6. La
locanda silenziosa
Elion aveva appena chiuso gli occhi quando Mattiùs
la scrollò. –Elion, Elion non puoi addormentarti
così presto!- le diceva.
In un primo momento la ragazza lo ignorò del tutto;
piuttosto si voltò dall’altro capo del letto
dandogli le spalle e nascose la testa sotto al cuscino.
–Mattiùs, vattene, dai, sono stanca. Ci rivediamo
domattina- mugugnò.
-Non credo proprio, signorina Elion- un prepotente tono maschile fece
irruzione nel suo padiglione auricolare e la ragazza, riconoscendo la
voce di Raminus Polus, balzò prima seduta e poi in piedi al
lato del letto.
-Signore, io…- tentò di scusarsi, ma il
Consigliere alzò una mano per interromperla. –Stai
comoda, Elion- le disse. Indossava la lunga cappa blu del Consiglio dei
Maghi, abito che non gli si vedeva addosso raramente all'Università. I
capelli corti, castani, erano pettinati con ordine all’indietro
e gli occhi scuri, tipici degli Imperial, erano sereni.
La ragazza si lasciò cadere seduta sul bordo del materasso.
–Pensavo di poter mettere da parte qualche energia per
l’indomani- spiegò.
-E hai pensato bene,- intervenne Raminus. –Ma ci sono delle
regole da rispettare, alcune delle quali implicano la partecipazione
alle attività collettive, senza nessuna eccezione. Non
è la prima volta che entrambi-, s’interruppe
inglobando con uno sguardo Mattiùs nella conversazione, -
lasciate la mensa prima dell’orario stabilito.
D’ora in avanti un ulteriore manifestarsi di questa mancanza
di rispetto nei confronti dei vostri compagni, sarà
severamente punita- annunciò.
Elion chinò la testa e Mattiùs la
imitò.
Raminus tornò a sfoggiare il suo sorriso perfetto.
–Inoltre… se foste rimasti entrambi seduti ai
vostri posti in mensa, questa sera, sapreste del torneo.-
-Torneo di cosa?- chiesero entrambi, sorpresi.
Raminus si avvicinò allo scaffale colmo di libri e cercò qualcosa con lo sguardo. Quando
l’ebbe trovato, senza recitare incantesimi ma con
la sola forza del pensiero, fece levitare un mazzo di carte sin sotto
al naso di Mattiùs. Sempre ricorrendo all’uso
della magia e, nello specifico, alle formule della divinazione, Raminus
estrasse dal mazzo prima una, poi due, tre, quattro, cinque,
sei… tante carte quante erano sufficienti a creare una
piramide che riposasse, stabile, al centro del tavolo in mogano.
Il Consigliere Polus si congedò così, lasciandoli
ammirare la perfezione architettonica della piramide che aveva
costruito con quei miseri pezzi di carta in pochi secondi.
-MA CHE FORZA!- esultò Mattiùs avvicinandosi.
Tese un braccio e fece per toccarne il vertice, ma non appena lui fu
troppo vicino e Raminus troppo lontano, la piramide si
sgretolò e le carte tornarono, magicamente e ordinatamente,
impilate nel loro mazzo.
Elion, nel frattempo, si era affacciata sulle scale e aveva guardato il
Consigliere lasciare l’alloggio dei Maghi di nuovo diretto
alla mensa. Quello era un chiaro invito, si disse Elion, che
però era costretta a rifiutare.
-Voglio partecipare! Ho giù in mente cos…-
-No- Elion afferrò l’amico per il braccio e lo
trascinò vicino ad una finestra della stanza.
Aprì le tende e spalancò i vetri.
–Credimi, anch’io vorrei tanto partecipare, ma ho
preso un impegno- disse sporgendosi dal balcone. Guardò di
sotto e vide chiaramente il Consigliere entrare nella mensa.
-Quale impegno? Sai bene che dopo una certa ora non possiamo uscire
dall’Università.-
-Infatti, perciò è inutile che me lo ricordi- la
ragazza si gettò fuori dalla finestra e atterrò
sul tetto di tegole un metro più in basso.
Mattiùs era rimasto a bocca aperta.
-Dai, Mattiùs, muoviti! Il turno di Dannìlus
finisce tra poco e quel cagnaccio di Lerseghio aspetta ancora i tuoi
soldi!-
La Taverna dei Mercanti, un punto di ritrovo per tutti i commercianti
della Città Imperiale, era famosa per le sue festose serate.
Quando Elion e Mattiùs varcarono la soglia, però,
ebbero l’impressione di essere entrati nella Gioielleria del
distretto: silenzio e tristezza ovunque.
Elion si aspettava di trovare gente sbronza a ballare sopra o sotto ai
tavoli, che invece erano disposti ordinatamente attorno al bancone; il
caminetto, le fiaccole e le candele erano accese, i bicchieri e i
boccali ancora pieni per la maggior parte, nonostante fosse sera
inoltrata. Il locandiere se ne stava con le mani in mano, mentre la
moglie lucidava alcune vecchie posate di peltro. Gente ce
n’era, e pure tanta seduta ai tavoli o attorno al bancone, ma
tutti parlavano sottovoce alimentando il brusio di sottofondo.
Elion individuò il vecchio Laenzio seduto al bancone su uno
sgabello, che dava le spalle alla porta; era curvo sul suo boccale
pieno e stretto tra due amici, uno dei quali gli circondava le spalle
con un braccio. Indossava dei vestiti semplici, con i quali avrebbe
potuto scambiarlo per un compaesano, ma la calvizie lo e le tempie
bianche, che quella sera non nascondeva sotto l’elmo da
legione, lo resero inconfondibile agli occhi della ragazza. Elion si
avviò verso di lui senza dare indicazioni a
Mattiùs, che rimase immobile sulla porta a guardarsi intorno
spaesato: l’innaturale silenzio di quella locanda aveva
tramortito anche lui.
-Hai fatto tutto il possibile- disse l’uomo col braccio
attorno alle spalle del suo padrino.
-Vedrai, Laenzio, molto presto la Legione riacciufferà quel
figlio di cagna e tu avrai tutto il diritto di pestarlo!- aggiunse
l’altro.
Il vecchio Laenzio buttò giù un piccolo sorso e,
posando il calice sul bancone, sospirò. –Elion
penserà che sono un incompetente. L’ha portato da
me, capite?- domandò rivolgendosi ad entrambi gli amici.
Anche il locandiere, dall’altra parte del bancone,
annuì dispiaciuto. –Si fidava di me, ed io
l’ho delusa… non me lo perdonerà mai.-
Elion s’immobilizzò alle sue spalle. Mentre i due
uomini s’accorgevano di lei e le facevano un po’ di
posto da entrambi i lati, Laenzio buttò giù un
altro sorso, ma ‘sta volta con più foga.
-Perché, cos’è successo?- chiese
flebile la ragazza.
Laenzio si voltò con le labbra dischiuse e ancora umide. Fu
sorpreso di vederla lì e si permise un mesto sorriso. Poi,
però, dovette affrontare la realtà.
–Vieni, ti offro qualcosa- disse facendole segno di sedergli
accanto, dove uno degli amici del vecchio aveva liberato il posto.
Elion si accomodò e serrò le ginocchia. Assunse
una posa composta e sorrise ad entrambi gli amici, che subito si
allontanarono per lasciarli appartati. Nel frattempo Laenzio
ordinò un mezzo boccale al locandiere.
La ragazza si apprestò ad interrompere l’ordine
ricordando al Priore della Prigione che non sopportava niente di
alcolico, soprattutto a quell’ora della notte.
Laenzio si esibì in un risolino. –Perdonami: ti
avevo scambiata per lui e volevo offrirti la birra preferita di
Lennard.-
Elion s’adombrò. –Chi è
Lennard?-
Il vecchio scosse la testa come scacciando pensieri lontani.
–Lascia stare, dimentica quel nome. Piuttosto, credo di
doverti lo stesso qualcosa da bere per farmi perdonare.-
Elion intraprese quel nuovo discorso, pur annotandosi questo misterioso
Lennard nella mente. –Di cosa parli?-
Il locandiere posò loro di fronte una brocca di vino dolce e
Laenzio ne versò un bicchiere alla ragazza.
–Ricordi quel tuo amichetto che mi hai presentato
‘sta mattina?- le chiese.
Elion ci pensò su un istante. –Parli del ragazzo
che mi ha aggredita?-
Laenzio annuì poggiando i gomiti sul bancone.
Guardò nel boccale di birra la propria immagine riflessa.
–Credo che mi odierai per ciò che sto per dirti.-
-Non ti odierei per nulla al mondo, e lo sai- lo rasserenò
lei. –Ti devo la mia stessa vita. Come puoi pensare una cosa
del genere?- con quelle parole riuscì a commuovere il suo
vecchio.
Laenzio la guardò negli occhi e fu allora che Elion
capì senza aver bisogno di altre parole. La ragazza si
limitò a tacere, alimentando con il suo il silenzio della
locanda. Bevve un piccolo sorso del suo vino dolce e
arricciò le labbra: fu difficile ignorarne il pastoso sapore
che aveva sulla lingua, pur di mostrarsi contegnosa e
all’altezza della situazione. Se si fosse trattato di un
altro contesto, Elion non avrebbe esitato a fare qualche considerazione
pignola su quel vino e Laenzio non ci avrebbe pensato due volte prima
di uscirsene con qualcuna delle sue battutine sugli Elfi e la loro
puzza sotto al naso.
-Quand’è successo?- chiese.
-Nel pomeriggio. Era fuori città prima di sera, sicuro-
sbottò lui.
-Come… com’è scappato?- Elion
provò un pizzico di rimorso. Forse non era la domanda giusta
da fare, se l’uomo che aveva di fronte aveva il vizio di
assumersi responsabilità che non gli competevano. Sapeva che
Laenzio non avrebbe mai permesso compiersi un simile misfatto,
perciò Elion scaricò la colpa sulle guardie di
pattuglia ancora prima di ascoltare la risposta del suo vecchio.
-L’ho sbattuto in una cella con la serratura debole. Deve
essersi fatto bastare quell’unico grimaldello che poteva
nascondere tra le chiappe, perché lo abbiamo perquisito
anche dove la fantasia di voi donne difficilmente arriva! I miei uomini
hanno riferito di un tombino che getta dalla strada nella prigione. Si
è arrampicato come quel topo che è ed
è sparito. In metà giornata nessuno ha
più saputo dire dove fosse…- raccontò
Laenzio, arrabbiato.
Elion ascoltava in silenzio. Vedere il suo padrino così
adirato le metteva ansia. Quando Laenzio era una guardia di pattuglia
comune la sua sfuriata massima era stata una lamentela sui mendicanti
che pisciavano lungo le mura; siccome lo infastidiva ordinare che
qualcuno pulisse quella schifezza, s’incaricava personalmente
di passare spazzola e sapone sulla pietra della cinta muraria. Tornava
a casa borbottando “sono l’unico a cui importa un
po’ di pulizia in questa città!”.
Perciò Elion non sapeva cosa aspettarsi dal suo vecchio
mentore ora che la faccenda era più grossa.
Già, ma quanto più grossa?
-E dai, non può essere grave come dici…-
esordì la ragazza avvicinandosi a lui. –Era un
ladruncolo da mercato ben fornito; se se ne fosse ricordato, sarebbe
tornato indietro a chiederti del denaro prima di svignarsela-
ridacchiò.
Laenzio proprio non riusciva a stendere le labbra. Era troppo
combattuto tra la gioia di avere Elion alla taverna lì con
lui e il dispiacere che gli dava sapere quel bastardo di nuovo in
circolazione, pronto a far del male alla sua piccolina. Bevve
l’ultimo sorso del suo calice e chiese al locandiere di
riempigliene un altro giro. Fece per colmare di nuovo il bicchiere di
Elion con del vino dolce, ma la ragazza mostrò entrambi i
palmi delle mani, rifiutando.
-Quel capellone è entrato con te. È un tuo
amico?- domandò Laenzio aggrottando le folte sopracciglia.
Guardava un punto oltre le spalle della ragazza.
Elion si voltò e vide che Mattiùs si era seduto
ad un tavolo in silenzio e li guardava a sua volta. Quando si accorse
che il padrino della ragazza e lei stessa lo fissavano, distolse lo
sguardo arrossendo.
-Si chiama Mattiùs. È un mio compagno
dell’Università, siamo allo stesso anno e avremo
tutte le lezioni in comune- disse Elion. –Se vuoi te lo
presento.-
-Nah- tagliò corto Laenzio, tornando a guardare la propria
immagine riflessa nel boccale di nuovo pieno. –Ti conosco
abbastanza per stare tranquillo. Oggi mi hai dato prova della tua forza
sapendotela cavare con quel ladro. Povero il ragazzo che si
beccherà il tuo rifiuto ad un impegno di matrimonio!- questa
volta si permise di ridere, prima di gettare giù altra birra.
-Ancora con questa storia…- Elion alzò gli occhi
al cielo.
Dopo un lungo silenzio, il vecchio sospirò. –Al
mio posto, Hieronymus avrebbe saputo cosa fare- ammise con una smorfia,
ripensando ai fatti della giornata.
-Io non ne sono così certo- s’intromise una voce
nuova.
Quando Elion e Laenzio si voltarono, videro che all’ingresso
della locanda c’erano tre soldati della Legione. Uno di
questi, però, portava una luminescente armatura di ferro
battuto e vestiva gli onori e i gradi più alti. Alla fioca
luce di fiaccole e candele, il Capitano delle Guardie Fhenius Lex
sembrava indossare un’armatura di fuoco. Portava lo scudo
sulla schiena, lo spadone nel fodero e l’elmo sottobraccio.
Laenzio smontò dallo sgabello e
s’inchinò. Così fecero tutti, in
silenzio, preparandosi ad ascoltare cosa il Capitano delle Guardie
Imperiale era venuto a fare o a dire nella loro umile locanda.
Fhenius andò incontro al padrino della ragazza e gli
raccomandò di stare comodo. Laenzio tornò seduto
sul suo sgabello. Il Capitano delle Guardie congedò i suoi
uomini, che presero posto ad un tavolo in mezzo alla gente, mentre lui
sedeva sull’altro sgabello vuoto accanto al Priore della
Prigione.
.:Angolo d'Autrice:.
Sono tornataaaaaaa! :D Lasciatemi dire che rimettermi a scrivere su
questa storia è stato bellissimo. Avevo dimenticato che
razza di mondo fosse quello di Oblivion e quante idee avessi ancora da
scrivere. Alla fine è stato più forte di me,
più forte di tutto! DOVEVO scrivere questa scena, ovvero la
scena in cui Elion e Mattiùs arrivano alla Locanda dei
Mercanti e sorprendono la gente di Imperial City ansiosi per cosa
è successo. Nel prossimo capitolo ho già in
mente, a grandi linee, cosa accadrà, ma non so ancora se
farò un miscuglio dei POV tra la maghetta e l'assassino
oppure lascerò cadere la narrazione su Gabriel solo nel
settimo capitolo...
Non c'è molto da dire. Adoro chi segue e recensisce questa
storia, adoro anche chi la segue e basta. Rinunciare alla scrittura per
tutto questo tempo, appartandola in secondo piano, mi ha fatto capire
quanto è importante per me! E di non poterne fare a meno,
come una droga, sì, esatto... ma queste sono cose che
scrittori di fan fiction o meno pensano dall'albore dei tempi e noi non
siamo mica qui a pettinare le aragoste! XD
Fatemi sapere cosa pensate anche di questo post :3 sperando che ogni
tanto bazzichiate ancora da queste parti per controllare se
aggiornerò! ^^
Bellaaaaaaaaaa :D
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