Di ancelle, bambini e famiglie problematiche di beat (/viewuser.php?uid=40068)
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa storia non
è stata scritta a scopo di lucro.
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Capitolo 4
Ci era voluto un bel po', ma alla fine Saga si era deciso ad uscire
dalla vasca da bagno.
Era una vera fortuna che i tempi fossero di pace, perché
altrimenti non si sarebbe mai potuto permettere di stare ammollo per
tutto quel tempo. Aveva la pelle dei polpastrelli completamente bianca,
molliccia e rattrappita.
Ma alla fine si era deciso. Aveva poi passato quasi tutta la notte in
bianco, sdraiato sul letto, ipnotizzato a fissare le onde del mare che
suo fratello – anni prima – aveva dipinto sul
soffitto della camera da letto. Come se il bagno non fosse stato
sufficiente, aveva passato altre svariate ore nel crogiolarsi tra i
mille dubbi che lo assillavano.
Alla fine, quando la notte divenne così scura da sembrare
irreale, l'esausto Saga prese la sua decisione: avrebbe provato ad
avvicinare il bambino.
Non aveva ancora intenzione di rivelargli nulla – in cuor suo
ancora sperava in una sventuratissima coincidenza – ma voleva
provare a conoscerlo di persona.
Fu dunque con il cuore in gola che la mattina dopo si
svegliò. Compì tutti i suoi abituali movimenti
mattutini senza davvero badarci. Fece tutto in automatico e alla fine
si mise in cucina, seduto sulla sua solita sedia, con il giornale
poggiato di fianco alla solita tazza di caffè caldo.
Lì rimase, in dolente attesa. Il caffè era
terribilmente amaro quella mattina, nonostante gli svariati cucchiaini
di zucchero. E le parole stampate sul quotidiano non sembravano avere
alcun legame le une con le altre. Dovette rileggete tre volte prima di
riuscire a dare un senso al titolo in prima pagina.
Quasi sobbalzò quando infine vide entrare il bambino.
I loro sguardi si incrociarono per un attimo, ma Kosta distolse
immediatamente il suo, rispettosamente. Come il giorno precedente, si
avviò verso la credenza dove doveva riporre la frutta.
Sapendo bene di non poter essere cresciuto più di tanto nel
corso di una sola notte, non provò nemmeno ad arrivare allo
scaffale incriminato con le sue sole forze. Andò subito a
prendere lo sgabello che aveva già usato e ci si
issò sopra. Fece tutto con il massimo della cura, con
un'abilità di movimenti davvero sorprendente per un normale
bambino di sette anni appena compiuti.
Saga si ritrovò a scuotere mestamente la testa. Ovviamente
quel bambino non era un bimbo normale.
Le sue timide speranze erano andate bellamente a quel paese.
L'aveva osservato, attentamente.
Aveva una certa esperienza in materia. Ne aveva visti a bizzeffe di
aspiranti Saint, bambini della stessa età di Kosta che per
anni erano stati portati al suo cospetto per stabilire se fossero
idonei per cominciare l'addestramento. E lui aveva imparato molto bene
a riconoscere i futuri saint. Nei suoi anni da Sacerdote aveva dato il
permesso a molti ragazzi di cominciare l'allenamento, pur sapendo che
molti di loro non sarebbero riusciti a finirlo. Il corpo di guardia
necessitava di quanti più soldati possibile, per questo
permetteva anche a chi non lo meritava davvero di tentare di competere
per un'armatura.
Ma lui lo sapeva, sapeva riconoscere al primo sguardo quelli che
sarebbero diventati veri Saint. Gli venne subito in mente Seiya, la
prima volta che lo incontrò. Un piccolo moccioso berciante e
ribelle, nei cui occhi aveva visto bruciare il fuoco del cosmo. Avrebbe
potuto sembrare il meno idoneo, ma già al loro primo
incontro Saga era sicuro che sarebbe stato lui a conquistare l'armatura
di Pegasus.
E in quel momento ebbe la stessa identica sensazione, quando
cercò di nuovo gli occhi di Kosta. Occhi di un verde intenso
– sì, ricordava quegli stessi occhi, incastonati
in un altro viso, pallido e grazioso – occhi che nel profondo
sembravano bruciare.
Saga si passò una mano sulla fronte, massaggiando un poco le
tempie, gli occhi chiusi come per meditare.
E mentre il bimbo riponeva lo sgabello al suo posto, prima che potesse
andare via, lo chiamò.
Kosta si voltò lentamente.
“Sommo Saga?” attese educatamente che il cavaliere
riaprisse gli occhi.
Non avrebbe potuto dirlo con certezza, ma Kosta era praticamente sicuro
che in questo caso aveva a che fare con l'altro gemello. Il Sommo
Kanon, il giorno prima, gli si era presentato come una persona allegra
ed espansiva.
Il Saint che adesso aveva di fronte era molto
più… serio.
Aveva un'aria molto compita, e quando i loro sguardi si erano
incrociati era riuscito a vedere degli occhi molto diversi da quelli di
Kanon. Erano gemelli, senza ombra di dubbio, ma bastava solo guardarli
negli occhi per riconoscerli.
E Kosta non lo sapeva, ma in quel momento il suo sguardo era quanto di
più simile ci fosse al mondo a quello attento e a tratti
severo di Saga.
“Parliamo un po'. Io e te.”
Alla fine Saga se l'era cavata, in un modo o nell'altro.
Più di una volta aveva creduto di non farcela, e mai, mai in
tutta la sua vita si era mai sentito così in imbarazzo. Ma
aveva tenuto duro, era riuscito a portare avanti la conversazione senza
cedere. E soprattutto senza lasciarsi sfuggire nulla di quello che
pensava nel profondo.
I due avevano chiacchierato a lungo. Vari argomenti, alcuni
profondamente sciocchi. Saga non aveva ancora detto nulla al bambino
riguardo il fatto che avrebbe potuto diventare un Saint. Si era tenuto
abbastanza vago sull'argomento. Prima voleva conoscerlo un po' meglio.
Capire con chi aveva a che fare. Aveva deciso di tenerlo un po'
d'occhio, prima di rivelare altro.
Per questo ora Saga si trovava appollaiato su un costone roccioso sopra
Rodorio, a spiare dall'alto Kosta mentre questi giocava spensierato con
altri ragazzini del villaggio.
E fu lì che venne raggiunto da Kanon.
“Come va?”
“Va.”
“Fatto progressi?” insistette Kanon, sedendosi di
fianco al fratello. Lanciò un'occhiata verso la piazza
polverosa dove un nugolo di ragazzini scalmanati si stava rincorrendo
senza apparente logica. Vide un guizzo di capelli blu svettare per un
momento davanti a tutti gli altri, prima che un numero imprecisato di
bambini gli si gettasse addosso, in un'amichevole zuffa. Le loro risate
squillanti si sentivano anche da dove erano loro due.
“Qualcuno. Non gli ho detto ancora nulla di…
personale. Ma sono sicuro che potrà diventare un Saint senza
problemi.”
“Ahahah! Davvero? Ne sono molto felice!” e Kanon
ridacchiò, pensando che un duro addestramento di svariati
anni, segregato in terra greca, era quanto di più buono ci
fosse per mettere al riparo Kosta dalle lusinghe di zio Rhada.
“Che ci trovi di divertente?”
“Nulla, nulla. Te lo spiego un'altra volta. Quindi come
intendi procedere adesso?”
“Ci stavo pensando giusto adesso…”
“Vuoi allenare il bambino?”
Saga si voltò lentamente verso di lui. Aveva gli occhi
assottigliati, come se stesse cercando di mettere a fuoco qualcosa.
“Tu credi che sia una buona idea?”
“No.”
“Grazie della fiducia!” rispose amaro Saga a quella
risposta repentina e dannatamente schietta. Rivolse di nuovo lo sguardo
lontano dal fratello.
“Ah, ma non è questione di fiducia! È
che ti conosco e non credo ce la faresti a reggere la situazione. Era
il Saga cattivo quello con la faccia di bronzo, bravo a mantenere i
segreti!”
“Ah-ha…”
“Beh, potresti sempre dirgli la verità e farti
avanti. In fondo cosa c'è di male, passereste insieme le
giornata come padre e figlio, ad allenarvi assieme, come una bella
famigliola felice!”
Saga rivolse di nuovo l'attenzione su Kanon.
Il quale sorresse il suo sguardo per un po', poi si voltò di
scatto in direzione di Rodorio.
“Già, pessima idea!”
Saga sospirò. L'idea di per sé non era
“pessima”.
Semplicemente, non si sentiva pronto per una cosa del genere. Certo, di
esperienza ne aveva e gli era già capitato di dover allenare
i giovani Gold Saint, quando si erano presentati al Santuario per la
prima volta. Ma a quei tempi era ancora giovane, idealista e puro di
cuore. Da quando erano stati riportati in vita aveva evitato di
prendere altri allievi. Non si sentiva per nulla in grado di affrontare
la formazione di un giovane saint alle prime armi. Temeva di compiere
qualche errore irreparabile.
E adesso gli capitato tra capo e collo un figlio. Un figlio. Non aveva
avuto nemmeno i nove mesi canonici per metabolizzare il fatto che
sarebbe diventato padre.
Era una responsabilità che sentiva molto pressante.
Sospirò, di nuovo.
Non si sentiva in grado di provvedere a suo figlio. Non ancora.
Ma non per questo non avrebbe fatto quanto in suo potere
perché Kosta fosse affidato alle migliori cure possibili.
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Angolo dell'Autrice:
Ragazze mie
che avete commentato, vi spuccio tutte quante! Siete carinissime! *O*
Continuate a seguire le disavventure di Saga!
E occhio che nel prossimo capitolo comparirà colui che
potrà offrire le migliori cure possibili.
Per sua somma sventura! *C*
Fatemi sapere i vostri commenti, pareri o critiche.
Grazie a chi vorrà recensire e a quanti leggeranno e basta!
Beat
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