That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Old Tales
Terre del Nord - I.003
- Dòmhnall
La foresta era immersa nell'oscurità e in un silenzio quasi
perfetto, il vento portava lieve, a tratti, solo il respiro del fiume e
i versi sommessi di qualche animale notturno, dal folto del bosco. In
quella quiete, poteva sentire, nitido, il battito del suo cuore, forte
e stranamente irregolare: quella notte sembrava che pulsasse
così violento e furioso da impedirgli di dormire, quasi
volesse fuggirgli via dal petto. Passava spesso la notte
così, in attesa, a occhi chiusi e in silenzio, ad ascoltare
il suo corpo, la brezza, la natura, provando a fondersi con lo spirito
di quei luoghi, come gli aveva insegnato sua madre fin da bambino; in
quel momento, però, una tensione ignota gli impediva quasi
di respirare, la sua mente non si apriva all’armonia che
viveva attorno a sé, ma si tormentava correndo dietro a
pensieri contorti e dolorosi. Dòmhnall si rigirò
nel suo giaciglio, piano, per non svegliare suo fratello: da un po' il
moccioso aveva smesso di servirsi di lui come fosse un pagliericcio,
così aveva potuto mettersi supino e ora stava considerando
l'idea di sollevarsi a sedere o addirittura alzarsi. La luce della luna
illuminò il musetto di Cuilén che spuntava appena
dalla pelle d'orso, preso da un sonno profondo e da chissà
quale sogno finalmente sereno, non si era accorto dei movimenti del
fratello maggiore, per fortuna, altrimenti Dòmhnall avrebbe
dovuto passare il resto della notte a rispondere alle sue
sconclusionate domande. Sorrise tra sé: quel bambino era
spesso una peste insopportabile ma lui gli voleva bene, ogni volta che
si allontanava per qualche giorno con suo padre per la caccia o le
prove, non sentiva nostalgia solo per la voce di sua madre, o per
quella che era ancora la sua casa, gli mancava anche suo fratello, la
sua ingenuità spesso ridicola, quel suo modo ancora un po'
buffo e goffo di muoversi e parlare. Sospirò.
Quell’inquietudine invece di disperdersi sembrava stringerlo
più forte, perché non sopportava l'idea che non
avrebbe mai visto suo fratello diventare un uomo, presto non avrebbe
saputo più nulla di lui, di tutti loro. Presto se ne sarebbe
andato da quella radura e la sua vita avrebbe preso una strada diversa
da quella di tutti loro. Non c'era niente da fare… Doveva
muoversi, voleva togliersi di dosso quella odiosa ansia. Poteva
arrivare al fiume, immergersi nell'acqua fresca, bere. Se fosse stato
abbastanza rapido, sarebbe ritornato prima che qualcuno si accorgesse
della sua assenza. Gettò un'occhiata verso la tenda dei suoi
genitori, attraverso le ombre proiettate dalla Fiamma verde, vide la
figura di suo padre, seduto vicino all'imboccatura, ciondolare un po',
forse si era assopito mentre montava la guardia a sua madre e al
neonato: il piccolo non si era ancora sentito, non aveva pianto per la
fame, sembrava dormire sereno e tranquillo.
Chissà
se è un altro maschio o, finalmente, una bambina?
Dòmhnall si strinse nelle spalle, del destino di quel
bambino non avrebbe mai saputo niente, quindi non doveva curarsi di
lui, era già triste pensare di dover abbandonare
Cuilén, era inutile affezionarsi al neonato, significava
solo soffrire di più. Si alzò senza far rumore,
accostò per bene la pelle d'orso addosso al fratello,
notò che stringeva tra le dita il richiamo che gli aveva
regalato un paio di ore prima, quasi fosse il più prezioso
dei tesori. Si voltò, deciso a non pensare, si
sgranchì appena le gambe e le braccia: il suo corpo, pallido
ai raggi della luna, appariva macchiato qua e là di scuro
dalle ombre delle fronde sovrastanti. Era ancora poco più di
un ragazzino, asciutto e sottile, ma già alto quanto suo
padre, e sulla sua pelle la peluria biondiccia dell'infanzia aveva
ormai lasciato quasi del tutto il posto a quella più scura e
prepotente di un giovane uomo. Rabbrividì quando vide le
rune, sottili ricami d’inchiostro nero, rilucenti sulle sue
dita, pensando al fatto che presto a esse se ne sarebbero aggiunte
ancora e ancora. I suoi occhi chiari indugiarono sul suo corpo ancora
per un po', con un misto di tristezza e imbarazzo: a volte, anche se
quei pensieri lo facevano vergognare a morte, si rendeva conto di
invidiare suo fratello, così piccolo e ancora bisognoso di
protezione, sapeva di aver paura, di non voler diventare un uomo, di
non voler crescere, perché per quelli come lui, crescere
significava doversene andare, lasciare il mondo che conosceva, la sua
famiglia, per andare lontano, ad affrontare l'ignoto. Suo padre gli
aveva raccontato con orgoglio delle avventure che avevano segnato la
sua vita, del lungo viaggio fino alle Terre del Nord, delle prove, dei
riti, delle cerimonie, degli insegnamenti del suo maestro,
dell'incontro con sua madre, della sua vita raminga insieme con lei,
fino a scoprire quella radura, e creare lì, con lei, la sua
vera famiglia. Dòmhnall ne era rimasto affascinato e colpito
da bambino, ma ora che la vita stava per chiamarlo ad affrontare in
prima persona quei cambiamenti, sentiva il cuore e la mente vacillare,
perché non sopportava l'idea che quella che conosceva non
sarebbe più stata, come diceva suo padre, la sua
“vera” famiglia. Se solo fosse stato possibile, non
avrebbe mai abbandonato il suo mondo, quell'angolo di foresta che
conosceva come se stesso, i suoi nascondigli, i punti migliori per
pescare, e... E quel sentiero che aveva scoperto pochi anni prima, che
portava allo scoperto, fuori dal bosco: ci si era perduto una volta per
sbaglio, inseguendo un cervo, poi era stato attratto da un suono
strano, che non aveva mai udito prima...
Ina...
Ci si era inoltrato di soppiatto più e più volte,
da allora, nascondendosi tra i cespugli che celavano una radura ai
margini di Am Moradh, in cui alcune ragazze di un villaggio vicino
lavavano e si facevano il bagno. Dòmhnall
accelerò il passo, camminò rapido fino al fiume,
cercando di non pensare a quelle immagini: scoprire quelle donne tanto
diverse da sua madre l'aveva turbato e l'esistenza di Ina, lo sapeva,
aveva accelerato la data della sua partenza. Era strano e ridicolo che
la sua vita cambiasse ogni volta che gli capitava di vedere delle donne
che si facevano il bagno: era poco più piccolo di
Cuilén quando aveva visto sua madre al fiume e, se lo
ricordava ancora, era scoppiato a ridere come uno stupido, facendosi
scoprire, osservando quel suo corpo tanto diverso dal suo, le sue forme
più piene delle sue, guardandolo incuriosito, sorpreso di
quanto fosse diverso una volta nudo, senza quella tunica informe con
cui la vedeva sempre, tanto simile alla sua. Sua madre non aveva detto
nulla, al momento, ma per tutto il resto del giorno l’aveva
fissato a lungo, spesso di soppiatto, cercando di cogliere nei suoi
occhi un cenno, una domanda, per iniziare con lui un discorso
importante, ma Dòmhnall, dopo quelle risate iniziali, era
ammutolito, non capiva nemmeno lui perché, ma si sentiva
troppo imbarazzato per chiedere. Quando fu l'ora di spegnere il fuoco,
sua madre aveva all'improvviso iniziato a parlargli di come la natura
avesse voluto gli uomini e le donne simili eppure diversi,
"complementari" aveva detto, proprio come tutti gli altri animali della
foresta; l’aveva ascoltata per ore, affascinato, scoprendo
una realtà che aveva percepito già, a volte, ma
che non aveva compreso mai: da quel momento aveva iniziato a guardare
il mondo attorno a sé in maniera diversa, consapevole e
curioso di quelle differenze. Senza accorgersene, la sua infanzia era
finita così, per un fatto innocuo e fortuito: da quel
momento la sua vita era cambiata, non aveva più potuto
mettere piede nella tenda, non aveva più potuto dormire
accanto a lei, scaldandosi col suo calore, era lentamente passato dal
mondo di sua madre a quello di suo padre, aveva smesso di raccogliere
erbe e bacche nella foresta con lei e aveva iniziato a seguire lui,
passando via via sempre più tempo lontano dalla radura, a
caccia. Aveva persino imparato a uccidere. Solo il giorno che aveva
trovato e visto le donne del villaggio, però, aveva compreso
appieno il discorso di sua madre.
E quel giorno non aveva riso, no. Aveva scoperto cose nuove, non nel
mondo che lo circondava ma in se stesso, un turbamento diverso; era
rimasto confuso, quelle spiegazioni erano di colpo diventate reali, le
aveva sentite sulla sua stessa pelle, era rimasto spaesato, per non
dire spaventato, per giorni. Da allora aveva cercato sempre
più spesso la solitudine e il silenzio, da quel momento la
curiosità che finora aveva riversato sul mondo era finita e
aveva iniziato a cercare di capire e scoprire se stesso, le proprie
reazioni, il mistero che aveva nella mente e nel suo corpo. Al tempo
stesso, non poteva fare a meno di andare al fiume sempre più
spesso, all'inizio ogni volta che i suoi non si curavano di lui, poi
appena si presentava anche la più piccola folle occasione di
allontanarsi, infine era arrivato a disubbidire e scappare senza dare
spiegazioni: c’era, infatti, una ragazza bionda,
più piccola e timida delle altre, Ina, che non si spogliava
mai, che concentrava tutta la sua attenzione, alimentando giorno per
giorno, sempre di più, la sua ossessione.
Dòmhnall passava giorni e notti intere a immaginare come
fossero la sua pelle e il suo corpo sotto la tunica, come fosse il suo
profumo, come sarebbe stato baciarla e toccarla e...
S’inventava i piani più stupidi e pericolosi
immaginando di poterla portare via dalle altre, poter restare solo con
lei, convincerla a rimanere per sempre con lui, a vivere insieme nella
foresta, ma ogni volta che nella realtà la ammirava, seduta
in riva al fiume, a ridere timida con le altre, i suoi passi
diventavano pesanti come pietra e lui si rendeva conto che non sarebbe
mai riuscito ad avvicinarla. Quando aveva scoperto il suo segreto, suo
padre non era stato tenero con lui, anche se Dòmhnall gli
aveva giurato e spergiurato di non aver mai mosso un passo fuori dai
cespugli, di aver solo sognato di avvicinarsi a lei, di non essersi mai
nemmeno mostrato. Suo padre non aveva sentito ragioni,
l’aveva rinchiuso per tre giorni e tre notti in una grotta,
senza cibo né acqua, in un luogo impervio della foresta da
cui nessuno potesse sentire le sue urla e le sue suppliche.
Dòmhnall non aveva capito quello che era accaduto, credeva
che suo padre si fosse arrabbiato perché aveva ignorato suo
fratello per farsi gli affari propri, ma quando infine, al tramonto del
terzo giorno, l'uomo, con cipiglio severo, era tornato da lui,
portandogli da mangiare, ed era rimasto con lui tutta la notte a
parlargli, aveva scoperto una verità che non sospettava. Suo
padre gli aveva spiegato che esistevano due mondi, e che la foresta di
Am Moradh esisteva per segnare il loro confine, assicurandosi che
fossero e restassero separati per sempre. Questi due mondi erano
caratterizzati dalla presenza o dall'assenza di quella forza che
Dòmhnall sentiva crescere in sé giorno per
giorno, una forza che il ragazzo aveva sempre immaginato innata, eterna
e immutabile, presente in ogni creatura, invece, con orrore, suo padre
gli stava dicendo che non era così, che esistevano uomini e
donne senza quella forza, invidiosi di quella forza, capaci con il
proprio sangue e la propria carne impura di indebolire, fino a
spegnerla per sempre, la loro diversa essenza. Dòmhnall
aveva scoperto quella notte che quelle cose che lui sapeva fare, quelle
che aveva appreso dai suoi genitori e che stava insegnando a suo
fratello, non erano alla portata di tutti, che la forza che stava
crescendo in lui era un potere straordinario concesso a pochi, ma anche
una responsabilità gravosa, che solo pochi erano in grado di
assumersi.
Quella
notte ho appreso che noi siamo Maghi e tutti gli altri no...
Aveva imparato quella parola quella notte, non l'aveva udita mai prima.
Aveva imparato il suo nome quella notte, scoprendo con esso la propria
forza e la propria maledizione. Aveva scoperto che la sua vita non era
segnata, preordinata alla nascita, come quella di tutti gli altri, ma
stava tutta nelle sue mani, poteva plasmarla a suo piacimento,
affrontando di volta in volta le innumerevoli scelte che il destino gli
avrebbe messo davanti. Quella notte, lo comprese subito, forte di
quella nuova consapevolezza di sé, aveva smesso di essere
solo un ragazzino ed era diventato un giovane uomo.
Un
Mago.
Erano passati mesi da quella notte di primavera, i suoi sogni
continuavano a popolarsi di quei corpi, di quelle risate cristalline,
di quei capelli rossi e biondi che si muovevano al vento, i suoi
pensieri abbracciavano ancora, spesso, il dolce sorriso di Ina, ma
aveva compreso che per lui tutto questo non contava abbastanza. Troppo
alto era il prezzo di un desiderio, in fondo, incredibilmente futile.
Entrò nell'acqua del fiume, scorreva placida e gelida,
rabbrividì fino alle ossa, e lasciò che quel
tremore spegnesse l'ansia e il desiderio che aveva sentito crescersi
addosso. S’immerse fino a sentire le sue palpebre pesanti
d'acqua, le sue orecchie chiudersi a qualsiasi rumore, fino a coprire
completamente la testa; represse il respiro, fino a forzare i suoi
polmoni, si trattenne ancora sempre di più, fino a sentirsi
bruciare dentro, poi riemerse, i capelli corvini che si appiccicavano
sulla pelle intirizzita delle spalle. Si lasciò cullare
dall'acqua, diventando un tutt’uno con l’abbraccio
fluido e ritmico del fiume.
*
Il vecchio sarebbe giunto a prenderlo entro il nuovo plenilunio, in un
momento imprecisato, forse persino quella stessa notte: allora Ina,
quelle donne, sua madre e suo padre, Cuilén e tutto il resto
sarebbero spariti, simili a fantasmi del passato sul fare del giorno,
non avrebbero lasciato che tenui tracce su di lui, come quell'acqua che
eternamente scorre, non è mai la stessa, in mezzo a un mondo
che vorrebbe essere immutabile come roccia antica.
Nemmeno
la più dura delle rocce resta immutabile e inviolata dal
tempo.
Uscì dall'acqua grondante, si sedette sull'erba umida di
rugiada, la brezza che gli gelava le gocce addosso, ancora un po'
affannato, la mente vuota, pronto ad ascoltare la voce della sua
foresta. Avrebbe scoperto nuove foreste, avrebbe ascoltato altri
alberi, avrebbe conosciuto altri sentieri, ne avrebbe persino aperti di
nuovi, sotto un cielo immutabile, quello sì, che si sarebbe
acceso su di lui ogni notte. Di colpo capì quello che poteva
e doveva fare. Il cielo era l’unica cosa immutabile che
conosceva, ed era lo stesso in ogni terra in cui suo padre
l’aveva condotto. Avrebbe insegnato a suo fratello, quella
stessa notte, appena fosse ritornato alla radura, come restare sempre
insieme: gli avrebbe insegnato a riconoscere il Carro dell'Orsa, gli
avrebbe detto di osservarla, tutte le sere, e intanto stringere in mano
il richiamo per gli uccelli che aveva costruito per lui; in questo
modo, pur in terre diverse, per il resto della loro vita sarebbero
sempre stati insieme, uniti da quello stesso cielo.
E
forse un giorno... chissà…
Rapido si asciugò dal viso le gocce che scendevano dai suoi
capelli, aveva sentito sulle labbra qualcosa di salato, non voleva
ammettere nemmeno con se stesso che per molto tempo avrebbe perso la
sua battaglia con quelle lacrime. Fu allora che lo sentì.
Era strano: qualcosa frusciava, irrispettoso, muovendosi incerto nel
fogliame. Non era il suono naturale degli animali: quelli, nell'eterna
scacchiera dei predatori e delle prede, cercavano sempre di non fare
alcun rumore. Questo era un rumore innaturale. Rumore di passi, passi
pesanti, passi erranti, passi diversi, uomini misti ad animali...
Qualcuno delle “genti diverse” aveva violato Am
Moradh, spingendosi fin lì, un luogo finora difeso dalle
loro stupide superstizioni e dal fitto della boscaglia. Di colpo
Dòmhnall ricordò che, alcuni anni prima, suo
padre era stato catturato e tenuto prigioniero: era piccolo e all'epoca
non aveva capito, aveva pensato che suo padre non fosse tornato a casa
per oltre un mese perché aveva combattuto con un orso o una
belva feroce, per via della cicatrice sul volto. Invece, quando gli
aveva spiegato la differenza con gli “altri”, suo
padre gli aveva parlato anche di quello che le “genti
diverse” di solito facevano a quelli che chiamavano
“strani”, “adoratori del
demonio”, “dissacratori”,
“figli di satana”, quelli come loro.
Ricordò anche, con angoscia, che una Strega, per quanto
forte e potente come sua madre, dopo il parto restava debole e priva di
poteri per giorni, perché impegnata a passare al nuovo nato
il suo “dono”, attraverso il sangue prima, e poi
con il latte. Comprese di dover fare in fretta, doveva raggiungere gli
altri, annunciare la presenza di estranei, aiutare suo padre a mettere
in salvo sua madre e i suoi fratelli. Combattere al suo fianco.
Dòmhnall maledisse se stesso e la propria debolezza, sapeva
che c'era un motivo serio se suo padre e sua madre non volevano che si
allontanasse, soprattutto di notte, maledisse la propria
stupidità: correva tra le foglie, leggero, senza far rumore,
proprio come aveva appreso dai cervi, saltava tronchi d'albero e
tagliava, a balzi, sui ciottoli scivolosi, l'ansa del fiume, per
raggiungere la radura il più velocemente possibile e per
celare al fiuto dei cani, li aveva sentiti, l'odore dei suoi passi. Non
capiva quanti fossero, non capiva che cosa cercassero, non capiva che
cosa li avesse spinti in un bosco che tutti consideravano spaventoso di
giorno, figurarsi in piena notte: l'unica risposta che riusciva a
darsi, era che stavano cercando proprio loro. Quando giunse alla
radura, trovò tutto come aveva lasciato, suo fratello nella
pelle d'orso, la tenda illuminata dalla Fiamma verde, l'ombra assopita
di suo padre: si avvicinò, rapido e furtivo, fino
all'ingresso della tenda, parlando piano, mettendo una mano sul braccio
dell'uomo, e svegliandolo di soprassalto.
«Ci sono degli estranei che si
avvicinano alla radura, padre... dobbiamo allontanarci, portare la
mamma e i bambini al sicuro!»
All'inizio, colto alla sprovvista, Cormacc parve non comprenderlo, poi
dallo sguardo spaventato del figlio, l'uomo si rese conto di quello che
stava accadendo, rifletté, poi decise di affidargli
Cuilén e ordinargli di risalire il fiume fino alla sorgente,
di aspettarli lì, mentre lui si sarebbe occupato della
moglie e del neonato, seguendoli e coprendo intanto la fuga dei figli
più grandi.
«Padre... coprirò
io la vostra fuga, posso rallentarli, mentre voi e la mamma…
e i bambini... »
«No, devi mettere in
salvo tuo fratello, Dòmhnall, è questo il tuo
compito... Qualsiasi cosa succeda, e te lo ripeto, qualsiasi cosa
succeda, giurami che farai di tutto perché Cuilén
raggiunga la sorgente!»
Non accettò altre obiezioni, Cormacc prese la sua pelle
d'orso, ci avvolse dentro la Fiamma verde, dopo averle imposto un
incantesimo che la chiudesse su se stessa, e diede una pacca sulla
spalla del maggiore dei suoi figli, gettandolo fuori dalla tenda.
Dòmhnall si voltò un'ultima volta per guardarvi
dentro, prima di avviarsi al fiume: suo padre svegliava con
difficoltà la madre, l'aiutava ad avvolgere il bambino in
una pelle e li prendeva entrambi tra le sue forti braccia. Quando
raggiunse Cuilén, il bambino dormiva ancora e
Dòmhnall comprese che sarebbe stato più facile
fuggire con lui se non si fosse svegliato, così
avvicinò le labbra all'orecchio del fratello e
recitò una nenia antica, poi se lo caricò sulle
spalle e iniziò a correre risalendo rapido e spaventato il
corso del fiume.
*
Per raggiungere la sorgente mancavano ancora alcune ore di cammino, ma
Dòmhnall non ce la faceva più, era stanco,
sfinito dalla corsa e dalla paura, attorno a lui il bosco era sempre e
indistintamente immerso nel silenzio. Il ragazzo era nato e vissuto nei
boschi, conosceva in particolare quella foresta come se stesso, eppure
aveva paura, proprio come la prima volta che si era inoltrato tra
quegli alberi e quei sentieri. Aveva paura perché dietro di
se sembrava tutto immerso nel silenzio della morte. Non capiva... Dopo
aver corso per un po' come un forsennato, si era fermato, tendendo
l'orecchio, in ascolto, ma dalla radura non era salito alcun suono, non
sapeva perciò se quegli uomini fossero davvero diretti nella
sua radura, se avessero un’altra meta, se si fossero
scontrati con suo padre o se avessero deciso di seguire lui.
Quell'incertezza gli devastava la mente e popolava la foresta di voci,
di sospiri, di fantasmi. Più di ogni altra cosa,
però, lo angustiava non sapere niente del resto della sua
famiglia. Suo padre gli aveva dato un compito, ma lui non ce la faceva
a restare lì o a proseguire, senza sapere, gli
passò per la mente un'idea folle, ma al momento gli sembrava
fattibile: avrebbe nascosto Cuilén, in maniera che nessuno
lo potesse trovare, poi sarebbe ritornato indietro, per vedere cosa
fosse successo.
Per
aiutare la mia famiglia.
Si accostò a un albero, controllò con attenzione
tutto attorno a sé, sentì che non c'erano nelle
vicinanze animali pericolosi; depose suo fratello a terra, ai piedi
dell'imponente pino, cauto, gli gettò addosso di nuovo
l'incantesimo con cui l'aveva addormentato, poi camminò in
cerchio attorno a lui, recitando altre litanie e concentrandosi su se
stesso e la forza degli alberi, perché tutto intorno a suo
fratello si elevasse una barriera che lo proteggesse da qualsiasi cosa.
Sapeva come si faceva, l'aveva visto spesso fare a sua madre quando era
più piccolo e se l'era fatto insegnare da lei,
già da qualche anno, per avere sempre il controllo su
Cuilén, quando la madre lo affidava a lui. Prese con
sé la Fiamma e la pelle che la conteneva, non poteva
rischiare che suo fratello si bruciasse, si guardò di nuovo
intorno, mise a fuoco quell'immagine e la memorizzò,
gettò attorno a sé degli incantesimi a distanza
di cinquanta passi l'uno dall'altro per riconoscere il percorso, quando
fosse tornato indietro. Poi si voltò. E i suoi passi si
fecero via via sempre più rapidi e tumultuosi.
*continua*
NdA:
Ringrazio tutti per le letture e le recensioni e grazie per la fiducia
a chi ha aggiunto ai preferiti/ seguiti, ecc ecc. A presto.
Valeria
Scheda
Immagine
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