[10. Inaspettato]
Il cuore che batte.
Lo sento.
Fa male.
Aprii la porta di casa trafelato, mi precipitai sulle scale per
raggiungere la cameretta.
‹‹
Ale? Non si usa più salutare? Vieni a tavola che il pranzo è
pronto. ››
‹‹
Non ho fame mamma! ››, urlai frettoloso aprendo lo zaino consumato
dagli anni.
Gettai
sul letto tutti i libri scolastici per poi afferrare il fascicolo spiegazzato. Merda.
Dal piano
inferiore sentivo una sorta di battibecco ma non ci feci caso più di
tanto, guardavo inorridito l’aspetto maltrattato del mio bottino
preoccupandomi di come l’avrei riposto nuovamente nello schedario.
Con le
mani cercai di ridargli la forma originale distendendo gli angoli tutti
stropicciati.
Quando il
fascicolo prese un aspetto accettabile aprii con desiderio la prima pagina.
Stavo per carpire la vita di Angie…avrei saputo tutto di lei…
La porta
della stanzetta si aprì di colpo facendo schizzare il mio cuore alle
stelle, con un gesto automatico nascosi il mio bottino sotto il cuscino.
‹‹Alessandro
Cortese! Ho detto che il pranzo è pronto e tu devi scendere a mangiare
come tutti noi! Dov’è finita l’educazione??
››
‹‹
M-Ma ho già mangiato a scuola…››,
bugia. Ero così concentrato
sulla ragazza che lo stomaco era chiuso.
‹‹
E allora vorrà dire che resterai a tavola a guardare noi mangiare.
Scendiamo ora! ››, mi afferrò per un braccio e mi
trascinò letteralmente al piano di sotto.
‹‹
Ahia! Mi fai male! ››
Mia
sorella mi guardò con tutta la pena che si può provare per un
cucciolo maltrattato, mio padre invece mangiava la sua porzione di pasta in
silenzio senza degnarci di uno sguardo.
‹‹
Perfetto. Ora che siamo tutti qui posso stare più tranquilla. ››
Per
qualche minuto il silenzio era sovrastato solamente da posate che tintinnavano
scontrandosi tra di loro e bicchieri riempiti finché mio padre non
decise di intervenire…
‹‹
Stavo pensando…che io e Stefania non ci fermeremo qui ancora per
molto…e così, beh come dire? Vorrei portarvi a fare un giro fuori
paese. Che ne dite? ››
Ah…papà
sarebbe andato via di nuovo. Stavano per iniziare le vacanze di natale, perché non restava ancora un po’?
‹‹
Non so, devo pensarci su. ››, rispose mamma con durezza.
‹‹
Avanti Margherita, non fare la scontrosa. ››, rimbeccò mio
padre con dolcezza.
‹‹
Deciderò più tardi. Ora finite di pranzare, si raffredda.››
Tornato
finalmente in camera chiusi la porta a chiave sperando di non essere disturbato
per l’ennesima volta.
Arrivato
al letto tirai fuori il fascicolo e ciò che lessi mi
disarmò…niente. Non c’era niente di anomalo o strano, in
sintesi era una ragazza comunissima senza genitori trasferitasi da poco nella
nostra cittadina a casa di alcuni suoi zii.
Fine,
nulla di più. Il segreto della misteriosa Angie non esiste.
Non so se
ero più deluso dal finale scontato o sollevato
dall’innocuità della ragazza…nacque sulle mie labbra un
sorriso amareggiato.
Cosa
speravo di trovare? Tutto era come doveva
essere…
Strinsi i
denti per l’irritazione e buttai i fogli che avevo ancora in mano sul
letto.
‹‹
Dannazione! ››
Qualcosa
non torna!
Mi buttai
sul materasso coprendomi gli occhi con un braccio, la testa turbinava
fastidiosamente.
Il
pomeriggio stava passando così…tra un pensiero alla ragazza e uno
al mio mal di testa, solitamente ero un tipo apatico che lasciava scivolare di
dosso i problemi e le preoccupazioni, questa volta mi ero impuntato sul serio.
Ma perché? Per pura
curiosità? Perché ero affascinato da lei?
Forse la
storia della strega non era del tutto infondata. Mi aveva ammaliato…
Ma che
razza di stupidaggini vado a pensare?! Le streghe non
esistono!
‹‹
Basta io ora esco. ››
Scesi al
piano di sotto, mamma a quell’ora era al lavoro, gestiva un piccolo
negozio di fioreria, non guadagnava chissà quanto ma bastava a farci
tirare avanti in più papà riversava mensilmente sul conto della
mamma una parte dei suoi guadagni. I miei genitori non erano come la maggior
parte dei divorziati, litigavano come cane e gatto ma molto infondo si volevano
bene…ne ero sicuro. Papà sarebbe tornato a trovarci anche senza le
continue l’incentivazioni di Stefania.
Afferrai
la sciarpa dal appendiabiti e me la legai per bene
attorno al collo e indossando il mio giubbotto nero uscii di casa.
Il tempo
era bello ma il freddo pungente si faceva sentire, mi avviai verso il parco
storico con calma, l’essermi allontanato da quelle quattro mura era stato
un toccasana, era come se avessi lasciato le paranoie nella mia stanza pronte
ad attendere il mio ritorno.
Ovunque
volgessi lo sguardo non vedevo altro che lucine luminescenti appese sui
balconi, l’aria natalizia la sentivo onnipresente…
Mentre
camminavo sulla via ciottolata mi sentii a disagio, il parco era pieno zeppo di
coppiette felici, io ero solo.
La cosa
non mi aveva mai infastidito, le ragazze erano sempre state un fatto estraneo
da me, ma ora mi sentivo in un certo modo…escluso.
Escluso
dalle interazioni umane, anche tra quelle più semplici.
Sarà
che all’età di 17 anni non ho mai incontrato qualcuno a cui voler
bene ma non mi è mai capitato qualcuno che provasse in un certo senso
una simpatia nei miei riguardi. O più semplicemente le ragazze mi sono
sempre state sulle scatole da quando avevo 11 anni.
A
quell’età sono rimasto seriamente traumatizzato e scottato dalle
discussioni infervorate che facevano le mie compagnette
di classe.
Ricordo che stavo seduto in
disparte alla ricreazione sentendo ridere le ragazze che si confidavano i loro
pensieri, ero curioso…
‹‹ Mio marito
dovrà essere bello, alto, biondo, con gli occhi
azzurri e muscolosissimo! ››
Più sentivo le
qualità che avrebbe dovuto avere il loro “futuro marito”
più mi sentivo scoraggiato.
Poi uno sguardo timido mi
intravide e sorridendo leggermente disse piano alle altre…‹‹
Anche Alessandro è carino però. ››
Quelle si girarono e contrariate
iniziarono a urlare sguaiatamente zittendo l’altra.
‹‹ Alessandro è
scontato! Ce ne sono a migliaia di ragazzi così! Invece un ragazzo dagli
occhi verdi…quello sì che è bellissimo! ››
Ero “s c o n t a t o”.
Non potevo essere ben voluto da nessuno perché ero troppo anonimo,
inutile cerare di dare il meglio di se…alla fine tutti avrebbero guardato
solo quello che mostravi all’esterno.
Sorrisi
triste al pensiero, a volte i bambini sanno essere crudeli.
Erano
passati sei anni d’allora, le cose non erano molto cambiate
effettivamente, non ero riuscito a trovare la persona adatta con cui
condividere i miei sorrisi e le mie giornate, forse è meglio
così, non voglio che un sorriso alla fine si trasformi in una dolore…ma per quanto possa soffrire nei miei
pensieri c’è sempre lei,
trovo solo una persona per cui voglia veramente distruggermi…riesci a
leccarmi le ferite? A togliere i punti di sutura che rattoppano la mia
malinconia?
Philofobia. Tu sei stata la cura.
E forse
per guarire dal mal d’amore dovrei veramente innamorarmi, e forse lo sono
già ma mento a me stesso, e forse me ne sto rendendo conto solo ora
guardando queste coppiette per strada sorreggersi a vicenda stringendosi la
mano.
AAAAAAH!
Troppa confusione!
Non
sapevo di essere così stupido! E pensare che mi
reputavo un ragazzo intelligente!
L’ a m o r e r e n d e s t u p i d i. . .
Cosa devo
fare con te? So di volerti ma non so come poter reagire…
Continuai
a camminare, forse più per abitudine che non per altro, non sapevo dove
stessi andando. E’ capitato a tutti, no?
Voler
andare lontano da tutto restando solo con se stessi per pensare, riflettere su
cose che tra qualche tempo perderanno d’importanza o valore. Girovagando
mi trovai con gran sorpresa per una strada conosciuta, attraversata
chissà quante volte. La percorsi fino alla fine ritrovandomi davanti a
un piccolo locale anonimo, l’insegna blu accesa era un chiaro invito ad
entrare, non me lo feci ripetere due volte.
Appena
entrai l’odore di pizza e legna bruciata mi invase, il Luke era sempre
stato una seconda casa quand’ero più piccolo. Il campanello appeso
alla porta tintinnò e da dietro la porta che conduceva in cucina
spuntò una testa bionda riccioluta.
‹‹
Ale! Da quanto tempo! ››, disse euforica Gianna.
‹‹
Salve signora. Come sta? ››, domandai
sorridendole gentile.
‹‹
Oh ragazzo, io sto una favola come sempre. ››, rispose facendomi
l’occhiolino.
Gianna
nonostante la sua età era la cameriera più euforica che abbia mai
visto, faceva da mamma non solo al suo figlio pizzaiolo ma anche alla
clientela, era rotondetta e sempre allegra, quando sorrideva era tutta fossette. Diffondeva allegria ovunque volgesse lo
sguardo.
‹‹
Luca, c’è qualcuno che è venuto a farci visita. ››,
urlò verso la cucina lasciandomi solo nella stanza, si erano fatte le sette e passa di sera, troppo presto per avere clienti.
‹‹
Tu mettiti pure comodo tesoro, arriva subito. ››, mi avvisò
compiaciuta.
Presi posto come indicatomi e poco dopo vidi apparire Luke.
‹‹
Ohi Ale, come te la passi? ››, disse sorpreso mentre si asciugava
le mani sul grembiule da cucina.
‹‹
Non mi lamento. ››, mormorai distogliendo lo sguardo dai suoi occhi
indagatori.
Luke era
un caro amico di famiglia, aveva aperto la pizzeria quando era ancora molto
giovane, sua madre l’aveva sempre supportato in tutto…non come la
mia che pretende di darmi la manina anche quando devo attraversare la strada.
Il Luke
non è mai stato famoso come pizzeria, era piuttosto piccolo ma le pizze
erano eccezionali, qualsiasi pizza gli si chieda sarà la migliore mai
assaggiata.
Aveva 35
anni, ma sembrava dimostrarne dieci di meno con i suoi inconfondibili capelli ingellati e l’orecchino a cerchietto sempre presente,
Gianna non lo sopportava, diceva che gliel’avrebbe strappato di notte
mentre dormiva se non si decideva a toglierselo di sua spontanea
volontà…la cosa brutte è che ci ha
provato veramente.
‹‹
Sul serio? Uhm. Cosa ti porta qui dal tuo caro vecchio amico Luke? ››
‹‹
Che cosa se non la pizza? ››
‹‹
Oui mon ami, se è
una pizza quella che vuoi, una pizza avrai. E dato che sei un caro cliente ti
facciamo lo sconto speciale sulle patatine fritte. ››.
Risi, lo
consideravo il fratello che non avevo mai avuto, l’unico amico con cui
potevo parlare…e forse, in quel momento, avevo bisogno solo di quello. Parlare.
‹‹
Qualcosa non va? ››, disse osservandomi meglio.
‹‹
Umh… ››
‹‹
Oh andiamo! Da quand’è che non hai paura di dire a qualcosa al tuo
caro Luke? E’ successo qualcosa? Anzi fammi indovinare…umh, sei triste perché non riesci a completare God of War che ti
avevo lasciato a casa più di tre mesi fa.››
‹‹
Non è colpa mia se quei fottuti cavalli sono un’infinità!
Mi fanno urtare e poi hai visto quanto cavolo di vita han…››
‹‹
Alessandro. ››, mi interruppe sorridendo sarcastico.
Io smisi
di gesticolare e abbassai gli occhi, nel frattempo rispuntò Gianna con
una porzione grande di patatine fritte che appoggiò sul tavolo.
‹‹
Grazie mà. ››, disse allegro Luca
mettendosi in bocca una patatina bollente.
‹‹
Non sono per te ma per Alessandro. Tieni tesoro, mangia. Io vado a preparare la
tua pizza preferita, la
Capricciosa.››
‹‹
Gentile come sempre Gianna. ››
‹‹
E’ un piacere. ››, e con questo se ne andò
canticchiando in cucina.
Luke
tornò a fissarmi malevolo, i miei occhi scappavano dai suoi.
‹‹
C-Cosa? ››
‹‹
Avanti…dimmi chi è. ››
‹‹
Chi è chi? ››
‹‹
La causa del tuo malumore. ››
‹‹
Amico…non per vantarmi ma ho più esperienza di te su questo campo
e il tuo non è l’umore di uno che non riesce a superare il livello
di un videogioco. ››
Non
sapevo che le pene d’amore erano facilmente sgamabili.
Stavo per
replicare qualcosa ma l’occhiataccia che mi riservò fu abbastanza
da farmi rinunciare.
‹‹
Va bene. E’ una ragazza. ››
‹‹
E vorrei ben vedere, se fosse stato il contrario mi sarei preoccupato. ››
Lo
guardai accigliato.
‹‹
Molto divertente. ››
‹‹
Questa non è una ragazza ma la
ragazza, è un tantino diverso ricordando che razza di tardone sei. ››
Buttai
gli occhi al cielo. Chi me l’aveva fatto fare entrare qui?
‹‹
To’, ingozzati. ››, dissi avvicinandogli il piatto di
patatine, ne prese una e se la mise in bocca aspettando che iniziassi a raccontare…
‹‹
Angie, umh. Carina la tipa. Mi sa tanto di darkettona con problemi esistenziali, con tutto il tempo
che hai impiegato per prenderti una vera e propria cotta avresti potuto
prendere una meno egocentrica. ››, mi rimproverò.
‹‹
Non è affatto egocentrica! Dovresti vederla! E’
così…così…››
‹‹…diversa?
››, suggerì con tono affettuoso.
‹‹
Sì! ››
‹‹
Ale, se posso darti un consiglio eh…quando incontriamo una ragazza che
consideriamo “speciale” la vediamo diversa dalle altre, ma è
solo questione di tempo, tutte le ragazze sono uguali. ››
Ci rimasi
male. Molto male…come poteva dirlo?
‹‹
Per me non hai ancora trovato quella giusta per te. ››
‹‹
Tu dici fratello? Non lo so, non ci spero più ormai…››,
disse stiracchiandosi.
No, non
potevo credere che Angie fosse uguale alle altre compagne, lo si vedeva lontano
un miglio che era differente da tutte le altre!
Addentai
con decisione l’ultima fetta di pizza tirandomi tutto il prosciutto.
‹‹
Non ti sporcare, mangi come un maiale, che figura ci fai quando inviterai la
donzelletta a cena? ››
‹‹
Cena?? ››, dissi soffocando con il boccone
che avevo precedentemente gustato.
‹‹
Esatto. ››, ribatté con sicurezza mettendosi a braccia
conserte appoggiando la schiena alla spalliera della sedia.
‹‹
Non ho alcuna intenzione di farlo! ››, è escluso, non
ammesso, decisamente NO!
‹‹
Oh sì che lo farai, tu devi farlo, non puoi aspettare ancora la ragazza
giusta, è o non è lei quella che fa battere all’impazzata
il tuo povero cuoricino? ››, mormorò con le labbra allungate
sbattendo gli occhioni come il cerbiatto Bambi.
‹‹
Smettila di prendermi in giro. ››, dissi posando la crosta
dell’ultima fetta di pizza che avevo divorato.
‹‹
Senti, la storia più seria che tu abbia mai avuto è quella con la
maestra delle elementari di cui andavi pazzo, hai diciassette anni, sei un uomo
e non hai ancora dato nemmeno il primo bacio! Conosco gente della tua
età che mette incinte le ragazze un giorno sì e l’altro
pure. ››
‹‹ Silenzio che possono
sentirti! Non rivanghiamo ancora quella storia!››, il locale era
ancora vuoto ma nessuno gli aveva mai detto che anche i muri hanno le orecchie?
‹‹
E poi il mio ultimo pensiero è quello di andare a mettere incinta una
ragazza. ››
‹‹
Oh gli ormoni, gli ormoni. Tu hai veramente qualche disturbo per non avere
l’appetito sessuale che è di consuetudine. ››
‹‹
Ce l’ho, ovviamente. Ma
preferisco ragionare piuttosto che pensare solo al sesso, per quello…ci
sarà tempo…dopo. ››, balbettai.
‹‹
Così mi piaci. Ma prima di pensare al letto pensa a come conquistarti la
bambola. ››
Mi
face avvampare. Non volevo pensare a me e a Angie…in quel modo.
‹‹
Certo certo. ››, borbottai per far cadere
il discorso.
La
campanella attaccata alla porta tintinnò, era entrata gente.
‹‹
Mamma, clienti! ››, avvertì Luke.
‹‹
Arrivooo! ››, cantilenò Gianna
dalla cucina.
‹‹
E’ meglio che io vada allora, scusa se ti ho preso tempo. ››
‹‹
Va bene, io vado a guadagnarmi da vivere allora, stammi bene. ››,
tirai fuori il portafoglio dalla tasca dei jeans ma Luke scosse la testa.
‹‹
Per questa volta paga la casa. Sai una cosa? Questo posto non è male per
portare a mangiare una ragazza…la prossima volta ti farò pagare,
non voglio che ti prenda per un morto di fame. ››, mormorò
piano per non farsi sentire dall’allegra famigliola che si stava
accomodando a uno dei tavoli.
‹‹
Grazie, sei un amico. ››
‹‹
Macché io voglio solo farmi pubblicità. ››, disse con
tono canzonatorio facendomi l’occhiolino.
‹‹
Salve signori, posso esservi d’aiuto? ››,
domandò avvicinandosi al tavolo dove avevano preso posto.
‹‹
Buona serata allora! ››
‹‹
Anche a te Alessandro, salutami Margherita mi raccomando. ››,
salutò Gianna con in mano i menù per i
clienti.
Uscito
dal locale mi sentivo soddisfatto, niente più dubbi, il prossimo passo
sarebbe stato quello di riuscire a rubare il cuore ad Angie e avrei iniziato da
domani.