Te l'avevo promesso entro Natale, piccola mia, e sono
riuscita a mantenere fede alla promessa.
Non sono riuscita a revisionarlo come avrei voluto, ci saranno
ripetizioni ed errori, ma credo che la storia in se stessa sia più
importante della forma. Spero, inoltre, che il mio modo di intendere la
magia ti suoni decente.
Ti adoro, patatina. Questo è il mio regalo per te: ho fatto fuori Brandegoris ho
fatto riapparire Melehan e i suoi scagnozzi e gli ho attribuito un
altro motivo (ne ha tanti altri, credo, e spero di farli venir fuori in
seguito) per odiare ed uccidere. Perché si sa che la follia cerca
sempre nuovi nemici, invece di combattere se stessa.
La scena, come puoi immaginare, non è conclusa e ci sarà una seconda
parte del capitolo. L'anno prossimo, però :)
Auguri
sinceri di Buon Natale/Buon Solstizio, Felice Anno Nuovo e di giorni
splendidi a tutti coloro che leggono (le bianche scogliere di Dover e
sogliole annesse, per esempio!)
Si
svegliò d'improvviso e lei era lì, con la sua nuvola di capelli rossi,
come uscita dal sogno. Eppure no,
nel sogno sorrideva. La realtà si mostrava molto più prosaica. Era
fuori dalla grotta, e lo guardava. Doveva aver già constatato che era
impossibile entrare. La magia della sua carceriera aveva creato una
sorta di muro invisibile che né lui né altri potevano oltrepassare.
- Eneuawc...
- Elyan? Siete proprio voi?
La voce di lei gli giungeva distorta dall'esterno.
- Una donna... credo fosse una sacerdotessa... mi ha colto di sorpresa
e mi ha rinchiuso qui. Non so cosa voglia da me, ma sembrava conoscermi.
La fanciulla indietreggiò. Aveva creduto di non dover più
affrontare i suoi sentimenti per
lui, di aver superato il dolore e il dispetto di quell'abbandono così
come l'attrazione che li legava. Ed ora eccolo di nuovo nella sua vita,
in una situazione insolita e misteriosa. Elyan de Ganis era
prigioniero, inerme, beffato dalla sorte.
- Buon per voi, se qualcuno qui vi conosce, perché io
non vi conosco affatto - si sorprese a rispondere, implacabile. Si
voltò con per risalire sulla collina e cercare il passaggio per tornare
a Glastonbury.
- Eneuawc, vi prego, non andate via! Dovete parlare con lei, solo
voi potete convincerla a lasciarmi libero! Mi ha detto che sareste
arrivata. Non riuscivo a crederlo, non potevo sperare tanto, ma era la
verità. Non so perché quella donna stia giocando con le nostre vite, ma
vi prego... ditele di lasciarmi andare!
"Non andate via"? Come aveva il coraggio di chiederglielo? Come pensava
di poter pretendere aiuto da lei, dopo aver rotto il loro fidanzamento?
E poi non vedeva nessuno lì intorno. La sera scendeva lenta, allungando
le ombre che si interrompevano bruscamente all'ingresso della caverna.
Elyan stava al di là di quel muro di ghiaccio
(per quanto si potesse parlare di ghiaccio in quella stagione)
ed era giusto così, era meglio così... non meritava niente!
Si tappò le orecchie per non sentire le suppliche del giovane e stava
per lasciarselo alle spalle, reprimendo con tutte le sue forze la
fiammella che era tornata a bruciare nel suo cuore, quando si sentì
chiamare da un'altra voce. Una voce femminile, altera, solenne, che
echeggiava tra albero ed albero, tra nuvola e nuvola, come se anche il
cielo avesse un coperchio su cui i suoni potevano rimbalzare.
- Eneuawc, figlia di Clarissant, figlia di Morgause, figlia di Igraine,
figlia di Avalon... credi di poter fuggire da te stessa?
Lei si fermò. Sentirsi identificare con i nomi delle donne del suo
sangue, scanditi come un canto da tempo dimenticato, non poteva
lasciarla indifferente. Sì sentì grande, e piccola, e parte di quel
mondo, nel bene e nel male. Quindi tornò sui suoi passi: tremando, alzò
lo sguardo sulla donna.
Era alta e vestiva una tunica scura e un cappuccio che le nascondeva
parte del volto. Il suo sorriso era freddo, ma non veramente ostile.
Astuto, sicuramente, e saggio, di una saggezza diversa dai canoni che
le avevano insegnato.
- Davvero non vuoi vendicarti di quest'uomo, piccola Eneuawc? - le
disse, ma ora il suo tono era più intimo ed umano. - Egli è nelle tue
mani, ora. Tu puoi decidere il suo destino.
Vendicarsi? Perché arrivare a tanto? Se proprio avrebbe desiderato
vendicarsi di qualcuno, avrebbe scelto chi aveva stroncato la vita di
suo fratello,
(la metà di se stessa)
chiunque fosse, di quell'essere no, non avrebbe avuto pietà. Ma
vendicarsi di Elyan? Non l'aveva già fatto, rifiutandosi apertamente di
intercedere per lui? Tanto le bastava e non di più.
- No, signora - rispose.
Sentendo ciò, Elyan iniziò a sperare, ma fu presto disilluso:
- Posso ucciderlo davanti ai tuoi occhi. Ti ha abbandonata, è stato un
traditore e uno spergiuro. E una spia, ricorda.
Non c'era bisogno che le venisse rammentato. Il racconto di Amren sulla
notte che aveva preceduto il salvataggio della regina aveva lasciato
una traccia indelebile in lei. Elyan de Ganis aveva avuto un ruolo non
indifferente nel piano di Sir Lancelot.
E quanto avevano perso a causa loro! Quanto! Come s'era offuscato il
sole sulla terra di Lindsey, con la morte di Sir Griflet! E come s'era
accesa, implacabile, la follia di suo zio Gawain... perché Gareth era
davvero il migliore di tutti loro...
- Sì. Ricordo. E mi fa... tanto... male.
La fiammella oscillò, ma non si spense.
- Allora sappi che basterà una tua parola. Una parola dalle tue labbra
e metterò fine alla sua vita.
Elyan gridò, sconvolto: - Mi avete mentito! Non è questo che avevate
promesso!
La sacerdotessa lo fulminò con lo sguardo. - Taci. - E rivolgendosi
nuovamente ad Eneuawc, continuò: - Naturalmente, se pensi di riuscire a
perdonarlo, sempre una tua parola può renderlo libero. Ma non esistono
mezze misure. Non ti è concesso di essere indifferente nei suoi
confronti. Amore, oppure odio; libertà, o morte.
Eneuawc non si era mai trovata di fronte ad un dilemma anche
lontanamente simile. Per un lungo istante non sentì più di avere Elyan
in suo potere, ma di essere ella stessa in balìa di quella donna;
in cuor suo la chiamò strega e demonio. Combatté quella che
credeva un'ingiustizia, l'obbligo di scegliere. Si chiese
perché proprio lei, perché proprio lui, come potesse
essere tanto importante, per la sacerdotessa, che lei si esprimesse.
Forse era un gioco, per lei? Ad Avalon ci si annoiava al punto di
provar piacere ad intromettersi nella vita altrui?
- Tu hai già deciso, mia cara. Parla. Ora.
Strinse gli occhi, le mani a coprire il viso, e un diverso ricordo
l'attraversò.
Ballava, ed era felice, e questa
volta non era la luce di
un falò che vedeva, ma tante torce ad illuminare a giorno un'enorme
stanza.
Non era a Lindsey, e gli occhi che ridevano, fissi nei suoi,
non erano quelli di Amren, né di suo padre, né di un qualsiasi uomo
della sua famiglia.
Erano gli occhi di Elyan, chiari come il mattino, colmi d'amore.
"È tanto tempo che vi guardo, e ad
ogni incontro mi piacete di più. Lasciatemi una speranza, madamigella,
o sarò perduto"
La sala da ballo di Camelot, la sua dichiarazione, quando tutto era
perfetto e splendente. Era sincero, allora... lo sapeva e lo sentiva.
Come poteva essere cambiato tutto così in fretta? Come avevano potuto
permetterlo?
Io non potrei mai donare il mio cuore
ad una persona ignobile. Perciò, o non l'ho mai amato, o lui è sempre
stato degno della mia fiducia, e ho commesso un errore a non cercare di
comprendere le sue scelte...
Sì, aveva giurato ad Amren, sulla spiaggia di Grainthorpe, di scacciare
Elyan dai suoi pensieri una volta per tutte. Ma la vita aveva preso di
nuovo una strada diversa, e poi perché mantenere una promessa assurda,
quando...
Elyan l'aveva abbandonata una volta, è vero, ma era tornato. Appena in
tempo per farsi rinchiudere in un antro magico, d'accordo, e troppo
tardi per salvare il regno, ma era là, davanti a lei.
Amren invece li aveva lasciati davvero. Non voleva sapere come, non le
importava, era solo arrabbiata, e non con chi l'aveva ucciso, no! Con
lui, che era stato egoista, che non aveva pensato a loro...
Né a me, né a nostra madre, né al
vostro Garanwyn, non avete pensato a nessuno di noi! Vi odio! Sì, è voi
che odio, fratello, e non vi perdonerò mai! Maiiiiii!
Piangeva, e senza che se ne accorgesse la donna le aveva preso le mani,
domandandole di nuovo che cosa volesse veramente.
- Lasciatelo andare... lasciatelo vivere.
- Ho udito, piccola Eneuawc. È la tua volontà, perciò è anche la mia. -
Ella aprì le braccia e si udì come un tintinnare di monetine che cadono
a terra. Il muro invisibile era scomparso, come Elyan poté constatare
quando si fu riavuto dallo stordimento che il sollievo aveva portato
con sé. Uscì all'aria aperta e dopo un lungo respiro, ancora un poco
incredulo, si inginocchiò ai piedi della sua amata.
- La vostra misericordia è immensa, ed io sono il più fortunato degli
uomini, nonché il più immeritevole. Vi amo, non ho mai smesso un
momento di amarvi e mai smetterò. Credetemi, e accettate le mie scuse
insieme con la mia vita, che non ha mai smesso di appartenervi.
La sacerdotessa rise. - Ebbene, non sbagliavo su di te, fanciulla. Ha
ragione, è davvero molto fortunato. - Il cappuccio le era scivolato
via, e guardava Elyan con uno strano brillìo negli occhi azzurri.
Eneuawc si sentì presa in giro: - E se... avessi scelto di... - La sua
voce si affievolì, impedendole di andare avanti.
- Sì, signora, mi avreste ucciso davvero? - rincarò la dose il giovane.
- Che cos'avevate in mente? Chi siete e cosa volete da noi?
Ella rise ancora, più forte, ma sembrava anche tremendamente commossa.
Lacrime tremavano sulle sue ciglia: - No, certo che no. Come avrei
potuto far del male al mio bambino?
Chi era.
Claire di Estangore, l'unica figlia di re Brandegoris, che dalla
nascita era stata consacrata alla Dea, e da essa destinata a concepire
un figlio con il più puro dei cavalieri di Francia.
Che cosa voleva.
La felicità di Elyan, nient'altro. Che era già stata scritta, e aveva
bisogno solo di un piccolo aiuto prima di rivelarsi in tutto il suo
splendore - e che avrebbe avviluppato, riscaldandole, altre vite reduci
da troppa sofferenza, in un mondo completamente nuovo.
La luce del tramonto deponeva toni aranciati sulla pietra rotonda al
centro del tempio, e sui volti dipingeva ombre dello stesso colore.
Eneuawc stava un poco in disparte, immersa in mille dubbi; nemmeno la
rinnovata sicurezza dei propri sentimenti poteva confortarla, né la
vicinanza di Elyan - c'era ancora senso di colpa in lei, troppi
fantasmi, e l'interrogativo più grande...
- Abbandona le tue preoccupazioni, bambina. Tua madre ha molte risorse,
e vincerà. - L'espressione di Claire era di quella serenità che rasenta
la pace totale, le sue dita intrecciate a quelle del figlio ritrovato,
iridi speculari e tanto da raccontarsi. Ma nonostante la fanciulla
ormai vedesse in lei una divinità, capì ben presto che era ben lontana
dall'essere onnipotente.
Accadde allora. Claire allontanò Elyan da sé, con un gesto così
repentino da spaventare entrambi. Si artigliò la testa, lanciando un
grido di dolore. I suoi occhi vedevano qualcos'altro.
PADRE! NO, NO! CHE COSA VI HA
FATTO?
Ascoltava una voce che giungeva da chissà quale luogo, perdeva colore e
avvampava, mentre veniva investita di un'immensa responsabilità. E
sapeva di non poter riuscire da sola.
- Aiutatemi! Devo salvare il ragazzo!
Né lei né Elyan capirono cosa stesse accadendo, ma ugualmente la
fanciulla si avvicinò. Claire scattò ad afferrarla e la forzò a
poggiare i palmi sulla pietra. Le coprì le mani con le sue, premendo
forte, ed Eneuawc vide a sua volta.
Gridò. Faceva male davvero.
- Devi aiutarmi. Puoi. In te c'è una forza più
grande della mia, sentila...
La sentì. Non era facile accettare che fosse parte di sé. Ma doveva agire.
I loro pensieri si toccarono, si fusero, furono una cosa sola.
NON OSARE TOCCARLO, ASSASSINO!
Elyan unì le sue mani alle loro. Anche lui vide, e inorridì; una rabbia
animale lo pervase da capo a piedi. Sotto di loro la terra tremava, la
pietra si era fatta rovente. La sua volontà si protese a lasciarsi
ghermire, e si unì al vorticare della forza, ma sembrava ormai troppo
tardi.
NO! GARANWYN! NO!
Ci
sono fiori
oltre le montagne.
Ma il loro profumo
non arriva fin qui.
- No, no, ragazzo, più allegria! C'è gente giovane stasera, non
avranno voglia di sentire i lamenti di un bue squartato!
Gente giovane? Gentaglia,
piuttosto. Era opinione di Garanwyn che non esistesse più un solo vero
cavaliere in Britannia, e che Brandegoris si circondasse di autentica
feccia, visto che nella sua crescente follia aveva aperto le
porte
del castello a chiunque e faceva sedere alla sua stessa tavola orribili
scarti della
società. Ma si guardava bene dal protestare. Più che altro, gli
importava poco di quella banda di disertori. Finora non era mai stato
maltrattato e qualche battutina nei suoi confronti riusciva almeno a
distrarlo dal suo tormento.
Qualcuno gli aveva dato in mano una coppa di vino e, assetato,
l'aveva vuotato - salve poi pentirsene, perché non aveva mangiato nulla
per tutto il giorno, impegnato a cercare di comporre qualcosa di "più
allegro". Ma forse era meglio così, con la mente annebbiata riusciva a
sopportare il chiasso della sala, i rutti, le risa sguaiate. E
persino i propri pensieri.
Perché viveva?
Cercava di non chiederselo, o di soffermarsi su questo il meno
possibile.
Forse trascinarsi da un giorno all'altro è come suonare, come
rincorrere note che, anche se non formano una vera melodia, portano con
sé una vibrazione che riscalda un poco.
Ed era tutto così tiepido, ora. Aveva sonno. Le palpebre gli si
chiudevano e la testa gli girava forte.
- Bevi ancora un po', ragazzino.
Se avessero saputo la sua vera età, si sarebbero stupiti. Ma a chi
importava?
Una mano ruvida gli accarezzò una guancia, mentre inghiottiva a
forza il liquido. Non era una sensazione piacevole e tentò di alzarsi,
ma quelli gli stavano attorno.
- Peccato che sia un maschietto. Guarda che riccioli.
Il sudore. L'alito. Quei ghigni eccitati. Lo schifo, lo schifo, lo
schifo.
Ecco cosa conteneva la visione, e perché era apparsa a Claire.
Brandegoris aveva protestato, inorridito dalla violenza che si stava
per mettere in atto. Per lui Garanwyn era sacro, era una creatura
angelica, divina. Ne aveva fatto il suo fantoccino per deliziare il
proprio cuore, non certo voglie ormai evaporate da tempo. E per qualche
ingenuo momento credette di poter vietare a quegli uomini, che aveva
accolto come amici e che ora si dimostravano carogne della peggior
specie, di far del male al ragazzo. Era il re o no? Aveva ancora un
brandello di autorità o no?
Non l'aveva più e lo scoprì a sue spese. Il suo mondo, già in
decadenza, si era ristretto oltre ogni immaginazione. Non poté
difendere nemmeno il fragile corpo che conteneva le braci del suo animo.
Il grido d'allarme morì nella gola
della prima guardia. La seconda
arrivò fino al portone, ma un'ascia si conficcò nella sua testa e vi
rimase appeso. Nell'atrio, i passi pesanti dei nuovi arrivati si
lasciarono dietro il corpo grassoccio di una donna e il mugolare di un
cane che si trascinava appresso le budella nel tentativo di seguirli.
Nella sala alcuni erano già mezzi addormentati, altri si
ostinavano a
raccontar facezie, ingigantendole mentre sgranocchiavano gli ultimi
resti di un pasto selvaggio. Sorrisero ebeti all'arrivo dei compagni,
che si guardarono intorno prima di ringuainare le armi grondanti sangue.
- Avete fatto il giro lungo.
- Puoi dirlo forte. Qui cos'abbiamo?
- Il vecchio non vuole che ci divertiamo con il fringuellino.
Chissà da quanto lo teneva in gabbia, ah, ah!
- Uh-oh. Maleducati. - A storcere il naso era stato il meno
repellente del gruppo, dai tratti piuttosto nobili nonostante l'aria
scarmigliata ed il rosso-bruno che imbrattava i suoi vestiti. Ma lo
sguardo, ecco, quello era al di là dell'apparenza... guizzava folle,
s'accendeva e spegneva secondo un criterio stabilito da leggi oscure. -
Lo avete ringraziato? Begli ingrati! Dimmi, maestà, i miei amici ti hanno
ringraziato?
Brandegoris era stato preso a calci e pugni, e boccheggiava sul
pavimento, tentando invano di rialzarsi.
L'altro non ritenne necessario attendere una risposta, serbandosi
il divertimento per dopo, e scostò in malomodo il gruppetto che si
preparava ad abusare del ragazzo. Quando lo vide, i vestiti strappati,
le guance scarlatte e gli occhi dilatati dal terrore, lo strappò dalle
grinfie degli ultimi due che lo tenevano fermo.
- Ci conosciamo bene, noi due, non è vero? E chi l'avrebbe detto?
Lo zoppetto canterino, la fanciullina di Camelot... ora capisco perché
mio padre ha perso la battaglia. Sei stato tu a chiamare i rinforzi,
piccolo scherzo della natura.
Si sentì gelare dentro. La paura di essere stuprato era stata una
cosa da nulla, in confronto.
Aveva davanti Melehan, figlio di Mordred, l'assassino di suo padre.
- Ehi, lasciacelo ancora un po', guastafeste!
Melehan estrasse il pugnale e lo puntò alla gola del compagno. -
Filate. - La sua espressione indemoniata non lasciò spazio ad
esitazioni. Il gruppo si disperse per le stanze del castello, in cerca
di gioielli e denaro e quant'altro.
- Siamo soli, adesso. Ancora mi sembra incredibile, io e te, di
nuovo. Mi sembri sciupato. Hai voglia di ritrovare il tuo grande amore,
penso. - Gli afferrò una ciocca di capelli e la tranciò con la lama,
ridacchiando. - Io però non ho fretta.
Melehan, figlio di Mordred, era
anche l'assassino di Amren... doveva averlo sempre saputo dentro di
sé...
Brandegoris si era trascinato fino a loro, le guance rigate di
lacrime e sangue, e afferrò la tunica di Melehan in un disperato
tentativo di farlo desistere da quel gioco perverso. - Lasciatelo
stare... uccidete me, se vi piace...
Melehan si girò, brandendo il pugnale e affondandolo nella gola
del vecchio. Gorgogliando, questi rovesciò gli occhi all'indietro,
mentre la sua mente urlava quel grido disperato che si udì fino ad
Avalon:
"FIGLIA, FIGLIA MIA, SALVALO! È
LA MIA ULTIMA VOLONTÀ!"
- Mio signore! Mio signore, non
abbandonatemi! - singhiozzò Garanwyn, ritrovando in un istante la voce
e la lucidità. Raccolse ogni briciolo della sua forza, e approfittò
della distrazione del suo aguzzino per sfuggire alla sua presa. Rotolò
di lato, finendo contro il corpo ormai esanime di Brandegoris. Non
poteva fare nulla per lui, ma poteva ancora salvarsi. Fuggire
nuovamente, questa volta senza una meta.
Perché? Perché tutti coloro che
mi amano fanno questa fine? Che significato ho a questo mondo?
Lo sguardo gli cadde sull'elsa della spada del re. Non era nessuno
per appropriarsene, eppure fu quello che fece. Era pesante e ricadde su
un lato mentre l'estraeva dal fodero, ma riuscì a sostenerne il peso e
a mettersi in piedi. Barcollando, e sostenendosi con la gamba buona,
scattò verso la porta: Melehan fece lo stesso, eccitato e divertito
dalla caccia appena iniziata.
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