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Autore: Lady Vibeke    16/04/2011    5 recensioni
Una donna urla, la voce frammentata da singhiozzi.
Tutto è buio.
Battiti di cuore come tamburi attorno a lei, stretta tra braccia esili. Occhi innocenti di bambina si sgranano nell’angoscia dell’incapacità di comprendere quel caos improvviso.
– Dammi la bambina – Sentenzia la persona senza volto, ed è un ordine ineluttabile che impregna l’oscurità.
C’è il terrore che spadroneggia nella bimba. Troppo piccola per capire, ma abbastanza grande per rendersi conto del pericolo. E intanto quelle braccia insistono a volerla proteggere.
– Se la consegnate a me, sarà salva. Loro stanno arrivando. Se riescono a trovarla, la prenderanno e la uccideranno sotto ai vostri occhi. Datela a me. –
– Cosa vuoi da lei? –
Un lampo squarcia le tenebre. Il volto di una donna appare per un brevissimo istante al di sotto del cappuccio.
– Voglio salvarle la vita. –
Il silenzio della tensione calca sulle loro teste, impietoso. In lontananza, nitriti selvaggi si mescolano a un rumore di zoccoli in corsa.
Le braccia della ragazza si allentano attorno al corpicino indifeso della piccola. Altre due braccia sottili si aprono in un invito. Tutto è preda di una tensione innaturale. Tutto è immobile.
Poi un lampo di luce rossa divora ogni cosa.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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9. RITRATTO DI FAMIGLIA

 

Sometimes I feel like I don't belong anywhere
It's gonna take so long for me to get to somewhere
Sometimes I feel so heavy hearted
But I can't explain cause I'm so guarded
But that's a lonely road to travel
And a heavy load to bear

– Send Me An Angel, Alicia Keys –

 

 

 

– Cerbiattina, ti vuoi rilassare? Nessuno ha intenzione di mangiarti per cena. –

– Quasi lo preferirei. –

Regan aveva la matematica certezza che avrebbe fatto qualche orribile figuraccia. Non sapeva niente di galateo e tutti quei precisi comportamenti che andavano tenuti in occasione di eventi come una cena presso una famiglia di nobili, anche se informale. Quel poco che aveva tentato di inculcarle Eleonora non era nemmeno riuscito ad attecchire, essendosi andato a sovrapporre a svariati altri strati di pensieri ben più impellenti, come ad esempio, appunto, la disastrosa serata che la aspettava.

Per prima cosa, in quel vestito lungo e voluminoso non si sentiva affatto a suo agio e, checché ne avessero detto Eleonora, Calien e Lucius, proprio non riusciva a trovare tutte quelle balze e quei merletti compatibili con la sua figura, e ancor meno con i suoi gusti. Inoltre, non essendoci abituata, inciampava continuamente nell’orlo della gonna, impacciata anche dalle scarpe fin troppo eleganti. Come se non bastasse, Eleonora aveva dimenticato ogni precedente clemenza e aveva tirato i lacci del corsetto senza alcuna pietà, così adesso Regan non solo faceva fatica a camminare con disinvoltura, ma aveva anche serie difficoltà a respirare.

– Hai affrontato guai ben peggiori, ultimamente, non capisco proprio perché ti agiti tanto. E non ti rosicchiare le unghie il quel modo – la sgridò Lucius, allontanandole la mano dalla bocca. – Alla Quercia d’Argento eri così calma e spontanea… –

– Un conto è fare baldoria con dei ragazzi chiassosi, un altro è evitare di fare la figura della plebea davanti a dei signori. –

– Sciocchezze! Se Lord e Lady Edelberg mi hanno sempre accettato per l’indisciplinato figlio di nessuno che sono, non penso avranno problemi a fare lo stesso con una fanciulla graziosa e beneducata come te. Be’, beneducata quando vuole lei, almeno. Non è vero? –

– Oh, piantala!

– Considera questa cena come una prova per le celebrazioni del Solstizio d’Inverno. –

– Non ci voglio venire. Non so nemmeno ballare. –

Era una mezza bugia. Tra le altre cose, Eleonora aveva tentato di insegnarle anche qualche passo di danza, ma lei si era dimostrata ben poco propensa a imparare. Si era sentita così patetica e goffa che aveva giurato alla propria dignità che mai più nella sua vita ci avrebbe riprovato.

– Tu ci verrai, perché sei un’asociale patologica e hai un impellente bisogno di imparare a stare in mezzo alla gente. Se poi non vorrai ballare – e, credimi, lo vorrai – potrai startene in un angolino a farti gli affari tuoi. –

Il sogghigno malizioso che Lucius le allungò non aiutò affatto a far sentire Regan meno inadeguata.

– Mi sento ridicola. –

– Probabilmente così non sarebbe, se tu pensassi meno a cos’hai addosso e di più a goderti la serata. –

La carrozza alle loro spalle se n’era appena andata. Li aveva lasciati davanti a una cancellata di ferro battuto che sembrava una manifesta minaccia nei confronti di eventuali visitatori privi di esplicito invito: altissima e nera, piena di aguzzi puntali in tutta la sua lunghezza, spirali di rami morti che si arrampicavano su per le sbarre attorcigliandosi le une nelle altre fino a confondersi. Al di là di quel tetro confine, un viale enorme si stendeva in leggera salita tra due filari di austeri cipressi fino a un sontuoso castello di pietra scura che al buio e nella nebbia appena si vedeva. Aveva addirittura l’impressione che tra gli alberi del giardino ci fossero occhi che apparivano e sparivano in ogni dove.

Quando rabbrividì, Lucius le disse che era solo suggestione.

– Ha un aspetto più invitante, di giorno, soprattutto in primavera, ma quando saremo entrati te ne innamorerai, garantito. –

A Regan non era ben chiaro perché a lei fosse toccato agghindarsi in quel modo, mentre lui era vestito esattamente come al solito. Le offrì il braccio e lei fu ben lieta di prenderlo, se non altro per sentirsi più sicura sulla via verso il palazzo. Non c’erano lampioni a illuminare il passaggio, ma lustre sfere di kival brillavano a terra come decine di lune piene in miniatura.

Una volta di fronte al portone principale, Lucius aspettò a calare il pesante batacchio di ottone.

– Pronta? –

– Fa qualche differenza se dico di no? –

– Assolutamente nessuna, ma mi sembrava educato chiedertelo – sorrise lui.

– C’è qualcosa che devo sapere su questa gente, prima di entrare? Cose che dovrei evitare di dire o fare… –

– Dipende da su chi vuoi fare colpo. –

– Lucius, seriamente! –

– Una cosa in effetti ci sarebbe. –

Regan capì che non stava più scherzando.

– Lord Edelberg ha il volto sfigurato da un paio di brutti sfregi. Cerca di non fissarlo troppo. – Poi, finalmente, calò il battente.

Quasi con fece in tempo a lasciarlo andare, che uno dei due battenti la porta già si stava aprendo con un lieve scricchiolio. Ne emerse un uomo in livrea con un viso avvizzito e scavato e severi occhi azzurri contornati da profonde rughe, che ben si accompagnavano ai capelli bianchi e alle sopracciglia incolte.

– Buonasera, Tjeren. –

– Signor Henker, milady – l’uomo si prostrò in un profondo inchino, introducendoli in casa. – I signori Edelberg vi attendono. Prego, da questa parte –

Effettivamente, all’interno il castello appariva abissalmente diverso: benché i colori blu e argento del blasone di famiglia fossero ripresi in tendaggi, tappeti e arazzi, non riuscivano a imprimere nell’ambiente le loro tonalità fredde. Luci calde e morbide ricadevano su ogni cosa dall’alto dei giganteschi lampadari e più modeste fiammelle gialle bruciavano silenziose nelle fini lampade di vetro incastonate nei muri. Regan pensò che avrebbe percepito la ricchezza di quel posto anche a occhi chiusi.

Tjeren prese i loro mantelli e si allontanò per sistemarli.

– Oh, eccoli! Eccoli qua! Che piacere, che piacere! –

Dal nulla, o così sembrava, era intanto sbucata un donnina minuscola ma ben piazzata, che trotterellò verso di loro estasiata, le guance rosse e le mani protese.

– Lucius! – chiocciò, abbracciandolo con tale trasporto che Regan temette gli avrebbe spezzato qualche costola. – Diventi più affascinante ogni giorno che passa, ragazzaccio che non sei altro! Non c’è da stupirsi che la signorina Anneli… –

– È sempre un piacere vederti, Melyor – si permise di interromperla Lucius, sciogliendo l’abbraccio per presentarle Regan.

– Oh, sì, ma certo – annuì la donna, e la voluminosa crocchia di capelli ingrigiti che aveva in cima alla testa ciondolò un poco. Si avvicinò per osservarla meglio, sollevandosi sulla punta nel naso un paio di occhialetti che teneva appesi al collo con una catenella sottilissima. – Oh, cielo, ma sei una bambina! Da come quegli scellerati parlano di te, pensavo fossi almeno dell’età del signorino Aeden. –

Lucius ebbe l’accortezza di andare in soccorso di Regan.

– Gli scellerati in questione sono Mariek ed Ember. Donna Melyor è stata la nutrice di tutti i ragazzi Edelberg. –

– Come lo sono stata di loro padre e dei i suoi fratelli, prima di loro – si vantò la donna.

– Ma come quei due diavoli non ce n’è mai stati, in questa rispettabile famiglia! – si intromise Tjeren, di ritorno.

– Smettila di ciarlare e vattene ad avvisare i signori che i loro ospiti sono qui, tu! – bofonchiò Melyor, spingendolo verso le scale. – Io intanto li accompagno di là. –

Tjeren non si ribellò, ma se ne andò borbottando seccamente tra sé.

Senza badarvi, Melyor fece strada verso un salone da cui provenivano delle voci concitate.

– Giù le mani, idioti! Mi state rovinando la fatica di un pomeriggio! –

– Non sembrerai una vera donna solo perché ti sei arricciata un po’ i capelli, sorellina! –

– Ember, sei ingiusto a sminuirla così! Si è anche messa i topazi della mamma! –

– Basta litigare, voialtri! Fate finta di comportarvi come si deve, almeno in presenza di ospiti! – sbraitò Melyor, irrompendo nella stanza senza disturbarsi a bussare.

Ogni attività si interruppe immediatamente. Regan contò sei volti colti di sorpresa; a parte i quattro ragazzi che già conosceva, ce n’erano quindi due in più di quelli che si era aspettata.

Prince e Aeden occupavano due alte poltrone di fronte all’imponente camino acceso; in braccio al primo c’era una bambina bionda con un visetto tondo e angelico. Sul lungo sofà, invece, Ember e Mariek avevano ancora le mani serrate sulle braccia di una ragazza dall’aria scocciata.

– Miss Regan, quale sommo piacere rivedere la vostra incantevole persona! –

– Assolutamente, assolutamente! –

Regan non seppe dire quale dei due gemelli che si erano precipitati da lei fosse l’uno e quale l’altro. Si limitò a sorridere goffamente.

– Siete due buffoni, dovreste vergognarvi. –

Aeden li aveva raggiunti. Scartò i fratelli e accolse Regan con un proverbiale baciamano degno di un vero galantuomo.

– Perdona la mancanza di cavalleria di questi due villani. –

Alzò lo sguardo: era arrivato anche Prince. Rifugiata tra le sue braccia, la bimba sbirciava curiosa. Regan si sentiva in imbarazzo davanti a lui a causa della frequenza con cui se lo vedeva comparire in sogni e visioni inconsulte.

– Questa è Luce, la piccola di casa. Saluta Regan, Luce, non essere maleducata. –

La bambina sollevò la testa dalla sua spalla e fece un vergognoso cenno con la manina.

– Questo è il meglio che tu possa aspettarti da lei – disse Prince a mo’ di scuse, ma con un tono affettuoso. – E quella laggiù è Anneli. –

Regan aveva quasi rimosso la presenza della ragazza. Era ferma a pochi passi da lei, avvolta in un magnifico abito color cipria che faceva risaltare i suoi occhi neri e le guance rosate. Era molto bella. I suoi occhi indugiarono per un attimo sulla mano che Regan teneva aggrappata al braccio di Lucius.

– Buonasera – disse. Aveva una voce sottile e molto consona alla sua espressione altezzosa. – Ciao, Lucius. –

A Regan non sfuggì il repentino cambiamento di espressione e inflessione che Anneli adottò nel rivolgersi a lui. Gli stava sorridendo con tale compiacenza che parlava per lei.

– Bene, basta con i convenevoli, adesso! – interloquì uno dei due gemelli, prendendo Regan sottobraccio. – Pensiamo alla socializzazione! –

Non fece in tempo a muovere un passo che Donna Melyor li aveva già divisi, strattonando il ragazzo per un orecchio.

– Il braccio si offre, Mariek, non si impone! Ah, che frustrazione… una passa la vita a cercare di educarli come dei ragazzi perbene e loro vengono su così! Chiedi subito scusa a Miss Regan, giovanotto. –

– Sono Ember, non Mariek! – protestò il ragazzo, ma Lucius gli mimò la parola “bugiardo” con le labbra.

– Lascia perdere questi giochetti, fratello – intervenne quello che doveva essere il vero Ember. Regan si annotò mentalmente che era quello con la camicia bianca e il panciotto rosso scuro. – Con Lucius in giro non c’è gusto. –

– Benedetto ragazzo, un giorno avrai la carità di spiegarmi come ci riesci, a distinguere queste due gocce d’acqua. Sono identici perfino nella voce – sospirò la donna, le mani puntellate sui fianchi possenti.

Per tutta risposta, Lucius si aprì in un sorriso modesto.

L’attenzione di Regan, nel frattempo, era caduta sul grande dipinto appeso sopra al camino che ritraeva un gruppetto di persone riunite in una sorta di composizione stranamente disarmonica.

Regan si accostò al quadro per vedere meglio. Un uomo distinto sedeva su un trono blu profilato d’argento, due baffi neri a indurire ulteriormente il suo sguardo severo. Sulle sue ginocchia sedeva una bambina pressappoco dell’età di Luce, ma con lunghi boccoli scuri. A Regan parve identica alla piccola Hemel. Seduta sul bracciolo destro del trono, una donna riccamente vestita si teneva un ventaglio di pizzo all’altezza del petto e vegliava austera sull’osservatore. Alle sue spalle, in piedi, c’erano un ragazzo poco più che adolescente, attraente e molto simile all’uomo sia nell’aspetto che nel rigore della postura, e una ragazza appena più giovane dall’aria particolarmente cocciuta.

– Ti piace? – le chiese Aeden.

Regan non si era nemmeno accorta che fosse giunto accanto a lei.

– Sono vostri parenti? – gli domandò, notando che tutte le persone ritratte avevano occhi che sembravano gemme nere, proprio come lui e i suoi fratelli. Tutti tranne la signora, che li aveva di un bel castano dorato. – Avete tutti gli stessi occhi. –

– Già – sovvenne Lucius, unendosi a loro. – Gli occhi d’ambra nera degli Edelberg. –

– Questo è mio nonno, Tristan II – le disse Aeden, indicandole l’uomo. – Mia nonna Norja – e indicò la donna. – Mio padre, Tristan III, sua sorella maggiore Malissa e sua sorella minore Persefone. –

– Persefone? – si stupì Regan. – Intendi… –

– Il Coordinatore del Nucleo di Brenner – confermò Mariek, sopraggiungendo tronfio. – Siamo i nipoti più invidiati delle Sette Terre –

Regan tornò a studiare il quadro. Continuava a non tornarle qualcosa.

– Chi è che manca? –

Un silenzio improvviso piombò nella stanza.

– Come hai detto? – fece Prince, aggrottando la fronte.

– Manca qualcuno, mi pare – disse lei, additando il lato sinistro del quadro, in alto, dove lo sfondo di un drappo di broccato non riusciva a riempire un vuoto innaturale che squilibrava tutta la composizione. – Ma forse mi sbaglio io… –

– Non sbagliate, milady. –

Anche senza aver prima visto il suo ritratto da giovane, sarebbe stato impossibile non riconoscere Lord Edelberg. Come le aveva preannunciato Lucius, il suo volto era solcato da parte a parte da due vistose cicatrici oblique, come se fosse stato aggredito dagli artigli di un animale gigantesco. Ma al di sotto di quegli sfregi e ai segni di un’età non più giovanissima si intravedeva ancora il ragazzo che era stato un tempo. Somigliava molto ai gemelli, a Aeden e a Luce, mentre Prince e Anneli, con i loro capelli scuri e il mento aguzzo, erano molto più simili alla madre.

Tuttavia, benché Lady Edelberg fosse una dama elegante e tutto sommato di gradevole aspetto, non era dotata della stessa bellezza spiccata dei figli. Il bustino stretto dell’abito non riusciva a dissimulare del tutto la sua corporatura generosa. Occhi azzurri e svegli tradivano una personalità forte, mitigata solo dalla gentilezza del sorriso sulle labbra fini e richiamata invece da una fossetta al centro del mento.

Stringeva il braccio del marito con umiltà, come se, anziché una nobildonna, fosse stata una qualunque donna del popolo.

– Un tempo quel posto che ora vedete vuoto era occupato da mio fratello minore Ardal – proseguì Lord Tristan, avanzando assieme alla moglie. – Venne cancellato dal testamento di famiglia come lo fu da quel quadro e dagli alberi genealogici, ormai quasi mezzo secolo fa –

Parlava con grande rammarico, e tuttavia non c’era segno di un reale rimorso in lui. Si fermò davanti al ritratto e il suo sguardo grave si posò sul punto in cui sarebbe dovuto comparire il fratello.

– Perse la testa per una ragazza da cui avrebbe dovuto stare lontano e scapparono insieme, disonorando entrambe le famiglie. Da allora non abbiamo mai più avuto loro notizie. –

Regan credette di vedere un riverbero acquoso nei suoi occhi, ma doveva essersi sbagliata, perché quando Tristan distolse lo sguardo dal quadro e lo diresse su di lei, non c’era più alcuna traccia di emotività.

– Ho sempre considerato questa storia come un monito di avvertimento per i miei figli – aggiunse, con una rapida panoramica sui chiamati in causa.

– Non crucciatevi, padre – gli disse Ember, e poi aggiunse, con una magniloquenza che rese ancora più comica la sua sceneggiata: –  Nessuno di noi sarebbe mai così stolto da scappare con una fanciulla che non abbia previo ottenuto la vostra esplicita approvazione. A parte forse Anneli. Ahi! –

Donna Melyor gli aveva afferrato un orecchio a quella battuta fin troppo audace e glielo aveva storto con prepotenza, costrigendolo a piegarsi su sé stesso.

La sorella, arrossita e indignata, apprezzò il gesto.

 

 

Poco dopo venne Tjeren ad avvisare che a breve la cena sarebbe stata servita.

Si accomodarono tutti in una sala da pranzo al piano superiore. Regan strabuzzò gli occhi nel vedere la tavola imbandita che li attendeva: era così lunga e ingombra che avrebbe potuto accogliere e sfamare un piccolo esercito.

Contrariamente ai suoi timori, Regan scoprì che la tutta famiglia Edelberg era una compagnia piacevole. Scoprì anche da chi i gemelli avessero ereditato la loro esuberanza: Lady Arista Edelberg, una volta superati i primi momenti di comprensibile formalità, si rivelò una gran chiacchierona pronta alla risata.

In particolare Regan era stata completamente conquistata da Luce: dopo la timidezza iniziale, la bambina aveva dimenticato in fretta di avere intorno un’estranea e si era completamente abbandonata alla spontaneità. Dei fratelli maggiori, quello verso cui mostrava un maggiore attaccamento era Prince, che la viziava e coccolava con un’adorazione così spiccata che quasi stonava con l’immagine seria e compita che dava di sé. Anche Lucius si strava dimostrando discretamente capace con la piccola, ma questa non era una sorpresa: Regan era già abituata a vederlo con Calien.

A una valutazione superficiale, gli Edelberg erano una perfetta incarnazione del tradizionale concetto di famiglia nobile: istruiti, educati, raffinati, tanto che in un primo momento potevano persino apparire freddi, ma in realtà dietro alla facciata convenzionale si nascondeva una famiglia molto semplice e unita, priva delle presunzioni tipiche del loro rango. A Regan piaceva soprattutto il carattere spontaneo ed esuberante dei gemelli, forse proprio perché così diverso dal suo, e trovava affascinante la compostezza matura di Aeden, così simile a quella del fratello maggiore Prince.

– Mi è giunta notizia che avete avuto un incontro spiacevole sulla vostra via di ritorno dal Bosco di Aurin – disse Lord Edelberg, versandosi del vino mentre un paio di servitori portavano via i piatti vuoti.

– Una spiacevole sorpresa, in effetti, ma per fortuna nessuno si è fatto male – rispose Lucius, con la sua proverbiale leggerezza.

– Gerjen e i suoi tirapiedi si stanno imponendo sempre di più sulle altre bande di Ladri di Anime. Hanno clienti importanti che fanno il loro gioco e loro se li tengono stretti. Si farebbero uccidere piuttosto che fare nomi, e senza prove non possiamo incriminare chi commercia con loro. È un maledetto circolo vizioso – disse Prince, amareggiato. – Se penso che prima che arrivasse Lucius la situazione era anche peggiore… –

– Oh, mi farai arrossire! –

– Il tuo aiuto è stato prezioso, Lucius. Grazie a te abbiamo potuto studiare nuovi metodi di difesa, e i Liberatori hanno appreso tecniche che finora erano loro sconosciute. Per non parlare del contributo che hai dato al miglioramento dei piani formativi dell’Accademia. –

– Penso fosse il minimo che io potessi offrire – affermò l’altro, stavolta senza alcun accenno di ilarità.

Lui, Prince e Lord Edelberg si incontrarono in uno sguardo d’intesa che durò troppo poco perché Regan potesse caprine o almeno intuirne il significato. Gli altri, invece, sembravano del tutto ignari di quello scambio furtivo.

– Siete riusciti a scoprire qualcosa di più su chi o cosa ha devastato la fortezza più inespugnabile della storia? –

– Niente di niente – ammise Prince, frustrato. – Le indagini proseguono senza sosta, ma la Lega brancola nel buio. Abbiamo vagliato ogni ipotesi, anche la più assurda, ma la verità è che nessuno che ci sia noto può aver manifestato un simile potere distruttivo. –

– Chiunque sia stato, gli dobbiamo un gran bel favore – intervenne Ember. – Per quanto tempo la Lega ha tentato invano di fare breccia nella barriera che proteggeva il covo di Desmond? –

– Non è tanto quello il problema, non capisci? – proruppe Aeden. – Sappiamo che là fuori da qualche parte esiste qualcuno che possiede un potere tale da fare quello che nessuno prima è mai riuscito a fare e non abbiamo idea se sia un alleato o un altro nemico, e chi avrebbe potuto dircelo o è morto o purtroppo non è nelle condizioni di aiutarci – Il suo sguardo serio e insondabile si spostò momentaneamente dal fratello e per una fugace frazione di secondo incontrò quello di Regan dietro qualche sottile ciocca di capelli biondi. – Nessuno ha reclamato il merito dell’impresa, il che significa che non è stata compiuta con l’intento di mettersi in luce, e onestamente dubito si sia trattato di un lodevole gesto di puro altruismo. –

Regan si rese conto di essere rimasta a bocca aperta con la forchetta dimenticata nel piatto: la sua attenzione era stata completamente catalizzata dal discorso di Aeden. Aveva una cadenza particolare nel parlato, una tonalità morbida ma decisa che catturava l’ascoltatore e lo teneva intrappolato nella sua spirale fino all’ultima parola, l’ultimo punto fermo, lasciando solo il desiderio di poterne ascoltare ancora. Era sicura che lo spiccato intuito e la bravura oratoria facessero di lui una brillante promessa della Domus Aurea. Anche se Lucius aveva detto che i rubacuori erano i gemelli, non le riusciva difficile immaginare un certo numero di ragazze che seguivano con sospiri trasognati il passaggio di Aeden per i corridoi dell’accademia, snocciolando sottovoce apprezzamenti sulle sue spalle larghe, il corpo atletico, la bellezza tipicamente nordica dei suoi lineamenti marcati.

– Dimmi, cara – esordì Lady Edelberg, mentre arrivava il dolce, una soffice torta decorata da nuvole di panna montata. – Ti trovi bene con il nostro Lucius? –

Regan si riscosse di colpo e pregò con tutta sé stessa che nessuno avesse notato la sua distrazione.

– Ci troviamo molto bene insieme – rispose, radiosa, e con la coda dell’occhio vide Anneli rabbuiarsi. – È stato molto gentile a offrirsi di occuparsi di me. –

Anche se Prince sapeva chi lei fosse, non sapeva fino a che punto potesse addentrarsi nei dettagli, dato che la versione ufficiale prestabilita con Castalia prevedeva semplicemente che lei fosse con lui in qualità di allieva.

– Certamente è lui la persona più indicata per vegliare su qualcuno che non è in grado di difendere sé stesso – buttò lì Anneli con casualità, ma né a Regan né al resto dei presenti sfuggì l’insinuazione racchiusa nelle sue parole.

– Non tutti possono godere della stessa fortuna che avete tu e i tuoi fratelli di frequentare la Domus Aurea, mia cara – le disse il padre con cipiglio severo. – Sono sicuro che Regan avrà modo di migliorare rapidamente, ora che può contare su un mentore come Lucius. –

Era ovvio che quella fosse l’ultima cosa che Anneli avesse voluto sentire. Il rosa sulle sue guance si intensificò e le sue dita si serrarono talmente forte attorno alla forchetta da diventare bianche. Quella, soprattutto se considerata assieme a molte altre, non era una reazione difficile da interpretare: Anneli aveva un debole per Lucius e non si dava nemmeno una gran pena per nasconderlo.

– Penso che Regan nasconda delle buone capacità, nonostante al momento non mostri di averne una grande consapevolezza – concordò Lucius. – Ma ho tutta l’intenzione di istruire a dovere questa piccola inetta. –

– Potresti facilmente ottenere un posto per lei alla Domus, se lo volessi – sottolineò Aeden.

– Temo non sia così semplice. Regan ha un debolissimo contatto con il potere che custodisce, ci vorrà del tempo per insegnarle a padroneggiarlo. Ora come ora è completamente indifesa, non potrebbe nemmeno tenere testa alle matricole del Primo Livello. –

Regan si sentiva addosso molta più attenzione di quanto era disposta a tollerare. Le bruciava l’umiliazione della compassione di quella gente che le stava colando addosso come piombo fuso, pesante e bruciante sulle sue spalle nude.

La mano di Lucius che si posò sulla sua la riscosse.

– Non te ne devi vergognare. Io e Shin ne abbiamo discusso e pensiamo che la cosa migliore per te, ora, sia iniziare ad addestrarti con lui. o a provarci, almeno. –

A Regan suonò strano che ne avesse discusso con Shin. Che cosa c’entrava lui?

– Credevo che saresti stato tu a insegnarmi – si stupì, sforzandosi di mascherare la delusione. Da un lato, tuttavia, era una buona notizia: prima avrebbe imparato a badare a sé stessa, prima sarebbe stata libera.

– Ti assicuro che Shin è un ottimo maestro – le assicurò Lucius. Era un subdolo diversivo per sviare il discorso. Ci doveva essere un motivo ben preciso se doveva essere proprio Shin a istruirla e il fatto che Lucius non volesse che lei lo sapesse la insospettiva, ma non ebbe più occasione di tornare sull’argomento per tutto il resto della serata.

Terminata la cena, Lord Edelberg fece portare un liquore digestivo alla liquirizia il cui profumo ingolosì parecchio Regan, ma quando lo assaggiò il sapore fortissimo di alcol le causò una smorfia di disgusto che fece ridere tutti.

– Sei ancora piccola per queste cose – la stuzzicò Lucius, a cui il liquore, per qualche ragione, non era nemmeno stato offerto. Tutti gli Edelberg adulti, invece, erano già al secondo giro.

– Niente alcolici pesanti per le ragazze sotto i cinquant’anni. –

– Ufficialmente ­– sillabò Ember, muovendo le labbra con un ghigno mentre gettava occhiatine divertite in direzione della sorella. Anneli effettivamente era la sola, a parte Regan stessa e la piccola Luce, a cui non era stato portato il minuscolo bicchiere di cristallo.

Regan si rese conto che c’erano un’infinità di cose che non sapeva. Non si trattava solo di una vita intera cancellata dalla sua memoria, ma di usi e maniere che le erano del tutto sconosciuti. Eppure c’erano moltissime altri particolari che ricordava perfettamente: l’organizzazione delle Sette Terre, ad esempio, o la Lega, ma c’era ancora troppo che le sfuggiva e questo non le piaceva.

Eleonora stava facendo del suo meglio per insegnarle i comportamenti consoni a una comune ragazza perbene e i miglioramenti si vedevano, ma a Regan la parte della donnina di casa andava stretta. Si era concessa del tempo per riprendersi, appena Lucius l’aveva portata a casa con sé, ma non ne poteva più di starsene rinchiusa. Voleva uscire e vivere, vedere le Terre, cercare la propria identità al di fuori di sé anziché in quell’arido dentro senza ricordi.

Decise che avrebbe parlato a Lucius di quei sogni strani appena si fossero accommiatati dagli Edelberg, quella sera stessa. Voleva dirglielo. Voleva dirgli che poco le importava della propria incolumità, che aveva solo voglia di respirare, perché ogni volta che metteva il naso fuori dalla porta le sembrava di rinascere.

Quando ormai nella bottiglia non restavano altri che poveri rimasugli di liquore in cui galleggiava qualche sedimento viscoso, i signori Edelberg invitarono Lucius a seguirli nel salottino adiacente alla sala da pranzo. Prince si alzò con loro.

– Perché non mostrate la casa alla nostra gentile ospite? – suggerì Lady Edelberg.

A Regan l’idea non sorrideva particolarmente, ma colse lo sguardo esortativo di Lucius e comprese di non avere scelta. Non che le fosse dispiaciuta la serata, finora: a parte la velata ostilità di Anneli, i ragazzi erano stati una compagnia gradevole e Ember e Mariek la avevano fatta ridere fin quasi alle lacrime e il suo carattere tutt’altro che timido l’aveva portata a socializzare in fretta.

– Se volete andare sul sicuro, mostratele i giardini. –

Regan gettò a Lucius un’occhiata di vago interesse e lui ammiccò.

– Ti garantisco che li adorerai. –

 

 

Giardini non era propriamente il termine che Regan avrebbe adoperato se le fosse stato chiesto di descrivere ciò che gli alti cancelli custodivano entro il loro vasto abbraccio. Probabilmente sarebbe stato più accurato definire l’insieme di prati curatissimi, immense aiuole fiorite e viottoli lastricati di kival come un vero e proprio parco.

Alberi ad alto fusto di ogni varietà si ergevano maestosi in macchie irregolari troppo armoniose ed equilibrate per essere frutto del caso. Alcuni erano sempreverdi che già il freddo notturno aveva iniziato a spolverare di brine argentate. I decidui, invece, erano ormai ridotti a sottili fili neri dipinti sull’altrettanto nera volta celeste, distinguibili solo grazie al contrasto con una spettacolare stellata d’inverno.

Si strinse il bavero del mantello sul collo nudo, scacciando un brivido per l’improvviso sbalzo di temperatura, mentre i suoi occhi, come mossi da una volontà a sé stante, esploravano il nuovo ambiente con famelica curiosità. Improvvisamente, si sentiva molto più a suo agio.

Era il suo elemento, quello: la natura. Aveva avuto giorni e giorni per sperimentare la differenza, per capire quanto diversamente la facesse sentire trovarsi a camminare su un pavimento di pietra al quinto piano di un palazzo o sull’erba fresca di un prato, sulla nuda terra. Ne risentiva tutto il suo corpo: il sangue si riscaldava e scorreva più fluido dentro di lei, avvertiva un formicolio gradevole alle mani e ai piedi, dietro la nuca. Si sentiva più forte.

I tre fratelli camminavano pochi passi avanti a lei. Mariek ed Ember tenevano Luce per mano, facendole fare di tanto in tanto qualche piccolo volo in aria. Anneli, invece, le camminava accanto, impassibile e superba.

– Lucius è una brava persona. –

– Sì – Regan rispose, pur non comprendendo il motivo di quell’esordio inatteso. – Lo è. –

Le onde perfette in cui erano stati acconciati i capelli scuri di Anneli si mossero sotto le lusinghe silenziose del vento che appena si faceva sentire tra gli alberi del giardino. Qualcosa di simile a un sorriso le toccava le labbra, ma che di un sorriso non aveva né la serenità né la convinzione.

– Non dovresti lasciarti incantare troppo facilmente dalle sue premure e dalle sue belle parole –

Di un sorriso non aveva nemmeno la sporadica pretesa di saper mentire.

– Lui è così con tutte: un audace galante per il puro piacere di esserlo. Fossi in te lascerei perdere, prima che sia troppo tardi. –

Regan aggrottò la fronte.

– Di cosa stai parlando? –

– Del modo in cui guardi Lucius. –

Gli occhi di marmo nero di Anneli si opposero gelidi ai suoi, riflettendo pallidi raggi di una luna glaciale nel suo letto dalle coltri nere, e Regan capì che negare sarebbe stato inutile. Forse, in fin dei conti, loro due avevano qualcosa che le accomunava.

Anneli portava scarpe costose, i cui tacchi colpivano la dura pietra con una serie di suoni secchi. Si fermò accanto a un cespuglio di perfetta forma sferica alto quanto lei.

– Fidati di me: lascia perdere, finché puoi. Risparmia a te stessa l’umiliazione di costruirti speranze senza futuro. –

La sensazione che Regan provò intimamente era strana, come se una bolla di acqua ghiacciata le avesse appena ceduto nel petto, congelandole il respiro.

– Non te le sto dicendo per cattiveria – ci tenne a precisare Anneli, ma non vi era alcuna traccia di dispiacere nel suo tono. Di compassione, forse. – Al mondo esiste una sola donna agli occhi di Lucius, e, ironia della sorte, sembra essere l’unica in tutte le Sette Terre che non sia disposta a cedere al suo fascino. –

Regan deglutì il vuoto.

Pensò ad Angina e a Eleonora, le due donne che fino ad ora avevano dimostrato di avere un legame più forte con lui, ma né l’una né l’altra le sembravano ipotesi plausibili. Nondimeno, si sentiva crescere dentro una delusione che sorprendeva anche lei.

Lucius…

Provava gratitudine verso di lui. Un’immensa, intensa gratitudine. Come avrebbe potuto essere diversamente? Lui le aveva salvato la vita, le aveva offerto un posto in casa sua, una protezione costante, e che lei gli fosse riconoscente era davvero il minimo. Ma quella rivelazione che le era piovuta dal cielo senza essere stata cercata la aveva colpita con più forza di quel che si sarebbe mai potuta immaginare, e adesso si chiedeva chi fosse quella donna, chi fosse che gli occhi azzurri di Lucius amavano accarezzare con il pensiero. Più ci pensava, più si convinceva che non ci potesse essere nessuno che meritasse di essere l’oggetto delle sincere attenzioni di un ragazzo come lui.

Anneli si sbagliava sicuramente, e se non si sbagliava allora stava mentendo. Dopotutto, Lucius le piaceva.

– E chi sarebbe? –

Un sorriso beffardo ma tremendamente amaro passò sulle labbra dell’altra.

– Se devi domandarlo, significa che ancora non l’hai incontrata, perché quando la incontrerai, credimi, saprai che è lei. –

Regan non era disposta a prendersi una simile pugnalata a metà. Se fossero state solo loro due, avrebbe insistito per scoprire qualcosa di più, ma i ragazzi le stavano chiamando e Anneli si era già incamminata, lasciandosi sospesa alle spalle la conversazione da lei stessa iniziata.

I ragazzi portarono Regan a visitare le serre che si trovavano subito accanto al castello, ma lei ormai aveva la mente altrove e a stento considerò le centinaia di migliaia di fiori che prosperavano quieti entro le loro dimore di vetro, incuranti delle rigide temperature che calavano all’esterno.

In un altro momento – o semplicemente una manciata di minuti prima – si sarebbe completamente lasciata rapire dalla miriade di colori e profumi di quel luogo che sembrava esente dall’influenza del tempo. In un altro momento, anziché passare semplicemente accanto a un roseto in piena fioritura, si sarebbe soffermata ad accarezzare i petali vellutati, inspirandone la fragranza delicata. Non aveva mai visto rose così: erano di un colore corposo, un rosso sorprendentemente simile a quello dei suoi capelli, contaminato lungo il bordo frastagliato dei petali da sfumature irregolari di un intensissimo nero. Il loro profumo dolce e vagamente acidulo le penetrò nei polmoni e per un solo brevissimo istante le fece dimenticare le parole di Anneli. Senza esserne del tutto cosciente, allungò una mano per toccarla.

Sangue d’Angelo.

Trasalì, e finì inavvertitamente punta da una grossa spina. Al suo fianco, Aeden arricciò appena l’angolo delle labbra.

– Sono una varietà unica, creata un paio di secoli fa da nostro bisnonno, Tristan I, grande appassionato di botanica. Le rose private della famiglia Edelberg. –

Regan fissò ora la rosa, ora il proprio dito, su cui era sgorgata una minuscola perla rubina nell’esatto punto dove la spina aveva ferito. Sembrava che i fiori fossero stati dipinti del suo stesso sangue.

Sangue d’Angelo e sangue di demone hanno lo stesso colore.

La sua testa era già lontana quando Aeden iniziò a illustrarle la storia di quelle particolari rose. Captò qualche accenno alla loro assoluta unicità e a qualche peculiarità del loro odore, ma c’era tutt’altro a occupare i suoi pensieri.

Un’incrinatura aperta di fresco nel cuore, tanto per cominciare, e l’ennesima domanda priva di risposta che si era appena aggiunta a un elenco già fin troppo lungo.





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A/N:
grazie mille a tutti voi che leggete e soprattutto a chi ha messo la storia tra i preferiti. :)
Grazie in particolare a:
Shadow_Soul: hai ragione, la cosa delle età è un po' destabilizzante, ma è facile da capire: angeli e demoni vivono circa il doppio degli esseri umani (è scritto, da qualche parte, ma non ricordo in che punto XD). Quindi, per rispondere alla tua curiosità, in anni umani Regan avrebbe circa 18 anni. Venena ti sta antipatica... bene, perché effettivamente lo è. ;) O meglio, è così che volutamente è fatta apparire. Ha i suoi pregi, sotto sotto, ma a conti fatti ha davvero un pessimo carattere. Hai anche fatto un'osservazione molto acuta, nella tua confusione: chi sono i buoni e chi i cattivi? Ebbene, credo che la risposta vera e propria stia solo a te. Molti dei personaggi presentati sono considerati i "Buoni" nel loro contesto sociale, ma andando avanti scopriremo che non sempre i "buoni" sono i migliori, e soprattutto non sono "Buoni" solo perchè tali si autodefiniscono. Stesso discorso per i "cattivi". Insomma, c'è solo da leggere e scoprire per capire meglio. :) Come hai giustamente detto tu: andando avanti tutto (o quasi) verrà svelato e le tue domande avranno le loro risposte. E ti segnerò tra gli shipper Lucius/Regan, che so già saranno tanti, anche se lei nelle sue visioni vede Prince, ma anche questo ha un suo perché, e lo vedremo verso la fine. :) Sproloqui a parte... grazie!
Milou_ : ti ringrazio molto per i complimenti! *-* Anche tu hai tante domande e risponderò a quelle che posso! Intanto, Regan si tiene per sè il suo "potere curativo" per due motivi: il primo è che non è sicura nemmeno lei di quello che è successo, il secondo è che si considera già fin troppo strana e ha paura che se mostra troppe peculirità, Lucius sospetti che abbia qualcosa da nascondere. Poi, hai fatto due osservazioni veramente sottili e mi complimento! Lucius ha un passato molto interessante e pian piano, granello per granello, lo disseppelliremo; per quel che riguarda Regan, l'angelo che è morto non era suo padre, ma come concetto ci va molto vicino, hai un occhio molto sensibile! ;) A suo tempo, tutto sarà spiegato. Compreso Prince che fa capolino nella testa di Regan. ;)

Da qui in poi penso che la storia inizi a vivacizzarsi e farsi un po' più interessante e "vissuta", quindi spero vi piaccia. Commenti e osservazioni sono sempre più che graditi, quindi... grazie in anticipo a chi ne lascerà uno. :)
   
 
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