9. RITRATTO DI
FAMIGLIA
Sometimes I feel like
I don't belong anywhere
It's gonna take so long for me to get to somewhere
Sometimes I feel so heavy hearted
But I can't explain cause I'm so guarded
But that's a lonely road to travel
And a heavy load to bear
– Send Me An Angel,
Alicia Keys –
–
Cerbiattina, ti vuoi rilassare?
Nessuno ha intenzione di mangiarti per cena. –
–
Quasi lo preferirei. –
Regan
aveva la matematica
certezza che avrebbe fatto qualche orribile figuraccia. Non sapeva
niente di
galateo e tutti quei precisi comportamenti che andavano tenuti in
occasione di
eventi come una cena presso una famiglia di nobili, anche se informale.
Quel
poco che aveva tentato di inculcarle Eleonora non era nemmeno riuscito
ad
attecchire, essendosi andato a sovrapporre a svariati altri strati di
pensieri
ben più impellenti, come ad esempio, appunto, la disastrosa
serata che la
aspettava.
Per
prima cosa, in quel vestito
lungo e voluminoso non si sentiva affatto a suo agio e,
checché ne avessero
detto Eleonora, Calien e Lucius, proprio non riusciva a trovare tutte
quelle
balze e quei merletti compatibili con la sua figura, e ancor meno con i
suoi
gusti. Inoltre, non essendoci abituata, inciampava continuamente
nell’orlo
della gonna, impacciata anche dalle scarpe fin troppo eleganti. Come se
non
bastasse, Eleonora aveva dimenticato ogni precedente clemenza e aveva
tirato i
lacci del corsetto senza alcuna pietà, così
adesso Regan non solo faceva fatica
a camminare con disinvoltura, ma aveva anche serie
difficoltà a respirare.
–
Hai affrontato guai ben
peggiori, ultimamente, non capisco proprio perché ti agiti
tanto. E non ti
rosicchiare le unghie il quel modo – la sgridò
Lucius, allontanandole la mano
dalla bocca. – Alla Quercia
d’Argento
eri così calma e spontanea… –
–
Un conto è fare baldoria con
dei ragazzi chiassosi, un altro è evitare di fare la figura
della plebea
davanti a dei signori. –
–
Sciocchezze! Se Lord e Lady
Edelberg mi hanno sempre accettato per l’indisciplinato
figlio di nessuno che
sono, non penso avranno problemi a fare lo stesso con una fanciulla
graziosa e
beneducata come te. Be’, beneducata quando vuole lei, almeno.
Non è vero? –
–
Oh, piantala!
–
Considera questa cena come una
prova per le celebrazioni del Solstizio d’Inverno. –
–
Non ci voglio venire. Non so
nemmeno ballare. –
Era
una mezza bugia. Tra le altre
cose, Eleonora aveva tentato di insegnarle anche qualche passo di
danza, ma lei
si era dimostrata ben poco propensa a imparare. Si era sentita
così patetica e
goffa che aveva giurato alla propria dignità che mai
più nella sua vita ci
avrebbe riprovato.
–
Tu ci verrai, perché sei
un’asociale patologica e hai un impellente bisogno di
imparare a stare in mezzo
alla gente. Se poi non vorrai ballare – e, credimi, lo vorrai
– potrai startene
in un angolino a farti gli affari tuoi. –
Il
sogghigno malizioso che Lucius
le allungò non aiutò affatto a far sentire Regan
meno inadeguata.
–
Mi sento ridicola. –
–
Probabilmente così non sarebbe,
se tu pensassi meno a cos’hai addosso e di più a
goderti la serata. –
La
carrozza alle loro spalle se
n’era appena andata. Li aveva lasciati davanti a una
cancellata di ferro
battuto che sembrava una manifesta minaccia nei confronti di eventuali
visitatori privi di esplicito invito: altissima e nera, piena di aguzzi
puntali
in tutta la sua lunghezza, spirali di rami morti che si arrampicavano
su per le
sbarre attorcigliandosi le une nelle altre fino a confondersi. Al di
là di quel
tetro confine, un viale enorme si stendeva in leggera salita tra due
filari di
austeri cipressi fino a un sontuoso castello di pietra scura che al
buio e
nella nebbia appena si vedeva. Aveva addirittura
l’impressione che tra gli
alberi del giardino ci fossero occhi che apparivano e sparivano in ogni
dove.
Quando
rabbrividì, Lucius le
disse che era solo suggestione.
–
Ha un aspetto più invitante, di
giorno, soprattutto in primavera, ma quando saremo entrati te ne
innamorerai,
garantito. –
A
Regan non era ben chiaro perché
a lei fosse toccato agghindarsi in quel modo, mentre lui era vestito
esattamente
come al solito. Le offrì il braccio e lei fu ben lieta di
prenderlo, se non
altro per sentirsi più sicura sulla via verso il palazzo.
Non c’erano lampioni
a illuminare il passaggio, ma lustre sfere di kival
brillavano a terra come decine di lune piene in miniatura.
Una
volta di fronte al portone
principale, Lucius aspettò a calare il pesante batacchio di
ottone.
–
Pronta? –
–
Fa qualche differenza se dico
di no? –
–
Assolutamente nessuna, ma mi
sembrava educato chiedertelo – sorrise lui.
–
C’è qualcosa che devo sapere su
questa gente, prima di entrare? Cose che dovrei evitare di dire o
fare… –
–
Dipende da su chi vuoi fare
colpo. –
–
Lucius, seriamente! –
–
Una cosa in effetti ci sarebbe.
–
Regan
capì che non stava più
scherzando.
–
Lord Edelberg ha il volto
sfigurato da un paio di brutti sfregi. Cerca di non fissarlo troppo.
– Poi,
finalmente, calò il battente.
Quasi
con fece in tempo a
lasciarlo andare, che uno dei due battenti la porta già si
stava aprendo con un
lieve scricchiolio. Ne emerse un uomo in livrea con un viso avvizzito e
scavato
e severi occhi azzurri contornati da profonde rughe, che ben si
accompagnavano
ai capelli bianchi e alle sopracciglia incolte.
–
Buonasera, Tjeren. –
–
Signor Henker, milady – l’uomo si
prostrò in un profondo inchino, introducendoli in casa.
– I signori Edelberg vi
attendono. Prego, da questa parte –
Effettivamente,
all’interno il
castello appariva abissalmente diverso: benché i colori blu
e argento del
blasone di famiglia fossero ripresi in tendaggi, tappeti e arazzi, non
riuscivano a imprimere nell’ambiente le loro
tonalità fredde. Luci calde e
morbide ricadevano su ogni cosa dall’alto dei giganteschi
lampadari e più
modeste fiammelle gialle bruciavano silenziose nelle fini lampade di
vetro
incastonate nei muri. Regan pensò che avrebbe percepito la
ricchezza di quel
posto anche a occhi chiusi.
Tjeren
prese i loro mantelli e si
allontanò per sistemarli.
–
Oh, eccoli! Eccoli qua! Che
piacere, che piacere! –
Dal
nulla, o così sembrava, era intanto
sbucata un donnina minuscola ma ben piazzata, che
trotterellò verso di loro
estasiata, le guance rosse e le mani protese.
–
Lucius! – chiocciò,
abbracciandolo con tale trasporto che Regan temette gli avrebbe
spezzato
qualche costola. – Diventi più affascinante ogni
giorno che passa, ragazzaccio
che non sei altro! Non c’è da stupirsi che la
signorina Anneli… –
–
È sempre un piacere vederti,
Melyor – si permise di interromperla Lucius, sciogliendo
l’abbraccio per
presentarle Regan.
–
Oh, sì, ma certo – annuì la
donna, e la voluminosa crocchia di capelli ingrigiti che aveva in cima
alla
testa ciondolò un poco. Si avvicinò per
osservarla meglio, sollevandosi sulla
punta nel naso un paio di occhialetti che teneva appesi al collo con
una
catenella sottilissima. – Oh, cielo, ma sei una bambina! Da
come quegli
scellerati parlano di te, pensavo fossi almeno
dell’età del signorino Aeden. –
Lucius
ebbe l’accortezza di
andare in soccorso di Regan.
–
Gli scellerati in questione
sono Mariek ed Ember. Donna Melyor è stata la nutrice di
tutti i ragazzi
Edelberg. –
–
Come lo sono stata di loro
padre e dei i suoi fratelli, prima di loro – si
vantò la donna.
–
Ma come quei due diavoli non ce
n’è mai stati, in questa rispettabile famiglia!
– si intromise Tjeren, di
ritorno.
–
Smettila di ciarlare e vattene
ad avvisare i signori che i loro ospiti sono qui, tu! –
bofonchiò Melyor,
spingendolo verso le scale. – Io intanto li accompagno di
là. –
Tjeren
non si ribellò, ma se ne
andò borbottando seccamente tra sé.
Senza
badarvi, Melyor fece strada
verso un salone da cui provenivano delle voci concitate.
–
Giù le mani, idioti! Mi state
rovinando la fatica di un pomeriggio! –
–
Non sembrerai una vera donna
solo perché ti sei arricciata un po’ i capelli,
sorellina! –
–
Ember, sei ingiusto a sminuirla
così! Si è anche messa i topazi della mamma!
–
–
Basta litigare, voialtri! Fate
finta di comportarvi come si deve, almeno in presenza di ospiti!
– sbraitò
Melyor, irrompendo nella stanza senza disturbarsi a bussare.
Ogni
attività si interruppe
immediatamente. Regan contò sei volti colti di sorpresa; a
parte i quattro
ragazzi che già conosceva, ce n’erano quindi due
in più di quelli che si era
aspettata.
Prince
e Aeden occupavano due
alte poltrone di fronte all’imponente camino acceso; in
braccio al primo c’era
una bambina bionda con un visetto tondo e angelico. Sul lungo
sofà, invece,
Ember e Mariek avevano ancora le mani serrate sulle braccia di una
ragazza
dall’aria scocciata.
–
Miss Regan, quale sommo piacere
rivedere la vostra incantevole persona! –
–
Assolutamente, assolutamente! –
Regan
non seppe dire quale dei
due gemelli che si erano precipitati da lei fosse l’uno e
quale l’altro. Si
limitò a sorridere goffamente.
–
Siete due buffoni, dovreste
vergognarvi. –
Aeden
li aveva raggiunti. Scartò
i fratelli e accolse Regan con un proverbiale baciamano degno di un
vero
galantuomo.
–
Perdona la mancanza di
cavalleria di questi due villani. –
Alzò
lo sguardo: era arrivato
anche Prince. Rifugiata tra le sue braccia, la bimba sbirciava curiosa.
Regan
si sentiva in imbarazzo davanti a lui a causa della frequenza con cui
se lo
vedeva comparire in sogni e visioni inconsulte.
–
Questa è Luce, la piccola di
casa. Saluta Regan, Luce, non essere maleducata. –
La
bambina sollevò la testa dalla
sua spalla e fece un vergognoso cenno con la manina.
–
Questo è il meglio che tu possa
aspettarti da lei – disse Prince a mo’ di scuse, ma
con un tono affettuoso. – E
quella laggiù è Anneli. –
Regan
aveva quasi rimosso la
presenza della ragazza. Era ferma a pochi passi da lei, avvolta in un
magnifico
abito color cipria che faceva risaltare i suoi occhi neri e le guance
rosate.
Era molto bella. I suoi occhi indugiarono per un attimo sulla mano che
Regan
teneva aggrappata al braccio di Lucius.
–
Buonasera – disse. Aveva una
voce sottile e molto consona alla sua espressione altezzosa.
– Ciao, Lucius. –
A
Regan non sfuggì il repentino
cambiamento di espressione e inflessione che Anneli adottò
nel rivolgersi a lui.
Gli stava sorridendo con tale compiacenza che parlava per lei.
–
Bene, basta con i convenevoli,
adesso! – interloquì uno dei due gemelli,
prendendo Regan sottobraccio. –
Pensiamo alla socializzazione! –
Non
fece in tempo a muovere un
passo che Donna Melyor li aveva già divisi, strattonando il
ragazzo per un
orecchio.
–
Il braccio si offre, Mariek, non si
impone! Ah, che
frustrazione… una passa la vita a cercare di educarli come
dei ragazzi perbene
e loro vengono su così! Chiedi subito scusa a Miss Regan,
giovanotto. –
–
Sono Ember, non Mariek! –
protestò il ragazzo, ma Lucius gli mimò la parola
“bugiardo” con le labbra.
–
Lascia perdere questi
giochetti, fratello – intervenne quello che doveva essere il
vero Ember. Regan
si annotò mentalmente che era quello con la camicia bianca e
il panciotto rosso
scuro. – Con Lucius in giro non c’è
gusto. –
–
Benedetto ragazzo, un giorno avrai
la carità di spiegarmi come ci riesci, a distinguere queste
due gocce d’acqua.
Sono identici perfino nella voce – sospirò la
donna, le mani puntellate sui
fianchi possenti.
Per
tutta risposta, Lucius si
aprì in un sorriso modesto.
L’attenzione
di Regan, nel
frattempo, era caduta sul grande dipinto appeso sopra al camino che
ritraeva un
gruppetto di persone riunite in una sorta di composizione stranamente
disarmonica.
Regan
si accostò al quadro per
vedere meglio. Un uomo distinto sedeva su un trono blu profilato
d’argento, due
baffi neri a indurire ulteriormente il suo sguardo severo. Sulle sue
ginocchia
sedeva una bambina pressappoco dell’età di Luce,
ma con lunghi boccoli scuri. A
Regan parve identica alla piccola Hemel. Seduta sul bracciolo destro
del trono,
una donna riccamente vestita si teneva un ventaglio di pizzo
all’altezza del
petto e vegliava austera sull’osservatore. Alle sue spalle,
in piedi, c’erano
un ragazzo poco più che adolescente, attraente e molto
simile all’uomo sia
nell’aspetto che nel rigore della postura, e una ragazza
appena più giovane
dall’aria particolarmente cocciuta.
–
Ti piace? – le chiese Aeden.
Regan
non si era nemmeno accorta
che fosse giunto accanto a lei.
–
Sono vostri parenti? – gli domandò,
notando che tutte le persone ritratte avevano occhi che sembravano
gemme nere,
proprio come lui e i suoi fratelli. Tutti tranne la signora, che li
aveva di un
bel castano dorato. – Avete tutti gli stessi occhi.
–
–
Già – sovvenne Lucius, unendosi
a loro. – Gli occhi d’ambra nera degli Edelberg.
–
–
Questo è mio nonno, Tristan II –
le disse Aeden, indicandole l’uomo. – Mia nonna
Norja – e indicò la donna. –
Mio padre, Tristan III, sua sorella maggiore Malissa e sua sorella
minore
Persefone. –
–
Persefone? – si stupì Regan. –
Intendi… –
–
Il Coordinatore del Nucleo di
Brenner – confermò Mariek, sopraggiungendo
tronfio. – Siamo i nipoti più
invidiati delle Sette Terre –
Regan
tornò a studiare il quadro.
Continuava a non tornarle qualcosa.
–
Chi è che manca? –
Un
silenzio improvviso piombò
nella stanza.
–
Come hai detto? – fece Prince,
aggrottando la fronte.
–
Manca qualcuno, mi pare – disse
lei, additando il lato sinistro del quadro, in alto, dove lo sfondo di
un
drappo di broccato non riusciva a riempire un vuoto innaturale che
squilibrava
tutta la composizione. – Ma forse mi sbaglio io…
–
–
Non sbagliate, milady. –
Anche
senza aver prima visto il
suo ritratto da giovane, sarebbe stato impossibile non riconoscere Lord
Edelberg. Come le aveva preannunciato Lucius, il suo volto era solcato
da parte
a parte da due vistose cicatrici oblique, come se fosse stato aggredito
dagli artigli
di un animale gigantesco. Ma al di sotto di quegli sfregi e ai segni di
un’età
non più giovanissima si intravedeva ancora il ragazzo che
era stato un tempo.
Somigliava molto ai gemelli, a Aeden e a Luce, mentre Prince e Anneli,
con i
loro capelli scuri e il mento aguzzo, erano molto più simili
alla madre.
Tuttavia,
benché Lady Edelberg
fosse una dama elegante e tutto sommato di gradevole aspetto, non era
dotata
della stessa bellezza spiccata dei figli. Il bustino stretto
dell’abito non
riusciva a dissimulare del tutto la sua corporatura generosa. Occhi
azzurri e
svegli tradivano una personalità forte, mitigata solo dalla
gentilezza del
sorriso sulle labbra fini e richiamata invece da una fossetta al centro
del
mento.
Stringeva
il braccio del marito
con umiltà, come se, anziché una nobildonna,
fosse stata una qualunque donna
del popolo.
–
Un tempo quel posto che ora
vedete vuoto era occupato da mio fratello minore Ardal –
proseguì Lord Tristan,
avanzando assieme alla moglie. – Venne cancellato dal
testamento di famiglia
come lo fu da quel quadro e dagli alberi genealogici, ormai quasi mezzo
secolo
fa –
Parlava
con grande rammarico, e
tuttavia non c’era segno di un reale rimorso in lui. Si
fermò davanti al
ritratto e il suo sguardo grave si posò sul punto in cui
sarebbe dovuto
comparire il fratello.
–
Perse la testa per una ragazza
da cui avrebbe dovuto stare lontano e scapparono insieme, disonorando
entrambe
le famiglie. Da allora non abbiamo mai più avuto loro
notizie. –
Regan
credette di vedere un
riverbero acquoso nei suoi occhi, ma doveva essersi sbagliata,
perché quando
Tristan distolse lo sguardo dal quadro e lo diresse su di lei, non
c’era più
alcuna traccia di emotività.
–
Ho sempre considerato questa
storia come un monito di avvertimento per i miei figli –
aggiunse, con una
rapida panoramica sui chiamati in causa.
–
Non crucciatevi, padre – gli
disse Ember, e poi aggiunse, con una magniloquenza che rese ancora
più comica
la sua sceneggiata: – Nessuno
di noi
sarebbe mai così stolto da scappare con una fanciulla che
non abbia previo
ottenuto la vostra esplicita approvazione. A parte forse Anneli. Ahi!
–
Donna
Melyor gli aveva afferrato
un orecchio a quella battuta fin troppo audace e glielo aveva storto
con
prepotenza, costrigendolo a piegarsi su sé stesso.
La
sorella, arrossita e indignata,
apprezzò il gesto.
Poco
dopo venne Tjeren ad
avvisare che a breve la cena sarebbe stata servita.
Si
accomodarono tutti in una sala
da pranzo al piano superiore. Regan strabuzzò gli occhi nel
vedere la tavola
imbandita che li attendeva: era così lunga e ingombra che
avrebbe potuto
accogliere e sfamare un piccolo esercito.
Contrariamente
ai suoi timori,
Regan scoprì che la tutta
famiglia
Edelberg era una compagnia piacevole. Scoprì anche da chi i
gemelli avessero
ereditato la loro esuberanza: Lady Arista Edelberg, una volta superati
i primi
momenti di comprensibile formalità, si rivelò una
gran chiacchierona pronta
alla risata.
In
particolare Regan era stata
completamente conquistata da Luce: dopo la timidezza iniziale, la
bambina aveva
dimenticato in fretta di avere intorno un’estranea e si era
completamente
abbandonata alla spontaneità. Dei fratelli maggiori, quello
verso cui mostrava
un maggiore attaccamento era Prince, che la viziava e coccolava con
un’adorazione così spiccata che quasi stonava con
l’immagine seria e compita
che dava di sé. Anche Lucius si strava dimostrando
discretamente capace con la
piccola, ma questa non era una sorpresa: Regan era già
abituata a vederlo con
Calien.
A
una valutazione superficiale,
gli Edelberg erano una perfetta incarnazione del tradizionale concetto
di
famiglia nobile: istruiti, educati, raffinati, tanto che in un primo
momento
potevano persino apparire freddi, ma in realtà dietro alla
facciata
convenzionale si nascondeva una famiglia molto semplice e unita, priva
delle
presunzioni tipiche del loro rango. A Regan piaceva soprattutto il
carattere
spontaneo ed esuberante dei gemelli, forse proprio perché
così diverso dal suo,
e trovava affascinante la compostezza matura di Aeden, così
simile a quella del
fratello maggiore Prince.
–
Mi è giunta notizia che avete
avuto un incontro spiacevole sulla vostra via di ritorno dal Bosco di
Aurin –
disse Lord Edelberg, versandosi del vino mentre un paio di servitori
portavano
via i piatti vuoti.
–
Una spiacevole sorpresa, in
effetti, ma per fortuna nessuno si è fatto male –
rispose Lucius, con la sua
proverbiale leggerezza.
–
Gerjen e i suoi tirapiedi si
stanno imponendo sempre di più sulle altre bande di Ladri di
Anime. Hanno
clienti importanti che fanno il loro gioco e loro se li tengono
stretti. Si
farebbero uccidere piuttosto che fare nomi, e senza prove non possiamo
incriminare
chi commercia con loro. È un maledetto circolo vizioso
– disse Prince, amareggiato.
– Se penso che prima che arrivasse Lucius la situazione era
anche peggiore… –
–
Oh, mi farai arrossire! –
–
Il tuo aiuto è stato prezioso,
Lucius. Grazie a te abbiamo potuto studiare nuovi metodi di difesa, e i
Liberatori hanno appreso tecniche che finora erano loro sconosciute.
Per non
parlare del contributo che hai dato al miglioramento dei piani
formativi
dell’Accademia. –
–
Penso fosse il minimo che io
potessi offrire – affermò l’altro,
stavolta senza alcun accenno di ilarità.
Lui,
Prince e Lord Edelberg si
incontrarono in uno sguardo d’intesa che durò
troppo poco perché Regan potesse
caprine o almeno intuirne il significato. Gli altri, invece, sembravano
del tutto
ignari di quello scambio furtivo.
–
Siete riusciti a scoprire
qualcosa di più su chi o cosa ha devastato la fortezza
più inespugnabile della
storia? –
–
Niente di niente – ammise
Prince, frustrato. – Le indagini proseguono senza sosta, ma
la Lega brancola
nel buio. Abbiamo vagliato ogni ipotesi, anche la più
assurda, ma la verità è
che nessuno che ci sia noto può aver manifestato un simile
potere distruttivo. –
–
Chiunque sia stato, gli
dobbiamo un gran bel favore – intervenne Ember. –
Per quanto tempo la Lega ha
tentato invano di fare breccia nella barriera che proteggeva il covo di
Desmond? –
–
Non è tanto quello il problema,
non capisci? – proruppe Aeden. – Sappiamo che
là fuori da qualche parte esiste
qualcuno che possiede un potere tale da fare quello che nessuno prima
è mai
riuscito a fare e non abbiamo idea se sia un alleato o un altro nemico,
e chi
avrebbe potuto dircelo o è morto o purtroppo non
è nelle condizioni di aiutarci
– Il suo sguardo serio e insondabile si spostò
momentaneamente dal fratello e
per una fugace frazione di secondo incontrò quello di Regan
dietro qualche
sottile ciocca di capelli biondi. – Nessuno ha reclamato il
merito
dell’impresa, il che significa che non è stata
compiuta con l’intento di
mettersi in luce, e onestamente dubito si sia trattato di un lodevole
gesto di
puro altruismo. –
Regan
si rese conto di essere
rimasta a bocca aperta con la forchetta dimenticata nel piatto: la sua
attenzione
era stata completamente catalizzata dal discorso di Aeden. Aveva una
cadenza particolare
nel parlato, una tonalità morbida ma decisa che catturava
l’ascoltatore e lo
teneva intrappolato nella sua spirale fino all’ultima parola,
l’ultimo punto
fermo, lasciando solo il desiderio di poterne ascoltare ancora. Era
sicura che
lo spiccato intuito e la bravura oratoria facessero di lui una
brillante
promessa della Domus Aurea. Anche se Lucius aveva detto che i rubacuori
erano i
gemelli, non le riusciva difficile immaginare un certo numero di
ragazze che
seguivano con sospiri trasognati il passaggio di Aeden per i corridoi
dell’accademia, snocciolando sottovoce apprezzamenti sulle
sue spalle larghe,
il corpo atletico, la bellezza tipicamente nordica dei suoi lineamenti
marcati.
–
Dimmi, cara – esordì Lady
Edelberg, mentre arrivava il dolce, una soffice torta decorata da
nuvole di
panna montata. – Ti trovi bene con il nostro Lucius?
–
Regan
si riscosse di colpo e
pregò con tutta sé stessa che nessuno avesse
notato la sua distrazione.
–
Ci troviamo molto bene insieme –
rispose, radiosa, e con la coda dell’occhio vide Anneli
rabbuiarsi. – È stato
molto gentile a offrirsi di occuparsi di me. –
Anche
se Prince sapeva chi lei
fosse, non sapeva fino a che punto potesse addentrarsi nei dettagli,
dato che
la versione ufficiale prestabilita con Castalia prevedeva semplicemente
che lei
fosse con lui in qualità di allieva.
–
Certamente è lui la persona più
indicata per vegliare su qualcuno che non è in grado di
difendere sé stesso –
buttò lì Anneli con casualità, ma
né a Regan né al resto dei presenti
sfuggì l’insinuazione
racchiusa nelle sue parole.
–
Non tutti possono godere della
stessa fortuna che avete tu e i tuoi fratelli di frequentare la Domus
Aurea,
mia cara – le disse il padre con cipiglio severo. –
Sono sicuro che Regan avrà
modo di migliorare rapidamente, ora che può contare su un
mentore come Lucius. –
Era
ovvio che quella fosse
l’ultima cosa che Anneli avesse voluto sentire. Il rosa sulle
sue guance si
intensificò e le sue dita si serrarono talmente forte
attorno alla forchetta da
diventare bianche. Quella, soprattutto se considerata assieme a molte
altre,
non era una reazione difficile da interpretare: Anneli aveva un debole
per
Lucius e non si dava nemmeno una gran pena per nasconderlo.
–
Penso che Regan nasconda delle
buone capacità, nonostante al momento non mostri di averne
una grande
consapevolezza – concordò Lucius. – Ma
ho tutta l’intenzione di istruire a
dovere questa piccola inetta. –
–
Potresti facilmente ottenere un
posto per lei alla Domus, se lo volessi –
sottolineò Aeden.
–
Temo non sia così semplice.
Regan ha un debolissimo contatto con il potere che custodisce, ci
vorrà del
tempo per insegnarle a padroneggiarlo. Ora come ora è
completamente indifesa,
non potrebbe nemmeno tenere testa alle matricole del Primo Livello.
–
Regan
si sentiva addosso molta
più attenzione di quanto era disposta a tollerare. Le
bruciava l’umiliazione
della compassione di quella gente che le stava colando addosso come
piombo
fuso, pesante e bruciante sulle sue spalle nude.
La
mano di Lucius che si posò
sulla sua la riscosse.
–
Non te ne devi vergognare. Io e
Shin ne abbiamo discusso e pensiamo che la cosa migliore per te, ora,
sia
iniziare ad addestrarti con lui. o a provarci, almeno. –
A
Regan suonò strano che ne
avesse discusso con Shin. Che cosa c’entrava lui?
–
Credevo che saresti stato tu a
insegnarmi – si stupì, sforzandosi di mascherare
la delusione. Da un lato,
tuttavia, era una buona notizia: prima avrebbe imparato a badare a
sé stessa,
prima sarebbe stata libera.
–
Ti assicuro che Shin è un
ottimo maestro – le assicurò Lucius. Era un
subdolo diversivo per sviare il
discorso. Ci doveva essere un motivo ben preciso se doveva essere
proprio Shin
a istruirla e il fatto che Lucius non volesse che lei lo sapesse la
insospettiva, ma non ebbe più occasione di tornare
sull’argomento per tutto il
resto della serata.
Terminata
la cena, Lord Edelberg
fece portare un liquore digestivo alla liquirizia il cui profumo
ingolosì
parecchio Regan, ma quando lo assaggiò il sapore fortissimo
di alcol le causò
una smorfia di disgusto che fece ridere tutti.
–
Sei ancora piccola per queste
cose – la stuzzicò Lucius, a cui il liquore, per
qualche ragione, non era
nemmeno stato offerto. Tutti gli Edelberg adulti, invece, erano
già al secondo
giro.
–
Niente alcolici pesanti per le
ragazze sotto i cinquant’anni. –
–
Ufficialmente – sillabò Ember,
muovendo le labbra con un ghigno mentre gettava occhiatine divertite in
direzione della sorella. Anneli effettivamente era la sola, a parte
Regan
stessa e la piccola Luce, a cui non era stato portato il minuscolo
bicchiere di
cristallo.
Regan
si rese conto che c’erano
un’infinità di cose che non sapeva. Non si
trattava solo di una vita intera
cancellata dalla sua memoria, ma di usi e maniere che le erano del
tutto
sconosciuti. Eppure c’erano moltissime altri particolari che
ricordava
perfettamente: l’organizzazione delle Sette Terre, ad
esempio, o la Lega, ma
c’era ancora troppo che le sfuggiva e questo non le piaceva.
Eleonora
stava facendo del suo
meglio per insegnarle i comportamenti consoni a una comune ragazza
perbene e i
miglioramenti si vedevano, ma a Regan la parte della donnina di casa
andava
stretta. Si era concessa del tempo per riprendersi, appena Lucius
l’aveva
portata a casa con sé, ma non ne poteva più di
starsene rinchiusa. Voleva
uscire e vivere, vedere le Terre, cercare la propria
identità al di fuori di sé
anziché in quell’arido dentro senza ricordi.
Decise
che avrebbe parlato a
Lucius di quei sogni strani appena si fossero accommiatati dagli
Edelberg,
quella sera stessa. Voleva dirglielo. Voleva dirgli che poco le
importava della
propria incolumità, che aveva solo voglia di respirare,
perché ogni volta che metteva il naso fuori dalla porta
le sembrava di rinascere.
Quando
ormai nella bottiglia non
restavano altri che poveri rimasugli di liquore in cui galleggiava
qualche
sedimento viscoso, i signori Edelberg invitarono Lucius a seguirli nel
salottino adiacente alla sala da pranzo. Prince si alzò con
loro.
–
Perché non mostrate la casa alla
nostra gentile ospite? – suggerì Lady Edelberg.
A
Regan l’idea non sorrideva
particolarmente, ma colse lo sguardo esortativo di Lucius e comprese di
non
avere scelta. Non che le fosse dispiaciuta la serata, finora: a parte
la velata
ostilità di Anneli, i ragazzi erano stati una compagnia
gradevole e Ember e
Mariek la avevano fatta ridere fin quasi alle lacrime e il suo
carattere
tutt’altro che timido l’aveva portata a
socializzare in fretta.
–
Se volete andare sul sicuro,
mostratele i giardini. –
Regan
gettò a Lucius un’occhiata
di vago interesse e lui ammiccò.
–
Ti garantisco che li adorerai. –
Giardini non era propriamente il termine
che Regan avrebbe
adoperato se le fosse stato chiesto di descrivere ciò che
gli alti cancelli
custodivano entro il loro vasto abbraccio. Probabilmente sarebbe stato
più
accurato definire l’insieme di prati curatissimi, immense
aiuole fiorite e
viottoli lastricati di kival come
un
vero e proprio parco.
Alberi
ad alto fusto di ogni
varietà si ergevano maestosi in macchie irregolari troppo
armoniose ed
equilibrate per essere frutto del caso. Alcuni erano sempreverdi che
già il
freddo notturno aveva iniziato a spolverare di brine argentate. I
decidui,
invece, erano ormai ridotti a sottili fili neri dipinti
sull’altrettanto nera
volta celeste, distinguibili solo grazie al contrasto con una
spettacolare
stellata d’inverno.
Si
strinse il bavero del mantello
sul collo nudo, scacciando un brivido per l’improvviso sbalzo
di temperatura,
mentre i suoi occhi, come mossi da una volontà a
sé stante, esploravano il
nuovo ambiente con famelica curiosità. Improvvisamente, si
sentiva molto più a
suo agio.
Era
il suo elemento, quello: la
natura. Aveva avuto giorni e giorni per sperimentare la differenza, per
capire
quanto diversamente la facesse sentire trovarsi a camminare su un
pavimento di
pietra al quinto piano di un palazzo o sull’erba fresca di un
prato, sulla nuda
terra. Ne risentiva tutto il suo corpo: il sangue si riscaldava e
scorreva più
fluido dentro di lei, avvertiva un formicolio gradevole alle mani e ai
piedi,
dietro la nuca. Si sentiva più forte.
I
tre fratelli camminavano pochi
passi avanti a lei. Mariek ed Ember tenevano Luce per mano, facendole
fare di
tanto in tanto qualche piccolo volo in aria. Anneli, invece, le
camminava
accanto, impassibile e superba.
–
Lucius è una brava persona. –
–
Sì – Regan rispose, pur non
comprendendo il motivo di quell’esordio inatteso. –
Lo è. –
Le
onde perfette in cui erano
stati acconciati i capelli scuri di Anneli si mossero sotto le lusinghe
silenziose del vento che appena si faceva sentire tra gli alberi del
giardino.
Qualcosa di simile a un sorriso le toccava le labbra, ma che di un
sorriso non
aveva né la serenità né la convinzione.
–
Non dovresti lasciarti
incantare troppo facilmente dalle sue premure e dalle sue belle parole
–
Di
un sorriso non aveva nemmeno
la sporadica pretesa di saper mentire.
–
Lui è così con tutte: un audace
galante per il puro piacere di esserlo. Fossi in te lascerei perdere,
prima che
sia troppo tardi. –
Regan
aggrottò la fronte.
–
Di cosa stai parlando? –
–
Del modo in cui guardi Lucius. –
Gli
occhi di marmo nero di Anneli
si opposero gelidi ai suoi, riflettendo pallidi raggi di una luna
glaciale nel
suo letto dalle coltri nere, e Regan capì che negare sarebbe
stato inutile.
Forse, in fin dei conti, loro due avevano qualcosa che le accomunava.
Anneli
portava scarpe costose, i
cui tacchi colpivano la dura pietra con una serie di suoni secchi. Si
fermò
accanto a un cespuglio di perfetta forma sferica alto quanto lei.
–
Fidati di me: lascia perdere,
finché puoi. Risparmia a te stessa l’umiliazione
di costruirti speranze senza
futuro. –
La
sensazione che Regan provò
intimamente era strana, come se una bolla di acqua ghiacciata le avesse
appena
ceduto nel petto, congelandole il respiro.
–
Non te le sto dicendo per cattiveria
– ci tenne a precisare Anneli, ma non vi era alcuna traccia
di dispiacere nel
suo tono. Di compassione, forse. – Al mondo esiste una sola
donna agli occhi di
Lucius, e, ironia della sorte, sembra essere l’unica in tutte
le Sette Terre
che non sia disposta a cedere al suo fascino. –
Regan
deglutì il vuoto.
Pensò
ad Angina e a Eleonora, le
due donne che fino ad ora avevano dimostrato di avere un legame
più forte con
lui, ma né l’una né l’altra
le sembravano ipotesi plausibili. Nondimeno, si
sentiva crescere dentro una delusione che sorprendeva anche lei.
Lucius…
Provava
gratitudine verso di lui.
Un’immensa, intensa gratitudine. Come avrebbe potuto essere
diversamente? Lui
le aveva salvato la vita, le aveva offerto un posto in casa sua, una
protezione
costante, e che lei gli fosse riconoscente era davvero il minimo. Ma
quella
rivelazione che le era piovuta dal cielo senza essere stata cercata la
aveva
colpita con più forza di quel che si sarebbe mai potuta
immaginare, e adesso si
chiedeva chi fosse quella donna, chi fosse che gli occhi azzurri di
Lucius
amavano accarezzare con il pensiero. Più ci pensava,
più si convinceva che non
ci potesse essere nessuno che meritasse di essere l’oggetto
delle sincere
attenzioni di un ragazzo come lui.
Anneli
si sbagliava sicuramente,
e se non si sbagliava allora stava mentendo. Dopotutto, Lucius le
piaceva.
–
E chi sarebbe? –
Un
sorriso beffardo ma
tremendamente amaro passò sulle labbra dell’altra.
–
Se devi domandarlo, significa
che ancora non l’hai incontrata, perché quando la
incontrerai, credimi, saprai
che è lei. –
Regan
non era disposta a
prendersi una simile pugnalata a metà. Se fossero state solo
loro due, avrebbe
insistito per scoprire qualcosa di più, ma i ragazzi le
stavano chiamando e
Anneli si era già incamminata, lasciandosi sospesa alle
spalle la conversazione
da lei stessa iniziata.
I
ragazzi portarono Regan a
visitare le serre che si trovavano subito accanto al castello, ma lei
ormai
aveva la mente altrove e a stento considerò le centinaia di
migliaia di fiori
che prosperavano quieti entro le loro dimore di vetro, incuranti delle
rigide
temperature che calavano all’esterno.
In
un altro momento – o
semplicemente una manciata di minuti prima – si sarebbe
completamente lasciata
rapire dalla miriade di colori e profumi di quel luogo che sembrava
esente
dall’influenza del tempo. In un altro momento,
anziché passare semplicemente
accanto a un roseto in piena fioritura, si sarebbe soffermata ad
accarezzare i
petali vellutati, inspirandone la fragranza delicata. Non aveva mai
visto rose
così: erano di un colore corposo, un rosso sorprendentemente
simile a quello
dei suoi capelli, contaminato lungo il bordo frastagliato dei petali da
sfumature
irregolari di un intensissimo nero. Il loro profumo dolce e vagamente
acidulo le
penetrò nei polmoni e per un solo brevissimo istante le fece
dimenticare le
parole di Anneli. Senza esserne del tutto cosciente, allungò
una mano per
toccarla.
–
Sangue d’Angelo.
–
Trasalì,
e finì inavvertitamente
punta da una grossa spina. Al suo fianco, Aeden arricciò
appena l’angolo delle
labbra.
–
Sono una varietà unica, creata
un paio di secoli fa da nostro bisnonno, Tristan I, grande appassionato
di
botanica. Le rose private della famiglia Edelberg. –
Regan
fissò ora la rosa, ora il
proprio dito, su cui era sgorgata una minuscola perla rubina
nell’esatto punto
dove la spina aveva ferito. Sembrava che i fiori fossero stati dipinti
del suo
stesso sangue.
Sangue d’Angelo e sangue di demone hanno
lo stesso colore.
La
sua testa era già lontana quando
Aeden iniziò a illustrarle la storia di quelle particolari
rose. Captò qualche
accenno alla loro assoluta unicità e a qualche
peculiarità del loro odore, ma
c’era tutt’altro a occupare i suoi pensieri.
Un’incrinatura
aperta di fresco
nel cuore, tanto per cominciare, e l’ennesima domanda priva
di risposta che si
era appena aggiunta a un elenco già fin troppo lungo.
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A/N: grazie mille a tutti voi che leggete e soprattutto a
chi ha messo la storia tra i preferiti. :)
Grazie in particolare a:
Shadow_Soul:
hai
ragione, la cosa delle
età è un po' destabilizzante, ma è
facile da capire: angeli e demoni vivono circa il doppio degli esseri
umani (è scritto, da qualche parte, ma non ricordo in che
punto XD). Quindi, per rispondere alla tua curiosità, in
anni umani Regan avrebbe circa 18 anni. Venena ti sta antipatica...
bene, perché effettivamente lo è. ;) O meglio,
è così che volutamente è fatta
apparire. Ha i suoi pregi, sotto sotto, ma a conti fatti ha davvero un
pessimo carattere. Hai anche fatto un'osservazione molto acuta, nella
tua confusione: chi sono i buoni e chi i cattivi? Ebbene, credo che la
risposta vera e propria stia solo a te. Molti dei personaggi presentati
sono considerati i "Buoni" nel loro contesto sociale, ma andando avanti
scopriremo che non sempre i "buoni" sono i migliori, e soprattutto non
sono "Buoni" solo perchè tali si autodefiniscono. Stesso
discorso per i "cattivi". Insomma, c'è solo da leggere e
scoprire per capire meglio. :) Come hai giustamente detto tu: andando
avanti tutto (o quasi) verrà svelato e le tue domande
avranno le loro risposte. E ti segnerò tra gli shipper
Lucius/Regan, che so già saranno tanti, anche se lei nelle
sue visioni vede Prince, ma anche questo ha un suo perché, e
lo vedremo verso la fine. :) Sproloqui a parte... grazie!
Milou_
: ti ringrazio molto per i complimenti! *-* Anche tu hai tante domande
e risponderò a quelle che posso! Intanto, Regan si tiene per
sè il suo "potere curativo" per due motivi: il primo
è che non è sicura nemmeno lei di quello che
è successo, il secondo è che si considera
già fin troppo strana e ha paura che se mostra troppe
peculirità, Lucius sospetti che abbia qualcosa da
nascondere. Poi, hai fatto due osservazioni veramente sottili e mi
complimento! Lucius ha un passato molto interessante e pian piano,
granello per granello, lo disseppelliremo; per quel che riguarda Regan,
l'angelo che è morto non era suo padre, ma come concetto ci
va molto vicino, hai un occhio molto sensibile! ;) A suo tempo, tutto
sarà spiegato. Compreso Prince che fa capolino nella testa
di Regan. ;)
Da qui in poi penso che la storia inizi a vivacizzarsi e farsi un po'
più interessante e "vissuta", quindi spero vi piaccia.
Commenti e osservazioni sono sempre più che graditi,
quindi... grazie in anticipo a chi ne lascerà uno. :)
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