Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Lacie    28/03/2011    12 recensioni
Una raccolta di momenti più o meno romantici tra Lily e Scorpius, ispirati dall'omonima canzone di Antonello Venditti. Il tema sarà generalmente l'amore, ma le situazioni saranno diverse fra loro. Spero che leggerete e/o recensirete in tanti, sia che vi piaccia la coppia o meno.
#1 - A Natale puoi...
#2 - Molto rumore per nulla
#3 - Ad alta quota
#4 - Tutti i nomi vengono al pettine
#5 - Killing loneliness
#6 - Stupid Cupid
#7 - Parenti Serpenti (e luoghi non comuni):
«Quando avevamo scelto di intraprendere una relazione seria l’avevamo fatto sapendo a cosa andavamo incontro, e avevamo ingaggiato la nostra personale battaglia contro il Destino, quello stesso che aveva separato Romeo e Giulietta. Loro avevano contato troppo sulle semplici parole, non avevano creduto fino in fondo ad un amore nato in poche righe, nemmeno un serata, e già preso come assoluto, e avevano fatto troppo affidamento sull’aiuto degli altri. Ma io e Scorpius eravamo innamorati, in barba a tutti i clichè, e avevamo già vinto se non altro la battaglia contro noi stessi.»
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

21 modi per dirti 'ti amo'



~ m o d o s e t t e : parenti Serpenti (e luoghi non comuni) ~



La bianca sagoma di Villa Malfoy si stagliava imponente davanti a noi, risaltando in maniera impressionante contro il cielo plumbeo. Le nuvole si rincorrevano veloci, sospinte da una fredda brezza che rendeva l’aria estiva ancora più frizzante. Era risaputo che in Inghilterra l’estate non era mai troppo calda, ma quel giorno trovavo il tempo molto appropriato. Si sposava in modo inquietante con la gravità della situazione cui stavo andando incontro.

Un sonoro crac risuonò nell’aria silenziosa, seguito dal cigolio del cancello che si apriva. Guardai Scorpius, che a sua volta fissava inespressivo l’elfo domestico mandato dai suoi genitori ad accoglierci. Sentii la leggera pressione della sua mano sulla schiena.
“Andiamo”.
Deglutendo, mi voltai finalmente verso il cancello di ferro, e scorsi la minuta figura della creatura che zampettava solerte verso il portone. Camminando al fianco di Scorpius, feci scivolare lo sguardo sul vasto giardino che circondava a perdita d’occhio la casa. Le chiome degli alberi fluttuavano seguendo il silenzioso ritmo del vento, e tantissime varietà di fiori crescevano rigogliosi nelle aiuole perfettamente curate. Ma per quanto il viottolo lastricato fosse lungo, non riuscii ad osservare tutto il cortile prima di giungere al porticato. Deglutii a vuoto, salendo le scale di marmo.
L’elfo, avvolto nella sua federa lisa, ci guardava con aria vagamente intimorita, e mi chiesi se anche io avessi la sua stessa espressione stampata in faccia. Ma soprattutto, mi domandai se spedire un elfo alla porta era un’abitudine, o indicava piuttosto la grande considerazione in cui mi tenevano. Optai immediatamente per la seconda. In senso ironico, si intende.
La porta si socchiuse piano davanti al mio sguardo che ora sapevo essere proprio disperato, e con mia enorme sorpresa mi accorsi che non era stato l’elfo ad aprirla. La creatura adesso aveva un’aria decisamente terrorizzata, mentre fissava la donna che era venuta ad accoglierci. Sentii che Scorpius faceva lentamente scivolare via il braccio che per tutto il tempo aveva tenuto allacciato alla mia vita, e non lo biasimai: il cipiglio di Asteria Malfoy, in carne, ossa e vestito di seta esprimeva tutto fuorchè allegria. La parte non in coma della mia mente registrò che dovevo avere all’incirca la stessa espressione dell’elfo. E temetti davvero che come tale sarei stata trattata.
Asteria aprì del tutto la porta e fece un passo avanti, protendendosi verso il figlio.
“Scorpius, bentornato.” – lo salutò, dandogli un leggero bacio sulla guancia.
Lui mormorò un “ciao mamma”, abbracciandola appena.
Poi, la signora Malfoy si rivolse a me, gelandomi sul posto con i suoi occhi scuri e penetranti, così diversi da quelli di mia madre.
“E tu devi essere la sua ragazza.” – constatò, sollevando lievemente gli angoli delle labbra in un sorriso teso.
Io annuii in risposta, tendendo la mano per stringere la sua, piccola e affusolata, e chiedendomi allo stesso tempo perché lei sembrasse così nervosa. Solidarietà femminile in ricordo della sua presentazione in casa Malfoy? Ne dubitavo, lei era una Greengrass, purosangue e Serpeverde, non doveva aver avuto troppi problemi. Paura di non piacere a me, di fare brutta figura? Colica improvvisa?
“Entrate, fa fresco qui fuori.” – ci invitò, oltrepassandoci poi per farci strada e lasciando all’ossequioso elfo il compito di chiudere i battenti.
Se fosse stata un’altra situazione, probabilmente mi sarei fermata ad ammirare l’eleganza marmorea dell’interno della villa, con le sue alte volte e le ampie stanze, le sedie foderate di velluto e i simboli di Salazar Serpeverde che campeggiavano quasi su ogni soprammobile.
G r i f o n d o r o. Ogni cosa in quella dimora pareva gridarmelo, ogni antenato della famiglia Malfoy di cui incrociavamo il ritratto – e che puntualmente mi squadrava con un’aria di superbia mista a educata curiosità.
G r i f o n d o r o. Me lo sentivo marchiato addosso, come quelle etichette scomode nel tuo maglione preferito, quelle che ti raschiano contro la schiena e ti provocano prurito e dolore allo stesso tempo. Solo che stavolta non avevo un paio di forbici per tagliarle.
G r i f o n d o r o. Me lo gridavano i vessilli di Salazar Serpeverde,  e me lo gridava silenziosamente anche il viso affilato di Draco Malfoy che mi squadrava cupo e derisorio. No, era peggio di un’etichetta: era un tatuaggio bruciante stampato a fuoco sulla mia pelle, ancora rosso e ben visibile, che tradiva la mia Casa d’appartenenza, quella che per zio Ron doveva essere un enorme vanto, quella che a trent’anni dalla scomparsa di Voldemort non doveva contare più.
Seppi il perché della tensione di Asteria quando scrutai attentamente suo marito. Draco aveva gli stessi lineamenti di Scorpius, solo un po’ più affilati, e i capelli che stava iniziando a perdere erano ancora più biondi di quelli del figlio. Se ne stava seduto rigido su un poltrona al centro del luminoso salone. Davanti a lui, un tavolino apparecchiato di tutto punto e una copia della Gazzetta del Profeta.
“Papà.” – salutò Scorpius, rompendo il gelido silenzio.
“Scorpius.” – rimbeccò Draco, più a mo’ di sfida che di saluto. I suoi occhi grigi, privi del calore di quelli del figlio, non si schiodavano un attimo da me.
“Siediti, cara.” – mi invitò la moglie, facendo cenno al grande divano bianco alle mie spalle. Lei prese posto accanto al marito e, ad occhi bassi, cominciò ad armeggiare con le stoviglie.
“Ehm…salve.” – feci io, arrossendo.
“Signorina…Potter” – scandì bene Draco, e non mi tese alcuna mano da stringere.
Mi lasciai cadere sul divano, rigida come un manico di scopa. Scorpius mi seguì con molta più grazia.
“Papà, mamma...” – esordì Scorpius – “prima di tutto volevo presentarvi ufficialmente la mia ragazza. Lei è Lily Potter.”  Mi passò un braccio intorno alle spalle, e dallo sguardo di Draco capii che non solo lui sapeva bene chi fossi, ma che più tardi avrebbe spezzato il suddetto braccio al suo unico figlio.
“Draco Malfoy, il padre di Scorpius” – recitò piatto l’uomo in questione. “E lei è mia moglie, Asteria. Lieti di conoscerti.”
Quante volte doveva aver provato allo specchio quella scena? Troppo poche, in ogni caso, perché come l’aveva interpretata faceva schifo.
“Del tè?” – chiese la signora Malfoy, troncando quello scambio di sottintesi.
“Sì, grazie mamma.” – rispose per me Scorpius, e da come lo disse intuii che anche lui stava seguendo un non ben chiaro copione. Mi sentivo esattamente come un’attrice chiamata ad improvvisare uno spettacolo – una tragedia per la precisione – di cui non conosce nemmeno la trama.
“Che maleducazione!” – risuonò all’improvviso una voce alta e dai toni melliflui – “Non solo non ci chiamate per il tè delle cinque, ma nemmeno ci avvisate di avere ospiti!”
Mi voltai di scatto verso la fonte della voce, e desiderai non averlo mai fatto. No, desiderai proprio non aver mai messo piede in quella contea.
Lucius Malfoy in persona - anche lui in carne, ossa e vestiti eleganti - stava scendendo la scalinata di marmo con aria trionfale. E la cosa non prometteva bene. Soprattutto perché, alle sue spalle, lo seguiva l’altrettanto bionda e altera Lady Narcissa.
“Lilian, qual gradita sorpresa!” – Lucius si rivolse direttamente a me, spalancando le braccia gioviale. Sorpresa un par di balle, anche lui recitava di merda. Ma mi alzai, con la grazia di un soldato della marina militare in servizio, e tesi la mano.
“Signor Malfoy, buonasera” – mormorai, ringraziando mentalmente la mia voce per non essersela data a gambe.
“Lucius, Lilian, Lucius. Dopotutto, siamo praticamente una famiglia adesso, no?”
Il suo tono beffardo, e la consapevolezza che già da quando aveva aperto bocca era stato per prendermi in giro, mi congelarono sul posto. Lucius strinse svelto la mia mano, e una sensazione di ruvidezza mi costrinse ad abbassare lo sguardo: portava dei guanti di pelle. In estate. Capii subito che era a causa mia, e la cosa mi fece più male di quanto avrebbe dovuto. Sua Stronzosità si accomodò su un altro divano, seguito dalla moglie, che mi fece un secco cenno col capo in segno di benvenuto. O in segno di “levati dalle palle”, c’era poca differenza.
“Allora, di che si parlava? Ah già, di Lilian immagino” – affermò, afferrando una tazza di tè già riempita da Asteria. Per caso ovviamente, mica perché era tutto programmato. Adesso sapevo con certezza che io ero l’unica in quella stanza a non conoscere il copione, e mi sentii tremendamente vulnerabile. Mi imposi di non darlo a vedere, poichè almeno su questo quella famiglia di serpi – nel senso letterale del termine – non doveva averla vinta. D’istinto guardai Scorpius. Aveva la mascella contratta e l’espressione corrucciata. Lo seppi prima ancora di elaborare il pensiero: non mi avrebbe aiutato. Né io gliel’avrei certo chiesto: era la sua famiglia. Quattro contro una. Più lui, il jolly. Che famiglia di merda.
“Ti piace il nostro servizio da tè, Lilian?”
Era stato Draco a parlare, inaspettatamente. Aprii la bocca ma subito la richiusi senza emettere alcun suono. Stavo per correggerlo, per dirgli “Lily”, come facevo con tutti quelli che allungavano inopportunamente il mio nome. Ma mi sovvenne subito che, se non Lucius, Draco di sicuro doveva saperlo. Doveva sapere che il mio nome era Lily – come mia nonna – dato che era stato compagno di scuola di mio padre. Tanto più che la nascita mia e dei miei fratelli era stata citata in varie riviste magiche, Gazzetta compresa – mamma conservava ancora i ritagli degli articoli.  Morale della storia? Ennesima stronzata made in Malfoy.
Infine, trattenendo il fiato, dissi: “Sì, è molto bello.”
E per rendere più credibile la mia affermazione, presi la tazza di tè che Asteria mi aveva riempito precedentemente.
“E’ porcellana di fattura elfica.” – commentò laconica Narcissa, rimirando la sua preziosa tazzina, quasi a sfidare le macchie di sporco a comparirle davanti.
“Questo è speciale, è nella nostra famiglia da generazioni.” – aggiunse Draco, con un ghigno poco rassicurante sul viso.
Ecco perché odora di muffa.
“Allora, Lilian...” – incominciò Draco.
“Lily” – lo corressi istintivamente, realizzando l’errore subito dopo.
Lo guardai ad occhi sgranati, attendendo una sua reazione. Lui mi fissava interdetto, lanciandomi occhiate in tralice. Lucius venne in suo aiuto:
“Ancora non è il caso di usare tutta questa confidenza, Lilian.”
Avrei voluto fargli notare che Lily era il mio vero nome all’anagrafe - e anche riempirlo di insulti - ma tenni la bocca chiusa.
“Nonno…” – fece Scorpius debolmente. Nessuno sembrò notarlo, Asteria interessatissima al suo tè fumante e Narcissa al proprio riflesso sulla candida porcellana.
“Parlando di cose più serie, adesso che hai preso i M.A.G.O. , che lavoro conti di fare?” – mi interpellò ancora Lucius.
Cercai il tranello celato in quella frase apparentemente innocente.
“Ehm…ancora non sto lavorando, ma pensavo di diventare Auror, come papà…”
“…e come tuo zio Ronald.” – completò per me Draco.
Annuii, bevendo un sorso di tè.
“Potreste mettervi in proprio, in effetti. Due Auror e un giocatore di Quidditch (1).” – commentò Lucius, con un luccichio malizioso negli occhi. Non capii dove volesse andare a parare, ma d’istinto sapevo che era una provocazione.
“Già, perché non reclutate anche gli Weasley? Così tirate su praticamente un intero Ministero!” – aggiunse Draco, visibilmente entusiasta di potermi sfottere ancora.
“E per di più bilingue, con i Delacour. Che comodità, pensaci, diventare tutti Auror senza fare uno straccio di tirocinio!”
Trattenni il fiato, per quell’accusa fin troppo esplicita, e guardai il padre e il nonno di Scorpius ridacchiare della mia espressione scandalizzata. Mi riempii la bocca di tè per non replicare, e così facendo mi accorsi che le mie mani avevano iniziato a tremare. Mi complimentai mentalmente con il Cappello Parlante per la scelta di mandare i Malfoy a Serpeverde: erano esattamente come dei serpenti, cauti e ambigui, ma pronti a mordere ferocemente alla prima occasione. E avevano anche la lingua biforcuta.
Cercai gli occhi di Scorpius, ma lui teneva lo sguardo fisso e le mani serrate attorno alla sua tazza.
“Non ti sarai offesa, Lilian? Scherzavamo, naturalmente.” – riprese Lucius, in tono conciliante.
“Già” – gli diede man forte il figlio – “sappiamo tutti che tuo padre è un uomo troppo onesto per fare una cosa del genere.”
Mica come voi.
Mi morsi un labbro per non rispondere. Avevo capito che ogni cosa che avessi detto poteva essere usata contro di me, e la scelta migliore era stare zitta.
 “…Mi ricordo, anche ad Hogwarts, era sempre pronto ad aiutare gli altri! O a farsi aiutare, dipende…”
Un elefante si dondolava sopra il filo di una ragnatela... Cercai di distrarmi canticchiando mentalmente.
 “Comunque, sono sicuro che tu saresti un’ottima Auror, Lilian. Si vede che sei una ragazza sveglia, e negli ultimi quindici anni persone così scarseggiano, in quel particolare reparto del Ministero.”
...e ritenendo la cosa interessante, andò a chiamare…
Alle mie orecchie ormai color porpora – e magari fumanti come la teiera elfica, giunse la risatina soffocata di Narcissa.
“Che poi, di che ti preoccupi? Avevano preso all’epoca tale Ninfadora Tonks, vedrai che prenderanno anche te!” – continuò imperterrito Lucius.
“Ma papà, Lilian non si deve preoccupare in ogni caso: è la figlia del capo!”
…un altro elefante. Due elefanti si dondolavano…
“Certo che ultimamente il Ministero sta cadendo in basso, trovi Scorpius?”
…sopra il filo di una ragnatela…
Sentii Scorpius mugugnare qualcosa, ma davanti ai miei occhi non c’era più la mia tazza quasi vuota, bensì due grossi elefantoni rosa. Dai capelli biondi.
“Non ti conviene tentare di far carriera lì, figliolo” – sentii intervenire Lucius, con voce zuccherosa. “Ormai, o ti chiami Potter…”
Zac. Ops: la ragnatela si è spezzata!
Mi alzai di scatto dal divano, lasciando cadere la preziosissima tazza di Lady Narcissa, che si infranse al suolo con un tonfo sordo. Il tè tiepido di sparse sul tappeto ai piedi del divano, schizzando fin sui cuscini. Sulla sala calò il silenzio. Al posto degli elefanti rosa adesso vedevo chiaramente i visi sconvolti delle signore Malfoy, mentre Draco e Lucius mi osservavano quasi con curiosità, carichi di aspettativa, in attesa di vedere come avrei reagito.
“Lily…”
Mi scrollai di dosso la presa di Scorpius, alzatosi di riflesso assieme a me, e decisi di fare la cosa più sensata da quando avevo messo piede lì dentro: scappare.
Corsi, scavalcando i cocci e la chiazza di tè, scansando tavolini e poltrone, puntando verso il corridoio di ingresso. Ma, arrivata all’entrata del salone, mi bloccai, e cominciai a voltarmi lentamente. La scena che vidi mi ricordò un dipinto Babbano, di quelli con le figure immobili: Scorpius si era cristallizzato nell’atto di inseguirmi. Asteria teneva gli occhi sgranati e la mano sul viso a celare una poco elegante bocca spalancata. Narcissa fissava incredula il punto in cui la mia tazza si era schiantata. Draco e Lucius, a braccia conserte, mi osservavano con aria di superiorità.
Lentamente, tirai fuori la bacchetta, e la puntai sulla tazza che avevo “involontariamente” rotto.
“Scusate” – mormorai, col tono più desolato che riuscii a simulare – “rimedio subito.”

Ma, colta da un’illuminazione, cambiai improvvisamente bersaglio.
“REDUCTO!” – gridai, rivolta al servizio da tè di fottutissima porcellana elfica.
Una pioggia di schegge, polvere e bevande investì l’immacolato salone, che si riempì di gridolini e imprecazioni.
Lasciandomi andare finalmente ad una risata liberatoria, raccattai le mie cose dall’attaccapanni e mi Smaterializzai.





Premetti il cuscino più forte contro le orecchie, fino a sentire la stoffa penetrare più a fondo, sfregando contro la mia pelle. Fino a che non sentii il rumore rassicurante di quel silenzio assordante che tanto agognavo. Buttata sul mio letto, nella camera che era sempre stata mia, a fissare stralunata il soffitto bianco, mentre tutto attorno a me la stanza mostrava accusatoria i segni del mio umore nero: ecco, una perfetta idiota.
Mi girai su un fianco, ben attenta a non staccare nemmeno di un millimetro il cuscino dalle mie orecchie. Le dita iniziavano a dolermi, e mossi più freneticamente le labbra, che già da un pezzo canticchiavano la stessa canzone.
Potevo anche star urlando, non lo sapevo: non riuscivo comunque ad udire la mia voce.
La posizione perfetta, meglio dello yoga: sentivo quasi il Nirvana salutarmi e venirmi incontro.
…Il servizio da tè dei Malfoy, hai rotto il servizio da tè dei Malfoy…
Sbarrai gli occhi, interrompendo la cantilena. Non era possibile! Anche la stoffa adesso si comportava da infame, tradendomi!
Strizzai gli occhi riprendendo a canticchiare più velocemente.
“And I’ve lost, who I am, and I can’t undestand…”
La porcellana elfica dei Malfoy…
Toc.
La mia mascella ebbe un doloroso spasmo. Digrignai i denti.
…why my heart is so broken, rejectin’ your….
…non permetteranno mai che tu faccia parte della loro famiglia…
Toc.
Gemetti, non osando comunque allentare la pressione dei cuscini traditori sulle orecchie. In fondo, non facevano altro che ripetere quello che io stessa avevo detto – anzi, urlato – a me stessa nei due giorni precedenti. Non era solo una questione di galateo e porcellane: sapevo bene che con quel gesto avevo dichiarato guerra alla famiglia Malfoy. Una guerra fredda, come gli occhi di Lucius, che mi avevano squadrato sprezzanti per tutto il tempo che ero rimasta in quella casa. Una guerra subdola, come i tentativi di Draco di farmi perdere il controllo. Una guerra silenziosa, come Asteria e Narcissa, che non avevano osato criticare né incitare le insinuazioni dei loro mariti. Una guerra che né io né la mia famiglia potevamo vincere. Anche perché io, alla mia famiglia, non avevo detto niente. Dopotutto, occhio non vede, cuore non duole, e papà non paga. Non mi andava di far subire a mio padre l’umiliazione di dare del denaro al suo peggior nemico, per pagare un inutile e pomposo servizio da tè. Che comunque non saremmo mai stati in grado di pagare.
Sospirai, rigirandomi verso il soffitto. Ad un tratto, mi accorsi che i cuscini avevano sorprendentemente smesso di sussurrare e io stessa di cantare. Ma i rumori non erano ancora cessati del tutto; continuavo a percepire qualcosa, e avevo la sensazione che ci fosse un errore.
Toc. Toc.
No, non mi ero sbagliata. Cautamente mi sollevai su a sedere e allontanai il cuscino dalle orecchie. Le dita formicolavano fastidiosamente per essere state serrate tanto a lungo. Le orecchie invece parevano cantare i cori ecclesiastici per esser state finalmente liberate.
Toc. Toc. Toc.
Il rumore adesso giungeva decisamente meno ovattato, anzi, era perfino troppo udibile, e se non ne avessi scoperto subito la fonte avrebbe rischiato di svegliare i miei genitori. O peggio, i miei fratelli.
Mi concentrai per appellare mentalmente la bacchetta, dal momento che poteva essere ovunque in quel caos primordiale. Dopo un paio di tentativi finalmente la udii sfrecciare verso di me e atterrarmi in grembo.
TOC.
Stavo cercando di capire da dove provenisse quel rumore, quando un tonfo più forte degli altri mi fece istintivamente voltare verso la porta-finestra. E allora capii. Qualcuno stava tirando sassi contro il vetro.
Mi precipitai alla porta, spalancandola con forza, giusto in tempo per vedere al rallentatore un sasso puntare dritto alla mia faccia.
Reducto!” – esclamai, chiudendo già gli occhi. Con un lieve botto la pietra esplose a mezz’aria in mille granelli.
“Sembra che quell’incantesimo ti piaccia proprio.” – commentò sardonica una voce che conoscevo bene.
Sgranai gli occhi sorpresa, e subito li richiusi, avendo realizzato che Scorpius era davvero lì, in piedi in mezzo al mio cortile. La sua figura aleggiava ancora sulle mie palpebre chiuse, beffarda, esattamente come il sorriso che sapevo mi stava rivolgendo in quel momento. Poiché sia chiudendo gli occhi che aprendoli avevo sempre e comunque davanti la sua faccia da bac... schiaffi, decisi che era meglio tenerli aperti, nel caso avesse deciso di continuare a prendermi a sassate. Magari era una specie di vendetta per quel dannato servizio di porcellana elfica. Oddio. Servizio di porcellana elfica. Fu allora che realizzai davvero la frase che mi aveva rivolto poco prima, e la comprensione mi fulminò sul posto. Avevo usato sulla pietra lo stesso incantesimo con cui avevo distrutto quello stra-dannato servizio da tè. Merda, si cominciava male.
Feci un respiro profondo, prendendo mentalmente nota di avere – come sempre in sua presenza – le farfalle nello stomaco.
“Cosa diavolo ci fai qui?” – scelsi di ignorare la sua provocazione. Godric, sii fiero di me.
“Non è evidente? Sono qui prostrato ai tuoi piedi per venire a chiederti umilmente scusa.” -  mi disse in un tono che di scuse non aveva proprio niente.
“Veramente sei in piedi.” – commentai secca, più irritata con me stessa che con lui. In effetti, la sua frase, per quanto falsa, aveva avuto lo spiacevole effetto di farmi mancare un battito.
“Si bè, è già tanto che un Malfoy chieda scusa.” – fece, alzando le spalle.
Lo guardai un attimo sospettosa. Bè, anche due attimi, ad essere sincera. Non riuscivo a credere che lui fosse veramente venuto a casa mia, nella tana del lupo, col preciso intento di farsi perdonare. Certo, erano passati due giorni dal... misfatto, e tuttavia sperare che venisse e trovarmelo effettivamente davanti erano due cose molto diverse. Molto meglio la seconda. Trasformai il sorriso ebete che stava già incurvandomi le labbra in una smorfia.
“Si, bè, sei in ritardo.”
Lui mi guardò torvo. “Ripeto: è già tanto che un Malfoy chieda scusa.”
“E il tuo modo per chiedermi perdono sarebbe linciarmi?” – lo sfidai.
“Sii realista: non avrei mai fatto una serenata sotto il tuo balcone, e se avessi semplicemente iniziato a parlare tu non ti saresti mai affacciata. Probabilmente stavi dormendo e lo sai anche tu che non ti svegliano nemmeno le cannonate.”
“Haha, mi sto sbellicando. Dì un po’, invece, secondo te che cosa dovrei fare io, adesso?” – ritorsi impietosa. Mostrati altera e superba, Lily, innalzati in tutto il tuo orgoglio Grifondoro ferito. Non fargli capire che vuoi solo scavalcare la ringhiera e buttarti addosso a lui, e magari strappargli di dosso la giacca, e pure la camicia, e, perché no, anche... CENSURATI, Lily!
“Farmi salire?” – azzardò Scorpius, lanciandomi un’occhiata supplice che non mi sarei aspettata. Credo che iniziasse a capire che dopotutto, tirare i sassi contro le preziose finestre di mia madre non dava meno nell’occhio che strimpellare una chitarra o chiamarmi. Provai tenerezza per questa sua preoccupazione di venire scoperto dalla mia famiglia (magari credeva pure che avessi raccontato loro tutto), e nonostante ciò il coraggio sincero che aveva racimolato per venirmi a chiamare.
No, non erano farfalle quelle che avevo nello stomaco. Erano pterodattili.
“Il tuo sorriso idiota è un sì?” – mi schernì, palesemente divertito.
Mi irrigidii, colta in fallo. Lily regina di ghiaccio mode: OFF.
“Bene, adesso starai lì tutta la notte!” – dichiarai, sollevando di scatto il viso.
“Oh non credo proprio” – mi corresse lui – “se tu rientri in quella stanza, giuro che me ne vado.”
Di nuovo posai il mio sguardo su di lui, cercando i suoi occhi. Era serio, e decisi di non sprecare quella fortunata possibilità che mi si era presentata giocando a fare la sostenuta.
“Dai, Lily” – tentò poi, in tono conciliante. Forse aveva notato la mia espressione preoccupata. – “Sono qui, il che dimostra ampiamente quanto tengo a te. E poi sono in territorio nemico, col rischio di essere ucciso per questo, e tu sei al tuo balcone: è come la tua scena preferita! Solo per questo mi merito un bacio.” - concluse con espressione compiaciuta.
Guardandomi intorno ad occhi sgranati - era l’ennesima volta quella sera: iniziai a temere che mi sarei ritrovata due Pluffe al posto dei bulbi oculari – compresi che stava dicendo la verità. Era tutto straordinariamente, terribilmente, pateticamente uguale a Romeo e Giulietta. Lei, sul balcone nel bel mezzo della notte; lui, sotto al balcone nel bel mezzo della notte; loro, le famiglie, ignare di tutto che dormivano com’era giusto fare nel bel mezzo della notte. Fantastico. Potter&Malfoy Production presenta: “Romeo e Giulietta 2 – versione moderna”! Quante volte avevo sognato quella scena, sia prima che durante la mia relazione con Scorpius? Voglio dire, ogni ragazza ha desiderato almeno una volta di trovarsi nei panni di Giulietta, o di avere un gran figo che declamasse versi in loro onore sotto al balcone. Eppure al momento tutto mi sembrava così estremamente banale. Così clichè.
Bè, a parte che noi due eravamo decisamente più fighi di Giulietta e Romeo, e meno stupidi. Scorpius non si sarebbe mai suicidato senza prima accertarsi che fossi davvero morta: mi avrebbe almeno fatto la respirazione bocca a bocca prima, poco ma sicuro. Sfido io poi a non resuscitare!
E poi, Giulietta non aveva nemmeno rovinato la preziosa porcellana dei Montague.
“E’ vero” – commentai – “sembriamo proprio i Montague e i Capulet…”
Scorpius mi guardò confuso. “Cosa c’entrano adesso Julius e Romina (2)?”
Lo fissai un attimo senza capire. Poi scoppiai a ridere davanti alla sua espressione indignata.
“Non sto parlando dei nostri compagni!” – spiegai ridacchiando – “Davvero hai fatto tutto questo senza sapere nemmeno i nomi dei protagonisti?”
“Credimi, non ricordo un accidente di quel libraccio che mi hai fatto leggere. E del film che mi hai costretto a guardare. E dello spettacolo teatrale che mi hai trascinato a vedere. E…”
“Okay, afferrato.” – lo interruppi.
“Ora mi fai salire, o devo tirarti un altro sasso?” – mi chiese, facendo levitare pigramente un ciottolo attorno alla sua bacchetta. Capii che lo stronzo non si era nemmeno sporcato le mani a raccogliere pietre, ma aveva semplicemente usato la magia. Assodato, anche Romeo 2029 era un coglione.
Sorridendo sadica indietreggiai e mi posizionai accanto alla porta spalancata, facendo un gesto verso l’entrata. “Prego, accomodati.”
Scorpius mi guardò risentito per un attimo, poi cominciò ad annuire.
“Bene” – sputò in tono velenoso – “vorrà dire che farò a modo mio.”
In un fruscìo di foglie, sparì dalla mia vista.
“Scorpius!” – chiamai a voce un po’ troppo alta, mentre mi sporgevo dalla balaustra per perlustrare il giardino buio. Non volevo credere che se ne fosse davvero andato.
Un rumore secco, come di un ramo che si spezzava, mi fece sobbalzare. Poi una mano afferrò la ringhiera, e allora capii che quell’imbecille si era messo a scalare il muro di casa mia, alla Babbana. Questo perché Romeo 2029 era un coglione.
“Merda” – lo sentii bisbigliare, mentre cercava di tirarsi su aggrappandosi alle colonne della ringhiera.
Mi battei una mano sulla fronte, trascinandola giù per tutto il viso, esasperata.
“Menomale che sei un mago... Wingardium Leviosa.”
Scorpius fu sollevato in aria dalla mia magia, e quando ebbe superato il parapetto lo posai cautamente sulle piastrelle.
“Oh Romeo, Romeo, perché sei così imbecille, Romeo?” – recitai ironica.
“Perché la mia Giulietta è una stronza” – mi rispose lui, ansante per la fatica. La mia parte veramente stronza esultò nel vederlo per una volta spettinato, coi capelli arruffati pieni di foglie e i vestiti sporchi.
“Comunque” – riprese alzandosi e strofinandosi con forza i pantaloni – “una cosa me la ricordo di quel film.”
Lo guardai dubbiosa, inarcando un sopracciglio. Lui non aspettò la mia replica:
“E cioè che Romeo, oltre ad avere un nome orribile, era proprio un coglione. Doveva prendere esempio da me.” – e dicendo ciò si avvicinò a me e mi circondò la vita con le braccia. Gli pterodattili nel mio stomaco si moltiplicarono.
“Non eri ancora nato” – dissi in un soffio - “E menomale, perché se Romeo avesse avuto te come modello, sarebbe stato ancora più coglione. E sarebbe morto ucciso da Giulietta.”
“Non se si fosse chiamato Romeo Malfoy.” - mi attirò a sé, mentre le sue mani risalivano lungo la mia schiena. Gli pterodattili intonarono l’"Inno alla gioia". “In tal caso si sarebbe arrampicato su per il muro di casa Capulet e avrebbe preso Giulietta tra le braccia” – le sue mani si posarono fra i miei capelli e gli pterodattili dichiararono aperto il rave party nel mio stomaco – “…l’avrebbe baciata, come sto per fare io, e l’avrebbe semplicemente trascinata giù da quel balcone inutile (3), se ne sarebbe fregato della sua famiglia e di quella di lei e si sarebbero trasferiti ai Caraibi, vivendo per sempre felici, contenti e abbronzati.”
Ridacchiai contro le sue labbra, che ormai erano praticamente sulle mie e sussurrai: “Menomale che tu non sei Romeo allora.”
Dopodichè mi abbandonai tra le sue braccia, allacciandogli le mie attorno al collo, e ricambiando quel bacio che io e gli pterodattili avevamo messo in conto già da quando l’avevo visto nel giardino. Ah, e per la cronaca, quegli pterodattili meritavano di essere uccisi.
Scorpius si scostò leggermente, interrompendo il bacio e posando la sua fronte contro la mia. I miei capelli rossi si intrecciarono alle sue ciocche bionde, in un caleidoscopio di sfumature dai colori caldi.
“Scusami se non ti ho difeso dai commenti della mia famiglia” – bisbigliò Scorpius. “Non ho giustificazioni, lo so. Non volevo ferirti, comunque. E ti chiedo scusa anche da parte loro, perché so che loro non lo faranno mai. Si sono comportati in modo orribile con te.”
“Shhh.” – lo zittii prima che potesse aggiungere altro. Quello che aveva detto era sufficiente, e in quel momento non volevo sentire altro, perché avevo appena avuto un’illuminazione. Ripresi a baciarlo, mentre riflettevo su quanto noi fossimo in realtà così diversi da Romeo e Giulietta. La nostra storia poteva sembrare tutta un clichè, dall’insofferenza reciproca cominciata non appena avevo messo piede ad Hogwarts, alla strana tregua che avevamo firmato quando ci eravamo resi conto entrambi di aver solo bisogno l’uno dell’altra. Le famiglie che si detestavano, le schermaglie dei miei parenti e dei suoi: era tutto già visto, e perciò automaticamente etichettato come banale e scontato. Ma c’era una sottile differenza tra noi e Romeo e Giulietta: i litigi e le conseguenti riappacificazioni, le partite di Quidditch passate a deviare i Bolidi per l’altro, gli espedienti per vederci quando lui si era diplomato, non erano altro che le battaglie che avevamo combattuto per stare insieme. Quando avevamo scelto di intraprendere una relazione seria l’avevamo fatto sapendo a cosa andavamo incontro, e avevamo ingaggiato la nostra personale battaglia contro il Destino, quello stesso che aveva separato Romeo e Giulietta. Loro avevano contato troppo sulle semplici parole, non avevano creduto fino in fondo ad un amore nato in poche righe, nemmeno un serata, e già preso come assoluto, e avevano fatto troppo affidamento sull’aiuto degli altri. Ma io e Scorpius eravamo innamorati, in barba a tutti i clichè, e avevamo già vinto se non altro la battaglia contro noi stessi.
“Comunque, non mi hai detto una cosa, Lily Capulet.” – esordì Scorpius, quando ci separammo.
Lo guardai dritto nei suoi occhi grigi, così vicini ai miei in quel momento.
“Lily Malfoy, prego. E cosa, di grazia?”
“Devo sempre fare tutto io!” – esclamò, alzando gli occhi al cielo. “Ti amo.”
Inarcai un sopracciglio, ma sorridendo. “Mi ami? Ma è così banale!”
Scorpius mi guardò scettico: “E che ti dovrei dire, che ti voglio bene?”
“E non è la verità?” – chiesi innocentemente. Gli pterodattili scossero le loro teste in sincrono, in segno di disapprovazione.
“No, è un po’ diverso, è... E’ riduttivo, mi sembra. Se ti volessi solo bene non avrei mai accettato di conoscere la tua famiglia al completo, rischiando di farmi assassinare dal clan Potter - Weasley.”
Sorrisi, più che soddisfatta da quella risposta inaspettatamente sincera.
“Allora, futura signora Malfoy, le va un po’ di ?”
“Vaffanculo.”



“Un pasticcino, Lily?”
Presi disinvolta un bignè al cioccolato dal vassoio d’argento che Asteria Malfoy mi stava porgendo.
“Grazie” – dissi composta, adocchiando di sfuggita la smorfia di Lucius.
“Asteria, offri anche un po’ di a Lilian.” – disse quest’ultimo in tono mellifluo.
Posai lo sguardo sulla luccicante teiera di porcellana che Asteria stava prendendo per versarmi del tè. Non avevo idea se avessero riparato quella che avevo distrutto e se me l’avessero piazzata sotto gli occhi come emblema della loro vittoria; né sapevo se in effetti un cumulo di porcellana sbriciolata si potesse aggiustare. Magari era un altro servizio da tè esattamente uguale al primo, che mi stavano sventolando sotto il naso per sottolineare quanto loro fossero ricchi e il mio dispetto non li avesse minimamente sfiorati. Mi incantai a guardare la bevanda bollente che sgorgava dalla teiera. Dopotutto, la richiesta di Lucius poteva anche essere realmente innocente, e forse ero solo io che stavo esagerando. Presi con cautela la tazzina fumante, e mentre la portavo alle labbra incrociai il ghigno malevolo di Draco.
“Attenta, è fragile.” – mi sussurrò. Allora seppi con certezza che no, in quella famiglia non potevano esserci richieste innocenti.
“Non ti preoccupare, papà” – giunse in mio aiuto Scorpius – “Lily non è un’imbranata.”
Si voltò a sorridermi rassicurante.
“Ma certo che no, sappiamo tutti che lei non romperebbe mai qualcosa, per errore…” – commentò tranquillo Lucius, sorseggiando il tè che la nuora gli aveva nel frattempo versato.
…ma intenzionalmente sì. La reticenza della sua frase era evidente, così come era scontato quello che aveva omesso.
“Allora, Lily," – esordì gioviale Asteria – “come stanno i tuoi?”
Non sapevo se Asteria mi avesse effettivamente tolto dall’imbarazzo per poi gettarmi direttamente nella merda, ma in quel covo di serpi non potevo permettermi di abbassare la guardia e implorare la grazia. Così presi un bel respiro e risposi, a bassa voce:
“Mia madre molto bene, grazie. Le manda i suoi saluti.” Guardai Asteria chinare il capo in segno di ringraziamento. “Mio padre invece ha preso un’influenza, ma non è niente di grave.”
“Influenza?” – la voce sorpresa di Draco interruppe il dialogo. “Che lavoro noioso per un Auror del suo calibro, credevo che il minimo dei suoi problemi fosse un altro Signore Oscuro…”
“Papà…” – lo ammonì minaccioso, Scorpius.
Lucius scoppiò in una fragorosa risata, mentre Narcissa accanto a lui gli scoccava uno sguardo di blando rimprovero.
Mi sentii avvampare d’indignazione, ma mi sforzai di rimanere ferma dov’ero.
“Lascia perdere, Lily, cambiamo argomento.” – intervenne in fretta Asteria. “Ah, ehm…Albus ha trovato poi lavoro?”
“Non è un vero e proprio lavoro, in realtà, è più una specializzazione…” – cominciai a spiegare, quando Lucius ci interruppe di colpo.
“Ah sì, e cosa vuole diventare, Preside di Hogwarts? (4)” E riprese a ridere della sua stessa battuta, seguito dall’eco della risatina incerta del figlio. Asteria e Narcissa sembravano sinceramente mortificate, tuttavia erano anche riluttanti a contrastare le insinuazioni dei mariti.
“Bene, questa pagliacciata si conclude qua.”
Scorpius inaspettatamente si alzò, prendendomi per mano e sollevandomi di peso dal divano.
“Io e Lily abbiamo di meglio da fare…”
“Oh sì, sono sicuro che Lilian dovrà prepararsi per il colloquio di lavoro presso suo padre!” – giunse la battuta velenosa di Lucius. La grande sala si riempì delle risate di padre e figlio, ma anche dei sibili di Narcissa che finalmente era intervenuta, se non altro per suggerire al marito di comportarsi educatamente.
Prima che me ne accorgessi, Scorpius mi aveva già posato il cappotto sulle spalle e stava aprendo il portone con il suo ancora sotto braccio.
“Scorpius, aspetta…” – lo chiamò Asteria, alzatasi per raggiungere il figlio. “Noi non…”
“Hai ragione, mamma, quasi dimenticavo!” – esclamò Scorpius, lasciandomi la mano per cercare qualcosa nel suo giubbotto.
Prima che potessi anche solo immaginare una Maledizione abbastanza crudele per Lucius, Scorpius aveva scansato la madre, estratto la bacchetta e l’aveva puntata verso il tavolino.
“REDUCTO!”

 


Cosa posso dire a mia discolpa? Sembrerà un po' troppo banale, per restare in tema, ma la prima cosa che sento di fare è scusarmi. Non credo che steste tutti aspettando trepidanti un aggiornamento, ma mi sento ugualmente in colpa per aver sforato coi tempi. Ho avuto delle settimane molto intense, tra la scuola e tutto, senza contare che mi ci sono voluti alcuni giorni per pensare questo capitolo. E un mesetto buono per raccogliere la voglia e l'ispirazione necessarie a scriverlo. Non vi annoio troppo, semplicemente grazie a tutti per aver messo questa fanfiction tra le seguite/ricordate/preferite. E due grazie a chi ha recensito, tre a JoliR perchè è una Roser, eppure ha commentato tutti tutti i capitoli. Veramente, non riesco a descrivere quanto ne sono stata felice.
Altra cosa. Probabilmente mi criticherete il ritratto della famiglia Malfoy, e allora metto le mani avanti e vi spiego. Questi Malfoy in bilico tra IC e OOC sono il risultato del mio desiderio di un loro cambiamento, e la realistica convizione che non potrà mai avvenire - almeno secondo me - un attacco di buonismo tutto in una volta. E' ufficialmente attestato dalla Rowling che dopo la Battaglia di Hogwarts i Malfoy si sono pentiti, e io credo fermamente che siano diventati leggermente più umili e rispettosi, ma da qui ad accettare la relazione di un loro discendente con una Half-Blood, Potter-Weasley per di più, ce ne passa di acqua sotto i ponti. Credo che nel caso dei Malfoy un attacco di stronzaggine sia la reazione più probabile, dato che in loro pare essere qualcosa di insito. Penso anche che Asteria tutto sommato sia una brava donna, e Scorpius la sintesi perfetta tra lei e Draco (che alla fin fine sarà maturato, spero!), e per questo lo rendo sempre sì stronzo ma non fino in fondo. Infatti immagino che dopo il primo disastroso incontro Asteria si sia "ribellata" alle convinzioni del marito e abbia accettato Lily. E, con un po' di riserve, anche Narcissa, se non altro per preservare l'immagine della famiglia. Dopotutto, è stata lei a mentire a Voldemort in favore di Harry nella Foresta, e Harry è quello che ha salvato il Mondo Magico. Un po' di riconoscenza, prego. Ovviamente, il discorso non vale per Lucius, che ritengo proprio bastardo fino al midollo. Ma tanto prima o poi muore, quindi pace.
Non ho specificato, a parte l'anno, ma più o meno in questa shot Lily ha 22/23 anni e Scorpius due di più.
E non so sinceramente se le cose distrutte con l'incantesimo "reducto" si possano riparare, per cui vi tengo nel dubbio. Comunque, la canzone che Lily canticchia nella seconda parte del capitolo è "Shattered", dei Trading Yesterday. Al momento avevo quella in testa, non è che c'entri molto con la storia, magari più avanti la cambierò.
E per finire, le immancabili note:
1. James Sirius nel mio immaginario.
2. Eh-ehm (alla Umbridge). Giochetto, triste peraltro, di parole sui Montecchi (Montague) e Capuleti (Capulet). Se ricordate, Fred e George nel 5° libro avevano chiuso un certo Montague nell'Armadio Svanitore. E poichè Montague è Montecchi in inglese, ho inventato una sorta di figlio, chiamato però con le iniziali di Giulietta (Juliet). Romina era il nome femminile che più si avvicinava a Romeo. Ho solo scambiato i sessi dei personaggi, e per esigenze di "trama" (o di coglionaggine, più probabile) ho mantenuto i cognomi originali in inglese.
3. Citazione più o meno testuale dal film "Letters to Juliet"
4. Riferimento ai nomi Albus e Severus, rispettivamente di due Presidi di Hogwarts.
Le recensioni sono come sempre apprezzatissime, anche se vi va solo di dire la vostra sull'argomento clichè o amore/affetto. Ho cercato di far capire tra le righe come la penso, e se qualcuno ha obiezioni da muovere, ben venga. Evitate magari di mandarmi alla ghigliottina, come mi è successo da poco parlando proprio di questo - dopotutto, mi pare che ancora un po' di libertà di pensiero in Italia ci sia.
Ne approfitto per avvisarvi che purtroppo il prossimo capitolo non arriverà molto presto, anzi, forse farà persino più in ritardo di questo, ma sono molto impegnata con la scuola. Non è un vizio, giuro xD Spero che avrete la pazienza se non altro di non mandarmi a fanculo.
Vi lascio liberi di chiudere la pagina, ciao bimbi!
  
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Lacie