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Autore: beat    06/09/2010    10 recensioni
Kanon aspettò ancora un momento prima di scoppiare, finalmente, in una risata liberatoria.
Sentendo tanta inusuale ilarità nel fratello, Saga abbassò il giornale per vedere che cosa stava succedendo.
“Kanon? Che hai?”
Kanon allungò un braccio ad indicare la porta dalla quale il bimbo era appena uscito, prima di esclamare con vivo sentimento: “Ma quello è tuo figlio!”
[Ad ayay, visto che per metà è colpa sua
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Phoenix Ikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Kostantinos'
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

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Capitolo 4


Ci era voluto un bel po', ma alla fine Saga si era deciso ad uscire dalla vasca da bagno.
Era una vera fortuna che i tempi fossero di pace, perché altrimenti non si sarebbe mai potuto permettere di stare ammollo per tutto quel tempo. Aveva la pelle dei polpastrelli completamente bianca, molliccia e rattrappita.
Ma alla fine si era deciso. Aveva poi passato quasi tutta la notte in bianco, sdraiato sul letto, ipnotizzato a fissare le onde del mare che suo fratello – anni prima – aveva dipinto sul soffitto della camera da letto. Come se il bagno non fosse stato sufficiente, aveva passato altre svariate ore nel crogiolarsi tra i mille dubbi che lo assillavano.
Alla fine, quando la notte divenne così scura da sembrare irreale, l'esausto Saga prese la sua decisione: avrebbe provato ad avvicinare il bambino.
Non aveva ancora intenzione di rivelargli nulla – in cuor suo ancora sperava in una sventuratissima coincidenza – ma voleva provare a conoscerlo di persona.

Fu dunque con il cuore in gola che la mattina dopo si svegliò. Compì tutti i suoi abituali movimenti mattutini senza davvero badarci. Fece tutto in automatico e alla fine si mise in cucina, seduto sulla sua solita sedia, con il giornale poggiato di fianco alla solita tazza di caffè caldo.
Lì rimase, in dolente attesa. Il caffè era terribilmente amaro quella mattina, nonostante gli svariati cucchiaini di zucchero. E le parole stampate sul quotidiano non sembravano avere alcun legame le une con le altre. Dovette rileggete tre volte prima di riuscire a dare un senso al titolo in prima pagina.
Quasi sobbalzò quando infine vide entrare il bambino.

I loro sguardi si incrociarono per un attimo, ma Kosta distolse immediatamente il suo, rispettosamente. Come il giorno precedente, si avviò verso la credenza dove doveva riporre la frutta. Sapendo bene di non poter essere cresciuto più di tanto nel corso di una sola notte, non provò nemmeno ad arrivare allo scaffale incriminato con le sue sole forze. Andò subito a prendere lo sgabello che aveva già usato e ci si issò sopra. Fece tutto con il massimo della cura, con un'abilità di movimenti davvero sorprendente per un normale bambino di sette anni appena compiuti.
Saga si ritrovò a scuotere mestamente la testa. Ovviamente quel bambino non era un bimbo normale. Le sue timide speranze erano andate bellamente a quel paese.

L'aveva osservato, attentamente.
Aveva una certa esperienza in materia. Ne aveva visti a bizzeffe di aspiranti Saint, bambini della stessa età di Kosta che per anni erano stati portati al suo cospetto per stabilire se fossero idonei per cominciare l'addestramento. E lui aveva imparato molto bene a riconoscere i futuri saint. Nei suoi anni da Sacerdote aveva dato il permesso a molti ragazzi di cominciare l'allenamento, pur sapendo che molti di loro non sarebbero riusciti a finirlo. Il corpo di guardia necessitava di quanti più soldati possibile, per questo permetteva anche a chi non lo meritava davvero di tentare di competere per un'armatura.
Ma lui lo sapeva, sapeva riconoscere al primo sguardo quelli che sarebbero diventati veri Saint. Gli venne subito in mente Seiya, la prima volta che lo incontrò. Un piccolo moccioso berciante e ribelle, nei cui occhi aveva visto bruciare il fuoco del cosmo. Avrebbe potuto sembrare il meno idoneo, ma già al loro primo incontro Saga era sicuro che sarebbe stato lui a conquistare l'armatura di Pegasus.

E in quel momento ebbe la stessa identica sensazione, quando cercò di nuovo gli occhi di Kosta. Occhi di un verde intenso – sì, ricordava quegli stessi occhi, incastonati in un altro viso, pallido e grazioso – occhi che nel profondo sembravano bruciare.
Saga si passò una mano sulla fronte, massaggiando un poco le tempie, gli occhi chiusi come per meditare.
E mentre il bimbo riponeva lo sgabello al suo posto, prima che potesse andare via, lo chiamò.
Kosta si voltò lentamente.

“Sommo Saga?” attese educatamente che il cavaliere riaprisse gli occhi.

Non avrebbe potuto dirlo con certezza, ma Kosta era praticamente sicuro che in questo caso aveva a che fare con l'altro gemello. Il Sommo Kanon, il giorno prima, gli si era presentato come una persona allegra ed espansiva.
Il Saint che adesso aveva di fronte era molto più… serio.
Aveva un'aria molto compita, e quando i loro sguardi si erano incrociati era riuscito a vedere degli occhi molto diversi da quelli di Kanon. Erano gemelli, senza ombra di dubbio, ma bastava solo guardarli negli occhi per riconoscerli.
E Kosta non lo sapeva, ma in quel momento il suo sguardo era quanto di più simile ci fosse al mondo a quello attento e a tratti severo di Saga.

“Parliamo un po'. Io e te.”





Alla fine Saga se l'era cavata, in un modo o nell'altro.
Più di una volta aveva creduto di non farcela, e mai, mai in tutta la sua vita si era mai sentito così in imbarazzo. Ma aveva tenuto duro, era riuscito a portare avanti la conversazione senza cedere. E soprattutto senza lasciarsi sfuggire nulla di quello che pensava nel profondo.
I due avevano chiacchierato a lungo. Vari argomenti, alcuni profondamente sciocchi. Saga non aveva ancora detto nulla al bambino riguardo il fatto che avrebbe potuto diventare un Saint. Si era tenuto abbastanza vago sull'argomento. Prima voleva conoscerlo un po' meglio. Capire con chi aveva a che fare. Aveva deciso di tenerlo un po' d'occhio, prima di rivelare altro.
Per questo ora Saga si trovava appollaiato su un costone roccioso sopra Rodorio, a spiare dall'alto Kosta mentre questi giocava spensierato con altri ragazzini del villaggio.
E fu lì che venne raggiunto da Kanon.

“Come va?”
“Va.”
“Fatto progressi?” insistette Kanon, sedendosi di fianco al fratello. Lanciò un'occhiata verso la piazza polverosa dove un nugolo di ragazzini scalmanati si stava rincorrendo senza apparente logica. Vide un guizzo di capelli blu svettare per un momento davanti a tutti gli altri, prima che un numero imprecisato di bambini gli si gettasse addosso, in un'amichevole zuffa. Le loro risate squillanti si sentivano anche da dove erano loro due.
“Qualcuno. Non gli ho detto ancora nulla di… personale. Ma sono sicuro che potrà diventare un Saint senza problemi.”
“Ahahah! Davvero? Ne sono molto felice!” e Kanon ridacchiò, pensando che un duro addestramento di svariati anni, segregato in terra greca, era quanto di più buono ci fosse per mettere al riparo Kosta dalle lusinghe di zio Rhada.
“Che ci trovi di divertente?”
“Nulla, nulla. Te lo spiego un'altra volta. Quindi come intendi procedere adesso?”
“Ci stavo pensando giusto adesso…”
“Vuoi allenare il bambino?”
Saga si voltò lentamente verso di lui. Aveva gli occhi assottigliati, come se stesse cercando di mettere a fuoco qualcosa.
“Tu credi che sia una buona idea?”
“No.”
“Grazie della fiducia!” rispose amaro Saga a quella risposta repentina e dannatamente schietta. Rivolse di nuovo lo sguardo lontano dal fratello.
“Ah, ma non è questione di fiducia! È che ti conosco e non credo ce la faresti a reggere la situazione. Era il Saga cattivo quello con la faccia di bronzo, bravo a mantenere i segreti!”
“Ah-ha…”
“Beh, potresti sempre dirgli la verità e farti avanti. In fondo cosa c'è di male, passereste insieme le giornata come padre e figlio, ad allenarvi assieme, come una bella famigliola felice!”

Saga rivolse di nuovo l'attenzione su Kanon.
Il quale sorresse il suo sguardo per un po', poi si voltò di scatto in direzione di Rodorio.

“Già, pessima idea!”

Saga sospirò. L'idea di per sé non era “pessima”.
Semplicemente, non si sentiva pronto per una cosa del genere. Certo, di esperienza ne aveva e gli era già capitato di dover allenare i giovani Gold Saint, quando si erano presentati al Santuario per la prima volta. Ma a quei tempi era ancora giovane, idealista e puro di cuore. Da quando erano stati riportati in vita aveva evitato di prendere altri allievi. Non si sentiva per nulla in grado di affrontare la formazione di un giovane saint alle prime armi. Temeva di compiere qualche errore irreparabile.
E adesso gli capitato tra capo e collo un figlio. Un figlio. Non aveva avuto nemmeno i nove mesi canonici per metabolizzare il fatto che sarebbe diventato padre.
Era una responsabilità che sentiva molto pressante.
Sospirò, di nuovo.
Non si sentiva in grado di provvedere a suo figlio. Non ancora.

Ma non per questo non avrebbe fatto quanto in suo potere perché Kosta fosse affidato alle migliori cure possibili.





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Angolo dell'Autrice:

Ragazze mie che avete commentato, vi spuccio tutte quante! Siete carinissime! *O*
Continuate a seguire le disavventure di Saga!
E occhio che nel prossimo capitolo comparirà colui che potrà offrire 
le migliori cure possibili. Per sua somma sventura! *C*


Fatemi sapere i vostri commenti, pareri o critiche.

Grazie a chi vorrà recensire e a quanti leggeranno e basta!

Beat


   
 
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