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Autore: XShade_Shinra    11/07/2010    3 recensioni
[ ON HIATUS ]
Benvenuti a NevediNotte, un luogo dove nevica solo dal tramonto all'alba, come se la notte stessa volesse celare qualcosa...
- Tratto dall'ultimo capitolo postato: L'Abbraccio del Gelo - Come un gatto guarì la solitudine di una creatura centenaria. -
[ Raccolta Disomogenea Dark Fantasy. Generi e Avvisi all'interno di ogni Capitolo e nel Capitolo Indice ]
[ Il capitolo "03. Lo Spirito del Villaggio" ha vinto l'Award come Best Song Fiction alla Quinta Edizione dei "Never Ending Story Awards" ]
[ Il capitolo "05. La Cicatrice della Vita" si è classificato 1° e ha vinto i Premi "Giuria", "Miglior Titolo" e "Originalità" al contest "Drabble and flash Collection" indetto da Deidaranna93 sul forum di EFP ]
Genere: Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'NevediNotte'
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- Hellcome to NevediNotte -
Il Carro dei Mostri

«Si chiamano mostri perché devono essere mostrati, signore e signori!»

 
Il carro dei mostri che gira le strade
Ti porta lontano, mostrarti vorrà!
Il carro dei mostri, che gira le strade,
Che gira e che gira e che gira...
[Fiaba - L'omino di latta]


«Si chiamano mostri perché devono essere mostrati, signore e signori!».
La voce del Padrone risuonava tetra come se stesse parlando dentro un barattolo di latta.
Quell’uomo viaggiava per il mondo con un carro speciale. Molto speciale. Possedeva, infatti, incredibili attrazioni, che sembravano provenire direttamente da un incubo.
Non era propriamente un circo, poiché, oltre al contenuto del carro, c’erano solo il proprietario e il suo aiutante: un qualcosa che rimaneva fuori dalle gabbie e guidava il carro al posto del Padrone.
Forse, tra tutti, è stato scelto proprio “lui” per quel ruolo che profumava di libertà perché non sarebbe mai potuto scappare; non per cieca fedeltà al suo datore di lavoro, ma per il proprio aspetto fisico: il Pinguino, così era chiamato, non possedeva le gambe.
Ogni membro di quella grottesca compagnia nomade di città in città aveva una sua propria caratteristica che lo rendeva terrificante; c’erano: un ciclope, un bimbo completamente bianco con gli occhi rossi, una donna con sei braccia, una “cosa” senza volto, una vecchina senza mani che lavorava a maglia, una giovane sirena terrestre, una ragazza con una mostruosa faccia dietro la testa tenuta rasata, una bimba con un paio di scheletriche braccia sulla schiena – simili ad ali –, un ragazzo con le stigmate, due giovani gemelli attaccati per il bacino come se uno fosse a cavallino sull’altro, un uomo alto mezzo metro, un giovane con il braccio nero che sembrava marcio.
Erano tutti mostri.
Mostri che vivevano in quel carro, tra le sbarre delle loro prigioni, come bestie.
Ma non tutte le creature rinchiuse in quella prigione erano autentiche: la maggior parte era veramente nata così, e per questo, solitamente, abbandonata e raccolta dal padrone del carro; ma altri si erano causati da soli quelle malformazioni, come il Pinguino, la Sarta, il Viso e il Blasfemo. Essi avevano scelto di rifiutare il corpo che Dio gli aveva donato per poter entrare a far parte di quella compagnia; in parte per avere così un lavoro, ma anche perché volevano uscire dalla monotonia della loro tediosa città e viaggiare per il mondo non dovendo nemmeno sporcarsi le mani con spettacoli circensi, ma solo posando per un pubblico incredulo e terrorizzato. Avevano rinunciato a un corpo “normale” per un impiego facile e una vita all’apparenza agiata. Ma la realtà di quel carrozzone era ben diversa una volta vista dall’interno e non da fuori, tra gli spettatori.
Il Padrone era un essere spietato: li teneva tutti segregati dentro il suo carro, dando loro un pasto al giorno e basta. Nessun letto per dormire o dell’acqua per lavarsi. Venivano lavati solo di rado, proprio quando puzzavano troppo per sopportarli oltre e venivano colpiti con secchiate fredde. Quelle gabbie erano le loro case, le loro prigioni che puzzavano di sudore, orina e feci. Un orribile spettacolo di sottomissione e violenza psicologica atti a volerli far sentire inferiori.
Tutti si conoscevano tra loro e spesso chiacchieravano nel carro. Non tutti erano in grado di parlare correttamente la lingua (erano soprattutto il ciclope e i giovani ad avere problemi), e quasi nessuno aveva avuto un’istruzione adeguata. Infatti erano stati emarginati fin da giovani dalla società e solo in pochi avevano trovato un’anima pia che li aiutasse prima dell’arrivo del padrone del Carro dei Mostri a portarli via, dando ad ognuno un nuovo nome legato alla particolarità per il quale era stato scelto, eliminando così il nome da umano e accogliendo il nome da mostro, che utilizzavano anche per rivolgersi tra di loro; perché il padrone non li considerava umani, ma mostri, e da tali li trattava.

Durante uno dei loro monotoni viaggi, la carovana arrivò presso una cittadina piccola e modesta. Dopo aver tenuto lì la consueta “Mostra dei Mostri”, il Padrone decise di ripartire immediatamente la mattina dopo prendendo il sentiero tra le montagne boscose e risparmiare così un giorno di cammino per raggiungere la città al di là dei monti. Quelle terre erano veramente desolate, ma anche lì la gente era ben felice di pagare per vedere quegli uomini dallo strano aspetto, soprattutto perché pochi stranieri passavano da quelle parti a causa del difficile collegamento tra paesi.
Così il carro trainato da due forti cavalli da tiro, condotto dal Pinguino, imboccò il sentiero per i monti innevati, arrestando il cammino solo qualche minuto prima del tramonto.
Il Padrone entrò nella sua cuccetta appena dietro il sedile del cocchiere e si mise a dormire, ordinando al Pinguino di svegliarlo nel caso vedesse dei lupi. Non avrebbe mai potuto rischiare di perdere i suoi due preziosi cavalli purosangue!
Il cocchiere deambulò goffamente per il bosco, raccogliendo parecchia legna, e accese diversi fuochi intorno a loro, creando un cerchio discontinuo di fiamme, per tenere lontani gli animali selvatici. Ma non aveva pensato che quel bosco potesse essere popolato non solo da animali.
Quando il Pinguino andò ad addormentarsi insieme ai cavalli, alla ricerca di un po’ di calore in mezzo a tutta quella neve depositata attorno a loro e che appesantiva i rami degli alberi, il silenzio cadde sul bosco.
Non un filo di vento o un qualsivoglia suono di madre natura interruppe lo scoppiettio del fuoco, rendendo pauroso quel luogo all'apparenza disabitato.
Dopo pochi secondi, però, si udì un fievole rumore: lo scricchiolo sulla neve sotto il peso di un qualcuno che procedeva di buon ritmo, un qualcosa di troppo fioco perché gli umani potessero udirlo, se non una tra loro. Colei che ancora non dormiva: l'Angelo. Sorpresa da quel suono inaspettato, la bimba guardò d'istinto verso la grossa tenda e la grata che li separavano dal mondo esterno, pensando solo dopo al fatto che non avrebbe potuto vedere nulla. Quella volta, però, non andò così, perché qualcuno osò scostare la tenda, potendo così creare un collegamento tra il mondo esterno e l'Inferno.
L'Angelo vide abbastanza bene quell'estraneo, grazie ai diversi fuochi: aveva lunghi capelli lisci e un paio di orecchie deformi, dalla forma allungata. Gli occhi chiari della figura si allargarono appena quando vide cosa contenesse quel carrozzone. Nonostante l'oscurità, nulla poteva sfuggirgli, poiché che era capace di vedere anche un'immagine termica del luogo.
Guardò la bimba e le parlò in una strana lingua, che lei non aveva mai sentito nonostante le tante città che avevano girato. Lei scosse la testa, facendogli comprendere che non lo capiva, allora questi iniziò a parlare innumerevoli altri linguaggi, finché la bambina non s’illuminò quando sentì delle parole che riconobbe subito: erano in latino. Sollevando le mani, come a fare cenno di aspettare, l'Angelo allungò il magro braccio oltre le sbarre della propria gabbia, andando a toccare una gamba del Blasfemo, che dormiva con gli arti inferiori lungo distesi fuori dalla propria prigione.
Mugugnando appena, si svegliò: «Uhn, che c'è?» domandò in un sussurro in latino, la loro lingua.
Era molto raro che venissero svegliati nel cuore della notte, quindi non si arrabbiò, pensando a un’emergenza.
«Pahale!» biascicò a stento la bimba, intendendo "parlare", indicandogli il nuovo arrivato.
Il ragazzo lo guardò per un po', basito, non capendo chi fosse e, soprattutto, perché fosse lì in mezzo a un gelido bosco.
«Salve» lo salutò cordiale, ritirandosi compostamente nella propria gabbia. «Possiamo esserle utili?» chiese educato. Il Blasfemo, prima di diventare uno della compagnia, era un nobile e, per questo, era il più colto tra loro.
«Sei tu il capo, qui dentro?» domandò colui che stava all'esterno.
«Non abbiamo nessun capo» rispose l’altro, tranquillamente.
«Quindi posso parlare con te» capì. «Dovete andarvene da qui, subito. Non vi vogliamo.»
«Da qui... dove?» domandò, sempre tenendo la voce bassa, mentre l'Angelo li guardava senza comprendere.
«Dal bosco».
«Nh? Lei e la sua famiglia vivete qui? Ma non ci sono case...» obiettò il Blasfemo. «Siete forse degli esiliati?».
I lunghi capelli vennero scossi con un energico movimento di diniego.
«Viviamo qua» la chiuse così. «E non vogliamo simili aberrazioni nel nostro bosco» disse composto.
A quelle parole il Blasfemo sputò nella direzione della tenda aperta.
«Non siamo mostri!» disse a voce un pelo più alta, con fermezza e determinazione.
Durante quell'ultimo scambio di battute aveva però risvegliato gli altri inquilini nelle gabbie. Vari lamenti di protesta si sollevarono, prima che tutti facessero caso all'individuo che li guardava con il volto segnato da una smorfia di disprezzo.
«Chi è quell'uomo?» domandò la Nubile Nera, l'unica nella compagnia a dividere la cella con un'altra persona: la Cavia, un bambino troppo piccolo per poter essere lasciato solo, e che forse avrebbe trovato l'adeguata protezione materna tra le sei braccia della Freak.
«Non lo s—» fece per dire l'ex-nobile, quando la figura all'esterno si intromise:
«Non scambiarmi mai per un uomo!» disse con voce cupa, quasi sibilante, come se gli avesse fatto un'offesa cercandogli tutto l'albero genealogico.
«Allora noi ti chiameremo “uomo” se tu continuerai a offenderci!», rispose il Blasfemo.
«Vi potrei uccidere con un solo schiocco di dita» sussurrò l’altro, posando la mano sulla grossa serratura delle grate oltre la tenda «Oppure liberarvi e permettervi di lasciare questo bosco».
Tutti fecero attenzione alle sue parole, anche coloro che non le capivano bene a causa del loro basso grado di istruzione.
«Allora?» domandò, guardando il Blasfemo.
In quel momento, la vocina timida di una giovane ragazza provenne dal buio:
«Io voglio tornare a casa...» sussurrò la Sirena, agitando la sua "pinna" caudale. «Questo posto è orribile.»
«Per me qualunque posto fa schifo...» fece l'Incubo, coprendosi la testa con un panno sudicio, troppo imbarazzata di mostrare la sua seconda faccia.
«Appena la mia malattia raggiungerà il cuore, morirò comunque...» rispose il Putrefatto.
«Non potrò mai trovare un altro lavoro, così, senza mani... Ma io non vorrei mai morire qua dentro, sinceramente» lo sgridò la Sarta, in un sibilo.
Gli altri rimasero fuori dalla conversazione. Solo un’altra voce gracchiante e pesante raggiunse le orecchie a punta del non-uomo; era il Viso: «Non riesco a vederti... con questi miei occhi inutili... ma certamente posso immaginare... il tuo ribrezzo...» parlava stanca, come se ogni parola le costasse una fatica immane. «Ma se ci aiuterai, noi ti saremo debitori».
La figura assunse un'espressione ancora più schifata. «Voi debitori? Non fatemi ridere: mi fate solo pietà».
«Anche tu... odi... gli uomini, no?» disse la donna dal volto inguardabile.  «Io e molti altri qui li odiamo. Io non sono nata così... mia madre mi ha messo... la faccia dentro un pentolone... pieno di acqua calda, per deformarmelo... Mi ha cotto gli occhi... e... la bocca... e un orecchio… e mi ha rivenduta al Padrone... io odio gli umani...» raccontò. Probabilmente se avesse avuto ancora i condotti lacrimali, avrebbe pianto.
«E tutto questo che c'entra?» domandò la figura misteriosa, facendo scattare la serratura quasi per magia, aprendo silenziosamente la pesante paratia e salendo sul carro.
«Abbiamo un nemico in comune» gli fece notare uno dei due Fantini. «Potremmo essere utili» aggiunse il secondo.
«Tacete» ringhiò, aprendo piano piano le gabbie con la sola imposizione della mano.
I Freaks rimasero sconvolti, non riuscendo a capire come potesse fare una cosa del genere. Forse anche lui era un "diverso" esattamente come loro?
Il Ciclope e il Nano, che non avevano capito nulla della conversazione, furono però ben felici quando quell'essere dai lineamenti umanoidi fece scattare anche la loro gabbia, liberandoli poco alla volta.
«Ghrashiye...» sussurrò l'Angelo, sorridendo, ma ricevendo solo uno sguardo severo come risposta.
La figura scese dal carro e vi rimase accanto, guardando i Freak uscirvi... come se quel carrozzone fosse un luogo del sogno che vomitava incubi.
«Mi fate schifo!» esclamò sottovoce, storcendo il naso. «Ora levatevi dalla mia vista».
«Va bene...» sussurrò il Blasfemo. «Ci dia solo qualche ora» accordò facendo un inchino. Per lo sforzo compiuto, le sue ferite ai palmi ripresero a sanguinare e le gocce caddero sulla neve fresca, tingendola di rosso.
«All'alba dovrete sparire» disse il non-umano, prima di spiccare un balzo di tutto rispetto e scalare agilmente un albero, sparendo tra i rami degli arbusti spogli e non.
Gli uomini di quella compagnia si guardarono e alcuni di loro ghignarono.
«C'è una cosa che dobbiamo fare, prima» disse uno dei due gemelli. «Già» rispose il fratello. «È da anni che attendiamo questo momento».
«Ma...» piagnucolò la piccola Sirena. «Lo volete fare davvero?».
«Certo» tagliò corto il Viso. «E chi non… vuole farlo può anche stare a… guardare. Chi è… con me?» domandò.
I gemelli e la Sarta le toccarono subito il braccio, confermando la loro presenza.
«Noi ci saremo senz'altro» sorrise la più vecchia tra loro, guardando poi tutti gli altri, che posero la mano sul corpo della ragazza sfigurata. All'appello mancavano solo la Sirena e il Blasfemo, che la teneva in braccio.
«Voi?» chiese il Putrefatto.
I due scossero la testa. Non riuscivano a farcela: nonostante l'odio che provavano non sarebbero mai riusciti a fare una cosa del genere.
«Va bene» annuì la Nubile Nera. «Allora non ci resta che vedere cosa ne pensa l'ultimo tra noi» disse, mettendosi meglio la Cavia in braccio e camminando silenziosa verso i cavalli, che ancora dormivano beati e indisturbati.
Trovò subito il Pinguino, che svegliò con un calcio. Visto il suo grado di libertà, non era ben visto dagli altri membri della compagnia.
Il cocchiere si svegliò di colpo con quella botta al fianco, tenendosi il punto offeso con la mano. «Ahi!» esclamò in un rantolio, sollevando lo sguardo e diventando più bianco della distesa di neve che li circondava nella notte. «Cosa... Cosa ci fate voi...» balbettò incredulo; solo il freddo pungente che avvertiva gli dava la sicurezza che non si trattasse di un sogno.
«Se qualcuno ti dicesse: “Ti do la chiave per liberarti, ma in cambio dovrai uccidere uno di noi”, cosa faresti?» domandò la donna.
Il Pinguino li guardò dal primo all'ultimo.
«È una domanda a trabocchetto» affermò deciso.
«È una semplice domanda...» disse la Sarta, annoiata. «Allora... cosa rispondi?».
«Ovviamente no» rispose, guardandoli senza fiducia.
Forse, il tanto stare con il Padrone gli aveva fatto sollevare troppo la cresta, e si sentiva in parte superiore a quei mostri.
«Bene. Cerca di tenere fede a quanto detto, allora. Non vogliamo traditori tra noi» disse l'Incubo, levandosi lo straccio che si era sistemata sulla testa a mo' di velo.
«Cosa succede?» domandò ancora il cocchiere, vedendo i Freaks avanzare verso la carrozza.
«Puoi unirti a noi, se vuoi» sussurrò il Putrefatto, arrivando per primo alla cuccetta dove dormiva il padrone. Anche se teneva il braccio a ciondoloni, poiché inutilizzabile, ed era debole, quella luce chiamata speranza e la sorella chiamata vendetta lo avevano risvegliato dal suo torpore, come anche era successo agli altri.
«A fare cosa? COSA?» chiese il Pinguino, preoccupato.
«A diventare più umano...» sorrise uno dei Fantini, mentre il fratello ridacchiava.
Il Pinguino rimase a terra, imbiancato dalla neve, guardando la scena con una strana sensazione. Le parole del gemello non gli sembravano dette con spirito caritatevole, ma velate di un sottile sadismo.
Il Blasfemo e la Sirena raggiunsero il cocchiere, rimanendo così a guardare gli altri aprire la tenda, disturbando il sonno del Padrone che si svegliò appena.
«Cosa c'è, Pinguino?» domandò a colui che credeva l'avesse svegliato, trovandosi invece davanti il Viso.
«Non siamo... il tuo... galoppino» rantolò a stento.
Un po' per la sorpresa e un po' per l'impressione che doveva fargli quella donna dall'orribile volto fuori dalla gabbia, l'uomo arretrò di scatto, notando solo dopo che la menomata non era la sola lì presente, ma quasi tutti i suoi mostri lo guardavano attraverso l'ingresso alla cuccetta. Riprendendosi immediatamente dallo shock, parlò senza mostrare paura alcuna:
«Come mai fuori?» domandò in toni duri. «Tornate subito in gabbia, mostri!».
«Noi ci siamo stufati di essere trattati come bestie, messe in mostra nelle gabbie» rispose dura la Nubile Nera.
«Voi non siete bestie: siete mostri e solo io vi ho voluti: ho addirittura speso molto denaro per comprare alcuni di voi» ne parlava come fossero oggetti. «E ne spendo per darvi da mangiare» aggiunse.
«Taci!» urlò la Sarta, mentre il Ciclope entrava dentro la cuccetta, seguito poi dagli altri. Lui, avendo problemi di sviluppo cerebrale, era il più "stupido", ma aveva delle emozioni, dei sentimenti, e questi erano di rabbia.
L'uomo li vide entrare e non si mosse; sapeva di essere superiore a loro e rimase a guardarli con aria di sufficienza.
«Sai, Padrone, abbiamo trovato un modo per diventare umani» gli sussurrò l'Incubo. «E io voglio diventarlo».
«E quale sarebbe?» domandò l'uomo, scettico. «Voi non potrete mai diventare come me».
«Noi siamo già uomini, anche se trattati da bestie» risposero i Fantini, mentre tutti si mettevano a cerchio attorno a colui che tanto li disprezzava. «Per essere veri uomini ci basterà diventare cattivi...».
«E... mangiare gli uomini... così li assimileremo... ingloberemo... e... diventeremo... uomini a nostra volta».
Il padrone sbiancò a quelle parole, captando per la prima volta il pericolo che incombeva, ma non riuscì a fare nulla ché i nove Freak presenti, la Cavia esclusa, gli furono addosso, strappandogli via la carne con i denti e le mani, mangiandolo vivo, pasteggiano con le carni di quell'umano che li aveva portati alla pazzia per essere stati rinchiusi in quei piccoli e monotoni spazi per tutti quei mesi o peggio anni. I due che di loro spontanea volontà avevano scelto di non partecipare a quel luculliano banchetto, guardavano i loro compagni senza battere ciglio, mentre il Pinguino stava sudando come se si trovasse nel Sahara; non poteva credere a quello che stava vedendo.
«Mostri...» balbettò. «Voi siete davvero mo—» ma fu bloccato da un gemello, che gli tirò addosso un pezzo di carne, colpendolo in pieno petto. Il caldo "cibo" si spalmò dapprima su di lui, poi cadde sulla neve, squagliando la coltre bianca con il proprio calore.
«Mangia anche tu» lo invitò un gemello. «Ha un ottimo sapore» rise sadico, continuando a pasteggiare.
Le loro bocche, le mani fino ai gomiti e i logori stracci erano sporchi di quella rossa linfa, dando loro un aspetto ancor più grottesco.
Il Pinguino si mise a piangere, e la sirena gli diede un colpo di coda per richiamare la sua attenzione.
«Vendetta. Pazzia. Dolore» spiegò. «Loro non sono cattivi».
L’uomo senza gambe continuò a tremare a piangere, finché tutti i cannibali non terminarono di spolpare il Padrone e scesero dal carro in una macabra processione che puzzava di cadavere.
«Ora siamo liberi» disse la Nubile Nera, che aveva dato da mangiare quel cibo anche alla Cavia.
Gli altri annuirono, leccandosi le labbra rosse e peccatrici.
«Torneremo a casa?» sussurrò la Sirena, ricevendo alcuni dei segni di diniego con la testa.
«Io voglio restare qua» disse la Sarta.
«Non possiamo» obiettò un gemello. «Quello là ci ha detto di andare via» completò il secondo dei Fantini.
«Lui ha detto che non ci vuole vedere all'alba, e così sarà. Stanotte cercheremo un buon rifugio per tutti in mezzo al bosco e usciremo solo la notte, quando le tenebre ci nasconderanno meglio agli occhi del nostro salvatore e della sua famiglia» disse il Putrefatto, trovando una scappatoia alle ultime cose che aveva detto quella strana figura.
Gli altri annuirono convinti. Era giustissimo così.
Nessuno aveva una casa nella quale tornare (forse solo la Sirena e il Blasfemo, ecco il motivo del loro discostamento dal gruppo), quindi un posto valeva l'altro per riniziare, e quel bosco in un posto lontano da tutti e da tutto sembrava fatto al caso loro.
«Aspettate...» sussurrò il Viso. «Abbiamo un... debito...» mangiare la aveva affaticata molto, data la sua debolezza fisica e la sua deformità.
«Con il Bellorecchio?» domandò un gemello.
«Sì. Colui... che ci ha salvato... merita tutta la nostra... riconoscenza e... dobbiamo aiutarlo...» spiegò, prendendo profondi respiri. «Lui odia gli uomini, anche noi... e lo aiuteremo... uccideremo qualunque umano che entri... in questi boschi...»
«Così pagheremo il nostro debito!» disse contenta, la Sarta.
«Sì... ma possiamo farlo... solo di... notte...» espirò senza fiato, cadendo a terra.
I loro fisici non erano più abituati a compiere sforzi.
«Va bene» annuirono più o meno tutti; dopo lo avrebbero spiegato a chi non comprendeva bene la lingua, anche se ognuno di loro aveva capito che ora potevano finalmente vivere.
Il Pinguino, intanto, era salito sul carro e aveva buttato a terra tra la neve il corpo del Padrone, prendendo poi le redini e svegliando i cavalli, che erano rimasti totalmente indifferenti sia all'arrivo del bell'umanoide, sia all'intervento dei Freaks.
«Io vado via! Non ci sto un minuto di più con voi!» abbaiò spaventato. «Ucciderete anche me!».
Molti di loro scossero il capo, ma non fecero nulla né per fermare il cocchiere e né per rassicurarlo. Se non era con loro era contro di loro, ma decisero di silente accordo comune di lasciarlo andare via senza intervenire, visto che si trattava pur sempre di un loro fratello.
«Aspetta!» lo richiamò il Blasfemo. «È ancora notte!» gli fece notare.
«Non importa! Tanto non riuscirei a dormire!» disse con astio.
L'ex-nobile si fermò davanti ai cavalli che stavano per essere incoraggiati a muoversi, e guardò i suoi compagni, insieme alla Sirena.
«La accompagnerò a casa, poi tornerò da voi» disse, accarezzando i setosi capelli neri della bimba.
«Davvero?» domandò l’Incubo.
«Sì» tagliò corto, guardando poi il cocchiere. «Io e lei non siamo sporchi di sangue» disse duro.
Forse, allora, aveva rifiutato di prendere parte a quel banchetto perché sapeva di dover riportare la ragazzina a casa e doveva quindi restare candido? Se lo chiesero in molti, ma nessuno osò domandare.
Era ovvio che ognuno avesse le proprie preferenze per quanto riguardava l'ambito affettivo (come ad esempio la Nubile Nera, che ormai era diventata madre della Cavia), quindi compresero che anche il Blasfemo e la Sirena dovevano volersi particolarmente bene. Forse.
Il Pinguino storse il muso, poi fece loro cenno di salire; dopotutto sarebbe stato pericoloso muoversi da solo nella notte.
La Sirena sorrise dopo mesi che non lo faceva più e venne portata sul carro dall'altro Freak, muovendo la mano lungo il tragitto, come segno di saluto:
«Ciao... grazie di tutto...» sussurrò, con due piccole lacrime che le pizzicavano gli angoli degli occhi. Non sapeva se la sua mamma l'avesse aspettata per tutto quel tempo da quando era sparita, ma non le importava: dopotutto era finalmente libera.
«Ci rivedremo presto, spero» salutò il Blasfemo, mentre il cocchiere partiva velocemente, frustando i cavalli per farli trottare fin da subito, sollevando grandi zolle di neve nella corsa.
I restanti della compagnia si guardarono e iniziarono a inoltrarsi nel bosco, dopo aver spento i fuochi, alla ricerca di un riparo temporaneo prima di trovare la loro vera e propria casa. Quella dimora che avrebbe rappresentato il presente e il futuro, anche se le tracce del passato sarebbero state impossibili da cancellare, a causa soprattutto del legame con il loro salvatore e del loro indissetabile desiderio di vendetta: una promessa auto-imposta che li avrebbe portati a disconoscersi dagli umani e li avrebbe ricondotti a diventare quello che più cercavano di fuggire: dei mostri. Anche se loro si sentivano molto più simili agli umani, ora che avrebbero fatto del male.


Sapete qual è la creatura più pericolosa sulla faccia della terra?

L’uomo.
 
E ora capite perché non si può andare nel bosco di notte?


§Fine§
XShade-Shinra



Note: Tante, tantissime note da fare in questo capitolo che considero uno dei più importanti dell'intera raccolta.


Componenti della Compagnia divisi per sesso:
-Ciclope [oloprosencefalia  - ciclopia] - il Ciclope
-Bimbo completamente bianco e gli occhi rossi [albino] - la Cavia
-Uomo senza gambe [Fake - amputazione] – il Pinguino
-Ragazzo con le stigmate [Fake - ferita] – il Blasfemo
-Giovani gemelli attaccati per il bacino come se uno fosse a cavallino sull’altro [gemelli siamesi] - i Fantini
-Uomo alto mezzo metro [nanismo] - il Nano
-Giovane con il braccio nero che sembra marcio [tumore - necrosi] - il Putrefatto

-Donna con sei braccia [gemello parassita] - la Nubile Nera  
-“Cosa” senza volto [Fake - bruciatura] – il Viso
-Vecchina senza mani che lavora a maglia [Fake - amputazione] – la Sarta  
-Sirena terrestre [Sirenomelia] - la Sirena
-Bimba con un paio di scheletriche ali [gemello parassita] - l'Angelo
-Ragazza con una mostruosa faccia dietro la testa tenuta rasata [gemello parassita] - l'Incubo


-Freak, in lingua inglese, indica una persona dall'aspetto o dal comportamento inusuale. [fonte]
-L'albinismo: Anomalia ereditaria consistente nella deficienza di pigmentazione melaninica nella pelle, nell'iride e nella coroide, nei peli e nei capelli. [fonte]
-Oloprosencefalia: Difetto di sviluppo del cervello che si verifica nelle prime settimane di vita intrauterina secondariamente a cause diverse sia di tipo ambientale che genetico.
Si caratterizza per una mancata separazione degli emisferi cerebrali e delle cavità ventricolari, nonché nella presenza di una ipoplasia o una agenesia di varie altre strutture anatomiche del cervello.
Essa è distinta nell’oloprosencefalia lobare, l'oloprosencefalia semilobare e quella alobare, in base ad un criterio di gravità crescente.
Molti pazienti presentano inoltre anomalie facciali: naso con una singola narice oppure posto al centro della fronte; occhi ravvicinati o ciclopia (un solo occhio centrale); a livello della bocca sono state segnalate anomalie della fusione delle strutture labio-palatali e dei denti. [fonte]
Ciclopia: Anomalia congenita dei vertebrati che consiste nella presenza di un solo occhio più o meno completo in mezzo alla fronte [hoepli]
-Nanismo: Anomalia che causa un insufficiente sviluppo corporeo. [fonte]
-Sirenomelia: conosciuta anche con il nome di sindrome della sirena, è una malformazione congenita con la quale gli arti inferiori sono fusi insieme, dando loro le sembianze della coda di una sirena. [fonte]
Nella mia storia, la Sirena possiede l'apparato uinario/escretore; non so se sia possibile una cosa del genere, ma era l'unico modo per portarla viva fino all'età adolescenziale.
-Gemello siamese: Coppia di gemelli omozigoti uniti in una parte del corpo dalla nascita.
Le tipologie cambiano a seconda delle parti in cui sono uniti e degli organi che hanno in comune: solitamente si dividono in quelle che non coinvolgono il cuore e l'ombelico e quelle che coinvolgono l'ombelico. A parte, sono classificate quelle "anomale", in cui uno dei due embrioni è malformato o interno all'altro [gemello parassita].
Il termine "siamese" deriva dal caso più celebre, quello di Chang ed Eng Bunker, gemelli nati nel Siam (l'attuale Thailandia) nel 1811 uniti al torace da una striscia di cartilagine. I loro nomi possono essere tradotti in italiano rispettivamente come Sinistro e Destro. Chang ed Eng Bunker, dopo essere emigrati negli Stati Uniti, lavorarono a lungo nel circo Barnum: sposarono due sorelle, ebbero 22 figli e vissero fino all'età di 62 anni. [fonte]

-Infravisione: capacità di alcune creature del fantasy che permette loro di vedere al buio le variazioni dello spettro infrarosso, come un’immagine termografica (le parti fredde risultano blu, quelle calde invece si presentano rosse).


E ora parliamo di me e di cosa ho voluto esprimere in questo capitolo.
Anche io ho conosciuto un freak da pochi mesi - quando ormai la trama di NdN era già ultimata nella mia testa -, e sono rimasta affascinata dalla forza e dalla voglia di vivere di questo ragazzo nonostante il problema fisico che ha fin dalla nascita. Adoro le persone che amano la vita nonostante le difficoltà e non ho potuto fare a meno di ammirarlo!
In questa storia, infatti, non voglio dire che le creature sono cattive perché sono freak, perché - come avrete letto - non c'erano solo loro nel carro, ma anche persone normalissime che si sono mutilate pur di entrarvi. In fondo è stato il Padrone ad incattivire quegli uomini, che hanno solo reagito comportandosi di rimando a come erano stati trattati.
I Freaks rimasti nel bosco, bramosi di punire altri uomini, istruiranno anche i loro figli nel cannibalismo e il tutto perché, alla fine, la creatura più crudele e più pericolosa del mondo in realtà è l'uomo stesso.
Naturalmente i Freaks rimasti si sono accoppiati ed è nato un piccolo nucleo nel bosco. Il problema di queste nascite, nel tempo, non sta assolutamente nel fatto che i figli dei Freak siano mostri! Infatti nasceranno tutti sani. Il vero dramma sta nella loro consanguineità, che nel tempo darà luogo a varie patologie, creando loro sempre più scompensi. Inoltre, l'esilio dal mondo, costerà caro anche alla loro comunicazione, che verrà totalmente sostituita da quella animale, non avendo avuto alcuna istruzione. Loro non hanno leggi e vivono per uccidere gli uomini.
Ricordate lo scorso capitolo, quando si parlava della Esogamia, una regola matrimoniale per cui il coniuge deve essere scelto al di fuori di una cerchia matrimoniale, che può coincidere con parentela o clan, fratria, tribù, ecc? Gli abitanti di NevediNotte temono la consanguineità perché è una caratteristica propria delle creature.
Del passato delle creature e come si è evoluta la faccenda se ne parlerà in un prossimo capitolo intitolato "La Compagnia d'Oltralpe", dove apparirà anche un'altra nostra vecchia conoscenza. Per ora ho solo voluto darvi qualche accenno sperando di avervi dato una visione abbastanza chiara e globale per unire questa storia, che raccontava del passato, con la vicenda ambientata nel presente degli scorsi capitoli.
In ultimo, vi chiederete: ma perché nevica solo di notte e in questa storia non nevicava? Ehhh, quello sarò tutto un altro… capitolo!

A proposito dell'albinismo... giusto due paroline in più per il mondo della scrittura amatoriale.
In molti fandom i personaggi che hanno pelle e capelli chiari (all'occorrenza possono avere gli occhi chiari o rossi) vengono denominati "albini". Io sono d'accordissimo su questo perché l'albinismo non è una malattia vera e propria, ma un'anomalia genetica che crea un forte o addirittura totale scompenso di melanina: insomma sarebbe come nascere senza una gamba. Il problema è che un albino può soffrire di determinate patologie (come il cancro alla pelle per via dell'esposizione alla luce del sole) per via della sua situazione a cui uno senza gamba non andrebbe certo incontro. Inoltre, non tutti sanno che l'albinismo non è detto che si manifesti in tutto il corpo, ma anche solo in certe zone più o meno circoscritte.
Vorrei taaanto parlare anche del leucismo, ma non mi pare il caso! XD Ho già detto troppo! XD  

Questo è quello che risulta dopo la lunga chiacchierata con il mio dottore, quel sant'uomo. Quando scrivo una storia non lascio mai nemmeno una virgola al caso e mi informo su tutto, e non ho problemi a dire che mi avvalgo dell'aiuto anche di altre persone, più esperte di me, per regalare una piacevole lettura agli altri (ma ciò non significa che io non possa fare errori, eh!XD). E poi amo ampliare il mio bagaglio culturale! ^^

Scusate se vi ho annoiato con queste note (mi hanno preso più tempo queste che la storia in sé), ma mi sentivo in dovere di farle.
Al prossimo capitolo! ^^

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.

XShade-Shinra  



Risposte alle Recensioni:

x Livin Derevel: xD Infatti è così: nulla in questo racconto è come sembra e anche un minuscolo dettaglio - vedi l'ombelico mancante del Cacciatore - è invece importantissimo! *w*
Infatti per ovviare al casino che si farebbe, una volta all'anno si fa pulizia! ^^ Dovrei fare così anch'io, in effetti... *passa gomitolo di polvere e il gatto ci gioca*

x KissOfDeath: Thank you! ^^ Scusa per l'attesa di questo capitolo... sarei da frustare! ç_ç

x cabiria: <3 Grazie! ^^ Piano piano anche altri segreti saranno svelati! ^^

x Gaea: NevediNotte a rigor di logica è in Italia o in Città del Vaticano o in una ex-colonia italiana, ma può essere anche in un posto che non esiste o, magari, esiste ma nessuno sa che è là. Una cosa è certa: NevediNotte vive nella nostra Fantasia. <3 *applause*

x TUTTI: Visto che mi è stato richiesto, ci sarà un capitolo dove il prete leggerà un diario o simili e gli vedrete la faccia! xD
Da questo capitolo avete la mia autorizzazione a sommergermi di domande! Piano piano risponderò a tutto nei capitoli che verranno, visto che siamo praticamente al giro di boa e dopo i mille dubbi è tempo i risposte. ^^
Inoltre, se volete che tratti di un particolare personaggio o argomento, posso farlo (se possibile, eh! XD La trama già ce l'ho, non posso cambiarla!).

AVVISO: I prossimi due capitoli saranno Drabble e/o Flashfict, causa contest. Sono certa di riuscire ad aggiornare comunque almeno una volta al mese, se le faccio così brevi! ^^  
 
  
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