Tatatatatataàààà!!! xD Ok, era lo squillo delle
trombe. Momento di pazzia ed euforia per l’avvenimento che mi ha scosso più di
tutti, ovvero la conclusione di questo capitolo. D’accordo, non è proprio l’ultimo,
ci sarà anche quella sottospecie di epilogo, di cui già ho in mente un abbozzo J
Confesso che mi dispiace che questa storia sia già
finita. Mi ci ero davvero affezionata. Così mi sono messa d’impegno e vi ho
scritto un capitolo veramente lungo lungo. Volevo
regalarvi una bella conclusione, dato che mi siete stati accanto per tutta la
scrittura, con i vostri commenti e le vostre recensioni.
Non so se questa fine soddisferà tutti. Io ci ho
provato, e spero che il mio impegno sia valso qualcosa. Ora la smetto, scusate!
J
A voi,
GOLD IN THE BLUE, capitolo 26. ^^
“Le lezioni più difficili sono le più dolorose, perché non si può
ottenere niente, senza sacrificare qualcosa”. Era davvero
buffo come quella frase, così ricca di profondi significati per lui, in quel contesto
avesse assunto una definizione totalmente diversa, ai limiti dell’ironico.
Quando Winry aveva socchiuso
gli occhi e gli aveva sussurrato quella frase all’orecchio, la tazza celeste,
ricolma di latte, che Alphonse teneva tra le mani, era scivolata a terra,
infrangendosi sul pavimento.
Sobbalzò nel constatare il
risultato del disastro che aveva combinato e si precipitò subito a terra nel
tentativo di rimediare al danno. Raccolse agitato i frammenti di ceramica,
mentre la ragazza, ridacchiando, si chinava accanto a lui per passare uno
straccio asciutto sul pavimento, al fine assorbire per quanto poteva il liquido
niveo.
Dannate frasi filosofiche del
fratellone. Come potevano certe parole così importanti prendere una piega tanto
assurda?
Sacrificio della tazza = verità
di Winry.
Era tutto collegato, pensò. Ma
forse, sarebbe stato meglio tenere la bocca chiusa, in quella situazione. In
effetti, non c’era niente di logico in quell’accostamento d’idee e situazioni.
Scosse la testa, confuso. La
voce della meccanica ancora rimbombava nella sua testa, rendendolo
impossibilitato a compiere alcuna azione. Era davvero sorprendente accorgersi
di quanto una semplice rivelazione potesse scombussolarlo a quel modo. E dire
che non era nemmeno lui, il diretto interessato.
Gettò i cocci nel sacchetto
dell’immondizia, senza rendersi conto che con un semplice battito di mani
avrebbe potuto ricreare quella tazza come nuova. Il suo indice di attenzione
andava di male in peggio.
-
Winry. Siediti, per favore.
Le chiese gentilmente,
invitandola ad accomodarsi sul divano. Winry sospirò rassegnata e si accomodò
sui morbidi cuscini, sprofondando sullo schienale. Alphonse lanciò un fugace
sguardo alla finestra, poi tornò a concentrarsi sul viso della ragazza.
-
Tu...
Cominciò, torturandosi le mani
con le sue stesse unghie. Winry inclinò la testa, sorridendo dolcemente alla
confusione impacciata dell’amico d’infanzia.
-
Tu cosa?
-
Al, te l’ho appena detto!
-
Sì, lo so ma... è incredibile.
Cioè tu, il fratellone!
La meccanica ridacchiò divertita,
avvicinandosi ad Alphonse e scompigliandogli giocosamente i corti capelli dal
colore del grano. L’alchimista si alzò e l’abbracciò di getto, cogliendola
impreparata.
-
È una cosa bellissima, Winry.
-
Grazie Al. È importante per me
che tu mi stia vicino.
-
Io ci sarò sempre. L’hai detto
alla zia?
-
Ancora no, il fatto è che la
cosa ha un po’ scombussolato anche me. Cioè, non che non ne sia felice, anzi,
solo non pensavo che... questo momento sarebbe arrivato così presto. A dire il
vero, ho un po’ paura.
Alphonse sorrise con estrema
tenerezza, affondando il viso tra i capelli miele della ragazza. Ne ispirò il
dolce profumo, riconoscendo in lei – in quel momento più di ogni altro – una
sorella.
-
Tranquillizzati, Win. Non devi
avere paura. Ci sono io, c’è la zia, il fra... no, ok. Lui non c’è, ma tornerà.
Te l’ha promesso, no?
-
Già.
Sussurrò, volgendo uno sguardo
fugace e lievemente malinconico alla finestra. Sfiorò le tende chiare con la
punta delle dita, sorridendo teneramente. Al seguì con interesse ogni sua
minima mossa, già immaginandosela con un enorme pancione ad arrotondarla.
Arrossì, portandosi le mani alle guance.
-
Oh, avrò un nipotino!
Ridacchiò, saltellando per la
stanza. Con uno scatto felino, tornò a stringerla tra le braccia. Winry rise
con lui, chiudendo gli occhi.
-
Al, grazie. Te lo dico di
nuovo, perché voglio che tu sappia quanto ti sono debitrice per starmi accanto.
-
Non hai di che ringraziarmi,
davvero. Mi darai un meraviglioso nipotino, cosa posso chiedere di più? Ah,
diventerò zio!
-
Sembri felice.
-
Eccome se lo sono! Anche Ed lo
sarà, stanne certa. Beh, all’inizio, penso che si sentirà un po’ confuso, ma
vedrai che andrà tutto bene.
-
Lo spero davvero tanto.
-
Hey, stai tranquilla. Agitarti
fa male al bambino.
-
Pensi davvero che ne sarà
felice?
-
Non lo penso, lo so.
Winry sorrise, allontanandosi e
dirigendosi a passo svelto verso la cucina. Alphonse la seguì osservando con
attenzione ogni suo movimento.
-
Guarda che non sono di
cristallo! Non mi rompo mica!
Esclamò lei, divertita dal modo
in cui il minore degli Elric la scortava, facendo attenzione ad ogni passo. Al
si passò una mano tra i capelli, contrariato.
-
Lo so, ma ti vedo così fragile,
ora che lo so.
-
Grazie, Al. Davvero, ma non è
cambiato poi tanto, dopotutto. C’è solo... qualcuno dentro di me.
Sussurrò, accarezzandosi
amorevolmente la pancia, ancora piatta. L’alchimista inclinò la testa,
guardando intenerito la scena. Le sue guance s’imporporarono leggermente, senza
alcuna spiegazione.
-
E...
Cominciò, sedendosi al tavolo.
-
Sarà un maschietto o una femminuccia?
-
E chi lo sa. Dovremmo aspettare
che nasca. Tu, Al, che pensi sia?
-
Un bel maschietto! Oh, già me
lo immagino!
La meccanica abbassò lo
sguardo, accarezzandosi la pancia. Alphonse saltò ad abbracciarla un’altra
volta, ispirando profondamente il suo profumo. Si allontanò poco da lei, per
poterla guardare negli occhi. Inclinò la testa da un lato, confuso.
-
Ma Winry... hai lo stesso
profumo della mamma...
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I ciuffi d’erba tra le dita, umidi, freschi, graffianti
quasi quanto la punta d’un ago di pino, ma allo stesso tempo, morbidi e
flessibili come un odoroso petalo di rosa.
Un debole sospiro di vento scivolava quieto tra le
campagne, come al solito, sfiorando con tocco gentile i rami carichi di foglie
e frutti, colorati e succosi sotto i caldi raggi del sole.
I capelli setosi sul viso seguivano il vento,
liberi da ogni costrizione, riflettendo il tepore naturale. Tre settimane,
l’estate e il cielo azzurro, limpido come non l’aveva mai visto.
Alzò lo sguardo a quel cielo, illuminato
splendidamente da una luce dorata che si posava a delimitare il contorno di
ogni sagoma di quel paradiso dannatamente familiare e fin troppo vissuto.
E in ultimo, il suo cuore.
Due occhi dorati, lontani, ma talmente vicini nella
sua mente e nei suoi ricordi. Ogni cosa splendeva di un alone aureo ai suoi
occhi, ancora incatenati all’orizzonte, nel punto in cui la stradina delle sue
memorie lasciava intendere allo sguardo il suo inizio oltre la collina.
-
Sono passate tre settimane.
Un sussurro. Rivolto a chi? Al vento? No, ormai non
soffia più. Era tutto calmo a Resembool, come ogni estate. Il canto dei grilli
era sempre più intenso, così come quel profumo impregnato di qualcosa che ormai
era paragonabile al sollievo dell’aria fresca nei suoi polmoni.
Una sua mano scivolò lenta sul ventre, delicata.
Percepì il calore della propria pelle sotto il leggero strato di cotone della
canotta bianca.
-
Tornerà, me l’ha promesso. Ce l’ha
promesso.
In fondo, lei sapeva a chi era rivolta quella
frase.
Un battito veloce, quasi quanto le ali di un
colibrì. Lei lo sentiva, chiaramente, dentro di sé. Era talmente reale. Petali
di rosa, una pelle candida e morbida nei suoi pensieri.
-
Ti manca?
Una domanda, quasi diretta a se stessa. Un movimento
lento, inesistente, dentro di lei. Sapeva che non poteva essere vero, che era
ancora troppo presto. Eppure, era certa di sentire i suoi occhioni – di
prezioso oro colato, come i suoi, ne era certa –
socchiudersi, perdendosi in un sogno colmo di figure colorate e cuscini
bianchi, come petali di rosa, come la sua pelle.
E una risposta, debole, come sfuocata, che non
sarebbe potuta giungere alle sue orecchie, perché mai pronunciata.
Eppure, era come se qualcuno
la stesse gridando, con voce fragile, seppur risonante. Un angelo, un raggio di
luce, un piccolo arcobaleno, nell’oscurità.
-
Anche a me.
Un sorriso. Che celasse una lacrima? La loro
storia, un futuro diverso, l’oro e il profumo dell’erba bagnata. Lo sguardo
verso il cielo, le dita tra l’erba. Sapeva che era insensato sentirsi sola. Non
lo era, non lo era più.
Una voce all’interno del suo corpo, creata dalla
sua immaginazione. L’avrebbe ricordata per tutta la vita. Sarebbe sempre stata,
da quel momento all’eternità, parte del piccolo mondo intorno a lei.
Sorrise, di nuovo, senza alcuna punta di
malinconia, carezzandosi il ventre in un gesto di assoluta protezione.
La trasmutazione umana, non era stata un addio.
L’ammissione tra gli alchimisti di stato, non era
stata un addio.
L’incendio della casa della sua infanzia, non era
stato un addio.
La corsa per andare ad aiutare suo fratello in
lotta con Scar, non era stata un addio.
La sua anima che volava via, richiamata dal Padre,
non era stata un addio.
L’abbraccio con lui alla stazione non era stato un addio.
Le fiamme di Roy che bruciavano sulla gamba, non
erano state un addio.
La rabbia incontrastata nei suoi occhi d’oro, non
era stata un addio.
Le sue ultime parole, quella rivelazione mancata,
non erano state un addio.
Il biglietto infilato sotto la porta, non sarebbe mai
stato un addio.
Perché gli addii, ormai l’aveva imparato, sono per
sempre. E lui sarebbe tornato, perché gliel’aveva promesso. Non s’era mai
chiesta per quale ragione avesse voluto partire, così, di punto in bianco, dopo
aver fatto l’amore e aver avuto quella strana discussione con lei. Ma, a parte
tutto, non era quello l’importante, perché già era sicura che quella voce
preziosa sarebbe presto tornata a riempire la sua vita.
-
Winry.
Fu come un sogno. Un sogno conosciuto, persistente,
di quelli che ogni notte occupano la mente, giorno dopo giorno. Si voltò, i
capelli di miele volteggiarono leggeri sulle sue spalle. Incontrò il suo
sguardo, fissando quel ricordo in un’immagine indelebile nel suo cuore.
Non riconobbe il fatto d’essersi alzata, mentre lo
faceva, né d’aver corso verso di lui, o d’essersi tuffata tra le sue braccia,
affondando il viso arrossato nel suo petto. I battiti accelerati del cuore del
ragazzo percorsero tutta la sua mente, creando una scia di ricordi tangibili e
incancellabili.
-
Ero sicura che saresti tornato.
Sussurrò, le labbra increspate in un sorriso
tremolante, mentre l’oro dei capelli di Edward le solleticava gentilmente la
fronte.
-
Te l’avevo promesso, no?
-
È vero. Ma avevo paura, paura di dover rimanere
ad aspettarti per troppo tempo, con il cuore in gola, mentre la speranza che
serbo nel cuore scema sempre più.
-
Sei una stupida.
-
Hey, non sei tu quello che dovrebbe dirlo. Anche
se, è vero, lo sono. Avrei dovuto avere più fiducia nelle tue parole, perché a
te non piace mentire, ti conosco. Ma, ascoltare mentre dici che sono una
stupida, mi fa veramente sentire un’idiota.
Edward rise sommessamente, divertito dalla
confusione del discorso della ragazza, inclinando la testa all’indietro, poco
prima di chinarsi nuovamente e regalarle un piccolo bacio sulla fronte.
-
Sei sempre la solita, Win. Perché non impari a
fidarti di me?
-
Esperienza personale, Ed. Non posso mai essere
del tutto sicura di quello che tu...
-
Ti amo.
-
... Che cosa?
-
Ti amo.
-
Beh, anche io ma... ora che centra?
-
Centra perché... ah. Di questo, almeno, ti fidi?
Winry sorrise, nascondendo una risata serena e
cristallina tra i ciuffi di capelli setosi. Ed alzò un sopracciglio,
sistemandosi l’elastico che legava i suoi capelli in una coda a circa metà
della nuca.
-
Chi è lo stupido, adesso?
-
Ah, Winry. Mi sei mancata.
-
Anche tu, davvero molto. Perché sei andato a
Central?
-
Avevo soltanto bisogno di riflettere un po’. Su
una cosa importante, è chiaro. Una scelta che avevo sempre messo in secondo
piano, fino al momento in cui non sono tornato da te, tre anni fa.
-
Qual è? Dimmelo, Ed!
-
Tu fai sempre troppe domande, Win.
-
E tu, come al solito, continui a tenermi
nascosta parte della tua vita.
L’ex alchimista abbassò gli occhi, sorridendo, con
l’aria di chi la sa lunga, ma vuole tenere tutto nascosto, per sé. La ragazza
gli toccò il mento, per intimarlo ad alzare il viso e a guardarla negli occhi.
-
Almeno, posso farti una sola domanda?
-
Dipende.
Winry lo guardò storto, fulminandolo. Edward indietreggiò
appena, intimorito dallo sguardo fiammeggiante della meccanica. Si arrese,
carezzandole dolcemente i capelli biondi.
-
Ok, ok. Ti risponderò.
-
Che hai fatto al mio
automail?
Ed si morse il labbro inferiore, divertito. La
meccanica picchiettò un paio di volte il piede sull’erba, cominciando a
spazientirsi.
-
Te ne sei già accorta?
-
Come hai potuto pensare che non l’avrei visto?
Zoppichi! Per la precisione, non pieghi bene il ginocchio, Ed. Mi chiedo come
tu abbia fatto ad arrivare fino a qui, in quello stato. Ma preferisco lasciar
correre, non voglio immischiarmi in faccende che non mi interessano. E, tra
l’altro, sono già sicura che mi risponderai con un “ho fatto un combattimento
all’ultimo sangue”, cosa che non ho nessuna intenzione di ascoltare.
Edward scosse la testa, stringendo forte Winry al
proprio petto, con fare possessivo. Inarcò la schiena verso il basso per poter
raggiungere le sue labbra. Sorrise, fiero di sé stesso, per essere cresciuto
così tanto.
La baciò con dolcezza, assaporando ogni attimo come
se fosse l’ultimo, come se le potesse sparire da un momento all’altro, amandola
come se non la stringesse tra le braccia da troppo tempo.
-
Ma tu devi sempre sapere di latte quando ti
bacio?
-
Non è un problema mio se a te non piace. Io lo
adoro.
-
Win, sai che... ah, non dirlo ad Al. Me lo
rinfaccerebbe per sempre. Volevo dirti che sulle tue labbra, quello schifoso
liquido bianco non è poi così male. In fondo, potrei anche abituarmici.
-
Questa me la segno, Ed. voglio proprio vederti
buttar già una tazza di latte. Te la preparo io, quando andiamo a casa.
-
Non ho mai detto che l’avrei bevuto. Non
rigirarti le cose a tuo comodo, Win. Non ti riesce affatto bene.
Winry gli colpì la spalla destra con un pugnetto
amichevole, riconoscendo in lui lo stesso bambino arrogante e testardo che era
sempre stato, fin da quand’era piccolo.
Abbassò lo sguardo, concentrandosi sulla stoffa dei
pantaloni che si tirava sopra il rigido metallo della protesi.
-
Forza, andiamo a casa. Ti sistemo per l’ennesima
volta l’automail, così puoi riprendere a camminare bene.
-
No, aspetta. Lo farai dopo. Restiamo un po’ qui
ora.
-
Ok, va bene. Ma questa volta paghi, perché la
devi piantare di andare a scrocco.
-
Win, sai che non ti ho mai rubato niente, ma non
pagherò. Non perché sono tirchio, sai che non è così. Ma, fidati, se andrà
tutto bene, non avrai mai più bisogno dei miei pagamenti.
-
Che vuoi dire? Non capisco? Se questo è un modo
per eludere il pag...
-
Dai tempo al tempo, Winry. Lo saprai presto, non
temere.
La meccanica sbuffò, lasciandosi cadere sull’erba.
Poco dopo, Ed la imitò, sedendosi accanto a lei. Winry posò la testa sulla sua
spalla, chiudendo gli occhi, rilassata. L’ex alchimista sorrise e circondò le
sue spalle con un braccio, stringendola teneramente, inspirando la dolce fragranza
che emanava la sua pelle candida. Rise silenziosamente e Winry se ne accorse.
-
Che c’è?
Gli chiese, aprendo gli occhi e alzando lo sguardo
così da potersi perdere nella luce aurea.
-
Niente, è solo che mi sono reso conto di una
cosa che avevo già notato in te, ma che ora è come se fosse amplificata, più
intensa.
-
Di cosa parli?
-
Hai lo stesso profumo che aveva mia madre
quand’era viva. Era un profumo d’amore, di famiglia, di calore. Era il suo
profumo. E ora, ora è il tuo.
Gli occhi di Winry s’illuminarono, rischiarati da
una luce tiepida e vitale. Un brivido percorse tutta la sua schiena,
cogliendola di sorpresa. Una sua mano scattò verso la pancia, ma Ed sembrò non
accorgersene.
-
È uno dei pochi ricordi che ho di lei.
-
Ti manca molto la tua famiglia?
-
Voi siete la mia famiglia. Come potreste
mancarmi se mi siete accanto?
-
Oh, Ed. Io parlavo della tua vera
famiglia. Della zia Trisha e... tuo padre.
-
Non ho molti ricordi della mamma. Tutto ciò che
è rimasto nella mia memoria è che lei ci lodava sempre quando usavamo
l’alchimia. Lei ha sempre desiderato che noi diventassimo come nostro padre.
Era contenta se facevamo progressi, ma sapevo che, in realtà, un po’ la
rendevamo triste, perché le ricordavamo troppo lui. Io, più che Al. Lei mi lo
diceva sempre, sorridendo, ma io non volevo. Odiavo pensare di essere come lui,
perché se n’era andato, ci aveva abbandonati. Ora so che l’ha fatto per il
nostro bene, ma al tempo ero un bambino, non potevo capire. Ciò che so adesso è
che, se un giorno sarò padre, prometto a me stesso di non diventare mai come
lui.
Winry aveva ascoltato il lungo discorso dell’ex
alchimista con estrema attenzione, seguendo ogni suo piccolo movimento delle
labbra, ogni mutamento d’espressione.
-
E... a te piacerebbe diventare padre?
Mormorò, tutta d’un fiato, senza accorgersene. Ed
assunse un’espressione pensosa, senza rendersi conto né dell’allusione relativa
alla loro situazione né della preoccupazione e dell’imbarazzo disegnati sugli
occhi color del cielo della meccanica.
-
Beh, io... è difficile da dire. Sinceramente,
non ho la minima idea di quello che può significare avere un padre, figuriamoci
esserlo. È come se non ne avessi mai avuto uno. Però... oh. Ma che pensieri mi
fai fare, Win? È strano. Io, papà. Non... non lo so, non ho mai pensato a
questa possibilità. Penso che... sì, ne sarei felice. Potrei donare a quel
bambino tutto l’amore e la famiglia che io non ho mai avuto. Potrei renderlo
felice, non fargli mancare nulla e cercherei di tenerlo lontano dai guai, in
tutti i sensi. Anche se, detto da me, suona come un controsenso.
E ridacchio, con il cuore leggero, spostandosi un
dorato ciuffo di capelli all’indietro. Gli occhi di Winry luccicavano
dall’emozione e il suo cuore – ne era sicura – avrebbe presto spiccato il volo.
-
Ed, io...
Poteva essere quello il momento? Sotto quel cielo, testimone di
ogni momento della loro infanzia, illuminati dal sole estivo, sul prato dei
loro ricordi. Il silenzio s’impadronì della situazione e Winry giurò d’essere
perfino riuscita ad udire il minuto ticchettio delle lancette dell’orologio
d’argento. Dov’era? In tasca, probabilmente. Lui non se ne separava mai.
Deglutì, arricciando le labbra. Le gambe tremavano
impercettibilmente, così come le sue corde vocali, tese nell’indecisione.
Avrebbe dovuto dirglielo? E se si fosse spaventato?
Se l’avesse rifiutata? Insomma, non poteva di certo presentarsi davanti a lui,
sorrdergli e dirgli: Hey Ed, lo sai che sono
incinta? No, decisamente no.
Sarebbe stato il caso di tentare la sorte?
-
Ho bisogno di dirti una cosa.
Niente da fare. La sua bocca non era capace di
rimanere chiusa, muta. Perché avrebbe dovuto tenersi dentro quel segreto? Prima
o poi, indipendentemente dal fatto che lei fosse riuscita a esternarlo, sarebbe
diventato fin troppo evidente per mentire ancora. Sarebbe stato meglio, per
lei, sentirsi chiedere da Ed quando fosse ingrassata in quel modo?
Perché, ovviamente, lui non ci sarebbe mai arrivato
da solo e subito
a quella conclusione. Ci avrebbe girato un po’ intorno,
elaborando pensieri complessi, fin troppo per una questione così semplice.
Probabilmente, avrebbe cercato di dare la colpa al latte, sostenerlo che averne
bevuto troppo l’aveva fatta ingrassare. E l’avrebbe derisa – nel suo modo
estremamente dolce e non malizioso, ovviamente – prima di concentrarsi come
meglio poteva e giungere a quella deduzione.
Se mai fosse riuscito ad arrivarci.
-
Sembra importante. Ciò che hai da dirmi,
intendo.
-
Lo è, credimi.
Oh, sì. Certo che lo era. Immensamente, per
entrambi. Edward inclinò la testa, i capelli legati scivolarono fluidi sulla
sua spalla. Respirò profondamente, godendosi l’aria pura dell’aperta campagna.
Sembrava abbastanza incuriosito, a giudicare dalla sua espressione e dallo
sguardo d’oro indagatore. Inaspettatamente, però, forzò sulle braccia per
alzarsi in piedi e per un po’ non perse l’equilibrio premendo il suo peso
solamente sulla gamba destra.
Winry alzò lo sguardo, incontrando le mani di Ed,
tese verso di lei.
-
Ed?
-
Qualunque cosa sia, me la dirai dopo.
-
Cosa?! Ma...!
Balbettò, afferrando le mani che il ragazzo le
tendeva e lasciandosi trasportare verso di lui. L’ex alchimista sogghignò
dolcemente nel notare l’espressione contrariata della ragazza.
-
Niente ma. Vieni con me.
-
Con te? Ma... dove? Ed, guarda che...
-
Ti vuoi calmare?
Rise.
-
Andiamo a casa.
Winry si lasciò condurre titubante sulla via del
ritorno, sbuffando di tanto in tanto e incrociando le braccia al petto. Perché
Ed aveva bloccato il suo discorso? Proprio ora che si era finalmente decisa a
rivelargli ogni cosa.
Dopo alcuni minuti trascorsi in silenzio tra campi
e stradine di campagna, arrivarono all’abitazione ed Entrarono, chiudendo poi
lentamente la pesante porta di legno. Si guardarono intorno, socchiudendo le
palpebre per via dell’oscurità.
-
Siamo soli.
Constatò Ed, accendendo la luce. La stanza venne
illuminata in pochi secondi. Winry gettò un ultimo sguardo all’uscio,
chiedendosi per quale motivo l’ex alchimista l’avesse condotta proprio lì.
-
La nonna è uscita a fare la spesa. Dovrebbe
tornare tra...
E guardò l’orologio appeso al muro. Batté le
palpebre, poi tornò a concentrarsi sulla sagoma del biondo davanti a lei.
-
Un’ora, più o meno. È scesa giù al mercato, a
quest’ora è pieno di gente.
-
Uhm. Bene.
Bene? Perché bene? Che volesse stare da solo con
lei? Per quale motivo? La testa di Winry cominciò a girare, sovraccaricata di
quesiti irrisolti.
-
E Al?
-
Al? Uhm... ah, già. Al è uscito stamattina
presto con May. Ha detto che andavano a fare una passeggiata all’aperto. Penso
che si siano fermati anche per un pic-nic.
Edward sorrise. Anche il suo fratellino stava
recuperando il tempo perduto. Aveva finalmente trovato una ragazza per lui, che
lo amava – lo adorava, per di più – e gli sarebbe sempre stata accanto.
-
Uhm. Bene.
Ancora? Winry strinse la mani a pugno.
-
Ed. ora che siamo arrivati, cosa... ?
-
Non volevi... aggiustarmi l’automail?
Winry sbuffò, ampliamente irritata. Si diresse
verso il suo studio di lavoro, facendo cenno
Ed di seguirla. L’ex alchimista non se lo fece ripetere due volte e
proseguì zoppicando.
-
Senti, Ed. Se non volevi star a sentire ciò che
avevo da dirti, sarebbe bastato che tu...
-
Vuoi fidarti di me per una volta?
-
E tu la vuoi piantare di interrompere sempre le
mie frasi? È frustrante!
-
No, è divertente!
-
Sei un idiota.
Sentenziò, facendo accomodare Ed sul lettino per
pazienti e girovagando per la stanza alla ricerca di utensili per la
manutenzione. L’ex alchimista si sfilò i pantaloni e li fece cadere a terra,
accanto alle rotelle nere della brandina.
Arrossì.
Quante volte aveva compiuto quel gesto naturale per
ben altri motivi molto meno casti negli ultimi tempi? Scosse la testa, cercando
di pensare ad altro.
Si passò una mano sull’automail, rabbrividendo
all’ormai familiare contatto con il metallo freddo contro la sua pelle
bollente. Si concentrò sul ginocchio, assumendo un’espressione quasi...
commossa?
Winry si bloccò e mise le mani sui fianchi,
guardandolo in cagnesco.
-
Cosa diavolo stai facendo?
Tuonò, avvicinandosi a lui e posando – forse in
modo un eccessivamente brusco – la pesante chiave inglese sul tavolino lì
accanto. Ed sobbalzò, già immaginandosi la testa traforata da quel diabolico
strumento.
-
N...niente.
Incespicò, distendendosi sulla brandina e voltando
la testa dal lato opposto, verso il muro e la finestra. La ragazza gli si
avvicinò e sospirò, chinandosi a raccogliere i pantaloni stropicciati.
-
E questi? Sono faccia a faccia con il tuo solito
ordine, non è così?
-
Tu ti lamenti troppo, Win.
-
Sarei io che mi lamento troppo? Perché io la
vedo in un altro modo. Qui sei tu che stai vivendo troppo! Mi
chiedo per quale ragione io non ti abbia ancora strangolato con le mie stesse
mani. Lo meriteresti, lo sai?
Edward sorrise, chiudendo lentamente gli occhi e
assaporando l’aria di casa. Decise di cambiare discorso, dato che quello
attuale aveva cominciato a prendere una brutta piega. Non aveva alcuna voglia
di litigare con lei.
-
A Central, sono stato dal Tenente. Ha avuto il
suo bambino, sai?
Winry tese le orecchie, ridendo sommessamente e
afferrando una confezione nuova di viti. S’illuminò, sfiorandosi la pancia con
un gesto tenero.
-
Davvero? Oh, come sono felice!
-
Già, lo sono anche io. Lei era così contenta.
Peccato però che quell’idiota di Mustang sia arrivato proprio mentre mi
congratulavo con lei. Non mi aspettavo di trovarlo a casa di Hawkeye, anche se
avrei dovuto aspettarmelo, dato che sono sposati. Ah, ancora mi chiedo come il
Tenente abbia fatto ad accettare un deficiente simile. Era appena uscito dalla
doccia e, quando ha cominciato a parlarmi, non ho capito se si è vantato più
del suo fisico o di suo figlio.
Alla ragazza sfuggì un risolino compiaciuto.
-
Figlio? È un maschio?
-
Sì, è un bambino. Si chiama Hiroki.
-
Hiroki?
-
Già. L’ha scelto lui, e già per questo non mi
piace.
-
Sei sempre il solito. Io, invece, lo trovo un
nome molto carino. E com’è? che aspetto ha?
-
Non saprei dirti, è così piccolo. Ha i capelli
neri. Beh, ha solo qualche ciuffetto, a dire la verità. Ma non sembra male. Gli
occhi sono castani. Almeno, così sembra. Non ama aprirli. Non fa altro che
lamentarsi di ogni cosa, ha un non so che di familiare che mi infastidisce
parecchio.
Ringhiò, allusivo.
Winry incrociò le braccia al petto, avvicinandosi a lui con il viso, per
poi tornare alla sua ricerca di preparazione.
-
Sei sempre il solito. Sei arrivato pure a
prendertela con i bambini.
-
Quello è il figlio di quello stronzo del
comandante!
-
E allora?
-
E allora? Ma ti rendi conto che quando
crescerà...
-
Sì, sì. Lo so.
Winry sospirò per l’ennesima volta, posando le
ultime cianfrusaglie sul tavolino e accomodandosi sulla sedia di legno accanto
a lei.
Vide Edward deglutire sonoramente e giurò d’averlo
visto tremare, per un istante, ma si astenne dal fare ulteriori domande.
S’infilò veloce i guanti da lavoro e passò con
distrazione un panno asciutto sulla protesi, per eliminare la polvere. Fece poi
per avvicinarsi al ginocchio e constatare l’identità del problema, quando Ed,
agitato, le toccò una spalla e la bloccò.
-
Cosa c’è adesso?
Chiese, spazientita. Il ragazzo cominciò a sudare
freddo. Strinse la palpebre, ordinandosi di mantenere la calma così da non
smarrire tutte le sue buone intenzioni.
-
Prima non ho voluto che tu mi rivelassi quella
“cosa importante” perché... devo... devo dirti io una cosa.
-
Che cosa?
Gli chiese, tornando a concentrarsi sul suo lavoro.
Tentò di piegare l’articolazione del ginocchio dell’automail, ma non riuscì
nell’impresa, anche perché Edward l’aveva chiamata di nuovo.
-
C’è qualcosa che blocca.
Constatò la ragazza, confusa.
-
Winry...
-
Mmh?
-
Tempo fa, tu mi chiedesti per quanto tempo sarei
rimasto qui a Resembool, ricordi?
-
Sì, certo. Se non sbaglio, eravamo in camera
tua. Al non era ancora tornato da Xing e io mi sono addormentata da te.
Sorrisero entrambi al dolce ricordo.
-
Perché tiri di nuovo in ballo questo argomento?
-
Perché è da qui che voglio partire. Ti avevo
detto che, in quel momento, non conoscevo la data della mia prossima partenza.
E ora... ora la so. Non esiste.
-
Come? Non capisco.
-
È da qui che voglio partire. Win, io sono
tornato per restare. Per sempre, questa volta.
Un profondo silenzio avvolse entrambi. Il cuore di
Winry ebbe un tuffo, no sapeva se per le
parole di Ed – quel “per sempre” aveva qualcosa di speciale, di nascosto, lei
se lo sentiva – o per quello strano luccichio che s’intravedeva sulla giuntura
del ginocchio dell’automail.
Svelta, afferrò un cacciavite e svitò le due estremità della sottile placca
d’acciaio. Tentò di rimuoverla, ma sembrava incastrata. La inclinò, in modo che
quell’oggetto luminoso, inserito con un sistema a lei sconosciuto nel vano di
un bullone, si sfilasse senza problemi.
Posò il metallo rimosso sul tavolino, assieme alle
due viti, e si avvicinò incuriosita.
Il suo cuore perse un battito.
-
E... Edward?
Il ragazzo strinse le palpebre, preoccupato, sentendo
il cuore cominciare a galoppare sempre più velocemente nel suo petto.
Edward.
L’aveva chiamato di nuovo con il nome intero.
Brutto, pessimo segno.
-
E... e... questo?
Balbettò la ragazza, incredula, con voce tremante,
mentre rigirava con estrema attenzione un anellino prezioso tra le dita. Un
semplice filamento d’argento lucido, sul quale era incastonato un piccolo
diamante dalle sfaccettature brillanti.
-
Cosa... cosa...?
-
È questo. È la risposta a tutte le tue domande.
Asserì l’ex alchimista, insicuro, arrossendo
timidamente.
-
È il vero motivo per il quale sono andato a
Central, tre settimane fa. Sai che, anche se sono impulsivo, nelle scelte
importanti ho bisogno di riflettere. Mi sono sempre chiesto per quale ragione,
in questi ultimi tempi, io ti abbia sempre vista in modo diverso. Più bella,
forse? Può essere, anzi, sicuramente è così. Ma tu sei sempre stata splendida.
Anche quand’eri piccola, sai? Non te l’ho mai detto, ma con i tuoi vestitini
tutti pizzi e fiocchetti, sembravi un angelo. Ma ero un bambino troppo pieno di
sé per riuscire a dirtelo.
-
Ed...
-
Voglio dirti una cosa, Winry. Ma voglio che tu
la prenda esattamente per quello che è. Non chiedermi altro, è già abbastanza
difficile così.
-
D’accordo.
-
Oh, maledizione. È così dannatamente complicato. Sono anni che ci rimurgino sopra. Quando
io... tre anni fa alla stazione, ti dissi quella frase... te
la ricordi?
-
Ovvio che me la ricordo! Non ho fatto altro che
pensarci... era “è uno scambio equivalente. Ti darò metà della mia
vita...
-
... così in cambio tu mi darai
metà della tua.” Guardami, Win. Quello che io... ah! È così
terribilmente difficile! Winry, tu...
E strinse la sua mano, con vigore, serrando le
palpebre e sprofondando in un infinito abisso color cremisi.
-
Vuoi accettare la metà della mia vita?
Disse, tutto d’un fiato, dopo aver riaperto gli
occhi ed essersi perso nello sguardo color cielo della ragazza.
-
Perché la tua metà... è già mia.
Mormorò l’ex alchimista, abbassando definitivamente
lo sguardo.
Winry tremò sensibilmente e deglutì. Sfiorò
un’ultima volta l’anellino con lo sguardo. Aprì per un istante la bocca, ma le
parole faticarono a uscire dalle sue labbra.
Che Edward le stesse seriamente chiedendo di...
di...
-
Ti prego, rispondimi. Mi sento un perfetto
idiota in questo momento.
Non ce la fece. Non riuscì a muovere alcun muscolo.
Sentiva la gola secca, la testa scoppiarle e il viso cominciare a bruciare
insistentemente.
Edward tremò, sospirando pesantemente. Sfilò l’anellino
dalla mano della ragazza e la guardò dritta negli occhi, arrossendo fino al
limite. Deglutì.
-
Ho fatto forgiare quest’anello per te.
Mise una mano in tasca e ne estrasse l’orologio
d’argento. La meccanica spalancò gli occhi, nel notare che tutta la copertura
superiore era scomparsa. Lanciò all’ex alchimista uno sguardo confuso. Edward
sorrise, serafico.
-
Tre settimane fa, guardando quest’orologio, ho
capito una cosa. L’avevo tenuto solamente per quell’incisione che tu conosci
bene. Ma da quel momento ho capito che quella data non faceva più parte della
mia vita. È un passato incancellabile, lo so, ma ora voglio voltare pagina.
Sarò sempre segnato da quello che ho fatto, e quest’automail, che tu stessa mi
hai costruito, ne è la prova. Quest’anello che ora tengo tra le dita, non è
altro che la traccia dei miei ricordi, che rimarrà indelebile nei nostri cuori.
È la nuova data che mi sono ripromesso di non dimenticare mai.
E fu così che ella capì. Quel gioiello così
brillante e carico di significato era stato plasmato a partire dalla capocchia
dell’orologio d’argento. Stupita, sorrise, scossa da una tempesta di emozioni
travolgenti.
-
Quando sono arrivato a Central City, ho cercato
appositamente il comandante, così sono andato a casa del Tenente, non avendo trovato Mustang al quartier generale. Lui
sapeva che mi ero tenuto l’orologio, e pensavo che, rivedendomi, avrebbe voluto
riprenderselo, così gli ho detto ciò che ne volevo fare. Lui mi ha riso dietro,
in un primo momento. Pensava che scherzassi, credeva che io non avrei mai avuto
il coraggio di chiederti... chiederti...
Bloccò la frase a metà. Alzò lo sguardo, più
luminoso che mai, incatenandolo a quello della ragazza, che aveva seguito il
suo discorso con aria sognante. Edward prese gentilmente la sua mano sinistra e
la portò alle labbra, regalandole un piccolo e innocente bacio sulla punta
delle dita.
Rabbrividì dal piacere. Un dolce sorriso si schiuse
tra le sue labbra tremolanti. L’ex alchimista arricciò le labbra e avvicinò
l’anello all’anulare sinistro di Winry, con mano tremante. Il cuore di lei
cominciò a battere furiosamente, quasi volesse uscirle dal petto.
Edward si fermò, improvvisamente, abbassando la
testa. La meccanica lo senti respirare profondamente due o tre volte. I capelli
dorati, lucenti, tremavano insieme a lui.
In un istante, alzò di scatto il viso, riprendendo
il mozzicone di frase che aveva accennato pochi attimi prima.
-
Winry, vuoi sposarmi?
E in un istante, un lampo di luce. Che fosse giunta
in paradiso? Avrebbe potuto benissimo essere così. Le sue orecchie non potevano
assolutamente aver udito quella frase.
Eppure, Edward era lì davanti a lei, con lo sguardo
basso e il viso di un rosso brillante che spiccava dall’oro dei suoi capelli.
La sua mano destra stingeva ancora la sua, la sinistra, al di sopra, la
proteggeva in una tiepida carezza.
Sfilò la mano con delicatezza, per poter osservare
la lucentezza del diamante che brillava sul suo anulare. Grappoli caldi di
lacrime cominciarono a formarsi sui suoi occhi, come fossero un cielo d’autunno
carico di pioggia.
Non riconobbe il momento in cui il suo cuore smise
di palpitare, né l’istante in cui l’aria si rifiutò di inondare il suo petto.
Lo sguardo, annebbiato, le impedì di constatare l’attimo in cui la sua mente
giunse alla corretta conclusione.
Tutto le parve perdere senso in quel momento,
mentre una lacrima calda le solcava una guancia, pennellata di un tiepido
colorito roseo. Un sorriso titubante si schiuse sulle sue labbra, bagnate da
gocce salate, luminose.
Caldo.
Freddo.
Fuoco.
Ghiaccio.
Miliardi di sensazioni diversi l’avvolsero,
trascinandola in un turbine di ricordi e nuove esperienze. Voci passate, luci,
colori, immagini sbiadite, un suono diverso, nuovo, ma conosciuto, familiare.
Come se facesse parte di lei.
Una voce debole, un sorriso nella sua mente, due
occhi dorati. La mano destra scattò veloce a sfiorare il ventre, in una carezza
carica d’amore.
Era questo quello che Edward aveva tentato di
rivelarle, quel giorno alla stazione? Già tre anni prima aveva in mente di passare
con lei il resto della sua vita? E lei, che non era riuscita a capirlo.
Stupida.
Stupida.
Stupida.
Come aveva potuto essere così ottusa? Come aveva
fatto a non accorgersi di quella luce nei suoi occhi, una luce diversa, che le
pareva di conoscere? La sua determinazione, in quello sguardo, nascosta
dall’imbarazzo.
Tutto ormai le era chiaro. Ogni segreto del mondo,
dell’universo, del suo piccolo globo in cui esistevano solamente loro due.
In un attimo, si trovò tra le sue braccia, avvolta in
un tumulto di profumi e brividi. L’aroma d’erba bagnata così intenso penetrò
nei suoi pensieri, mentre i sottili ciuffi dorati le accarezzavano soavi le
guance, le labbra, gli occhi umidi dal pianto. Non sentì più la sua voce, il
suo respiro spezzato, né il canto dei grilli o il fruscìo delle foglie mosse
dal vento.
Fu come se la luce più intensa del paradiso li
avesse avvolti, in una nuvola inesistente, che sapeva allo stesso tempo di
passato, presente e futuro.
Un sospiro contro il suo collo, Edward sorrise,
nascondendo il viso tra i capelli miele di lei.
-
Questo è un sì?
Chiese, titubante, quasi scoppiando a ridere. Winry
chiuse gli occhi, lasciando che le ultime due lacrime scivolassero lontano da
lei, per raggiungere la stoffa sottile della brandina sotto di loro.
-
Certo che è un sì!
Esclamò stringendo forte il collo del ragazzo, che
aveva circondato i suoi fianchi con le braccia. Posò le mani delicate sul petto
di Edward e posò la fronte su quella di lui, ridendo sommessamente.
Un ultimo sguardo, prima di avvicinarsi a lui e
annullare la distanza che li separava, posando le labbra sua quelle del
ragazzo.
E di nuovo, tutto svanì. Il calore, così intenso,
in loro, di nuovo così uniti, da un legame sempre più forte, il loro alito,
profumato di ricordi e di sentimenti, suggellati nelle loro menti in immagini
sempre più vivide, il sale, le lacrime sulle labbra, un sorriso nel tempo di un
unico respiro.
Edward la prese tra le braccia e si alzò, senza
preoccuparsi della lastra mancante al ginocchio del suo automail. Winry tentò
di opporsi, dicendogli che avrebbe finito per rovinare quella sua splendida
protesi, ma lui non l’ascoltò.
Salì le scale, reggendola in braccio. Spinse la
porta lignea con il fianco ed entrò. La posò sul letto e poi, nell’attimo di un
sorriso mancato, un battito del suo cuore,
sussurrò due parole, sulle sue labbra.
-
Ti amo.
Un mormorio, prima di farle di nuovo toccare le
nuvole del paradiso.
---------------------------------------------------
-
Quando Al e la zia torneranno, dovremo rispondere
a un sacco di domande, non credi?
Sussurrò Edward, avvicinando le labbra all’orecchio
della ragazza, che rabbrividì nel sentire l’alito caldo dell’ex alchimista
sfiorarle la pelle. Si strinse di più nel lenzuolo bianco, sprofondando
lievemente con il viso. Alzò la mano sinistra, così da poter ammirare alla
perfezione il delicato dono che Ed le aveva portato. Sorrise, posando la testa
sul suo petto.
-
Già. Credo ci tartasseranno. Al, più che la
nonna.
-
Dovremo prepararci.
-
Eh sì.
-
Sai che dovrai fare tutto da sola vero?
-
Hai intenzione di fuggire?
-
A gambe levate, tesoro.
-
Sei il solito codardo.
-
Io non sono affatto un codardo. Guarda un po’ il
mio forte coraggio dove mi ha portato. Non sono forse riuscito a chiederti di
sposarmi?
Ammise, arrossendo lievemente. Winry sorrise e
baciò dolcemente la pelle del suo petto, appropriandosi di quel delizioso
profumo.
-
Su questo non posso darti torto.
-
Win, questo non è un sogno vero?
-
Perché lo chiedi?
-
Perché... non lo so. È tutto così perfetto.
-
Potrebbe... esserlo di più?
Chiese lei, allusiva. Come si aspettava, Ed non se
ne accorse. Alzò gli occhi al cielo, sospirando.
-
Che cosa c’è? perché sospiri?
-
Perché sei il solito idiota.
-
Hey! Cosa diavolo stai...
-
Non capisci mai quando cerco di dirti qualcosa.
L’ex alchimista alzò un sopracciglio, incuriosito.
Scosse la testa, i capelli d’oro, sciolti, fluirono leggeri all’aria, per poi
posarsi dolcemente sulle sue spalle nude.
-
E che volevi dire? Ci siamo io e te, siamo solo
noi.
-
È questo che volevo... come dire? Contestare.
Edward si alzò di scatto, quasi sovrastandola. La
fissò dritta negli occhi, tentando di non perdersi in quei meravigliosi oceani
turchini. Assottigliò le palpebre, squadrandola insicuro.
-
Stai cercando di dirmi che mi ahi tradito?
Chiese, fulminandola. Winry si portò una mano alle
labbra, tentando di soffocare una risata. Non ce la fece, e la sua voce
cristallina si espanse per la stanza. L’ex alchimista voltò la testa verso la
finestra, offeso.
-
Cos’hai da ridere?
-
Come ti può venire in mente una cosa simile?
-
Uhm, non lo so. Ecco, hai detto che non siamo
solo noi.
-
Sei uno stupido. Io non intendevo questo.
-
E allora cosa?
-
Come fai a non essertene ancora accorto? Dopo
tutto ciò che ti ho detto prima, riguardo a tuo padre, al fatto che tu volessi
diventarlo oppure no. Ed, io...
Si morse le labbra, arrossendo vistosamente. Il
ragazzo le si avvicinò, confuso, alzandole il mento con le dita della mano
destra.
-
Tu?
-
Io...
Sorrise. il suo sguardo si addolcì quando la mano
sinistra scivolò a posarsi sulla pancia, appena scoperta dal lenzuolo. Edward
spalancò gli occhi, intuendo – finalmente – ciò che la sua futura moglie
tentennava a rivelargli. Indietreggiò sul letto, e per poco non cadde. Si
riavvicinò timoroso, sedendosi accanto a lei.
-
Sono incinta, Ed.
E bastarono quelle due ultime parole a far
dissolvere nel nulla ogni suo minimo dubbio. In un attimo, fu come se nulla
fosse mai esistito: la scomparsa di suo padre, la morte della mamma, l’infanzia
difficile, la trasmutazione, l’alchimia, la guerra e tutto ciò per cui aveva
sofferto in passato. Fu come se tutto si fosse staccato da lui, in un istante,
come un palloncino che scivola dalle inesperte mani di un bambino, e vola in
cielo, lontano. Non farà mai più ritorno, ma vivrà nei ricordi, con i colori sempre più
sbiaditi.
Bastò quel suono, la sua risata, e il pensiero di
dover cominciare una nuova vita, con lei, per fargli capire di possedere tutto
ciò di cui aveva bisogno.
Al diavolo l’alchimia, e la pietra filosofale.
Non necessitava d’altro in quel piccolo mondo, di
cui quel bambino – immagine ora fissa nei suoi pensieri – sarebbe stato il
sole, la luna e le stelle.
Strinse la mano di Winry nelle sue, mentre una
lacrima di gioia premeva sui suoi occhi, splendenti come oro colato. Ma non
scese, rimase intrappolata nell’oblio di ricordi e sofferenze che erano ormai
sempre più lontani.
Avvicinò le labbra alle sue, unendosi a quella
ragazza un’ennesima volta, con il cuore che scoppiava. Posò la mano sinistra
sul ventre di Winry, percependo un calore nuovo, che mai avrebbe immaginato di
sentire.
In un ultimo sospiro, sospeso tra i loro cuori,
chiuse gli occhi e si lasciò andare allo scorrere del tempo, scandito
insistentemente dal ticchettio dell’orologio d’argento, che ancora si trovava
nella tasca dei pantaloni neri, a terra, accanto alla rotella della brandina al
piano di sotto.
Quel suono lontano entrò nelle loro menti,
inebriandole, mentre il sole pian piano cominciava la sua discesa verso
l’orizzonte. Quella stradina, lontana, complice delle vie dei loro cuori, colme
di ricordi e speranze, veniva illuminata sempre più da una luce dorata, ancor
più luminosa del fuoco più vivo. Era un alone, incantato, prezioso, che li
avrebbe accompagnati per tutta la loro vita, mentre si dirigevano, passo dopo
passo, verso il domani.
e..... aspetto a mettere la parola fine. Ci sarà nel
prossimo. Grazie a tutti per essere giunti fino a qui, ci vuole coraggio!
Allora? Ditemi come vi è sembrato J Ed e Winry si sposano, e lei è
incinta. So che è una fine tipica della favolette, ma
penso che, dopo tutto quello che Ed ha passato, è davvero il premio da favola
che merita. Anzi, che meritano entrambi. Se state pensando che a 21 anni tutto
sposarsi e avere figli sia un po’ presto, vi ricordo che siamo agli inzi del 1900, per cui la vita media è più corta e anche
tutti gli eventi importanti (come il matrimonio), o insomma, avete capito,
vengono anticipati. Cioè, avvengono prima... ok, lasciamo stare, avete capito!
xD
aspetto le vostre meravigliose recensioni! ^^
vi ringrazio tutti per aver seguito questa storia con
tutto questo interesse. Mi avete reso davvero felice T.T
detto questo, mi metto al lavoro per voi per scrivere l’epilogo.
Stasera sono ispirata!! <3
Al prossimo, e davvero
ultimissimo “capitolo”,
baci
MeggyElric___