Non
può piovere per sempre
Capitolo 24
Fiducia
L’archivio dell’Ufficio
Applicazione della Legge sulla Magia era enorme, quasi più
grande della
biblioteca di Hogwarts. Decine di scaffali stipati e traboccanti di
cartelle e
documenti si stendevano in una successione che sembrava non avere quasi
fine.
Non appena entrò, Rachel si rese
conto che la sua ricerca sarebbe andata per le lunghe, molto
più di quanto si
fosse aspettata.
« Sono in ordine alfabetico,
vero? » domandò al custode, un uomo
dall’aria annoiata che se ne stava seduto
con i piedi sulla scrivania sbilenca.
« Eh? Ehm… sì sì »
rispose quello
con poco interesse, per poi tornare a fare i cruciverba della Gazzetta del Profeta.
Rachel sospirò, con la netta
sensazione che in quell’archivio ci fossero parecchi schedari
fuori posto. Ora
capiva come mai il direttore del suo Dipartimento, Cornelius Caramell,
le aveva
augurato buona fortuna quando lei gli aveva chiesto il permesso scritto
per potervi
accedere. Fortunatamente Caramell non aveva fatto domande, e il custode
era
stato altrettanto disinteressato.
Rachel decise di non pensare alla
discutibile efficienza del Ministero della Magia e si costrinse ad
iniziare a
cercare.
Non fu molto facile trovare lo
scaffale della lettera G. I cartelli su cui erano segnate le lettere si
divertivano a cambiare,
così ogni tanto volavano via e si posavano su scaffali
completamente diversi.
Quanto agli schedari, molti si trovavano in posizioni sbagliate, come
la
ragazza aveva intuito fin dall’inizio.
Dopo mezzora di ricerche
infruttuose, Rachel si assestò una botta sulla fronte. Prima
non ci aveva
pensato perché era quasi sicura che l’archivio
fosse dotato di misure di
sicurezza anti-incantesimi ma, considerando chi lo gestiva, era
possibile che
fosse stato proprio abbandonato al proprio destino.
« Accio schedario Gaunt
» sussurrò, tenendo la bacchetta puntata
verso il soffitto.
Un plico polveroso si sollevò da
terra, dove era rimasto a giacere e lasciarsi calpestare da
chissà quanto
tempo, e ondeggiando leggermente volò in direzione di
Rachel, che lo afferrò al
volo.
Ringraziò la negligenza del
custode, si avvicinò trepidante ad un tavolo ingombro di
scartoffie e, senza
preoccuparsi troppo, fece spazio buttando per terra tutto quanto.
Tanto peggio di così non potrebbe
essere, pensò, mentre posava il
plico sul tavolo e lo apriva.
Vi trovò un rapporto firmato da
un certo Bob Ogden dell’Ufficio Applicazione della Legge
sulla Magia, e due o
tre schede riguardanti la famiglia Gaunt.
Il rapporto di Ogden riferiva di
una visita che lo stesso mago aveva fatto a casa Gaunt, in un paesino
chiamato
Little Hangleton, per indagare riguardo un’aggressione ai
danni di alcuni Babbani.
In occasione di questa visita
Ogden era stato aggredito dai padroni di casa, riportando una frattura
del
setto nasale, ed era stato costretto a tornare con i rinforzi, ed
entrambi i Gaunt
erano stati scortati ad Azkaban.
Dal rapporto risultava che la
famiglia Gaunt fosse composta da tre persone: Orvoloson e due figli,
Orfin e
Merope.
Le schede riguardavano soltanto i
due uomini della famiglia. Rachel le lesse attentamente, saltando i
dati
anagrafici.
Orvoloson Gaunt
Arrestato con l’accusa di aver
causato ferite a diversi dipendenti del
Ministero della Magia, tra cui l’allora Capo della Squadra
Speciale Magica, Bob
Ogden, e per aver opposto resistenza agli Auror che hanno
l’ordine di
arrestarlo.
Sconta sei mesi di reclusione ad Azkaban.
Deceduto poco dopo il suo rilascio.
Orfin Gaunt
Arrestato insieme al padre Orvoloson con
l’accusa di aggressione ai
danni di diversi Babbani, del Capo della Squadra Speciale Magica, Bon
Ogden, e
di cinque Auror.
Sconta tre anni di reclusione ad Azkaban, dopo
i quali viene
rilasciato.
Reo confesso dell’omicidio della
famiglia Babbana Riddle, riceve una
condanna a vita.
Attualmente si trova ad Azkaban.
Più in basso vi erano alcune
annotazioni scritte da un Auror anni prima, e alcune di esse indussero
Rachel a
sgranare gli occhi.
A quanto pareva, tra i Babbani
uccisi da Orfin vi era un certo Tom Riddle. Non poteva essere una
coincidenza
che quel Babbano fosse omonimo di Voldemort in persona. Ma qualcosa le
sfuggiva. Rachel non capiva proprio che connessione potesse esservi tra
i due.
Ma fu un’altra informazione che
la colpì ancora di più: i Gaunt avevano
più volte affermato con orgoglio di
essere gli unici discendenti diretti di… Salazar Serpeverde.
Ora capiva perché Silente le
avesse chiesto di cercare informazioni proprio sui Gaunt: erano parenti
di
Voldemort, e probabilmente la figlia, Merope, doveva aver sposato
proprio il
Babbano, Tom Riddle.
Tutto tornava. Voldemort quindi
era figlio di una Gaunt e di un Riddle… un Babbano.
Le ci vollero alcuni minuti prima
di digerire quella rivelazione, e per un attimo non poté
fare a meno di
chiedersi come avrebbe reagito Regulus nel sapere che il Signore Oscuro
aveva
origini Babbane. Anzi, forse era meglio non saperlo, concluse.
Fu il custode a farla tornare in
sé, quando si mise a russare sonoramente.
« Geminio »
sussurrò, duplicando le schede e il rapporto firmato da
Ogden. In realtà, col caos che regnava in
quell’archivio, avrebbe potuto rubare
direttamente il plico senza che nessuno se ne accorgesse mai, ma non
era il
caso di rischiare.
Ripose lo schedario da dove lo
aveva preso e piegò le copie in modo tale da poterle
nascondere sotto il
vestito, in una zona in cui nessuno avrebbe mai potuto perquisirla
senza poi
finire al San Mungo.
Cercò anche di ricoprire lo
schedario di polvere e, anche se il risultato non fu proprio perfetto,
poteva
sembrare che nessuno lo avesse consultato di recente.
In quel momento si sentì una
perfetta spia. Sarebbe stato quasi divertente se non avesse avuto il
terrore di
essere scoperta.
Quando uscì dall’archivio, trovò
il custode che dormiva, sempre con i piedi appoggiati sul tavolo, e la
sedia che
oscillava pericolosamente.
« Arrivederci » disse a voce
abbastanza alta da farlo svegliare di soprassalto. Il mago perse
l’equilibrio e
cadde all’indietro con un gran fracasso.
« Ehm… arrivederci » ansimò
lui,
cercando di tornare in piedi.
Rachel uscì nel corridoio del
Secondo Livello. Fuori era già buio e il Ministero si era
quasi svuotato. Prese
l’ascensore per tornare all’Atrium e andarsene ma,
una volta arrivata davanti
alla fontana dei Magici Fratelli, si sentì chiamare da
qualcuno.
« Emmeline, ciao » disse,
stupita.
La ragazza la raggiunse in pochi
passi, sorridendole.
« Allora, hai finito il tuo
turno? » le chiese.
« Sì, ho appena finito, perché?
»
« Ti stavo aspettando. Ho provato
a cercarti nel tuo ufficio ma Peasegood mi ha detto che eri in archivio
».
« Sì, stavo cercando una cartella
per un caso di magia in presenza di Babbani… sai, le solite
cose » mentì
prontamente Rachel.
« Infatti, quindi ho pensato di
aspettarti qui. Dorcas ci ha invitate a cena da lei, questa sera,
quindi se
vuoi possiamo andare insieme » propose Emmeline.
Rachel esitò. Non poteva portarsi
dietro quei documenti sui Gaunt per troppo tempo.
« Ringrazia Dorcas da parte mia,
ma devo tornare a casa ».
Emmeline probabilmente si
aspettava quella risposta, a giudicare dall’espressione un
po’ esasperata e un
po’ malinconica.
« Rachel, è sabato sera ».
« E allora? »
Emmeline alzò gli occhi al cielo.
« Da quant’è che non esci? »
« Veramente esco tutti i giorni »
replicò Rachel.
« Ok, riformulo la domanda.
Intendevo, da quant’è che non esci, oltre che per
lavoro o per l’Ordine della
Fenice? »
Rachel provò a rispondere, ma si
rese conto di non avere nulla da dire, così rimase a bocca
aperta.
« Visto? » fece Emmeline. Poi
sospirò. « Senti, capisco come puoi sentirti, ma
non ce la faccio a vederti in
questo stato. So che Regulus per te era tutto, ma così
finirai solo per
impazzire, e non penso che lui avrebbe voluto questo ».
Rachel sentì di nuovo quel
disagio che provava ogni volta in cui era costretta ad affrontare
quell’argomento con chiunque non sapesse che Regulus era
ancora vivo. In quei
momenti voleva sparire e basta, tanto si vergognava.
« Insomma, non va bene che ti
affatichi così tanto! Sei uscita dal San Mungo solo ieri
mattina, e già sei
tornata a lavorare. È ammirevole, e so che ti aiuta a non
pensare, ma temo che
tu non voglia proprio vedere nessuno, e questo non va bene,
perché questo tuo
isolamento dura da troppo tempo. Dai, vieni con me. Sono sicura che
anche i
tuoi ti dicono la stessa cosa ».
Rachel non poté fare a meno di
annuire, anche perché non sapeva come risponderle.
« E quanti saremmo? »
Emmeline esitò.
« Ehm… io, te e Dorcas » ammise,
frustrata.
« Wow, sarà una vera svolta per
la mia vita sociale » commentò Rachel, sarcastica.
« Ok, ammetto che questa non è
esattamente un’uscita spensierata. In realtà
Dorcas ha detto di volerci parlare
di una cosa importante, solo che non posso parlartene qui…
» aggiunse
sottovoce. « Il mio discorso di prima però vale lo
stesso… Comunque verrai? »
Emmeline la guardò con
un’espressione speranzosa, e Rachel sospirò.
« D’accordo, vengo. Fammi almeno
avvertire i miei, prima ».
L’amica le rivolse un gran
sorriso.
« Perfetto! Andiamo ».
Regulus non aveva mai avuto
occasione di vedere la neve su una spiaggia. A Hogwarts spesso la
superficie del
lago nero si era trasformata in una lastra di ghiaccio, e la neve la
aveva
circondata, ma vedere le onde del mare infrangersi contro la distesa
bianca che
ricopriva la sabbia era uno spettacolo del tutto inedito per lui.
Cercava di distrarsi da ciò che
lo preoccupava, osservando le proprie scarpe che affondavano nello
strato soffice
di neve, raggiungendo quello sottostante, più solido, mentre
Alphard camminava
accanto a lui, in silenzio.
Diane si era raccomandata che non
si allontanassero troppo e che facessero attenzione a restare dentro la
zona
degli incantesimi di protezione. Regulus aveva annuito subito, ma al
momento
era ben altro a preoccuparlo. Il fatto che Alphard gli avesse chiesto
di
scostarsi più del solito da casa Queen gli faceva sospettare
qualcosa.
« Sono felice che Rachel stia
meglio » esordì lo zio, apparentemente ignaro.
« Già… »
« Sirius mi ha detto che hai implorato
il suo aiuto per poterla andare a trovare ».
« Mai che si tenga una cosa per
sé » bofonchiò Regulus, seccato.
« E comunque io non ho implorato proprio
nessuno, sia chiaro ».
Alphard sorrise, divertito.
« Devo farti i complimenti. Sei
riuscito a gestire la situazione molto meglio di come avrei fatto io.
Si vede
che tieni davvero a lei ».
Regulus distolse lo sguardo, a
disagio. Nonostante tutto, si imbarazzava ancora a parlare di quello
che
provava per Rachel. Non erano discorsi che era abituato a fare, anche
se
Alphard era già meglio rispetto a chiunque altro.
« Perdona la mia invadenza, ma è
da un po’ che ho questo sospetto. Hai intenzione di sposarla,
vero? »
La domanda dello zio lo prese
alla sprovvista.
« Perché me lo chiedi? »
« Oh, è solo una semplice
curiosità. Nessuno mi ha costretto ad informarmi e a
riferirgli subito la tua
risposta, naturalmente… »
Regulus capì al volo.
« Puoi dire a Perseus di stare
tranquillo: al momento non c’è pericolo. Abbiamo
altro a cui pensare » disse in
tono pratico.
« Ok. In realtà te l’ho chiesto anche
perché,
con la guerra in corso, tanti ragazzi decidono di sposarsi molto presto
».
« Lo so. In realtà ci ho pensato un paio di volte
»
ammise Regulus, avvampando, « ma non è il momento.
Prima
di tutto non voglio metterle fretta: noi Black siamo abituati a queste
cose, lei no. E poi può sembrarti strano ma anche io preferisco
aspettare. Ufficialmente sono morto, e non ho di certo intenzione di
sposarmi di
nascosto come farebbe un rinnegato. Dico bene? »
« Ehm, certo… »
Alphard cercò di trattenersi, ma era chiaro che avrebbe
volentieri alzato gli occhi al cielo, con una smorfia divertita.
« Cos’era quell’espressione? »
« Stavo notando che per certe cose non cambi mai ».
« Certo che no. Rachel non merita un matrimonio clandestino.
Lei
è più che degna di diventare una Black e di
essere
considerata e riconosciuta come tale ».
« Regulus, la tua è una fissazione. Tu credi
davvero che a
lei importino tutte quelle formalità? Forse interessano
più a te ».
Regulus tacque. Alphard non aveva
tutti i torti.
In realtà le sue erano tutte
scuse: quello che temeva di non comportarsi come un vero Black era
proprio lui.
Naturalmente, era convinto che quello che stava facendo ora fosse
davvero la
cosa giusta, e su questo non aveva dubbi; certe volte però,
non poteva fare a
meno di chiedersi cosa avrebbe pensato il resto della sua famiglia.
Talvolta si
ritrovava a domandarsi se suo padre, ovunque si trovasse, fosse in
grado di
vedere cosa stava combinando, e se si sentisse fiero o deluso per il
suo
cambiamento.
Evitava sempre di rivelare a
chiunque altro quei pensieri, per non sembrare ridicolo. Non lo aveva
fatto
capire neanche a Rachel: c’erano problemi molto
più seri di cui occuparsi, tra
gli Horcrux, la spia nell’Ordine della Fenice e la guerra. Ma
per lui essere un
Black continuava a costituire una privilegio importante; era
ciò che lo aveva
sempre contraddistinto e guidato, e non voleva rinunciarvi.
« Comunque, la decisione sta a
te. La cosa positiva è che posso rassicurare Perseus: quando
ti deciderai, lui
sarà il primo a saperlo, perché sei
così tradizionalista che andrai prima a
chiedergli la mano di sua figlia ».
« Lo dici come se fosse una cosa
strana ».
« Lasciamo perdere... Vorrei proprio assistere alla scena
» scherzò Alphard.
« Pensi che mi ucciderà? »
domandò Regulus, improvvisamente preoccupato.
« No, non penso proprio. Anzi,
ultimamente ti tratta meglio. Non hai notato che ti ha salutato quando
siamo
usciti poco fa? »
Regulus se ne stupì. Non ci aveva
fatto caso, ma era proprio così. Di solito Perseus cercava
di rivolgergli la
parola solo se era strettamente necessario, e invece negli ultimi
giorni era
diventato un po’ più cordiale… anche se
il cambiamento era minimo e quasi
impercettibile.
« Hai ragione… » commentò,
iniziando a decelerare il passo. « Zio, forse ci siamo
allontanati troppo » gli
fece notare, stringendosi nel mantello.
« Già, qui dovrebbe andare »
disse lui, guardandosi intorno.
« Che cosa? »
Alphard si fece mortalmente
serio, e Regulus si ritrovò a temere di nuovo di veder
confermati i propri
sospetti.
« Per l’ennesima volta, mi dici
che cosa state complottando tu e Rachel con Silente? Se si tratta di
Tu-Sai-Chi, posso darvi una mano ».
Regulus distolse lo sguardo,
sospirando.
« L’ho già ripetuto sia a te che
a Sirius. È meglio se ne restate fuori, davvero »
rispose, inflessibile.
« Non ti fidi? »
« Non è questo, lo sai. Non
voglio metterti in pericolo più di quanto non lo sia
già. A proposito… l’altra
volta, quando ti sei Materializzato nel giardino, non hai origliato per
caso,
vero? »
« Origliare non è nel mio stile
».
« Non hai sentito niente, allora?
»
Alphard lo guardò dritto negli
occhi, esitando. Regulus tremò impercettibilmente. Non era
molto sicuro di
voler conoscere la risposta.
« No, non ho sentito » disse, e
il nipote trasse un respiro di sollievo. « Ma ho sempre
intenzione di aiutarti.
In fondo, ti sono già stato utile, una volta ».
A Regulus dispiaceva essere così
intransigente. Sapeva che Alphard avesse la necessità di
sentirsi utile, ma
preferiva lasciarlo il più possibile fuori dai guai.
« Forse in futuro potrei
chiederti di darmi una mano » gli concesse. « Ma
per ora non se ne parla ».
« D’accordo » rispose l’uomo,
non
riuscendo a nascondere la propria frustrazione ma cercando lo stesso di
mascherarla con un sorriso. « Ammetto che sei molto
più responsabile di me.
Però dimmi almeno questo: è su Tu-Sai-Chi che
state indagando, vero? Non ti
chiederò nient’altro, promesso ».
Regulus esitò, ma poi si disse
che quella dovesse essere una cosa piuttosto scontata.
« Sì, ovvio » rispose.
Alphard annuì, con l’aria di
pensare a qualcosa che Regulus non riusciva ad intuire.
« D’accordo… Forse è meglio
tornare, adesso » cambiò subito discorso.
Il nipote si incamminò dietro di
lui, senza poter fare a meno di domandarsi se avesse fatto bene a
concedergli
quell’unica risposta.
Dorcas abitava ad Upper Flagely,
uno dei più importanti villaggi semimagici, in un
appartamento che al’esterno
sembrava molto piccolo, praticamente un monolocale. Tuttavia, quando
Rachel ed
Emmeline entrarono, si resero subito conto che la padrona di casa
doveva aver
applicato molti incantesimi, perché le ben sei stanze erano
enormi, degne di
una villa più che di un appartamento.
« Caspita, Dorcas, si sta belli
larghi, qua dentro » commentò Rachel, mentre la
strega faceva gli onori di
casa.
« Già, è stato il
mio bisnonno ad allargarla così,
perché aveva
pochi soldi e molti figli. Però per me è troppo
grande. Visto che sono solo io
ad abitarci, e non ho neanche un elfo domestico, pulire tutte le stanze
ogni
settimana è una vera tragedia » rispose Dorcas,
appendendo i loro mantelli
all’attaccapanni. « E la sera è triste
stare qui dentro. Ecco perché se devo
fare una ronda, la faccio sempre di notte ».
« Non ti invidio per niente »
disse Emmeline.
Dorcas si rivolse a Rachel.
« Come stai? »
« Bene » disse lei, notando gli
sguardi preoccupati che le altre due le rivolgevano, soffermandosi
soprattutto
sulla cicatrice che le arrivava nell’incavo tra il collo e la
spalla. Era
l’unica che si vedeva anche da davanti, e lei si
sistemò il fazzoletto che
indossava proprio per coprirlo. « Sto bene, davvero. Non
pensavo di cavarmela
così » aggiunse con malcelata indifferenza.
« Se solo mi capita tra le mani
quella maledetta spia… » iniziò
Emmeline, facendosi improvvisamente serissima.
« È proprio di questo che voglio
parlarvi » disse Dorcas, accompagnandole nel salotto, dove
trovarono un tavolo
tondo apparecchiato per tre. Le fece sedere, servì la prima
portata e si
sedette a sua volta.
« Bene, siamo tutte » disse
Dorcas in tono pratico. « All’inizio avevo invitato
di invitare altre persone,
ma Gideon e Fabian avevano da fare, e su alcuni ero indecisa...
Comunque è
meglio così, visto che voglio parlarvi di una questione
molto delicata, e voi due
siete tra le persone di cui mi fido di più in assoluto
».
« Grazie » disse Emmeline.
Rachel si stupì di quella
manifestazione di fiducia nei suoi confronti. Sapeva che Emmeline e
Dorcas
fossero amiche da tempo, anche perché le loro famiglie si
frequentavano già da
anni, ma lei la conosceva da pochissimo, a parte che per le faticose
giornate
in cui le aveva cercato di insegnare l’Incanto Patronus.
Dorcas le era piaciuta
fin dall’inizio, ma non pensava che lei sarebbe stata
così pronta a fidarsi di
lei.
Dorcas intanto aveva iniziato a
parlare.
« L’altra notte, io, Malocchio e
Frank abbiamo cercato di catturare Wilkes che, come penso sappiate,
è stato
ucciso da un Auror. Tuttavia, prima di morire, ha detto una cosa che mi
ha
colpita molto. Ha detto che la spia tra di noi è una persona
davvero
insospettabile ».
Loro la guardarono con ansia,
improvvisamente dimentiche del cibo di fronte a loro.
« Malocchio ha anche detto che,
da parte sua, lui sospetta di tutti, nessuno escluso. Bè,
sapete com’è fatto…
Ma voi vi siete già fatte un’idea? »
domandò Dorcas, mentre versava da bere a
tutte.
« Intendi sapere se abbiamo già
qualche sospetto? » le chiese Emmeline.
Lei annuì.
Tutte e tre improvvisamente si
ritrovarono a fissare i loro piatti con gli sguardi cupi.
Nella stanza calò un improvviso
silenzio teso. Ognuna di loro stava pensando a persone diverse, ma non
ne era
mai troppo convinta.
« Io un’idea la avevo… però
mi
sono ricreduta, perché è troppo ovvio, quindi non
so se è il caso di… »
accennò
Dorcas.
« Dillo pure, da qualche parte
dovremmo anche cominciare » lo incoraggiò
Emmeline.
« Bè… credo che saremo tutte
d’accordo col fatto che il più sospetto sia Remus
Lupin. Io non credo più che
sia la spia ma devo ammettere che la sua posizione è la
più compromettente ».
Si guardò intorno, cogliendo le
loro occhiate esitanti.
« In effetti è troppo facile »
intervenne Rachel. « Lo stesso Wilkes ha detto che la spia
è insospettabile,
quindi non si poteva riferire a Remus… a meno che non abbia
voluto dare una
pista falsa, è possibile… Però io non
lo credo capace di tradirci tutti. È
stato Greyback a morderlo, ed è cresciuto diversamente dagli
altri lupi
mannari. Come potrebbe decidere di collaborare con il branco?
»
« Se Remus fosse davvero la spia,
non credo che Voldemort lo farebbe esporre così tanto ai
nostri sospetti »
disse ragionevolmente Emmeline.
« Anche io la penso così, ma credo
che il metodo migliore sia quello di non escludere nessuno »
disse Dorcas.
« D’accordo, ma a questo punto chi
può essere insospettabile? » disse Rachel.
« Non è un indizio decisivo. Il più
insospettabile di tutti è Silente, ma naturalmente
è assurdo che sia lui. Non
abbiamo molte basi su cui farci un’opinione ».
« Già… Si potrebbe pensare ad
Hagrid » disse Emmeline, anche se il suo tono era
dispiaciuto.
« Hagrid? »
« Bè, lo sappiamo tutti che
quando si ubriaca – e non solo in quelle occasioni
– racconterebbe tutti i suoi
segreti. Io non credo che ci tradisca, però potrebbe
lasciarsi scappare
qualcosa con qualcuno di cui forse si fida… il risultato
sarebbe lo stesso ».
« Aspettate un attimo » le
interruppe Dorcas. « Ricominciamo da capo. I primi due che
abbiamo nominato
sono un lupo mannaro e un mezzo gigante, e non dobbiamo ragionare
così ».
Rachel ed Emmeline furono colpite
da quelle parole, e per alcuni minuti non dissero nulla. Cercavano di
trovare
qualche sospetto, ma nessuna di loro ci riusciva.
Rachel non aveva idea di chi
potesse essere la spia, anche perché tendeva a sospettare di
chi conosceva
meno e di chi le era meno simpatico.
« Così non andremo da nessuna
parte » disse all’improvviso. « A mio
parere, ognuna di noi dovrà tenere sotto
controllo tutti gli altri e cogliere anche la minima stranezza
».
« Secondo me invece non dobbiamo
aspettare che gli eventi si sviluppino » disse Dorcas.
« In che senso? »
« È da un po’ che ci penso…
Vorrei
organizzare una trappola in cui la spia possa cadere ».
« Una trappola? »
« Sì. Statemi a sentire. Daremo
ai più sospettabili un’informazione falsa,
naturalmente spacciandola per vera, e
staremo a vedere cosa succederà. Se i Mangiamorte entreranno
in azione,
significa che il traditore è uno di quelli che abbiamo
informato, così il
nostro campo di ricerca si restringerà di molto. Altrimenti,
ripeteremo la
stessa operazione con altri. Cosa ne pensate? »
« Credo che sia una buona idea »
convenne Rachel.
« Anche secondo me » confermò
Emmeline.
« Allora siamo d’accordo. Non
parlate a nessuno di questa cosa ».
Il resto della cena proseguì più
serenamente, anche se una strana atmosfera era calata su di loro, come
se
quell’accordo che avevano preso le legasse in maniera
indissolubile, facendole
sentire tutte e tre un po’ in colpa; probabilmente la
creazione di gruppi e
sospetti non era stata tra le intenzioni originarie di Silente, ma loro
non
potevano farci nulla. Non era prevista neanche la presenza di un
traditore. Ma
c’era, e tutti gli altri dovevano reagire in qualche modo.
Erano sicure che
anche gli altri membri dell’Ordine avessero creato gruppi
analoghi e stessero
reagendo.
Alla fine della cena, Dorcas si
alzò, annunciando l’intenzione di lavare i piatti.
« Non puoi aspettare domani? »
« No, altrimenti sarà più
difficile lavarli. Possibile che non sapete queste norme basilari?
»
Loro fecero spallucce.
« Forse i nostri elfi domestici
ci hanno un po’ viziate » ammise Rachel.
« Dai, allora ti aiutiamo » disse
Emmeline.
Tuttavia, in certi momenti si
rivelarono più d’impaccio che d’aiuto.
Rachel esagerò con l’incantesimo
sgrassante, rigando parecchi bicchieri. Emmeline invece non lo sapeva
proprio
usare, tanto che i piatti passati dalle sue mani dovevano comunque
essere
puliti di nuovo da Dorcas.
« Dovreste davvero esercitarvi
negli incantesimi casalinghi, principessine »
commentò Dorcas, divertita.
« Ci proverò » disse Rachel,
mentre asciugava l’ultimo piatto.
« I lavori di casa non fanno per
me » disse Emmeline, con una smorfia contrariata. «
Preferisco catturare maghi
oscuri. Dorcas, dovrei lavarmi le mani ».
« Il bagno sta in fondo al
corridoio ».
Quando Emmeline uscì, Rachel
lanciò un’occhiata a Dorcas, che stava buttando
nel cestino gli ultimi scarti
della cena.
« Posso farti una domanda? » le
chiese, senza riuscire a resistere alla curiosità che la
aveva assalita fin
dall’inizio.
L’altra si voltò a guardarla,
perplessa.
« Sì, chiedi pure ».
« Ecco, non ho potuto fare a meno
di stupirmi per quanto ti stai fidando di me, anche se ci conosciamo da
poco »
ammise Rachel.
Dorcas abbassò lo sguardo.
Improvvisamente si era incupita. Rimase in silenzio per parecchio tempo
prima
di rispondere.
« Diciamo che è qualcosa di
istintivo, fin da quando ho saputo il motivo che ti ha spinta ad
entrare
nell’Ordine della Fenice. Ti hanno mai parlato di Marlene?
»
« McKinnon? So solo che faceva
parte dell’Ordine prima che arrivassi io » rispose
Rachel, notando
l’espressione cupa che Dorcas aveva assunto.
« Esatto… »
La condusse nel corridoio,
accostandosi ad un tavolino sul quale era posata una fotografia che
ritraeva
Dorcas insieme ad una ragazza della sua stessa età. Marlene
aveva vaporosi
ricci biondi e un sorriso contagioso.
« È stata uccisa tre mesi fa da
un gruppo di Mangiamorte. Hanno fatto fuori anche tutta la sua famiglia
»
spiegò, con una voce mortalmente calma, ma fin troppo rigida
per suonare
naturale. « Era come una sorella per me ».
Rachel si sentì invadere da un
gelo immenso mentre notava lo sguardo con cui Dorcas stava fissando la
foto.
Non riusciva a sostenere quell’atmosfera che era calata
all’improvviso tra di
loro.
« Mi dispiace » disse,
maledicendo se stessa e la sua pessima idea di farle quella domanda.
« Quando ho saputo che anche tu
avevi perso una persona che amavi, non ho potuto fare a meno di capire
le tue
intenzioni. Eri decisa a vendicarti di Voldemort, proprio come lo ero
io… e lo
sono anche ora. È anche per questo che ho cercato di darti
una mano con
l’Incanto Patronus, nonostante gli scarsi risultati. Volevo
aiutarti a superare
le stesse difficoltà che avevo trovato pure io, anche se per
motivi diversi. Ma
so bene che cosa significa perdere una persona importante, e per questo
sono
convinta che tu non possa essere la spia e che non ci inganneresti mai
».
Rachel aveva ascoltato tutto il
discorso di Dorcas con orrore. Era quasi intenzionata a supplicarla di
smettere
di parlare, ma non ebbe neanche la forza di aprire bocca.
Se fino a poco prima, con
Emmeline, si era sentita solo in colpa per aver continuato a mantenere
il
segreto su Regulus, adesso, con Dorcas che le aveva confessato le
proprie
angosce, aprendosi così tanto con lei, non riusciva
più a giustificarsi: si vergognava
profondamente di essere così bugiarda.
Nello stesso momento, a molti
chilometri di distanza, quattro ragazzi stavano stappando altrettante
bottiglie
di Burrobirra.
« Non riesco a credere che
qualcuno dell’Ordine stia davvero fornendo informazioni ai
Mangiamorte » si
lamentò James, passando una delle bottiglie a Remus, che era
piuttosto giù di
corda. « Comunque sia, non devi preoccuparti, Lunastorta. I
tuoi amici non
dubiteranno mai di te. Vero, ragazzi? » chiese poi,
rivolgendosi agli altri due.
« Proprio così » rispose Peter.
« Sicuro » confermò Sirius, pensieroso.
Mentre brindavano, Remus ricordò
improvvisamente il loro ultimo brindisi a Hogsmeade, poco prima di
sostenere i
M.A.G.O.
Quella volta erano stati tutti
pieni di speranze, ma adesso non riusciva più a sentirsi
come quella sera.
Aveva una brutta sensazione, come se qualcosa stesse per cambiare, e
lui non ci
potesse fare nulla.
Scosse la testa, deciso a non far
notare ai suoi amici la propria preoccupazione.
Apprezzava la loro fiducia, ma
era altrettanto sicuro che non tutti si sarebbero fidati quanto lui e
gli altri
due. La sua situazione era già pessima all’interno
nel branco, con Greyback e i
suoi fedelissimi che sospettavano la presenza di un infiltrato e
avevano
iniziato a tenere d’occhio sia lui che altri quattro o cinque
adulti assoldati
di recente. Come se non bastasse, ora temeva che anche
l’Ordine della Fenice
potesse sospettare di lui.
Quando Sirius, James e Peter
uscirono per tornare ognuno a casa propria, Remus si richiuse la porta
alle
spalle, sospirando per la frustrazione.
Certo che Sirius è proprio strano
in questo periodo, pensò, senza
neanche rendersene conto. Di solito il suo istinto non falliva. Felpato
doveva
nascondergli qualcosa. Anche se questo non significava che la spia
fosse lui.
Forse aveva problemi di cui non voleva parlare. Del resto non poteva
raccontargli sempre tutto…
Ora si sentiva in colpa. Come
poteva avere anche il minimo dubbio su uno dei Malandrini, dopo la
fiducia che
tutti loro riponevano in lui?
Decise di farsi una camomilla per
riuscire a calmarsi un po’, anche se era quasi certo che pure
quella notte il
suo sonno sarebbe stato tormentato da incubi e pensieri angoscianti.
Ormai sta diventando un’abitudine,
pensò, mentre si versava la tisana
nella tazza e si sedeva al tavolo della cucina.
Il liquido scottava ancora,
perciò Remus indugiò con lo sguardo fuori dalla
finestra. Il buio all’esterno e
la luce accesa facevano riflettere sui vetri la cucina. Per Remus era
come
guardarsi allo specchio, e si rese conto di non essere mai apparso
così stanco
quando non c’era la luna piena.
In quel momento però qualcosa lo
distrasse da quei cupi pensieri. Ci fu un movimento, quasi
impercettibile, alle
sue spalle e Remus lo notò; nello stesso istante un rumore
di passi giunse alle
sue orecchie allertate.
Con uno scatto improvviso,
sfoderò la bacchetta e si precipitò alla porta
che dava sul corridoio.
« Fermo! » gridò all’intruso,
che
non ebbe neanche il tempo di accorgersi dell’accaduto,
strillò per lo spavento
e cadde all’indietro, atterrando di schiena.
Remus sobbalzò, mentre il suo
cuore saltava un battito e il suo volto sbiancava per lo shock.
Seduto per terra in una posizione
scomposta, c’era un ragazzino che lo guardava dal basso verso
l’alto, la lunga
frangia di capelli rossi che non riusciva del tutto a nascondere gli
occhi
lucidi e l’espressione furente.
« Tim… » fece Remus, accorgendosi
solo dopo di aver commesso un grosso errore.
« Allora è vero » commentò
Timothy, con la voce rauca e un tono risentito. « Sei tu lo
spione… »
Perfetto. Ora sì che sono nei guai.
*Angolo
autrice*
Lo so che finirete con l'odiarmi per tutti questi finali sospesi, ma
dovrete abituarvi. xD *fugge
dalla frutta marcia che le viene lanciata*
Alphard dice di non aver sentito nulla l'altra volta, ma
sarà
vero? Questo resterà un mistero ancora per un po'.
*ora le vengono lanciate
uova marce*
Tanto per intenderci, Sirius e Remus non si
sospettano già a vicenda, non ne hanno ancora motivo e sono
sempre amici come prima. Ancora ci vuole prima che la fiducia reciproca
inizi a vacillare. Per ora sono soltanto tesi per la situazione, come
tutti.
La chiacchierata sui matrimoni sembra inconcludente, ma mi
servirà in seguito. E Perseus aveva
assolutamente bisogno di sapere, ne andava della sua salute mentale. Se
molte coppie (come i Potter, Molly e Arthur, Bill e Fleur,
ecc.) hanno deciso di sposarsi prestissimo a causa della guerra,
qualche domanda devono essersela fatta un po' tutti in quel periodo.
Spero di non avere esagerato con Regulus, comunque. Del resto, lui
è anche all'avanguardia, considerando che suo nonno
Pollux ha avuto una baby Walburga a 13 anni... (e poi ci
meravigliamo se è diventata così. Non
è bello
avere un padre ancora adolescente quando hai già cinque
anni!
u.u La
Rowling doveva essersi bevuta qualcosa di forte quando ha disegnato
quell'albero genealogico)
Il prossimo capitolo sarà pubblicato il 21 maggio.
Non so ancora se sarà l'ultimo prima della pausa estiva. ^^"
Di
sicuro è l'ultimo che ho scritto finora, ma potrei anche
farcela
a pubblicarne un altro a inizio giugno. Mi piacerebbe,
perché se
mi interrompessi con il prossimo capitolo, lascerei troppe cose in
sospeso... magari pubblicherò un po' in ritardo ma spero di
avere tempo per scriverne un altro. Vi farò sapere meglio la
prossima volta.
Buon weekend, divertitevi! *-*
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