21 modi per
dirti 'ti
amo'
♥
~ m
o d o s e t t e : parenti
Serpenti (e
luoghi non
comuni) ~
La bianca
sagoma di Villa Malfoy si stagliava imponente davanti a noi, risaltando
in maniera impressionante contro il cielo plumbeo. Le nuvole si
rincorrevano veloci, sospinte da una fredda brezza che rendeva
l’aria estiva ancora più frizzante. Era risaputo
che in Inghilterra l’estate non era mai troppo calda, ma quel
giorno trovavo il tempo molto appropriato. Si sposava in modo
inquietante con la gravità della situazione cui stavo
andando incontro.
Un
sonoro crac risuonò nell’aria silenziosa, seguito
dal cigolio del cancello che si apriva. Guardai Scorpius, che a sua
volta fissava inespressivo l’elfo domestico mandato dai suoi
genitori ad accoglierci. Sentii la leggera pressione della sua mano
sulla schiena.
“Andiamo”.
Deglutendo,
mi voltai finalmente verso il cancello di ferro, e scorsi la minuta
figura della creatura che zampettava solerte verso il portone.
Camminando al fianco di Scorpius, feci scivolare lo sguardo sul vasto
giardino che circondava a perdita d’occhio la casa. Le chiome
degli alberi fluttuavano seguendo il silenzioso ritmo del vento, e
tantissime varietà di fiori crescevano rigogliosi nelle
aiuole perfettamente curate. Ma per quanto il viottolo lastricato fosse
lungo, non riuscii ad osservare tutto il cortile prima di giungere al
porticato. Deglutii a vuoto, salendo le scale di marmo.
L’elfo,
avvolto nella sua federa lisa, ci guardava con aria vagamente
intimorita, e mi chiesi se anche io avessi la sua stessa espressione
stampata in faccia. Ma soprattutto, mi domandai se spedire un elfo alla
porta era un’abitudine, o indicava piuttosto la grande
considerazione in cui mi tenevano. Optai immediatamente per la seconda.
In senso ironico, si intende.
La
porta si socchiuse piano davanti al mio sguardo che ora sapevo essere
proprio disperato, e con mia enorme sorpresa mi accorsi che non era
stato l’elfo ad aprirla. La creatura adesso aveva
un’aria decisamente terrorizzata, mentre fissava la donna che
era venuta ad accoglierci. Sentii che Scorpius faceva lentamente
scivolare via il braccio che per tutto il tempo aveva tenuto allacciato
alla mia vita, e non lo biasimai: il cipiglio di Asteria Malfoy, in
carne, ossa e vestito di seta esprimeva tutto fuorchè
allegria. La parte non in coma della mia mente registrò che
dovevo avere all’incirca la stessa espressione
dell’elfo. E temetti davvero che come tale sarei stata
trattata.
Asteria
aprì del tutto la porta e fece un passo avanti,
protendendosi verso il figlio.
“Scorpius,
bentornato.” – lo salutò, dandogli un
leggero bacio sulla guancia.
Lui
mormorò un “ciao mamma”, abbracciandola
appena.
Poi,
la signora Malfoy si rivolse a me, gelandomi sul posto con i suoi occhi
scuri e penetranti, così diversi da quelli di mia madre.
“E
tu devi essere la sua ragazza.” –
constatò, sollevando lievemente gli angoli delle labbra in
un sorriso teso.
Io
annuii in risposta, tendendo la mano per stringere la sua, piccola e
affusolata, e chiedendomi allo stesso tempo perché lei
sembrasse così nervosa. Solidarietà femminile in
ricordo della sua presentazione in casa Malfoy? Ne dubitavo, lei era
una Greengrass, purosangue e Serpeverde, non doveva aver avuto troppi
problemi. Paura di non piacere a me, di fare brutta figura? Colica
improvvisa?
“Entrate,
fa fresco qui fuori.” – ci invitò,
oltrepassandoci poi per farci strada e lasciando
all’ossequioso elfo il compito di chiudere i battenti.
Se
fosse stata un’altra situazione, probabilmente mi sarei
fermata ad ammirare l’eleganza marmorea
dell’interno della villa, con le sue alte volte e le ampie
stanze, le sedie foderate di velluto e i simboli di Salazar Serpeverde
che campeggiavano quasi su ogni soprammobile.
G
r i f o n d o r o. Ogni cosa in quella dimora pareva gridarmelo, ogni
antenato della famiglia Malfoy di cui incrociavamo il ritratto
– e che puntualmente mi squadrava con un’aria di
superbia mista a educata curiosità.
G
r i f o n d o r o. Me lo sentivo marchiato addosso, come quelle etichette
scomode nel tuo maglione preferito, quelle che ti raschiano contro
la schiena e ti provocano prurito e dolore allo stesso tempo. Solo che
stavolta non avevo un paio di forbici per tagliarle.
G
r i f o n d o r o. Me lo gridavano i vessilli di Salazar
Serpeverde, e me lo gridava silenziosamente anche il viso
affilato di Draco Malfoy che mi squadrava cupo e derisorio. No, era
peggio di un’etichetta: era un tatuaggio bruciante stampato a
fuoco sulla mia pelle, ancora rosso e ben visibile, che tradiva la mia
Casa d’appartenenza, quella che per zio Ron doveva essere un
enorme vanto, quella che a trent’anni dalla scomparsa di
Voldemort non doveva contare più.
Seppi
il perché della tensione di Asteria quando scrutai
attentamente suo marito. Draco aveva gli stessi lineamenti di Scorpius,
solo un po’ più affilati, e i capelli che stava
iniziando a perdere erano ancora più biondi di quelli del
figlio. Se ne stava seduto rigido su un poltrona al centro del luminoso
salone. Davanti a lui, un tavolino apparecchiato di tutto punto e una
copia della Gazzetta del Profeta.
“Papà.”
– salutò Scorpius, rompendo il gelido silenzio.
“Scorpius.”
– rimbeccò Draco, più a mo’
di sfida che di saluto. I suoi occhi grigi, privi del calore di quelli
del figlio, non si schiodavano un attimo da me.
“Siediti,
cara.” – mi invitò la moglie, facendo
cenno al grande divano bianco alle mie spalle. Lei prese posto accanto
al marito e, ad occhi bassi, cominciò ad armeggiare con le
stoviglie.
“Ehm…salve.”
– feci io, arrossendo.
“Signorina…Potter”
– scandì bene Draco, e non mi tese alcuna mano da
stringere.
Mi
lasciai cadere sul divano, rigida come un manico di scopa. Scorpius mi
seguì con molta più grazia.
“Papà,
mamma...” – esordì Scorpius –
“prima di tutto volevo presentarvi ufficialmente la mia
ragazza. Lei è Lily Potter.” Mi
passò un braccio intorno alle spalle, e dallo sguardo di
Draco capii che non solo lui sapeva bene chi fossi, ma che
più tardi avrebbe spezzato il suddetto braccio al suo unico
figlio.
“Draco
Malfoy, il padre di Scorpius” – recitò
piatto l’uomo in questione. “E lei è mia
moglie, Asteria. Lieti di conoscerti.”
Quante
volte doveva aver provato allo specchio quella scena? Troppo poche, in
ogni caso, perché come l’aveva interpretata faceva
schifo.
“Del
tè?” – chiese la signora Malfoy,
troncando quello scambio di sottintesi.
“Sì,
grazie mamma.” – rispose per me Scorpius, e da come
lo disse intuii che anche lui stava seguendo un non ben chiaro copione.
Mi sentivo esattamente come un’attrice chiamata ad
improvvisare uno spettacolo – una tragedia per la precisione
– di cui non conosce nemmeno la trama.
“Che
maleducazione!” – risuonò
all’improvviso una voce alta e dai toni melliflui –
“Non solo non ci chiamate per il tè delle cinque,
ma nemmeno ci avvisate di avere ospiti!”
Mi
voltai di scatto verso la fonte della voce, e desiderai non averlo mai
fatto. No, desiderai proprio non aver mai messo piede in quella contea.
Lucius
Malfoy in persona - anche lui in carne, ossa e vestiti eleganti - stava
scendendo la scalinata di marmo con aria trionfale. E la cosa non
prometteva bene. Soprattutto perché, alle sue spalle, lo
seguiva l’altrettanto bionda e altera Lady Narcissa.
“Lilian,
qual gradita sorpresa!” – Lucius si rivolse
direttamente a me, spalancando le braccia gioviale. Sorpresa un par di
balle, anche lui recitava di merda. Ma mi alzai, con la grazia di un
soldato della marina militare in servizio, e tesi la mano.
“Signor
Malfoy, buonasera” – mormorai, ringraziando
mentalmente la mia voce per non essersela data a gambe.
“Lucius,
Lilian,
Lucius. Dopotutto, siamo praticamente una famiglia adesso,
no?”
Il
suo tono beffardo, e la consapevolezza che già da quando
aveva aperto bocca era stato per prendermi in giro, mi congelarono sul
posto. Lucius strinse svelto la mia mano, e una sensazione di ruvidezza
mi costrinse ad abbassare lo sguardo: portava dei guanti di pelle. In
estate. Capii subito che era a causa mia, e la cosa mi fece
più male di quanto avrebbe dovuto. Sua
Stronzosità si accomodò su un altro divano,
seguito dalla moglie, che mi fece un secco cenno col capo in segno di
benvenuto. O in segno di “levati dalle palle”,
c’era poca differenza.
“Allora,
di che si parlava? Ah già, di Lilian
immagino”
– affermò, afferrando una tazza di tè
già riempita da Asteria. Per caso ovviamente, mica
perché era tutto programmato. Adesso sapevo con certezza che
io ero l’unica in quella stanza a non conoscere il copione, e
mi sentii tremendamente vulnerabile. Mi imposi di non darlo a vedere,
poichè almeno su questo quella famiglia di serpi –
nel senso letterale del termine – non doveva averla vinta.
D’istinto guardai Scorpius. Aveva la mascella contratta e
l’espressione corrucciata. Lo seppi prima ancora di elaborare
il pensiero: non mi avrebbe aiutato. Né io
gliel’avrei certo chiesto: era la sua famiglia. Quattro
contro una. Più lui, il jolly.
Che famiglia di merda.
“Ti
piace il nostro servizio da tè, Lilian?”
Era
stato Draco a parlare, inaspettatamente. Aprii la bocca ma subito la
richiusi senza emettere alcun suono. Stavo per correggerlo, per dirgli
“Lily”, come facevo con tutti quelli che
allungavano inopportunamente il mio nome. Ma mi sovvenne subito che, se
non Lucius, Draco di sicuro doveva saperlo. Doveva sapere che il mio
nome era Lily – come mia nonna – dato che era stato
compagno di scuola di mio padre. Tanto più che la nascita
mia e dei miei fratelli era stata citata in varie riviste magiche,
Gazzetta compresa – mamma conservava ancora i ritagli degli
articoli. Morale della storia? Ennesima stronzata made in
Malfoy.
Infine,
trattenendo il fiato, dissi: “Sì, è
molto bello.”
E
per rendere più credibile la mia affermazione, presi la
tazza di tè che Asteria mi aveva riempito precedentemente.
“E’
porcellana di fattura elfica.” –
commentò laconica Narcissa, rimirando la sua preziosa
tazzina, quasi a sfidare le macchie di sporco a comparirle davanti.
“Questo
è speciale, è nella nostra famiglia da
generazioni.” – aggiunse Draco, con un ghigno poco
rassicurante sul viso.
Ecco
perché odora di muffa.
“Allora,
Lilian...”
– incominciò Draco.
“Lily”
– lo corressi istintivamente, realizzando l’errore
subito dopo.
Lo
guardai ad occhi sgranati, attendendo una sua reazione. Lui mi fissava
interdetto, lanciandomi occhiate in tralice. Lucius venne in suo aiuto:
“Ancora
non è il caso di usare tutta questa confidenza,
Lilian.”
Avrei
voluto fargli notare che Lily era il mio vero nome
all’anagrafe - e anche riempirlo di insulti - ma tenni la
bocca chiusa.
“Nonno…”
– fece Scorpius debolmente. Nessuno sembrò
notarlo, Asteria interessatissima al suo tè fumante e
Narcissa al proprio riflesso sulla candida porcellana.
“Parlando
di cose più serie, adesso che hai preso i M.A.G.O. , che
lavoro conti di fare?” – mi interpellò
ancora Lucius.
Cercai
il tranello celato in quella frase apparentemente innocente.
“Ehm…ancora
non sto lavorando, ma pensavo di diventare Auror, come
papà…”
“…e
come tuo zio Ronald.” – completò per
me Draco.
Annuii,
bevendo un sorso di tè.
“Potreste
mettervi in proprio, in effetti. Due Auror e un giocatore di
Quidditch (1).”
– commentò Lucius, con un
luccichio malizioso negli occhi. Non capii dove volesse andare a
parare, ma d’istinto sapevo che era una provocazione.
“Già,
perché non reclutate anche gli Weasley? Così
tirate su praticamente un intero Ministero!” –
aggiunse Draco, visibilmente entusiasta di potermi sfottere ancora.
“E
per di più bilingue, con i Delacour. Che
comodità, pensaci, diventare tutti Auror senza fare uno
straccio di tirocinio!”
Trattenni
il fiato, per quell’accusa fin troppo esplicita, e guardai il
padre e il nonno di Scorpius ridacchiare della mia espressione
scandalizzata. Mi riempii la bocca di tè per non replicare,
e così facendo mi accorsi che le mie mani avevano iniziato a
tremare. Mi complimentai mentalmente con il Cappello Parlante per la
scelta di mandare i Malfoy a Serpeverde: erano esattamente come dei
serpenti, cauti e ambigui, ma pronti a mordere ferocemente alla prima
occasione. E avevano anche la lingua biforcuta.
Cercai
gli occhi di Scorpius, ma lui teneva lo sguardo fisso e le mani serrate
attorno alla sua tazza.
“Non
ti sarai offesa, Lilian?
Scherzavamo, naturalmente.”
– riprese Lucius, in tono conciliante.
“Già”
– gli diede man forte il figlio –
“sappiamo tutti che tuo padre è un uomo troppo
onesto per fare una cosa del genere.”
Mica
come voi.
Mi
morsi un labbro per non rispondere. Avevo capito che ogni cosa che
avessi detto poteva essere usata contro di me, e la scelta migliore era
stare zitta.
“…Mi
ricordo, anche ad Hogwarts, era sempre pronto ad aiutare gli altri! O a
farsi
aiutare, dipende…”
Un
elefante si dondolava sopra il filo di una ragnatela... Cercai
di distrarmi canticchiando mentalmente.
“Comunque,
sono sicuro che tu saresti un’ottima Auror, Lilian. Si vede
che sei una ragazza sveglia, e negli ultimi quindici anni persone
così scarseggiano, in quel particolare reparto del
Ministero.”
...e
ritenendo la cosa interessante, andò a chiamare…
Alle
mie orecchie ormai color porpora – e magari fumanti come la
teiera elfica, giunse la risatina soffocata di Narcissa.
“Che
poi, di che ti preoccupi? Avevano preso all’epoca tale
Ninfadora Tonks, vedrai che prenderanno anche te!”
– continuò imperterrito Lucius.
“Ma
papà, Lilian
non si deve preoccupare in ogni caso:
è la figlia del capo!”
…un
altro elefante. Due elefanti si dondolavano…
“Certo
che ultimamente il Ministero sta cadendo in basso, trovi
Scorpius?”
…sopra
il filo di una ragnatela…
Sentii
Scorpius mugugnare qualcosa, ma davanti ai miei occhi non
c’era più la mia tazza quasi vuota,
bensì due grossi elefantoni rosa. Dai capelli biondi.
“Non
ti conviene tentare di far carriera lì, figliolo”
– sentii intervenire Lucius, con voce zuccherosa.
“Ormai, o ti chiami Potter…”
Zac.
Ops: la ragnatela si è spezzata!
Mi
alzai di scatto dal divano, lasciando cadere la preziosissima tazza di
Lady Narcissa, che si infranse al suolo con un tonfo sordo. Il
tè tiepido di sparse sul tappeto ai piedi del divano,
schizzando fin sui cuscini. Sulla sala calò il silenzio. Al
posto degli elefanti rosa adesso vedevo chiaramente i visi sconvolti
delle signore Malfoy, mentre Draco e Lucius mi osservavano quasi con
curiosità, carichi di aspettativa, in attesa di vedere come
avrei reagito.
“Lily…”
Mi
scrollai di dosso la presa di Scorpius, alzatosi di riflesso assieme a
me, e decisi di fare la cosa più sensata da quando avevo
messo piede lì dentro: scappare.
Corsi,
scavalcando i cocci e la chiazza di tè, scansando tavolini e
poltrone, puntando verso il corridoio di ingresso. Ma, arrivata
all’entrata del salone, mi bloccai, e cominciai a voltarmi
lentamente. La scena che vidi mi ricordò un dipinto Babbano,
di quelli con le figure immobili: Scorpius si era cristallizzato
nell’atto di inseguirmi. Asteria teneva gli occhi sgranati e
la mano sul viso a celare una poco elegante bocca spalancata. Narcissa
fissava incredula il punto in cui la mia tazza si era schiantata. Draco
e Lucius, a braccia conserte, mi osservavano con aria di
superiorità.
Lentamente,
tirai fuori la bacchetta, e la puntai sulla tazza che avevo
“involontariamente” rotto.
“Scusate” – mormorai, col tono
più desolato che riuscii a simulare –
“rimedio subito.”
Ma,
colta da un’illuminazione, cambiai improvvisamente bersaglio.
“REDUCTO!”
– gridai, rivolta al servizio da tè di
fottutissima porcellana elfica.
Una
pioggia di schegge, polvere e bevande investì
l’immacolato salone, che si riempì di gridolini e
imprecazioni.
Lasciandomi
andare finalmente ad una risata liberatoria, raccattai le mie cose
dall’attaccapanni e mi Smaterializzai.
♥
Premetti
il cuscino più forte contro le orecchie, fino a sentire la
stoffa penetrare più a fondo, sfregando contro la mia pelle.
Fino a che non sentii il rumore rassicurante di quel silenzio
assordante che tanto agognavo. Buttata sul mio letto, nella camera che
era sempre stata mia, a fissare stralunata il soffitto bianco, mentre
tutto attorno a me la stanza mostrava accusatoria i segni del mio umore
nero: ecco, una perfetta idiota.
Mi
girai su un fianco, ben attenta a non staccare nemmeno di un millimetro
il cuscino dalle mie orecchie. Le dita iniziavano a dolermi, e mossi
più freneticamente le labbra, che già da un pezzo
canticchiavano la stessa canzone.
Potevo
anche star urlando, non lo sapevo: non riuscivo comunque ad udire la
mia voce.
La
posizione perfetta, meglio dello yoga: sentivo quasi il Nirvana
salutarmi e venirmi incontro.
…Il
servizio da tè dei Malfoy, hai rotto il servizio da
tè dei Malfoy…
Sbarrai
gli occhi, interrompendo la cantilena. Non era possibile! Anche la
stoffa adesso si comportava da infame, tradendomi!
Strizzai
gli occhi riprendendo a canticchiare più velocemente.
“And
I’ve lost, who I am, and I can’t
undestand…”
La
porcellana elfica dei Malfoy…
Toc.
La
mia mascella ebbe un doloroso spasmo. Digrignai i denti.
“…why
my heart is so broken, rejectin’ your….”
…non
permetteranno mai che tu faccia parte della loro
famiglia…
Toc.
Gemetti,
non osando comunque allentare la pressione dei cuscini traditori sulle
orecchie. In fondo, non facevano altro che ripetere quello che io
stessa avevo detto – anzi, urlato – a me stessa nei
due giorni precedenti. Non era solo una questione di galateo e
porcellane: sapevo bene che con quel gesto avevo dichiarato guerra alla
famiglia Malfoy. Una guerra fredda, come gli occhi di Lucius, che mi
avevano squadrato sprezzanti per tutto il tempo che ero rimasta in
quella casa. Una guerra subdola, come i tentativi di Draco di farmi
perdere il controllo. Una guerra silenziosa, come Asteria e Narcissa,
che non avevano osato criticare né incitare le insinuazioni
dei loro mariti. Una guerra che né io né la mia
famiglia potevamo vincere. Anche perché io, alla mia
famiglia, non avevo detto niente. Dopotutto, occhio non vede, cuore non
duole, e papà non paga. Non mi andava di far subire a mio
padre l’umiliazione di dare del denaro al suo peggior nemico,
per pagare un inutile e pomposo servizio da tè. Che comunque
non saremmo mai stati in grado di pagare.
Sospirai,
rigirandomi verso il soffitto. Ad un tratto, mi accorsi che i cuscini
avevano sorprendentemente smesso di sussurrare e io stessa di cantare.
Ma i rumori non erano ancora cessati del tutto; continuavo a percepire
qualcosa, e avevo la sensazione che ci fosse un errore.
Toc.
Toc.
No,
non mi ero sbagliata. Cautamente mi sollevai su a sedere e allontanai
il cuscino dalle orecchie. Le dita formicolavano fastidiosamente per
essere state serrate tanto a lungo. Le orecchie invece parevano cantare
i cori ecclesiastici per esser state finalmente liberate.
Toc.
Toc. Toc.
Il
rumore adesso giungeva decisamente meno ovattato, anzi, era perfino
troppo udibile, e se non ne avessi scoperto subito la fonte avrebbe
rischiato di svegliare i miei genitori. O peggio, i miei fratelli.
Mi
concentrai per appellare mentalmente la bacchetta, dal momento che
poteva essere ovunque in quel caos primordiale. Dopo un paio di
tentativi finalmente la udii sfrecciare verso di me e atterrarmi in
grembo.
TOC.
Stavo
cercando di capire da dove provenisse quel rumore, quando un tonfo
più forte degli altri mi fece istintivamente voltare verso
la porta-finestra. E allora capii. Qualcuno stava tirando sassi contro
il vetro.
Mi
precipitai alla porta, spalancandola con forza, giusto in tempo per
vedere al rallentatore un sasso puntare dritto alla mia faccia.
“Reducto!”
– esclamai, chiudendo già gli occhi. Con un lieve
botto la pietra esplose a mezz’aria in mille granelli.
“Sembra
che quell’incantesimo ti piaccia proprio.”
– commentò sardonica una voce che conoscevo bene.
Sgranai
gli occhi sorpresa, e subito li richiusi, avendo realizzato che
Scorpius era davvero lì, in piedi in mezzo al mio cortile.
La sua figura aleggiava ancora sulle mie palpebre chiuse, beffarda,
esattamente come il sorriso che sapevo mi stava rivolgendo in quel
momento. Poiché sia chiudendo gli occhi che aprendoli avevo
sempre e comunque davanti la sua faccia da bac... schiaffi,
decisi che era meglio tenerli aperti, nel caso avesse deciso di
continuare a prendermi a sassate. Magari era una specie di vendetta per
quel dannato servizio di porcellana elfica. Oddio. Servizio di
porcellana elfica. Fu allora che realizzai davvero la
frase che mi
aveva rivolto poco prima, e la comprensione mi fulminò sul
posto. Avevo usato sulla pietra lo stesso incantesimo con cui avevo
distrutto quello stra-dannato servizio da tè. Merda, si
cominciava male.
Feci
un respiro profondo, prendendo mentalmente nota di avere –
come sempre in sua presenza – le farfalle nello stomaco.
“Cosa
diavolo ci fai qui?” – scelsi di ignorare la sua
provocazione. Godric,
sii fiero di me.
“Non
è evidente? Sono qui prostrato ai tuoi piedi per venire a
chiederti umilmente scusa.” - mi disse in un tono
che di scuse non aveva proprio niente.
“Veramente
sei in piedi.” – commentai secca, più
irritata con me stessa che con lui. In effetti, la sua frase, per
quanto falsa, aveva avuto lo spiacevole effetto di farmi mancare un
battito.
“Si
bè, è già tanto che un Malfoy chieda
scusa.” – fece, alzando le spalle.
Lo
guardai un attimo sospettosa. Bè, anche due attimi, ad
essere sincera. Non riuscivo a credere che lui fosse veramente venuto a
casa mia, nella tana del lupo, col preciso intento di farsi perdonare.
Certo, erano passati due giorni dal... misfatto, e
tuttavia
sperare che venisse e trovarmelo effettivamente davanti erano due cose
molto diverse. Molto meglio la seconda. Trasformai il sorriso ebete che
stava già incurvandomi le labbra in una smorfia.
“Si,
bè, sei in ritardo.”
Lui
mi guardò torvo. “Ripeto: è
già tanto che un Malfoy chieda scusa.”
“E
il tuo modo per chiedermi perdono sarebbe linciarmi?”
– lo sfidai.
“Sii
realista: non avrei mai fatto una serenata sotto il tuo balcone, e se
avessi semplicemente iniziato a parlare tu non ti saresti mai
affacciata. Probabilmente stavi dormendo e lo sai anche tu che non ti
svegliano nemmeno le cannonate.”
“Haha,
mi sto sbellicando. Dì un po’, invece, secondo te
che cosa dovrei fare io, adesso?” – ritorsi
impietosa. Mostrati
altera e superba, Lily, innalzati in tutto il tuo
orgoglio Grifondoro ferito. Non fargli capire che vuoi solo scavalcare
la ringhiera e buttarti addosso a lui, e magari strappargli di dosso la
giacca, e pure la camicia, e, perché no,
anche... CENSURATI, Lily!
“Farmi
salire?” – azzardò Scorpius, lanciandomi
un’occhiata supplice che non mi sarei aspettata. Credo che
iniziasse a capire che dopotutto, tirare i sassi contro le preziose
finestre di mia madre non dava meno nell’occhio che
strimpellare una chitarra o chiamarmi. Provai tenerezza per questa sua
preoccupazione di venire scoperto dalla mia famiglia (magari credeva
pure che avessi raccontato loro tutto), e nonostante ciò il
coraggio sincero che aveva racimolato per venirmi a chiamare.
No,
non erano farfalle quelle che avevo nello stomaco. Erano pterodattili.
“Il
tuo sorriso idiota è un sì?”
– mi schernì, palesemente divertito.
Mi
irrigidii, colta in fallo. Lily
regina di ghiaccio mode: OFF.
“Bene,
adesso starai lì tutta la notte!” –
dichiarai, sollevando di scatto il viso.
“Oh
non credo proprio” – mi corresse lui –
“se tu rientri in quella stanza, giuro che me ne
vado.”
Di
nuovo posai il mio sguardo su di lui, cercando i suoi occhi. Era serio,
e decisi di non sprecare quella fortunata possibilità che mi
si era presentata giocando a fare la sostenuta.
“Dai,
Lily” – tentò poi, in tono conciliante.
Forse aveva notato la mia espressione preoccupata. –
“Sono qui, il che dimostra ampiamente quanto tengo a te. E
poi sono in territorio nemico, col rischio di essere ucciso per questo,
e tu sei al tuo balcone: è come la tua scena preferita! Solo
per questo mi merito un bacio.” - concluse con espressione
compiaciuta.
Guardandomi
intorno ad occhi sgranati - era l’ennesima volta quella sera:
iniziai a temere che mi sarei ritrovata due Pluffe al posto dei bulbi
oculari – compresi che stava dicendo la verità.
Era tutto straordinariamente, terribilmente, pateticamente uguale a
Romeo e Giulietta. Lei, sul balcone nel bel mezzo della notte; lui,
sotto al balcone nel bel mezzo della notte; loro, le famiglie, ignare
di tutto che dormivano com’era giusto fare nel bel mezzo
della notte. Fantastico.
Potter&Malfoy Production presenta:
“Romeo e Giulietta 2 – versione moderna”!
Quante volte avevo sognato quella scena, sia prima che durante la mia
relazione con Scorpius? Voglio dire, ogni ragazza ha desiderato almeno
una volta di trovarsi nei panni di Giulietta, o di avere un gran figo
che declamasse versi in loro onore sotto al balcone. Eppure al momento
tutto mi sembrava così estremamente banale. Così
clichè.
Bè,
a parte che noi due eravamo decisamente più fighi di
Giulietta e Romeo, e meno stupidi. Scorpius non si sarebbe mai
suicidato senza prima accertarsi che fossi davvero morta: mi avrebbe
almeno fatto la respirazione bocca a bocca prima, poco ma sicuro. Sfido
io poi a non resuscitare!
E
poi, Giulietta non aveva nemmeno rovinato la preziosa porcellana dei
Montague.
“E’
vero” – commentai – “sembriamo
proprio i Montague e i Capulet…”
Scorpius
mi guardò confuso. “Cosa c’entrano
adesso Julius e Romina (2)?”
Lo
fissai un attimo senza capire. Poi scoppiai a ridere davanti alla sua
espressione indignata.
“Non
sto parlando dei nostri compagni!” – spiegai
ridacchiando – “Davvero hai fatto tutto questo
senza sapere nemmeno i nomi dei protagonisti?”
“Credimi,
non ricordo un accidente di quel libraccio che mi hai fatto leggere. E
del film che mi hai costretto a guardare. E dello spettacolo teatrale
che mi hai trascinato a vedere. E…”
“Okay,
afferrato.” – lo interruppi.
“Ora
mi fai salire, o devo tirarti un altro sasso?” – mi
chiese, facendo levitare pigramente un ciottolo attorno alla sua
bacchetta. Capii che lo stronzo non si era nemmeno sporcato le mani a
raccogliere pietre, ma aveva semplicemente usato la magia. Assodato,
anche Romeo 2029 era un coglione.
Sorridendo
sadica indietreggiai e mi posizionai accanto alla porta spalancata,
facendo un gesto verso l’entrata. “Prego,
accomodati.”
Scorpius
mi guardò risentito per un attimo, poi cominciò
ad annuire.
“Bene”
– sputò in tono velenoso –
“vorrà dire che farò a modo
mio.”
In
un fruscìo di foglie, sparì dalla mia vista.
“Scorpius!”
– chiamai a voce un po’ troppo alta, mentre mi
sporgevo dalla balaustra per perlustrare il giardino buio. Non volevo
credere che se ne fosse davvero andato.
Un
rumore secco, come di un ramo che si spezzava, mi fece sobbalzare. Poi
una mano afferrò la ringhiera, e allora capii che
quell’imbecille si era messo a scalare il muro di casa mia,
alla Babbana. Questo
perché Romeo 2029 era un coglione.
“Merda”
– lo sentii bisbigliare, mentre cercava di tirarsi su
aggrappandosi alle colonne della ringhiera.
Mi
battei una mano sulla fronte, trascinandola giù per tutto il
viso, esasperata.
“Menomale
che sei un mago... Wingardium
Leviosa.”
Scorpius
fu sollevato in aria dalla mia magia, e quando ebbe superato il
parapetto lo posai cautamente sulle piastrelle.
“Oh
Romeo, Romeo, perché sei così imbecille,
Romeo?” – recitai ironica.
“Perché
la mia Giulietta è una stronza” – mi
rispose lui, ansante per la fatica. La mia parte veramente stronza
esultò nel vederlo per una volta spettinato, coi capelli
arruffati pieni di foglie e i vestiti sporchi.
“Comunque”
– riprese alzandosi e strofinandosi con forza i pantaloni
– “una cosa me la ricordo di quel film.”
Lo
guardai dubbiosa, inarcando un sopracciglio. Lui non aspettò
la mia replica:
“E
cioè che Romeo, oltre ad avere un nome orribile, era proprio
un coglione. Doveva prendere esempio da me.” – e
dicendo ciò si avvicinò a me e mi
circondò la vita con le braccia. Gli pterodattili nel mio
stomaco si moltiplicarono.
“Non
eri ancora nato” – dissi in un soffio -
“E menomale, perché se Romeo avesse avuto te come
modello, sarebbe stato ancora più coglione. E sarebbe morto
ucciso da Giulietta.”
“Non
se si fosse chiamato Romeo
Malfoy.” - mi attirò a
sé, mentre le sue mani risalivano lungo la mia schiena. Gli
pterodattili intonarono l’"Inno alla
gioia". “In tal caso si sarebbe arrampicato su per
il muro di casa Capulet e avrebbe preso Giulietta tra le
braccia” – le sue mani si posarono fra i miei
capelli e gli pterodattili dichiararono aperto il rave party nel mio
stomaco – “…l’avrebbe baciata,
come sto per fare io, e l’avrebbe semplicemente trascinata
giù da quel balcone inutile (3),
se ne sarebbe fregato della
sua famiglia e di quella di lei e si sarebbero trasferiti ai Caraibi,
vivendo per sempre felici, contenti e abbronzati.”
Ridacchiai
contro le sue labbra, che ormai erano praticamente sulle mie e
sussurrai: “Menomale che tu non sei Romeo allora.”
Dopodichè
mi abbandonai tra le sue braccia, allacciandogli le mie attorno al
collo, e ricambiando quel bacio che io e gli pterodattili avevamo messo
in conto già da quando l’avevo visto nel giardino.
Ah, e per la cronaca, quegli pterodattili meritavano di essere uccisi.
Scorpius
si scostò leggermente, interrompendo il bacio e posando la
sua fronte contro la mia. I miei capelli rossi si intrecciarono alle
sue ciocche bionde, in un caleidoscopio
di sfumature dai colori caldi.
“Scusami
se non ti ho difeso dai commenti della mia famiglia”
– bisbigliò Scorpius. “Non ho
giustificazioni, lo so. Non volevo ferirti, comunque. E ti chiedo scusa
anche da parte loro, perché so che loro non lo faranno mai.
Si sono comportati in modo orribile con te.”
“Shhh.”
– lo zittii prima che potesse aggiungere altro. Quello che
aveva detto era sufficiente, e in quel momento non volevo sentire
altro, perché avevo appena avuto un’illuminazione.
Ripresi a baciarlo, mentre riflettevo su quanto noi fossimo in
realtà così diversi da Romeo e Giulietta. La
nostra storia poteva sembrare tutta un clichè,
dall’insofferenza reciproca cominciata non appena avevo messo
piede ad Hogwarts, alla strana tregua che avevamo firmato quando ci
eravamo resi conto entrambi di aver solo bisogno l’uno
dell’altra. Le famiglie che si detestavano, le schermaglie
dei miei parenti e dei suoi: era tutto già visto, e
perciò automaticamente etichettato come banale e scontato.
Ma c’era una sottile differenza tra noi e Romeo e Giulietta:
i litigi e le conseguenti riappacificazioni, le partite di Quidditch
passate a deviare i Bolidi per l’altro, gli espedienti per
vederci quando lui si era diplomato, non erano altro che le battaglie
che avevamo combattuto per stare insieme. Quando avevamo scelto di
intraprendere una relazione seria l’avevamo fatto sapendo a
cosa andavamo incontro, e avevamo ingaggiato la nostra personale
battaglia contro il Destino, quello stesso che aveva separato Romeo e
Giulietta. Loro avevano contato troppo sulle semplici parole, non
avevano creduto fino in fondo ad un amore nato in poche righe, nemmeno
un serata, e già preso come assoluto, e avevano fatto
troppo affidamento sull’aiuto degli altri. Ma io e Scorpius
eravamo innamorati, in barba a tutti i clichè, e avevamo
già vinto se non altro la battaglia contro noi stessi.
“Comunque,
non mi hai detto una cosa, Lily
Capulet.” –
esordì Scorpius, quando ci separammo.
Lo
guardai dritto nei suoi occhi grigi, così vicini ai miei in
quel momento.
“Lily
Malfoy, prego. E cosa, di grazia?”
“Devo
sempre fare tutto io!” – esclamò,
alzando gli occhi al cielo. “Ti amo.”
Inarcai
un sopracciglio, ma sorridendo. “Mi ami? Ma è
così banale!”
Scorpius
mi guardò scettico: “E che ti dovrei dire, che ti
voglio bene?”
“E
non è la verità?” – chiesi
innocentemente. Gli pterodattili scossero le loro teste in sincrono, in
segno di disapprovazione.
“No,
è un po’ diverso,
è... E’ riduttivo, mi
sembra. Se ti
volessi solo bene non avrei mai accettato di conoscere la tua famiglia
al completo, rischiando di farmi assassinare dal clan Potter - Weasley.”
Sorrisi,
più che soddisfatta da quella risposta inaspettatamente
sincera.
“Allora,
futura signora Malfoy, le va un po’ di
tè?”
“Vaffanculo.”
♥
“Un
pasticcino, Lily?”
Presi
disinvolta un bignè al cioccolato dal vassoio
d’argento che Asteria Malfoy mi stava porgendo.
“Grazie”
– dissi composta, adocchiando di sfuggita la smorfia di
Lucius.
“Asteria,
offri anche un po’ di tè
a Lilian.”
– disse quest’ultimo in tono mellifluo.
Posai
lo sguardo sulla luccicante teiera di porcellana che Asteria stava
prendendo per versarmi del tè. Non avevo idea se avessero
riparato quella che avevo distrutto e se me l’avessero
piazzata sotto gli occhi come emblema della loro vittoria;
né sapevo se in effetti un cumulo di porcellana sbriciolata
si potesse aggiustare. Magari era un altro servizio da tè
esattamente uguale al primo, che mi stavano sventolando sotto il naso
per sottolineare quanto loro fossero ricchi e il mio dispetto non li
avesse minimamente sfiorati. Mi incantai a guardare la bevanda bollente
che sgorgava dalla teiera. Dopotutto, la richiesta di Lucius poteva
anche essere realmente innocente, e forse ero solo io che stavo
esagerando. Presi con cautela la tazzina fumante, e mentre la portavo
alle labbra incrociai il ghigno malevolo di Draco.
“Attenta,
è fragile.”
– mi sussurrò.
Allora seppi con certezza che no, in quella famiglia non potevano
esserci richieste innocenti.
“Non
ti preoccupare, papà” – giunse in mio
aiuto Scorpius – “Lily non è
un’imbranata.”
Si
voltò a sorridermi rassicurante.
“Ma
certo che no, sappiamo tutti che lei non romperebbe mai qualcosa, per
errore…” – commentò
tranquillo Lucius, sorseggiando il tè che la nuora gli aveva
nel frattempo versato.
…ma
intenzionalmente sì. La reticenza della sua frase era
evidente, così come era scontato quello che aveva omesso.
“Allora,
Lily," – esordì gioviale Asteria
– “come stanno i tuoi?”
Non
sapevo se Asteria mi avesse effettivamente tolto
dall’imbarazzo per poi gettarmi direttamente nella merda, ma
in quel covo di serpi non potevo permettermi di abbassare la guardia e
implorare la grazia. Così presi un bel respiro e risposi, a
bassa voce:
“Mia
madre molto bene, grazie. Le manda i suoi saluti.” Guardai
Asteria chinare il capo in segno di ringraziamento. “Mio
padre invece ha preso un’influenza, ma non è
niente di grave.”
“Influenza?”
– la voce sorpresa di Draco interruppe il dialogo.
“Che lavoro noioso per un Auror del suo calibro, credevo che
il minimo dei suoi problemi fosse un altro Signore
Oscuro…”
“Papà…”
– lo ammonì minaccioso, Scorpius.
Lucius
scoppiò in una fragorosa risata, mentre Narcissa accanto a
lui gli scoccava uno sguardo di blando rimprovero.
Mi
sentii avvampare d’indignazione, ma mi sforzai di rimanere
ferma dov’ero.
“Lascia
perdere, Lily, cambiamo argomento.” – intervenne in
fretta Asteria. “Ah, ehm…Albus ha trovato poi
lavoro?”
“Non
è un vero e proprio lavoro, in realtà,
è più una specializzazione…”
– cominciai a spiegare, quando Lucius ci interruppe di colpo.
“Ah
sì, e cosa vuole diventare, Preside di Hogwarts?
(4)”
E riprese a ridere della sua stessa battuta, seguito
dall’eco della risatina incerta del figlio. Asteria e
Narcissa sembravano sinceramente mortificate, tuttavia erano anche
riluttanti a contrastare le insinuazioni dei mariti.
“Bene,
questa pagliacciata si conclude qua.”
Scorpius
inaspettatamente si alzò, prendendomi per mano e
sollevandomi di peso dal divano.
“Io
e Lily abbiamo di meglio da fare…”
“Oh
sì, sono sicuro che Lilian
dovrà prepararsi per
il colloquio di lavoro presso suo padre!” – giunse
la battuta velenosa di Lucius. La grande sala si riempì
delle risate di padre e figlio, ma anche dei sibili di Narcissa che
finalmente era intervenuta, se non altro per suggerire al marito di
comportarsi educatamente.
Prima
che me ne accorgessi, Scorpius mi aveva già posato il
cappotto sulle spalle e stava aprendo il portone con il suo ancora
sotto braccio.
“Scorpius,
aspetta…” – lo chiamò
Asteria, alzatasi per raggiungere il figlio. “Noi
non…”
“Hai
ragione, mamma, quasi dimenticavo!” –
esclamò Scorpius, lasciandomi la mano per cercare qualcosa
nel suo giubbotto.
Prima
che potessi anche solo immaginare una Maledizione abbastanza crudele
per Lucius, Scorpius aveva scansato la madre, estratto la bacchetta e
l’aveva puntata verso il tavolino.
“REDUCTO!”
Cosa posso
dire a mia discolpa? Sembrerà un po' troppo banale, per
restare in tema, ma la prima cosa che sento di fare è
scusarmi. Non credo che steste tutti aspettando trepidanti un
aggiornamento, ma mi sento ugualmente in colpa per aver sforato coi
tempi. Ho avuto delle settimane molto intense, tra la scuola e tutto,
senza contare che mi ci sono voluti alcuni giorni per pensare questo
capitolo. E un mesetto buono per raccogliere la voglia e l'ispirazione
necessarie a scriverlo. Non vi annoio troppo, semplicemente grazie a
tutti per aver messo questa fanfiction tra le
seguite/ricordate/preferite. E due grazie a chi ha recensito, tre a
JoliR perchè è una Roser, eppure ha commentato
tutti tutti i capitoli. Veramente, non riesco a descrivere quanto ne
sono stata felice.
Altra
cosa. Probabilmente mi criticherete il ritratto della famiglia Malfoy,
e allora metto le mani avanti e vi spiego. Questi Malfoy in bilico tra
IC e OOC sono il risultato del mio desiderio di un loro cambiamento, e
la realistica convizione che non potrà mai avvenire - almeno
secondo me - un attacco di buonismo tutto in una volta. E'
ufficialmente attestato dalla Rowling che dopo la Battaglia di Hogwarts
i Malfoy si sono pentiti, e io credo fermamente che siano diventati
leggermente più umili e rispettosi, ma da qui ad accettare
la relazione di un loro discendente con una Half-Blood, Potter-Weasley per di più, ce ne passa di acqua sotto i ponti.
Credo che nel caso dei Malfoy un attacco di stronzaggine sia la
reazione più probabile, dato che in loro pare essere
qualcosa di insito. Penso anche che Asteria tutto sommato sia una brava
donna, e Scorpius la sintesi perfetta tra lei e Draco (che alla fin
fine sarà maturato, spero!), e per questo lo rendo sempre
sì stronzo ma non fino in fondo. Infatti immagino che dopo
il primo disastroso incontro Asteria si sia "ribellata" alle convinzioni
del marito e abbia accettato Lily. E, con un po' di riserve, anche
Narcissa, se non altro per preservare l'immagine della famiglia. Dopotutto,
è stata lei a mentire a Voldemort in favore di Harry nella
Foresta, e Harry è quello che ha salvato il Mondo Magico. Un
po' di riconoscenza, prego. Ovviamente, il discorso non vale per
Lucius, che ritengo proprio bastardo fino al midollo. Ma tanto prima o
poi muore, quindi pace.
Non
ho specificato, a parte l'anno, ma più o meno in questa shot
Lily ha 22/23 anni e Scorpius due di più.
E
non so sinceramente se le cose distrutte con l'incantesimo "reducto" si
possano riparare, per cui vi tengo nel dubbio. Comunque, la canzone che
Lily canticchia nella seconda parte del capitolo è
"Shattered", dei Trading Yesterday. Al momento avevo quella in testa,
non è che c'entri molto con la storia, magari più
avanti la cambierò.
E
per finire, le immancabili note:
1. James Sirius nel
mio immaginario.
2. Eh-ehm (alla
Umbridge). Giochetto, triste peraltro, di parole sui Montecchi
(Montague) e Capuleti (Capulet). Se ricordate, Fred e George nel
5° libro avevano chiuso un certo Montague nell'Armadio
Svanitore. E poichè Montague è Montecchi in
inglese, ho inventato una sorta di figlio, chiamato però con
le iniziali di Giulietta (Juliet). Romina era il nome femminile che
più si avvicinava a Romeo. Ho solo scambiato i sessi dei
personaggi, e per esigenze di "trama" (o di coglionaggine,
più probabile) ho mantenuto i cognomi originali in inglese.
3. Citazione
più o meno testuale dal film "Letters to Juliet"
4. Riferimento ai
nomi Albus e Severus, rispettivamente di due Presidi di Hogwarts.
Le
recensioni sono come sempre apprezzatissime, anche se vi va solo di
dire la vostra sull'argomento clichè o amore/affetto. Ho
cercato di far capire tra le righe come la penso, e se qualcuno ha
obiezioni da muovere, ben venga. Evitate magari di mandarmi alla
ghigliottina, come mi è successo da poco parlando proprio di
questo - dopotutto, mi pare che ancora un po' di libertà di
pensiero in Italia ci sia.
Ne
approfitto per avvisarvi che purtroppo il prossimo capitolo non
arriverà molto presto, anzi, forse farà persino
più in ritardo di questo, ma sono molto impegnata con la
scuola. Non è un vizio, giuro xD Spero che avrete la
pazienza se non altro di non mandarmi a fanculo.
Vi
lascio liberi di chiudere la pagina, ciao bimbi!
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