Vorrei solo un abbraccio.
L’odore
della torta che hai appena sfornato ti arriva
inevitabilmente alle narici. Non riesci a trattenerti
dall’inspirare
profondamente e solo in quel momento un dolore lancinante che ti prende
alla
bocca dello stomaco ti ricorda che non hai fame.
Senti
che tra poco avrai la nausea, lo percepisci. Ormai hai
imparato a riconoscere quell’orrenda sensazione. Ma sei
decisa a continuare,
imperterrita.
In
fondo, lo sai che non è altro che un gesto simbolico. Lo
sai che lo fai solo per loro.
Appoggi
delicatamente la tua opera sul tavolo della cucina e
cominci a disporre le diciassette candeline ordinatamente, seguendo il
perimetro del dolce.
Sono
tante, te ne rendi conto. Ma non riesci a comprendere
appieno quanto tempo della tua vita sia già
trascorso, quanti giorni siano già
passati, quanti eventi siano già racchiusi per sempre nella
tua memoria.
Il
fiammifero a portata di mano, accendi con calma le
candele, una per una.
“Mamma, mamma! Posso
accendere io le candeline? Per favore, ormai tanto sono già
grande!”
“No, Claire, no, come
te lo devo dire! E’pericoloso e potresti rischiare di
prenderti una scottatura …
“
Quelle
parole ti riaffiorano alla mente come un flash, come
un fulmine a ciel sereno, che ti coglie di sorpresa e totalmente
impreparata, e
ti bruci leggermente mentre compi quella delicata operazione.
Una
lacrima ti scende lenta sulla guancia, e non è per la
bruciatura.
Ricordi
i protagonisti di quell’assurdo battibecco. Li
ricordi bene.
Perché
una eri tu, una bambina dai grandi occhi verdi e i
capelli corti, raccolti in due codine laterali, l’altra
…
Un
altro gocciolone salato fuoriesce involontariamente dai
tuoi occhi.
Era
sempre seduta alla tua destra, tua madre, il giorno del
tuo compleanno: era una tradizione che ogni volta veniva
scrupolosamente
rispettata.
Se
ti fossi bruciata, neanche molti anni prima, lei sarebbe
corsa da te, ti avrebbe consolato e anche con poche, semplici ma dolci
parole ti
avrebbe fatto passare immediatamente il bruciore per quella fastidiosa
scottatura.
Sposti
il tuo sguardo automaticamente verso quella
direzione, a cercare i suoi rassicuranti occhi azzurri. Hai diciassette
anni,
però vorresti ancora sentire la sua voce melodiosa, vorresti
ancora che
stringesse la tua mano gelida con la sua, sempre calda e soffice. Vorresti che ti dicesse che
non è niente e che presto
passerà.
Ma
la sua sedia è vuota.
Quante lacrime
scendono dal tuo viso, Claire.
Tante,
troppe.
Tuo
padre sicuramente sarebbe stato in grado di farti
tornare il tuo splendido sorriso, che un tempo regalavi a tutti,
indistintamente.
“Claire, guarda che
faccia che c’ho! Guarda qui!” esclamava a
gran voce ‘il tuo uomo’, facendoti
la linguaccia. E tu ogni volta non potevi trattenerti dal sorridere.
Ora
quello che hai dipinto sulle labbra è un sorriso mesto,
appena accennato.
Ma
vorresti tornare come una volta. Vorresti avere
qualcuno che ti faccia tornare a sorridere serena, spensierata.
Il
tuo sguardo è vacuo, fisso in avanti, perché lo
sai che la
sedia posizionata proprio diametralmente alla tua è vuota.
Continui
ad accendere quelle candeline, avvolta nel
silenzio.
Ti
manca quella vocina acuta che irrompeva ogni volta a
spezzare anche le pause più lunghe, i silenzi più
assordanti.
La
tua sorellina, quanto ti manca.
Ti
manca la sua spontaneità, la sua
vivacità. Ti manca quando, il giorno del tuo compleanno,
spuntava da sotto il
tavolo e si posizionava sempre accanto a te, il suo braccio che
circondava
stretto il tuo, quasi non volesse mai più staccarsene.
E
ti senti una stupida a pensare che ti dava fastidio quando
ti stava così appiccicata, così accollata,
come dicevi tu.
Ti
sporgi a cercare sotto il tavolo, a controllare se magari
si è nascosta lì. Se magari voleva farti solo uno
scherzo, un brutto scherzo, ma
pur
sempre tale.
Ma
sotto il tavolo non c’è nessuno.
Porti finalmente a termine
la tua meticolosa opera, osservando la fiammella di ogni candela
oscillare
leggermente.
E
ricordi i compagni che volevano a tutti i costi soffiare
le candeline loro, nella speranza di accorciare quella lunga,
interminabile
attesa che li separava dal momento finale, dal vero motivo per cui si
trovano
lì, in quel momento: mangiare la torta.
Mangiare la torta.
Sorridi,
al pensiero, forse perché non hai più lacrime per
piangere
per coloro il cui unico oggetto del desiderio era la torta.
E
pensavi che fossero tuoi amici. E ti vantavi, di non
ricordarne tutti i nomi, tanti questi erano.
E
adesso? Quanti tuoi amici si accalcano esultanti intorno
al tavolo, per celebrarti il giorno del tuo diciassettesimo compleanno?
Non
c’è nessuno,
attorno al tavolo.
Sai
che non puoi più aspettare: le diciassette fiammelle stanno
inesorabilmente consumando gli stoppini delle candele. Non vuoi che la
cera
rovini tutto il tuo unico lavoro di quella giornata.
E'il
momento di esprimere un desiderio.
Prendi
un respiro. Un respiro profondo.
E
chiudi gli occhi.
Ricordi.
Ricordi
i desideri che avevi espresso gli anni precedenti,
quando eri sul punto di soffiare le candeline, come proprio in
quell'istante.
Di
avere tutte le bambole del mondo, di viaggiare sulla
Luna, o di sposare il tuo cantante preferito, questo chiedevi.
Tutti
desideri irrealizzabili, che puntavano verso quanto ti era
più lontano, verso quello che ti era irraggiungibile e che,
in quanto
tale, consideravi più bello,
più
speciale.
E
non ti rendevi conto che ciò di cui avevi più
bisogno,
quello che realmente era
più
importante si trovava proprio lì, vicino a te.
“Vorrei solo un
abbraccio”.
E'un
mormorio quello che
esce
dalle tue labbra, senza nemmeno che tu te ne accorga.
“Vorrei solo un
abbraccio”, ripeti.
Perché
vuoi sentire
ancora quel calore che solo quel gesto
riusciva a donarti.
Perché
sei stanca di
non riuscire a controllare le lacrime
che scendono dal tuo volto. Tante, troppe.
“Vorrei solo un
abbraccio”, urli, anche se lo sai che
nessuno può sentirti.
E
ti domandi cosa hai fatto di
male per non meritarne più
nemmeno uno.
Soffi
le candeline.
E
ripiombi nel buio più totale.
“Buon compleanno,
Claire”
Angolo
dell’autrice (sempre che così si possa
chiamare… )
Ehm…
Uhm... Mmm...
Salve,
a chiunque stia leggendo questa specie
di storia. Sì,
perché non so
esattamente cosa sia, non me lo chiedete. So soltanto che è
il frutto di una
serata non particolarmente allegra, di una notte insonne e di uno
sclero
mattutino.
Non
ne sono affatto soddisfatta, la pubblico solo perché
sento l’esigenza di farlo, sento il bisogno di scaricarmi e
di condividere con
voi quanto ho scritto, ma non è detto che non la elimini
prossimamente, o la
sottoponga per lo meno a una rivisitazione.
Intanto
che è su Efp, ci tengo comunque a precisare che
quanto ho scritto non
mi è successo personalmente.
E’una
storia puramente
inventata e, soprattutto, dal valore metaforico, volta a trasmettervi
il senso di solitudine
profonda che, a volte, può attanagliare anche le persone
più spensierate, e l’importanza di
un gesto quale l'abbraccio, spesso considerato ovvio,
naturale, assicurato, ma
di cui, invece, troppo spesso si sottostima l’immenso valore.
Ringrazio
chi ha avuto l’estremo coraggio di arrivare fino a
qui, come quelli che mi vorranno far sapere cosa ne pensano su quanto
ho scritto.
Un
grazie in particolare va stavolta alla mia famiglia, ai
miei cari e a tutte le persone che mi stanno vicine e che mi
supportano, colorando ogni giorno della mia vita. Grazie. ♥
Un
bacione a tutti, e, già che siamo in tema, un enorme
abbraccio virtuale.
Freddy ♥
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