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Autore: SakiJune    24/12/2010    2 recensioni
In "Fly Little Wagtail" avevamo lasciato Clarissant risvegliata ad una nuova vita e ad un nuovo amore. Qui ritroveremo Bedivere, Lucan, Amren ed Eneuawc; conosceremo Elyan e quel bacchettone di suo padre Bors, Garanwyn e le sue canzoni. E con i loro occhi vedremo il mondo disfarsi, la gloria farsi vergogna, la realtà vacillare."Guardando i propri figli inginocchiati davanti al re, mentre pronunciavano il loro giuramento, Bors e Bedivere sorridevano. Ma non confondete, ecco, questi due sorrisi, badate. L'uno significava dominio, orgoglio, sollievo; l'altro tenerezza, partecipazione, amore."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bedivere
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Itonje reloaded'
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Te l'avevo promesso entro Natale, piccola mia, e sono riuscita a mantenere fede alla promessa.
Non sono riuscita a revisionarlo come avrei voluto, ci saranno ripetizioni ed errori, ma credo che la storia in se stessa sia più importante della forma. Spero, inoltre, che il mio modo di intendere la magia ti suoni decente.
Ti adoro, patatina. Questo è il mio regalo per te: ho fatto fuori Brandegoris ho fatto riapparire Melehan e i suoi scagnozzi e gli ho attribuito un altro motivo (ne ha tanti altri, credo, e spero di farli venir fuori in seguito) per odiare ed uccidere. Perché si sa che la follia cerca sempre nuovi nemici, invece di combattere se stessa.
La scena, come puoi immaginare, non è conclusa e ci sarà una seconda parte del capitolo. L'anno prossimo, però :)

Auguri sinceri di Buon Natale/Buon Solstizio, Felice Anno Nuovo e di giorni splendidi a tutti coloro che leggono (le bianche scogliere di Dover e sogliole annesse, per esempio!)



Si svegliò d'improvviso e lei era lì, con la sua nuvola di capelli rossi, come uscita dal sogno. Eppure no, nel sogno sorrideva. La realtà si mostrava molto più prosaica. Era fuori dalla grotta, e lo guardava. Doveva aver già constatato che era impossibile entrare. La magia della sua carceriera aveva creato una sorta di muro invisibile che né lui né altri potevano oltrepassare.
- Eneuawc...
- Elyan? Siete proprio voi?
La voce di lei gli giungeva distorta dall'esterno.
- Una donna... credo fosse una sacerdotessa... mi ha colto di sorpresa e mi ha rinchiuso qui. Non so cosa voglia da me, ma sembrava conoscermi.
La fanciulla indietreggiò.
Aveva creduto di non dover più affrontare i suoi sentimenti per lui, di aver superato il dolore e il dispetto di quell'abbandono così come l'attrazione che li legava. Ed ora eccolo di nuovo nella sua vita, in una situazione insolita e misteriosa. Elyan de Ganis era prigioniero, inerme, beffato dalla sorte.
- Buon per voi, se qualcuno qui vi conosce, perché io non vi conosco affatto - si sorprese a rispondere, implacabile. Si voltò con per risalire sulla collina e cercare il passaggio per tornare a Glastonbury.

- Eneuawc, vi prego, non andate via! Dovete parlare con lei, solo voi potete convincerla a lasciarmi libero! Mi ha detto che sareste arrivata. Non riuscivo a crederlo, non potevo sperare tanto, ma era la verità. Non so perché quella donna stia giocando con le nostre vite, ma vi prego... ditele di lasciarmi andare!
"Non andate via"? Come aveva il coraggio di chiederglielo? Come pensava di poter pretendere aiuto da lei, dopo aver rotto il loro fidanzamento?
E poi non vedeva nessuno lì intorno. La sera scendeva lenta, allungando le ombre che si interrompevano bruscamente all'ingresso della caverna. Elyan stava al di là di quel muro di ghiaccio
(per quanto si potesse parlare di ghiaccio in quella stagione)
ed era giusto così, era meglio così... non meritava niente!
Si tappò le orecchie per non sentire le suppliche del giovane e stava per lasciarselo alle spalle, reprimendo con tutte le sue forze la fiammella che era tornata a bruciare nel suo cuore, quando si sentì chiamare da un'altra voce. Una voce femminile, altera, solenne, che echeggiava tra albero ed albero, tra nuvola e nuvola, come se anche il cielo avesse un coperchio su cui i suoni potevano rimbalzare.
- Eneuawc, figlia di Clarissant, figlia di Morgause, figlia di Igraine, figlia di Avalon... credi di poter fuggire da te stessa?
Lei si fermò. Sentirsi identificare con i nomi delle donne del suo sangue, scanditi come un canto da tempo dimenticato, non poteva lasciarla indifferente. Sì sentì grande, e piccola, e parte di quel mondo, nel bene e nel male. Quindi tornò sui suoi passi: tremando, alzò lo sguardo sulla donna.
Era alta e vestiva una tunica scura e un cappuccio che le nascondeva parte del volto. Il suo sorriso era freddo, ma non veramente ostile. Astuto, sicuramente, e saggio, di una saggezza diversa dai canoni che le avevano insegnato.
- Davvero non vuoi vendicarti di quest'uomo, piccola Eneuawc? - le disse, ma ora il suo tono era più intimo ed umano. - Egli è nelle tue mani, ora. Tu puoi decidere il suo destino.
Vendicarsi? Perché arrivare a tanto? Se proprio avrebbe desiderato vendicarsi di qualcuno, avrebbe scelto chi aveva stroncato la vita di suo fratello,
(la metà di se stessa)
chiunque fosse, di quell'essere no, non avrebbe avuto pietà. Ma vendicarsi di Elyan? Non l'aveva già fatto, rifiutandosi apertamente di intercedere per lui? Tanto le bastava e non di più.
- No, signora - rispose.
Sentendo ciò, Elyan iniziò a sperare, ma fu presto disilluso:
- Posso ucciderlo davanti ai tuoi occhi. Ti ha abbandonata, è stato un traditore e uno spergiuro. E una spia, ricorda.
Non c'era bisogno che le venisse rammentato. Il racconto di Amren sulla notte che aveva preceduto il salvataggio della regina aveva lasciato una traccia indelebile in lei. Elyan de Ganis aveva avuto un ruolo non indifferente nel piano di Sir Lancelot.
E quanto avevano perso a causa loro! Quanto! Come s'era offuscato il sole sulla terra di Lindsey, con la morte di Sir Griflet! E come s'era accesa, implacabile, la follia di suo zio Gawain... perché Gareth era davvero il migliore di tutti loro...
- Sì. Ricordo. E mi fa... tanto... male.
La fiammella oscillò, ma non si spense.
- Allora sappi che basterà una tua parola. Una parola dalle tue labbra e metterò fine alla sua vita.
Elyan gridò, sconvolto: - Mi avete mentito! Non è questo che avevate promesso!
La sacerdotessa lo fulminò con lo sguardo. - Taci. - E rivolgendosi nuovamente ad Eneuawc, continuò: - Naturalmente, se pensi di riuscire a perdonarlo, sempre una tua parola può renderlo libero. Ma non esistono mezze misure. Non ti è concesso di essere indifferente nei suoi confronti. Amore, oppure odio; libertà, o morte.
Eneuawc non si era mai trovata di fronte ad un dilemma anche lontanamente simile. Per un lungo istante non sentì più di avere Elyan in suo potere, ma di essere ella stessa in balìa di quella donna;
in cuor suo la chiamò strega e demonio. Combatté quella che credeva un'ingiustizia, l'obbligo di scegliere. Si chiese perché proprio lei, perché proprio lui, come potesse essere tanto importante, per la sacerdotessa, che lei si esprimesse. Forse era un gioco, per lei? Ad Avalon ci si annoiava al punto di provar piacere ad intromettersi nella vita altrui?
- Tu hai già deciso, mia cara. Parla. Ora.
Strinse gli occhi, le mani a coprire il viso, e un diverso ricordo l'attraversò.

Ballava, ed era felice, e questa volta non era la luce di un falò che vedeva, ma tante torce ad illuminare a giorno un'enorme stanza.
Non era a Lindsey, e gli occhi che ridevano, fissi nei suoi, non erano quelli di Amren, né di suo padre, né di un qualsiasi uomo della sua famiglia.

Erano gli occhi di Elyan, chiari come il mattino, colmi d'amore.
"È tanto tempo che vi guardo, e ad ogni incontro mi piacete di più. Lasciatemi una speranza, madamigella, o sarò perduto"
La sala da ballo di Camelot, la sua dichiarazione, quando tutto era perfetto e splendente. Era sincero, allora... lo sapeva e lo sentiva.

Come poteva essere cambiato tutto così in fretta? Come avevano potuto permetterlo?
Io non potrei mai donare il mio cuore ad una persona ignobile. Perciò, o non l'ho mai amato, o lui è sempre stato degno della mia fiducia, e ho commesso un errore a non cercare di comprendere le sue scelte...
Sì, aveva giurato ad Amren, sulla spiaggia di Grainthorpe, di scacciare Elyan dai suoi pensieri una volta per tutte. Ma la vita aveva preso di nuovo una strada diversa, e poi perché mantenere una promessa assurda, quando...
Elyan l'aveva abbandonata una volta, è vero, ma era tornato. Appena in tempo per farsi rinchiudere in un antro magico, d'accordo, e troppo tardi per salvare il regno, ma era là, davanti a lei.
Amren invece li aveva lasciati davvero. Non voleva sapere come, non le importava, era solo arrabbiata, e non con chi l'aveva ucciso, no! Con lui, che era stato egoista, che non aveva pensato a loro...
Né a me, né a nostra madre, né al vostro Garanwyn, non avete pensato a nessuno di noi! Vi odio! Sì, è voi che odio, fratello, e non vi perdonerò mai! Maiiiiii!
Piangeva, e senza che se ne accorgesse la donna le aveva preso le mani, domandandole di nuovo che cosa volesse veramente.
- Lasciatelo andare... lasciatelo vivere.
- Ho udito, piccola Eneuawc. È la tua volontà, perciò è anche la mia. - Ella aprì le braccia e si udì come un tintinnare di monetine che cadono a terra. Il muro invisibile era scomparso, come Elyan poté constatare quando si fu riavuto dallo stordimento che il sollievo aveva portato con sé. Uscì all'aria aperta e dopo un lungo respiro, ancora un poco incredulo, si inginocchiò ai piedi della sua amata.
- La vostra misericordia è immensa, ed io sono il più fortunato degli uomini, nonché il più immeritevole. Vi amo, non ho mai smesso un momento di amarvi e mai smetterò. Credetemi, e accettate le mie scuse insieme con la mia vita, che non ha mai smesso di appartenervi.
La sacerdotessa rise. - Ebbene, non sbagliavo su di te, fanciulla. Ha ragione, è davvero molto fortunato. - Il cappuccio le era scivolato via, e guardava Elyan con uno strano brillìo negli occhi azzurri.
Eneuawc si sentì presa in giro: - E se... avessi scelto di... - La sua voce si affievolì, impedendole di andare avanti.
- Sì, signora, mi avreste ucciso davvero? - rincarò la dose il giovane. - Che cos'avevate in mente? Chi siete e cosa volete da noi?
Ella rise ancora, più forte, ma sembrava anche tremendamente commossa. Lacrime tremavano sulle sue ciglia: - No, certo che no. Come avrei potuto far del male al mio bambino?

Chi era.
Claire di Estangore, l'unica figlia di re Brandegoris, che dalla nascita era stata consacrata alla Dea, e da essa destinata a concepire un figlio con il più puro dei cavalieri di Francia.
Che cosa voleva.
La felicità di Elyan, nient'altro. Che era già stata scritta, e aveva bisogno solo di un piccolo aiuto prima di rivelarsi in tutto il suo splendore - e che avrebbe avviluppato, riscaldandole, altre vite reduci da troppa sofferenza, in un mondo completamente nuovo.

La luce del tramonto deponeva toni aranciati sulla pietra rotonda al centro del tempio, e sui volti dipingeva ombre dello stesso colore. Eneuawc stava un poco in disparte, immersa in mille dubbi; nemmeno la rinnovata sicurezza dei propri sentimenti poteva confortarla, né la vicinanza di Elyan - c'era ancora senso di colpa in lei, troppi fantasmi, e l'interrogativo più grande...
- Abbandona le tue preoccupazioni, bambina. Tua madre ha molte risorse, e vincerà. - L'espressione di Claire era di quella serenità che rasenta la pace totale, le sue dita intrecciate a quelle del figlio ritrovato, iridi speculari e tanto da raccontarsi. Ma nonostante la fanciulla ormai vedesse in lei una divinità, capì ben presto che era ben lontana dall'essere onnipotente.
Accadde allora. Claire allontanò Elyan da sé, con un gesto così repentino da spaventare entrambi. Si artigliò la testa, lanciando un grido di dolore. I suoi occhi vedevano qualcos'altro.

PADRE! NO, NO! CHE COSA VI HA FATTO?

Ascoltava una voce che giungeva da chissà quale luogo, perdeva colore e avvampava, mentre veniva investita di un'immensa responsabilità. E sapeva di non poter riuscire da sola.
- Aiutatemi! Devo salvare il ragazzo!
Né lei né Elyan capirono cosa stesse accadendo, ma ugualmente la fanciulla si avvicinò. Claire scattò ad afferrarla e la forzò a poggiare i palmi sulla pietra. Le coprì le mani con le sue, premendo forte, ed Eneuawc vide a sua volta.
Gridò. Faceva male davvero.
- Devi aiutarmi. Puoi. In te c'è una forza più grande della mia, sentila...
La sentì. Non era facile accettare che fosse parte di sé. Ma doveva agire.
I loro pensieri si toccarono, si fusero, furono una cosa sola.

NON OSARE TOCCARLO, ASSASSINO!

Elyan unì le sue mani alle loro. Anche lui vide, e inorridì; una rabbia animale lo pervase da capo a piedi. Sotto di loro la terra tremava, la pietra si era fatta rovente. La sua volontà si protese a lasciarsi ghermire, e si unì al vorticare della forza, ma sembrava ormai troppo tardi.

NO! GARANWYN! NO!




Ci sono fiori
oltre le montagne.
Ma il loro profumo
non arriva fin qui.

- No, no, ragazzo, più allegria! C'è gente giovane stasera, non avranno voglia di sentire i lamenti di un bue squartato!

Gente giovane? Gentaglia, piuttosto. Era opinione di Garanwyn che non esistesse più un solo vero cavaliere in Britannia, e che Brandegoris si circondasse di autentica feccia, visto che nella sua crescente follia aveva aperto le porte del castello a chiunque e faceva sedere alla sua stessa tavola orribili scarti della società. Ma si guardava bene dal protestare. Più che altro, gli importava poco di quella banda di disertori. Finora non era mai stato maltrattato e qualche battutina nei suoi confronti riusciva almeno a distrarlo dal suo tormento.
Qualcuno gli aveva dato in mano una coppa di vino e, assetato, l'aveva vuotato - salve poi pentirsene, perché non aveva mangiato nulla per tutto il giorno, impegnato a cercare di comporre qualcosa di "più allegro". Ma forse era meglio così, con la mente annebbiata riusciva a sopportare il chiasso della sala, i rutti, le risa sguaiate. E persino i propri pensieri.
Perché viveva?
Cercava di non chiederselo, o di soffermarsi su questo il meno possibile.
Forse trascinarsi da un giorno all'altro è come suonare, come rincorrere note che, anche se non formano una vera melodia, portano con sé una vibrazione che riscalda un poco.
Ed era tutto così tiepido, ora. Aveva sonno. Le palpebre gli si chiudevano e la testa gli girava forte.
- Bevi ancora un po', ragazzino.
Se avessero saputo la sua vera età, si sarebbero stupiti. Ma a chi importava?
Una mano ruvida gli accarezzò una guancia, mentre inghiottiva a forza il liquido. Non era una sensazione piacevole e tentò di alzarsi, ma quelli gli stavano attorno.
- Peccato che sia un maschietto. Guarda che riccioli.
Il sudore. L'alito. Quei ghigni eccitati. Lo schifo, lo schifo, lo schifo.

Ecco cosa conteneva la visione, e perché era apparsa a Claire. Brandegoris aveva protestato, inorridito dalla violenza che si stava per mettere in atto. Per lui Garanwyn era sacro, era una creatura angelica, divina. Ne aveva fatto il suo fantoccino per deliziare il proprio cuore, non certo voglie ormai evaporate da tempo. E per qualche ingenuo momento credette di poter vietare a quegli uomini, che aveva accolto come amici e che ora si dimostravano carogne della peggior specie, di far del male al ragazzo. Era il re o no? Aveva ancora un brandello di autorità o no?
Non l'aveva più e lo scoprì a sue spese. Il suo mondo, già in decadenza, si era ristretto oltre ogni immaginazione. Non poté difendere nemmeno il fragile corpo che conteneva le braci del suo animo.

Il grido d'allarme morì nella gola della prima guardia. La seconda arrivò fino al portone, ma un'ascia si conficcò nella sua testa e vi rimase appeso. Nell'atrio, i passi pesanti dei nuovi arrivati si lasciarono dietro il corpo grassoccio di una donna e il mugolare di un cane che si trascinava appresso le budella nel tentativo di seguirli.
Nella sala alcuni erano già mezzi addormentati, altri si ostinavano a raccontar facezie, ingigantendole mentre sgranocchiavano gli ultimi resti di un pasto selvaggio. Sorrisero ebeti all'arrivo dei compagni, che si guardarono intorno prima di ringuainare le armi grondanti sangue.
- Avete fatto il giro lungo.
- Puoi dirlo forte. Qui cos'abbiamo?
- Il vecchio non vuole che ci divertiamo con il fringuellino. Chissà da quanto lo teneva in gabbia, ah, ah!
- Uh-oh. Maleducati. - A storcere il naso era stato il meno repellente del gruppo, dai tratti piuttosto nobili nonostante l'aria scarmigliata ed il rosso-bruno che imbrattava i suoi vestiti. Ma lo sguardo, ecco, quello era al di là dell'apparenza... guizzava folle, s'accendeva e spegneva secondo un criterio stabilito da leggi oscure. - Lo avete ringraziato? Begli ingrati! Dimmi, maestà, i miei amici ti hanno ringraziato?
Brandegoris era stato preso a calci e pugni, e boccheggiava sul pavimento, tentando invano di rialzarsi.
L'altro non ritenne necessario attendere una risposta, serbandosi il divertimento per dopo, e scostò in malomodo il gruppetto che si preparava ad abusare del ragazzo. Quando lo vide, i vestiti strappati, le guance scarlatte e gli occhi dilatati dal terrore, lo strappò dalle grinfie degli ultimi due che lo tenevano fermo.
- Ci conosciamo bene, noi due, non è vero? E chi l'avrebbe detto? Lo zoppetto canterino, la fanciullina di Camelot... ora capisco perché mio padre ha perso la battaglia. Sei stato tu a chiamare i rinforzi, piccolo scherzo della natura.
Si sentì gelare dentro. La paura di essere stuprato era stata una cosa da nulla, in confronto.
Aveva davanti Melehan, figlio di Mordred, l'assassino di suo padre.
- Ehi, lasciacelo ancora un po', guastafeste!
Melehan estrasse il pugnale e lo puntò alla gola del compagno. - Filate. - La sua espressione indemoniata non lasciò spazio ad esitazioni. Il gruppo si disperse per le stanze del castello, in cerca di gioielli e denaro e quant'altro.
- Siamo soli, adesso. Ancora mi sembra incredibile, io e te, di nuovo. Mi sembri sciupato. Hai voglia di ritrovare il tuo grande amore, penso. - Gli afferrò una ciocca di capelli e la tranciò con la lama, ridacchiando. - Io però non ho fretta.
Melehan, figlio di Mordred, era anche l'assassino di Amren... doveva averlo sempre saputo dentro di sé...
Brandegoris si era trascinato fino a loro, le guance rigate di lacrime e sangue, e afferrò la tunica di Melehan in un disperato tentativo di farlo desistere da quel gioco perverso. - Lasciatelo stare... uccidete me, se vi piace...
Melehan si girò, brandendo il pugnale e affondandolo nella gola del vecchio. Gorgogliando, questi rovesciò gli occhi all'indietro, mentre la sua mente urlava quel grido disperato che si udì fino ad Avalon:

"FIGLIA, FIGLIA MIA, SALVALO! È LA MIA ULTIMA VOLONTÀ!"

- Mio signore! Mio signore, non abbandonatemi! - singhiozzò Garanwyn, ritrovando in un istante la voce e la lucidità. Raccolse ogni briciolo della sua forza, e approfittò della distrazione del suo aguzzino per sfuggire alla sua presa. Rotolò di lato, finendo contro il corpo ormai esanime di Brandegoris. Non poteva fare nulla per lui, ma poteva ancora salvarsi. Fuggire nuovamente, questa volta senza una meta.
Perché? Perché tutti coloro che mi amano fanno questa fine? Che significato ho a questo mondo?
Lo sguardo gli cadde sull'elsa della spada del re. Non era nessuno per appropriarsene, eppure fu quello che fece. Era pesante e ricadde su un lato mentre l'estraeva dal fodero, ma riuscì a sostenerne il peso e a mettersi in piedi. Barcollando, e sostenendosi con la gamba buona, scattò verso la porta: Melehan fece lo stesso, eccitato e divertito dalla caccia appena iniziata.

   
 
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