineamenti umanoidi fece
scattare anche la loro gabbia, liberandoli poco alla volta.
«Ghrashiye...» sussurrò
l'Angelo, sorridendo, ma ricevendo solo uno sguardo severo come
risposta.
La figura scese dal carro e vi rimase accanto, guardando i Freak
uscirvi... come se quel carrozzone fosse un luogo del sogno che
vomitava incubi.
«Mi fate schifo!» esclamò sottovoce, storcendo il naso. «Ora levatevi
dalla mia vista».
«Va bene...» sussurrò il Blasfemo. «Ci dia solo qualche ora» accordò
facendo un inchino. Per lo sforzo compiuto, le sue ferite ai palmi
ripresero a sanguinare e le gocce caddero sulla neve fresca, tingendola
di rosso.
«All'alba dovrete sparire» disse il non-umano, prima di spiccare un
balzo di tutto rispetto e scalare agilmente un albero, sparendo tra i
rami degli arbusti spogli e non.
Gli uomini di quella compagnia si guardarono e alcuni di loro
ghignarono.
«C'è una cosa che dobbiamo fare, prima» disse uno dei due gemelli.
«Già» rispose il fratello. «È da anni che attendiamo questo momento».
«Ma...» piagnucolò la piccola Sirena. «Lo volete fare davvero?».
«Certo» tagliò corto il Viso. «E chi non… vuole farlo può anche stare
a… guardare. Chi è… con me?» domandò.
I gemelli e la Sarta le toccarono subito il braccio, confermando la
loro presenza.
«Noi ci saremo senz'altro» sorrise la più vecchia tra loro, guardando
poi tutti gli altri, che posero la mano sul corpo della ragazza
sfigurata. All'appello mancavano solo la Sirena e il Blasfemo, che la
teneva in braccio.
«Voi?» chiese il Putrefatto.
I due scossero la testa. Non riuscivano a farcela: nonostante l'odio
che provavano non sarebbero mai riusciti a fare una cosa del genere.
«Va bene» annuì la Nubile Nera. «Allora non ci resta che vedere cosa ne
pensa l'ultimo tra noi» disse, mettendosi meglio la Cavia in braccio e
camminando silenziosa verso i cavalli, che ancora dormivano beati e
indisturbati.
Trovò subito il Pinguino, che svegliò con un calcio. Visto il suo grado
di libertà, non era ben visto dagli altri membri della compagnia.
Il cocchiere si svegliò di colpo con quella botta al fianco, tenendosi
il punto offeso con la mano. «Ahi!» esclamò in un rantolio, sollevando
lo sguardo e diventando più bianco della distesa di neve che li
circondava nella notte. «Cosa... Cosa ci fate voi...» balbettò
incredulo; solo il freddo pungente che avvertiva gli dava la sicurezza
che non si trattasse di un sogno.
«Se qualcuno ti dicesse: “Ti do la chiave per liberarti, ma in cambio
dovrai uccidere uno di noi”, cosa faresti?» domandò la donna.
Il Pinguino li guardò dal primo all'ultimo.
«È una domanda a trabocchetto» affermò deciso.
«È una semplice domanda...» disse la Sarta, annoiata. «Allora... cosa
rispondi?».
«Ovviamente no» rispose, guardandoli senza fiducia.
Forse, il tanto stare con il Padrone gli aveva fatto sollevare troppo
la cresta, e si sentiva in parte superiore a quei mostri.
«Bene. Cerca di tenere fede a quanto detto, allora. Non vogliamo
traditori tra noi» disse l'Incubo, levandosi lo straccio che si era
sistemata sulla testa a mo' di velo.
«Cosa succede?» domandò ancora il cocchiere, vedendo i Freaks avanzare
verso la carrozza.
«Puoi unirti a noi, se vuoi» sussurrò il Putrefatto, arrivando per
primo alla cuccetta dove dormiva il padrone. Anche se teneva il braccio
a ciondoloni, poiché inutilizzabile, ed era debole, quella luce
chiamata speranza e la sorella chiamata vendetta lo avevano risvegliato
dal suo torpore, come anche era successo agli altri.
«A fare cosa? COSA?» chiese il Pinguino, preoccupato.
«A diventare più umano...» sorrise uno dei Fantini, mentre il fratello
ridacchiava.
Il Pinguino rimase a terra, imbiancato dalla neve, guardando la scena
con una strana sensazione. Le parole del gemello non gli sembravano
dette con spirito caritatevole, ma velate di un sottile sadismo.
Il Blasfemo e la Sirena raggiunsero il cocchiere, rimanendo così a
guardare gli altri aprire la tenda, disturbando il sonno del Padrone
che si svegliò appena.
«Cosa c'è, Pinguino?» domandò a colui che credeva l'avesse svegliato,
trovandosi invece davanti il Viso.
«Non siamo... il tuo... galoppino» rantolò a stento.
Un po' per la sorpresa e un po' per l'impressione che doveva fargli
quella donna dall'orribile volto fuori dalla gabbia, l'uomo arretrò di
scatto, notando solo dopo che la menomata non era la sola lì presente,
ma quasi tutti i suoi mostri lo guardavano attraverso l'ingresso alla
cuccetta. Riprendendosi immediatamente dallo shock, parlò senza
mostrare paura alcuna:
«Come mai fuori?» domandò in toni duri. «Tornate subito in gabbia,
mostri!».
«Noi ci siamo stufati di essere trattati come bestie, messe in mostra
nelle gabbie» rispose dura la Nubile Nera.
«Voi non siete bestie: siete mostri e solo io vi ho voluti: ho
addirittura speso molto denaro per comprare alcuni di voi» ne parlava
come fossero oggetti. «E ne spendo per darvi da mangiare» aggiunse.
«Taci!» urlò la Sarta, mentre il Ciclope entrava dentro la cuccetta,
seguito poi dagli altri. Lui, avendo problemi di sviluppo cerebrale,
era il più "stupido", ma aveva delle emozioni, dei sentimenti, e questi
erano di rabbia.
L'uomo li vide entrare e non si mosse; sapeva di essere superiore a
loro e rimase a guardarli con aria di sufficienza.
«Sai, Padrone, abbiamo trovato un modo per diventare umani» gli
sussurrò l'Incubo. «E io voglio diventarlo».
«E quale sarebbe?» domandò l'uomo, scettico. «Voi non potrete mai
diventare come me».
«Noi siamo già uomini, anche se trattati da bestie» risposero i
Fantini, mentre tutti si mettevano a cerchio attorno a colui che tanto
li disprezzava. «Per essere veri uomini ci basterà diventare
cattivi...».
«E... mangiare gli uomini... così li assimileremo... ingloberemo...
e... diventeremo... uomini a nostra volta».
Il padrone sbiancò a quelle parole, captando per la prima volta il
pericolo che incombeva, ma non riuscì a fare nulla ché i nove Freak
presenti, la Cavia esclusa, gli furono addosso, strappandogli via la
carne con i denti e le mani, mangiandolo vivo, pasteggiano con le carni
di quell'umano che li aveva portati alla pazzia per essere stati
rinchiusi in quei piccoli e monotoni spazi per tutti quei mesi o peggio
anni. I due che di loro spontanea volontà avevano scelto di non
partecipare a quel luculliano
banchetto, guardavano i loro compagni senza battere ciglio, mentre il
Pinguino stava sudando come se si trovasse nel Sahara; non poteva
credere a quello che stava vedendo.
«Mostri...» balbettò. «Voi siete davvero mo—» ma fu bloccato da un
gemello, che gli tirò addosso un pezzo di carne, colpendolo in pieno
petto. Il caldo "cibo" si spalmò dapprima su di lui, poi cadde sulla
neve, squagliando la coltre bianca con il proprio calore.
«Mangia anche tu» lo invitò un gemello. «Ha un ottimo sapore» rise
sadico, continuando a pasteggiare.
Le loro bocche, le mani fino ai gomiti e i logori stracci erano sporchi
di quella rossa linfa, dando loro un aspetto ancor più grottesco.
Il Pinguino si mise a piangere, e la sirena gli diede un colpo di coda
per richiamare la sua attenzione.
«Vendetta. Pazzia. Dolore» spiegò. «Loro non sono cattivi».
L’uomo senza gambe continuò a tremare a piangere, finché tutti i
cannibali non terminarono di spolpare il Padrone e scesero dal carro in
una macabra processione che puzzava di cadavere.
«Ora siamo liberi» disse la Nubile Nera, che aveva dato da mangiare
quel cibo anche alla Cavia.
Gli altri annuirono, leccandosi le labbra rosse e peccatrici.
«Torneremo a casa?» sussurrò la Sirena, ricevendo alcuni dei segni di
diniego con la testa.
«Io voglio restare qua» disse la Sarta.
«Non possiamo» obiettò un gemello. «Quello là ci ha detto di andare
via» completò il secondo dei Fantini.
«Lui ha detto che non ci vuole vedere all'alba, e così sarà. Stanotte
cercheremo un buon rifugio per tutti in mezzo al bosco e usciremo solo
la notte, quando le tenebre ci nasconderanno meglio agli occhi del
nostro salvatore e della sua famiglia» disse il Putrefatto, trovando
una scappatoia alle ultime cose che aveva detto quella strana figura.
Gli altri annuirono convinti. Era giustissimo così.
Nessuno aveva una casa nella quale tornare (forse solo la Sirena e il
Blasfemo, ecco il motivo del loro discostamento dal gruppo), quindi un
posto valeva l'altro per riniziare, e quel bosco in un posto lontano da
tutti e da tutto sembrava fatto al caso loro.
«Aspettate...» sussurrò il Viso. «Abbiamo un... debito...» mangiare la
aveva affaticata molto, data la sua debolezza fisica e la sua
deformità.
«Con il Bellorecchio?» domandò un gemello.
«Sì. Colui... che ci ha salvato... merita tutta la nostra...
riconoscenza e... dobbiamo aiutarlo...» spiegò, prendendo profondi
respiri. «Lui odia gli uomini, anche noi... e lo aiuteremo...
uccideremo qualunque umano che entri... in questi boschi...»
«Così pagheremo il nostro debito!» disse contenta, la Sarta.
«Sì... ma possiamo farlo... solo di... notte...» espirò senza fiato,
cadendo a terra.
I loro fisici non erano più abituati a compiere sforzi.
«Va bene» annuirono più o meno tutti; dopo lo avrebbero spiegato a chi
non comprendeva bene la lingua, anche se ognuno di loro aveva capito
che ora potevano finalmente vivere.
Il Pinguino, intanto, era salito sul carro e aveva buttato a terra tra
la neve il corpo del Padrone, prendendo poi le redini e svegliando i
cavalli, che erano rimasti totalmente indifferenti sia all'arrivo del
bell'umanoide, sia all'intervento dei Freaks.
«Io vado via! Non ci sto un minuto di più con voi!» abbaiò spaventato.
«Ucciderete anche me!».
Molti di loro scossero il capo, ma non fecero nulla né per fermare il
cocchiere e né per rassicurarlo. Se non era con loro era contro di
loro, ma decisero di silente accordo comune di lasciarlo andare via
senza intervenire, visto che si trattava pur sempre di un loro fratello.
«Aspetta!» lo richiamò il Blasfemo. «È ancora notte!» gli fece notare.
«Non importa! Tanto non riuscirei a dormire!» disse con astio.
L'ex-nobile si fermò davanti ai cavalli che stavano per essere
incoraggiati a muoversi, e guardò i suoi compagni, insieme alla Sirena.
«La accompagnerò a casa, poi tornerò da voi» disse, accarezzando i
setosi capelli neri della bimba.
«Davvero?» domandò l’Incubo.
«Sì» tagliò corto, guardando poi il cocchiere. «Io e lei non siamo
sporchi di sangue» disse duro.
Forse, allora, aveva rifiutato di prendere parte a quel banchetto
perché sapeva di dover riportare la ragazzina a casa e doveva quindi
restare candido? Se lo chiesero in molti, ma nessuno osò domandare.
Era ovvio che ognuno avesse le proprie preferenze per quanto riguardava
l'ambito affettivo (come ad esempio la Nubile Nera, che ormai era
diventata madre della Cavia), quindi compresero che anche il Blasfemo e
la Sirena dovevano volersi particolarmente bene. Forse.
Il Pinguino storse il muso, poi fece loro cenno di salire; dopotutto
sarebbe stato pericoloso muoversi da solo nella notte.
La Sirena sorrise dopo mesi che non lo faceva più e venne portata sul
carro dall'altro Freak, muovendo la mano lungo il tragitto, come segno
di saluto:
«Ciao... grazie di tutto...» sussurrò, con due piccole lacrime che le
pizzicavano gli angoli degli occhi. Non sapeva se la sua mamma l'avesse
aspettata per tutto quel tempo da quando era sparita, ma non le
importava: dopotutto era finalmente libera.
«Ci rivedremo presto, spero» salutò il Blasfemo, mentre il cocchiere
partiva velocemente, frustando i cavalli per farli trottare fin da
subito, sollevando grandi zolle di neve nella corsa.
I restanti della compagnia si guardarono e iniziarono a inoltrarsi nel
bosco, dopo aver spento i fuochi, alla ricerca di un riparo temporaneo
prima di trovare la loro vera e propria casa. Quella dimora che avrebbe
rappresentato il presente e il futuro, anche se le tracce del passato
sarebbero state impossibili da cancellare, a causa soprattutto del
legame con il loro salvatore e del loro indissetabile desiderio di
vendetta: una promessa auto-imposta che li avrebbe portati a
disconoscersi dagli umani e li avrebbe ricondotti a diventare quello
che più cercavano di fuggire: dei mostri. Anche se loro si sentivano
molto più simili agli umani, ora che avrebbero fatto del male.
Sapete qual è
la creatura più pericolosa sulla
faccia della terra?
L’uomo.
E ora
capite perché
non si può andare nel bosco
di notte?
§Fine§
XShade-Shinra
Note: Tante,
tantissime note da fare in questo capitolo che considero uno dei più
importanti dell'intera raccolta.
Componenti della
Compagnia divisi per sesso:
-Ciclope [oloprosencefalia - ciclopia] - il Ciclope
-Bimbo completamente bianco e gli occhi rossi [albino] - la Cavia
-Uomo senza gambe [Fake - amputazione] – il Pinguino
-Ragazzo con le stigmate [Fake - ferita] – il Blasfemo
-Giovani gemelli attaccati per il bacino come se uno fosse a cavallino
sull’altro [gemelli siamesi] - i
Fantini
-Uomo alto mezzo metro [nanismo] - il
Nano
-Giovane con il braccio nero che sembra marcio [tumore - necrosi] - il
Putrefatto
-Donna con sei braccia [gemello parassita] - la Nubile Nera
-“Cosa” senza volto [Fake - bruciatura] –
il Viso
-Vecchina senza mani che lavora a maglia [Fake - amputazione]
– la Sarta
-Sirena terrestre [Sirenomelia] - la
Sirena
-Bimba con un paio di scheletriche ali [gemello parassita] - l'Angelo
-Ragazza con una mostruosa faccia dietro la testa tenuta rasata
[gemello parassita] - l'Incubo
-Freak, in
lingua inglese, indica una persona dall'aspetto o dal
comportamento inusuale. [fonte]
-L'albinismo:
Anomalia ereditaria consistente nella deficienza di
pigmentazione melaninica nella pelle, nell'iride e nella coroide, nei
peli e nei capelli. [fonte]
-Oloprosencefalia:
Difetto di sviluppo del cervello che si verifica
nelle prime settimane di vita intrauterina secondariamente a cause
diverse sia di tipo ambientale che genetico.
Si caratterizza per una mancata separazione degli emisferi cerebrali e
delle cavità ventricolari, nonché nella presenza
di una ipoplasia o una agenesia di varie altre strutture anatomiche del
cervello.
Essa è distinta nell’oloprosencefalia lobare,
l'oloprosencefalia semilobare e quella alobare, in base ad un criterio
di gravità crescente.
Molti pazienti presentano inoltre anomalie facciali: naso con una
singola narice oppure posto al centro della fronte; occhi ravvicinati o
ciclopia (un solo occhio centrale); a livello della bocca sono state
segnalate anomalie della fusione delle strutture labio-palatali e dei
denti.
[fonte]
Ciclopia:
Anomalia congenita dei vertebrati che consiste nella presenza
di un solo occhio più o meno completo in mezzo alla fronte
[hoepli]
-Nanismo:
Anomalia che causa un insufficiente sviluppo corporeo.
[fonte]
-Sirenomelia:
conosciuta anche con il nome di sindrome della sirena,
è una malformazione congenita con la quale gli arti
inferiori sono fusi insieme, dando loro le sembianze della coda di una
sirena. [fonte]
Nella mia storia, la Sirena possiede l'apparato uinario/escretore; non
so se sia possibile una
cosa del genere, ma era l'unico modo per portarla viva fino
all'età adolescenziale.
-Gemello siamese:
Coppia di gemelli omozigoti uniti in una parte del
corpo dalla nascita.
Le tipologie cambiano a seconda delle parti in cui sono uniti e degli
organi che hanno in comune: solitamente si dividono in quelle che non
coinvolgono il cuore e l'ombelico e quelle che coinvolgono l'ombelico.
A parte, sono classificate quelle "anomale", in cui uno dei due
embrioni è malformato o interno all'altro [gemello
parassita].
Il termine "siamese" deriva dal caso più celebre, quello di
Chang ed Eng Bunker, gemelli nati nel Siam (l'attuale Thailandia) nel
1811 uniti al torace da una striscia di cartilagine. I loro nomi
possono essere tradotti in italiano rispettivamente come Sinistro e
Destro. Chang ed Eng Bunker, dopo essere emigrati negli Stati Uniti,
lavorarono a lungo nel circo Barnum: sposarono due sorelle, ebbero 22
figli e vissero fino all'età di 62 anni.
[fonte]
-Infravisione:
capacità di alcune creature del fantasy che
permette loro di vedere al buio le variazioni dello spettro infrarosso,
come un’immagine termografica (le parti fredde risultano blu,
quelle calde invece si presentano rosse).
E ora parliamo di me e
di cosa ho voluto esprimere in questo capitolo.
Anche io ho conosciuto un freak da pochi mesi - quando ormai la trama
di NdN era già ultimata nella mia testa -, e sono rimasta
affascinata dalla forza e dalla voglia di vivere di questo ragazzo
nonostante il problema fisico che ha fin dalla nascita. Adoro le
persone che amano la vita nonostante le difficoltà e non ho
potuto fare a meno di ammirarlo!
In questa storia, infatti, non voglio dire che le creature sono cattive
perché sono freak, perché - come avrete letto -
non c'erano solo loro nel carro, ma anche persone normalissime che si
sono mutilate pur di entrarvi. In fondo è stato il Padrone
ad incattivire quegli uomini, che hanno solo reagito comportandosi di
rimando a come erano stati trattati.
I Freaks rimasti nel bosco, bramosi di punire altri uomini,
istruiranno anche i loro figli nel cannibalismo e il tutto
perché, alla fine, la creatura più crudele e
più pericolosa del mondo in realtà è
l'uomo stesso.
Naturalmente i Freaks rimasti si sono accoppiati ed è nato
un piccolo nucleo nel bosco. Il problema di queste nascite, nel tempo,
non sta assolutamente nel fatto che i figli dei Freak siano mostri!
Infatti nasceranno tutti sani. Il vero dramma sta nella loro
consanguineità, che nel tempo darà luogo a varie
patologie, creando loro sempre più scompensi. Inoltre,
l'esilio dal mondo, costerà caro anche alla loro
comunicazione, che verrà totalmente sostituita da quella
animale, non avendo avuto alcuna istruzione. Loro non hanno leggi e
vivono per uccidere gli uomini.
Ricordate lo scorso capitolo, quando si parlava della Esogamia, una
regola matrimoniale per cui il coniuge deve essere scelto al di fuori
di una cerchia matrimoniale, che può coincidere con
parentela o clan, fratria, tribù, ecc? Gli abitanti di
NevediNotte temono la consanguineità perché
è una caratteristica propria delle creature.
Del passato delle creature e come si è evoluta la faccenda
se ne parlerà in un prossimo capitolo intitolato "La
Compagnia d'Oltralpe", dove apparirà anche un'altra nostra
vecchia conoscenza. Per ora ho solo voluto darvi qualche accenno
sperando di avervi dato una visione abbastanza chiara e globale per
unire questa storia, che raccontava del passato, con la vicenda
ambientata nel presente degli scorsi capitoli.
In ultimo, vi chiederete: ma perché nevica solo di notte e in
questa storia non nevicava? Ehhh, quello sarò tutto un
altro… capitolo!
A proposito
dell'albinismo... giusto due paroline in più per
il mondo della scrittura amatoriale.
In molti fandom i personaggi che hanno pelle e capelli chiari
(all'occorrenza possono avere gli occhi chiari o rossi) vengono
denominati "albini". Io sono d'accordissimo su questo perché
l'albinismo non è una malattia vera e propria, ma
un'anomalia genetica che crea un forte o addirittura totale scompenso
di melanina: insomma sarebbe come nascere senza una gamba. Il problema
è che un albino può soffrire di determinate
patologie (come il cancro alla pelle per via dell'esposizione alla luce
del sole) per via della sua situazione a cui uno senza gamba non
andrebbe certo incontro. Inoltre, non tutti sanno che l'albinismo non
è detto che si manifesti in tutto il corpo, ma anche solo in
certe zone più o meno circoscritte.
Vorrei taaanto parlare anche del leucismo, ma non mi pare il caso! XD
Ho già detto troppo! XD
Questo è quello che risulta dopo la lunga chiacchierata con
il mio dottore, quel sant'uomo. Quando scrivo una storia non lascio mai
nemmeno una virgola al caso e mi informo su tutto, e non ho problemi a
dire che mi avvalgo dell'aiuto anche di altre persone, più
esperte di me, per regalare una piacevole lettura agli altri (ma
ciò non significa che io non possa fare errori, eh!XD). E
poi amo ampliare il mio bagaglio culturale! ^^
Scusate se vi ho annoiato con queste note (mi hanno preso
più tempo queste che la storia in sé), ma mi
sentivo in dovere di farle.
Al prossimo capitolo! ^^
-Disclaimer:
Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia
proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono
maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come
d’altronde i fatti in essa narrati.
XShade-Shinra
Risposte alle Recensioni:
x Livin Derevel:
xD Infatti è così: nulla in
questo racconto è come sembra e anche un minuscolo dettaglio
- vedi l'ombelico mancante del Cacciatore - è invece
importantissimo! *w*
Infatti per ovviare al casino che si farebbe, una volta all'anno si fa
pulizia! ^^ Dovrei fare così anch'io, in effetti... *passa
gomitolo di polvere e il gatto ci gioca*
x KissOfDeath: Thank you! ^^ Scusa per l'attesa di questo
capitolo...
sarei da frustare! ç_ç
x cabiria: <3 Grazie! ^^ Piano piano anche altri segreti
saranno
svelati! ^^
x Gaea: NevediNotte a rigor di logica è in Italia o in
Città del Vaticano o in una ex-colonia italiana, ma
può essere anche in un posto che non esiste o, magari,
esiste ma nessuno sa che è là. Una cosa
è certa: NevediNotte vive nella nostra Fantasia. <3
*applause*
x TUTTI: Visto che mi è stato richiesto, ci sarà
un capitolo dove il prete leggerà un diario o simili e gli
vedrete la faccia! xD
Da questo capitolo avete la mia autorizzazione a sommergermi di
domande! Piano piano risponderò a tutto nei capitoli che
verranno, visto che siamo praticamente al giro di boa e dopo i mille
dubbi è tempo i risposte. ^^
Inoltre, se volete che tratti di un particolare personaggio o
argomento, posso farlo (se possibile, eh! XD La trama già ce
l'ho, non posso cambiarla!).
AVVISO: I prossimi due capitoli saranno Drabble e/o Flashfict,
causa
contest. Sono certa di riuscire ad aggiornare comunque almeno una volta
al mese, se le faccio così brevi! ^^
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