Buonasera a tutti. Scusatemi tantissimo per l’immenso
ritardo, ma la scuola, e la ritmica e le lezioni di patentino... scusate
davvero ma non ce l’ho fatta. Così, dato che ad architettura non si fa mai
niente di interessante ( o che io possa capire xD) nelle due ore di oggi e nelle tre di venerdì
scorso ho scritto questo capitolo. Non ha nessuna pretesa, è solamente un
susseguirsi di riflessioni di Winry inserite in un contesto un po’ bizzarro,
quale un rilassante pic-nic tra il nostro bellissimo ex alchimista e la bionda
meccanica.
Spero con tutto il suore che vi piaccia. È abbastanza
lungo, quindi voglio molte recensioniiiiiiiiii!!!! ^.^
A voi il capitolo 14!!!
14. RIFLESSIONI
DIFFICILI
-
Che bella
giornata oggi!
Winry era seduta in
ginocchio sul letto, con lo sguardo che vagava sui contorni delle morbide
colline, vivacizzate qua e là da sprazzi di colore, donati da un secco manto di
vecchie foglie. Tra i rami degli alberi, si snodava un leggero alito di vento,
che non bastava però a offuscare il calore del sole che, quel giorno, brillava
in una luce decisamente insolita per un mattino di inizio ottobre.
Posò la testa sul
vetro fresco, spostando lo sguardo verso la piccola porzione di terrazzo della
stanza accanto. La ringhiera nera luccicava al sole, mentre una macchia rossa –
rise, ben sapendo di che si trattasse – posta al di sopra di essa, svolazzava
leggiadra alla carezza del vento.
I suoi pensieri si
incentrarono su una folta chioma più preziosa dell’oro più puro, e su due occhi
sinceri dello stesso magnifico colore. Si concentrò su un paio di labbra
morbide, ma allo stesso tempo solide, virili. Il suo cuore mancò un battito
quando la sua memoria le fece riaffiorare alla mente alcune immagini di quegli
ultimi tempi.
Sorrise radiosa,
stringendo le mani al petto. Si perse nei suoi sogni idilliaci, vaneggiando con
la memoria nei più recenti ricordi della sua vita.
I suoi pensieri,
però, furono interrotti da qualcuno , che stava bussando gentilmente alla
porta.
-
Avanti.
La maniglia
argentata si girò, puntando verso il vecchio pavimento di legno. La porta si
aprì e un paio di pantaloni neri fecero capolino, legati in vita da una spessa
cintura marrone. A coprire un busto scultoreo, un leggera canottiera, anch’essa
nera.
Edward appoggiò
entrambe le mani sulla porta di legno scuro, e sorrise alla ragazza, che era
ancora seduta sul letto.
-
Buongiorno!
Sussurrò, con voce
dolce. Winry sorrise e si spostò un ciuffo di capelli all’indietro. Mosse le
gambe e le incrociò, posando poi le mani dietro di lei sul materasso.
-
Buongiorno a te,
Ed!
-
Ti... ti sono
mancato stanotte?
Disse lui,
imbarazzato, con lo sguardo basso e una mano tra i capelli. Arrossì
vistosamente, mentre si avvicinava lentamente al letto della sua meccanica di
fiducia. Winry annuì, imporporandosi.
-
Sì... a dire la
verità molto.
-
Beh, possiamo
rimediare...
-
In che senso?
-
Che ne dici di
andare a fare un pic-nic tra i prati? Solo tu ed io, un po’ come quando eravamo
piccoli.
-
Davvero?
-
Ti piace l’idea?
-
Davvero
tantissimo! È fantastica.
-
Perfetto. Ti
aspetto dove ci siamo incontrati quando sono tornato dall’ovest, ok?
-
Ci sarò.
Il cuore della
ragazza fece un tuffo, ripensando a quel giorno. Nonostante il loro incontro
fosse stato un po’ bizzarro, era davvero al settimo cielo. Ricordò di essere
scoppiata a piangere – dopo averlo inseguito con la chiave inglese – per averlo
di nuovo al suo fianco.
I suoi pensieri
tornarono all’ex alchimista, che le si stava avvicinando. Le baciò dolcemente
le labbra, assaporandone il delizioso gusto.
Le mordicchiò piano
il labbro inferiore, stringendola forte tra le braccia. La sentì fremere, ed
era sicuro di averla sentita sospirare di piacere. Dal canto suo, Winry era
persa in un sogno. Non erano molto frequenti i loro baci. Edward era molto
riservato, e si vergognava se c’era qualcun altro in giro, oltre a loro due.
Oltretutto, Winry non aveva mai conosciuto un ragazzo così imbarazzato in certi
momenti come il suo Ed.
Si lasciò andare
completamente a lui. Brividi piacevoli le ricoprirono la pelle.
Dopo un ultimo dolce
bacio, Edward si allontanò da lei, grattandosi la testa con la mano destra.
Guardò Winry negli occhi, più blu dell’oceano, e arrossì ancora di più. Anche
la ragazza si imporporò, sotto lo sguardo intenso dell’alchimista, raggiungendo
la tonalità della vecchia e ormai sgualcita palandrana, che svolazzava ancora
sulla vicina terrazza.
-
Ti amo, Ed.
Doveva dirglielo, il
suo cuore glielo stava urlando. Edward indietreggio impercettibilmente,
arrossendo – se possibile – ancora di più. La voce della ragazza si addolcì. Si
aspettava una reazione simile.
-
Winry, io...
-
Ho capito.
-
Scusa, Win. È
che...
Girò su se stesso,
facendo qualche passo per la stanza, per poi tornare a sedersi nel solito,
comodo posto accanto alla ragazza che amava.
-
Lo so... non devi
giustificarti. So quanto è difficile per te.
-
Non riesci
proprio a capire! Non sai quanto mi pesi non riuscire a dirti che... beh, lo
sai.
-
Ed, io lo so. È
questo ciò che conta.
Edward tornò a
osservare quei due occhi meravigliosamente azzurri. Ogni volta che il suo
sguardo si posava su quei due meravigliosi zaffiri, il suo cuore cominciava a
battere furiosamente. Sapeva perfettamente di provare quel sentimento per lei.
L’aveva ammesso, ormai. Ma non riusciva a dirlo a lei.
Perché?
Ormai erano più di
tre mesi da quando la loro storia – se così si può chiamare – era iniziata, e
lui ancora non era stato capace di rivelarle i suoi veri sentimenti, a parte
quando pensava che lei stesse dormendo.
Si colpì la fronte
con una mano. Scosse la testa, poi carezzò con estrema dolcezza la guancia
destra di Winry. Con lo sguardo basso riprese a parlare.
-
Un giorno...
Si bloccò. Non
riuscì a continuare. Alzò lo sguardo, cambiando discorso.
-
Vado.
-
Cosa? Ma...
-
Ti aspetto sul
prato, tra mezz’ora.
Rise, scappando
dalla porta semiaperta. Winry si lasciò cadere sul letto, con lo sguardo
confuso. Poco dopo si alzò, scuotendo la testa. Lo ripeté ancora una volta: il
suo Ed non sarebbe mai cambiato.
Si diresse verso
l’armadio, e spalancò le ante. Posò un dito sulle labbra, mentre faceva
scorrere lo sguardo tra tutti i suoi abiti. Allungò il braccio, e afferrò una
leggere camicia rosa con le maniche lunghe e un paio di aderenti pantaloni
neri. Si vestì davanti allo specchio, ammirandosi da ogni angolazione. Corse in
bagno, per truccarsi un po’, ma quando prese in mano la cipria, si rese conto
che la cosa migliore era quella di restare al naturale, così come Ed l’aveva
conosciuta.
Si spazzolò i lunghi
capelli biondi, e decise di lasciarli sciolti. Unico tocco, si sistemò una
brillante molletta rosa sull’attaccatura del ciuffo.
Sorrise radiosa alla
sua immagine riflessa nello specchio, poi scese al piano inferiore. Saltellò
sull’ultimo gradino, atterrando con le punte dei piedi sull’antico e ormai
rovinato pavimento, composto da solide assi di legno.
Il terreno sotto i
suoi piedi scricchiolò lievemente all’impatto con la pelle morbida e sotto il
suo peso leggero.
S’infilò velocemente
un paio di sandali dalla suola in legno. Picchiettò il piede un paio di volte,
sorridendo del rumore secco che produsse quella minima azione.
Balzò leggiadra
verso la porta d’ingresso, dove incrociò nonna Pinako., che sedeva sui gradini
della veranda a fumare la pipa, e il giocoso Den, che le corse incontro,
scodinzolando allegramente. Winry si chinò ad accarezzare la testa del cane,
che abbaiò soddisfatto.
Pinako aspirò dalla
pipa, e poi sospirò, producendo una candida nuvoletta vaporosa. Winry le si
avvicinò e si sedette accanto a lei, allontanando con le mani il fastidioso
fumo, che ruppe la sua forma perfetta, dissolvendosi nell’aria in tanti filamenti
biancastri.
-
Dove vai, Winry?
Chiese la donna,
osservando l’impeccabile abbigliamento della nipote, e un brillante sorriso
illuminarle il volto.
-
Ed mi hai
invitata a fare un pic-nic. Solo noi due.
-
Solo voi due...
La bionda meccanica
sorrise, arrossendo sulle guance morbide e lisce. Posò il suo sguardo celeste
sulle campagne intorno, fissando un punto lontano, all’orizzonte, dove la vista
non giungeva a lambire il termine della stretta strada sterrata che si snodava
tra i prati infogliati.
Quante volte si era
ritrovata a osservare quel punto così distante e apparentemente senza
significato, dietro la quale il sole sorgeva ogni mattina.
Per quanti anni era
rimata per ore con lo sguardo volto a quella stradina, con il cuore pieno di
speranza di poter vedere, da un momento all’altro, due figure – meglio se
umane, non il solito nano con un’enorme armatura al fianco – stagliarsi
all’orizzonte.
Era così bello ora
non dover più provare quell’orribile sensazione di ansia e di mancanza, che
l’aveva oppressa per davvero troppo tempo.
Adesso che Al aveva
recuperato finalmente il suo corpo e Ed non era più un alchimista di stato – a
dire il vero, la cosa che la rincuorava di più era sapere che Ed non era più un
alchimista, e BASTA – tutto era diventato più semplice.
Più normale.
Ed era giusto così:
niente più guerre, o omicidi.
Niente più stupidi
colonnelli o maggiori troppo apprensivi.
Niente più morte, o
sangue.
Niente più alchimia,
o squallidi mostri.
Non per loro,
almeno. Perché da qualche anno a quella parte, erano solo dei normali ragazzi,
con una vita normale.
Normale.
Sarebbe stata una
vita normale e perfetta nella sua imperfezione.
Ma no. non può
essere una vita normale e perfetta.
No.
Non per loro.
Perché il passato
non si può cancellare, è indelebile e rimane racchiuso nella memoria per tutta
la vita. Non si può dimenticare. Non si può.
Il ricordo della
guerra di Ishval, dove erano morte talmente tante persone innocenti, compresi i
suoi genitori, per colpa dell’alchimia, prevalentemente.
Il più recente ricordo
della guerra che aveva coinvolto tutto lo stato di Amestris, e non solo, quella
per sconfiggere il padre di tutti gli homunculus, che voleva diventare il
padrone assoluto, che voleva inghiottire Dio – o verità, o come diavolo si
chiama quella cosa – durante la quale avevano rischiato la vita le uniche due
persone – esclusa la vecchia Pinako – che componevano la sua famiglia.
L’anziana Pinako
seguì lo sguardo della nipote, che era ancora perso nel vuoto. Posò la pipa
sullo scalino e accarezzò con tenerezza i biondi e lucidi capelli di Winry, che
tornò alla realtà, spostando i suoi grandi occhi color del mare da quel punto
tanto amato – o odiato, dipende dai giorni – al familiare fiso della nonna.
-
Già.
rispose la bionda,
dopo quell’interminabile silenzio. Pinako la guardò dolcemente.
-
Winry...
-
Sì nonna?
-
Volevo solo dirti
che, nonostante io detesti i modi di fare di quel rozzo combinaguai, è
veramente bello che tu sia felice. Te lo meriti. Anzi, ve lo meritate entrambi.
-
Grazie.
Winry si alzò in
piedi e salutò la nonna con la mano e dette un’ultima delicata carezza sulla
testa di Den, che la seguì per qualche metro.
Poco dopo, ma
meccanica si ritrovò a camminare tra l’erba umida, salendo quella piccola
collinetta che si sporgeva su un’immensa vallata, brulicante di prati e terre
coltivate.
Il forte aroma
d’erba bagnata quel giorno era ancora più intenso, forse – anzi, sicuramente –
intensificato dal fatto che Edward fosse sdraiato a terra, sopra un coperta di
lana bianca e blu.
Aveva lo sguardo
perso, forse osservava il cielo, o il meraviglioso panorama che gli si
presentava davanti.
Winry fece qualche
passo, ma lui non si mosse. Era impossibile che non l’avesse sentita, ma faceva
finta di niente. Un altro passo della ragazza, e lui chiuse gli occhi, improvvisamente.
Winry si sedette
accanto a lui, seguendo con gli occhi il perfetto contorno del mento,
vivacizzato qua e là da qualche ciuffo incolto di barbetta biondiccia, poi
passò alle labbra delicate, al naso, e infine alle palpebre celate, che
racchiudevano un immenso tesoro: i preziosi occhi d’oro colato.
Sorridendo, allungò
un braccio fino a prendere tra le dita una sottile ciocca di capelli d’oro,
strofinandoli delicatamente.
-
Ed?
-
Mmmh?
Mugugnò lui, senza
aprire gli occhi, o girarsi verso di lei.
-
Ho sempre pensato
che tu avessi dei capelli meravigliosi.
L’ex alchimista aprì
un occhio e osservò incuriosito la mano affusolata della ragazza, che ancora
gli stava accarezzando con estrema dolcezza la chioma splendente. Spostò lo
sguardo fino a incontrare quello limpido di lei.
-
Davvero?
Chiese, dubbioso,
con un leggero sorrisetto sulle labbra.
-
Davvero. Sono
così... perfetti. Sembrano d’oro.
-
Beh... grazie,
immagino.
-
Di nulla...
Distolsero lo
sguardo l’una dall’altro e guardarono altrove, imbarazzati. Winry si porto una
mano davanti alla bocca, per soffocare una risatina. “grazie, immagino”. Come
immagino? Scosse un po’ la testa, rendendosi conto che il suo Ed, di
complimenti, non ne aveva ricevuti poi così tanti. Era più che naturale che non
sapesse come comportarsi.
Ma non era quello il
problema in quel momento. Il fatto era che, nonostante fossero insieme per un
pic-nic, ora erano sdraiati sull’erba, l’uno di spalle all’altra, con il volto
paonazzo e le corde vocali intrecciate.
Perché era così
dannatamente difficile?
Si conoscevano da
quando erano nati, erano sempre stati quasi come fratelli da piccoli e avevano
trascorso insieme una buona parte della loro infanzia.
Almeno fino a che
non era accaduto QUELLO e l’allora colonnello Mustang, accompagnato dal
tenente, non erano arrivati a Resembool per portare via lui e il fratellino.
L’avevano strappato alla sua giovane vita per renderlo un’alchimista di stato
o, come usavano chiamarli, un “cane dell’esercito”.
Uno sporco cane
usato come arma umana, per uccidere e uccidere, senza alcuna pietà.
L’aveva visto
sparire per molto tempo – per mesi, anche anni – e aveva sempre temuto per la
sua vita.
Ed ora erano lì,
sdraiati tra quei prati che erano la loro casa, il luogo dove lei aveva sempre
vissuto e lui dove aveva sempre desiderato tornare.
Si avvicinò di nuovo
a lui, lasciando che i suoi capelli biondi si mischiassero a quelli dorati di
lui, lasciati sciolti, come da un po’ di tempo usava portare, solitamente
quand’era da solo – o con lei – e posò il piccolo naso sul suo collo, così da
poterne aspirare il fresco profumo.
S’inebriò di quella
fragranza di erba bagnata che tanto amava e che caratterizzava il suo amato ex
alchimista.
Edward, dal canto
suo, la strinse a sé con il braccio sinistro – no, il braccio destro, anche se
umano, non era degno di quel gesto così semplice seppur pieno d’amore, tanto
era colmo di peccati, odio e risentimento – stando ben attento a non far
trapelare assolutamente niente di quello che era il suo infinito imbarazzo.
Winry emise un
mugolio roco, con voce leggermente tremante.
Tornò a chiedersi
per quale motivo fosse tutto così difficile. In fondo, erano solo loro, Edward
e Winry, sdraiati tra i prati di Resembool a osservare le nuvole, proprio come
quando erano bambini.
Ma allora, se
davvero erano gli stessi – e lo erano, a meno che Ed non avesse fatto qualche
sciocchezza con l’alchimia e non si fosse scambiato con un suo alter-ego di
un'altra dimensione. Non si sa mai – per quale ragione il suo cuore non la
smetteva di battere così furiosamente nel suo petto? Perché sentiva il suo viso
imporporarsi ogni volta che il suo cosiddetto “amico d’infanzia” le stava così
vicino?
Difficile da
spigare. Davvero difficile.
Forse era il fatto
di aver sentito troppo la sua mancanza, e di aver paura che lui non avesse
sentito affatto la sua. Questo le faceva davvero paura.
Oppure, per il
semplicissimo fatto che non erano più bambini.
Oh, no. Non lo erano
più.
Non erano più i due
bambini che giocavano a rincorrersi tra i prati di Resembool, o che portavano
tutti i giorni i fiori sulla lapide di Trisha, o litigavano sul fatto che le
lacrime facessero soffrire i morti, o lottavano incessantemente per fare bere a
Ed un goccio di latte che forse – forse – lo avrebbe fatto crescere, almeno un
po’.
Erano cresciuti,
erano cambiati e maturati. Edward soprattutto.
Ormai nei loro
vent’anni avevano provato di tutto. Ed persino diceva di essere stato
all’inferno, quel maledetto giorno in cui lui e l’allora piccolo Al avevano
deciso di tentare la trasmutazione umana, per fare tornare in vita la loro cara
mamma, che a loro mancava davvero tanto.
E Edward quel giorno
visse all’inferno per davvero, vedendosi portare via il fratello, una gamba e
un braccio, e vedendosi recapitare, al posto della sua bellissima mamma, un
cadavere in decomposizione, grondante di sangue. Un mostro.
Non erano più
bambini.
-
Hai fame?
Chiese Edward,
rompendo l’atmosfera magica che si era creata, e anche – senza saperlo – le
riflessioni di Winry.
-
Un po’.
-
Dai allora,
mangiamo?
-
Ok.
Edward estrasse dal
cestino che si era portato dietro un panino al prosciutto e l’addentò famelico.
Winry tirò fuori invece una mela rossa e lucente.
Dopo aver mangiato,
i due si sedettero sull’apice della collinetta, uno di fianco all’altra.
-
Ti manca mai
l’alchimia?
Chiese ad un tratto
Winry, dopo una lunga pausa di silenzio.
-
A volte sì. Ma...
-
Ma?
-
Penso di poter
vivere senza. Mi ero abituato troppo all’alchimia. Ma ora basta, voglio una
vita normale. E, stanne certa, ho tutto ciò di cui ho bisogno. Al è tornato
normale, la guerra è finita e io sto bene. E poi...
Cominciò, arrossendo
violentemente. Gli occhi della ragazza si posarono su quelli dell’ex
alchimista, che tremolarono leggermente.
-
... ora ho te.
Winry sorrise, senza
rispondere, ma afferrò un braccio di Edward e si strinse ad esso, mentre il
ragazzo le baciava i biondi capelli. Winry tornò a guardare il cielo, e i
prati, e le campagne. Era tutto così come se lo ricordava.
Alla fine, non era
cambiato niente.
Erano sempre loro
due.
E non c’era
assolutamente niente, di difficile.
Ecco qui, anche questo (lungo?) capitolo è terminato.
Non so se sono riuscita a definire bene il giusto carattere dei personaggi in
questo capitolo, ma lo spero molto. Sarete voi a decidere!
Onyria per il capitolo precedente, devo dirti
che ho pensato molte volte al motivo per il quale sia stato Al a pagare il
prezzo più alto. Da una parte, non lo trovo giusto, ma dall’altra, come avrai
letto nel capitolo, penso che Edward abbia una forza di volontà più forte
rispetto a quella del fratellino e quindi penso che sia più capace a mandare
avanti questa eterna lotta. Detto questo, ti ringrazio per i tuoi commenti,
sempre utilissimi!
Kagome123 grazie per aver letto e recensito la mia storia! Sono felice che ti
piaccia. Anche la tua su Inuyasha è davvero bellissima!
Al prossimo capitolo, baci.
Ele_divina.