Capitolo
14 - Nel buio d'acqua
Non
sapeva di preciso dove fosse… sapeva di essere cullato da
qualcuno, così
dolcemente che non poté evitare di pensare che a stringerlo
fra le braccia
fosse la sua stessa madre.
Aveva
le mani appoggiate, strette in un pugno rilassato, sul suo seno.
L’odore di sua
madre gli pervadeva le narici, il maglioncino morbido contro le sue
dita.
Poteva
anche giurare di sentirla cantare. Oramai non lo faceva quasi
più… era
cresciuto, oramai. Ma quando dal petto su cui lui era appoggiato
sentì vibrare
le prime note, capì subito che quella melodia, lenta e
cadenzata come un flusso
d’acqua stagnante, era un qualcosa che era rimasto a giacere
nella sua memoria…
qualcosa che riaffiorava in quel momento, risvegliato dai flutti e dai
dolci
gorgoglii della sua mamma.
Alzò
un braccio in cerca di una ciocca di capelli, ma si rese conto che se
non
avesse aperto gli occhi non avrebbe potuto raggiungerli con la sua mano
alla
cieca. Cercò di aprire gli occhi.
Aprirli,
però, risultava più difficile di quanto avesse
immaginato. Che volesse restare
per sempre lì, protetto tra le braccia di sua madre? Ne
valutò l’ipotesi.
L’idea che potesse smettere di rincorrere cose che non
esistevano, che potesse
restare lì a dormire in un posto sicuro si insinuava nella
sua mente come un Meowth
che si insinua e si crogiola in mezzo ad una montagna di cuscini.
“Sa…to…shi…”
riusciva a sentire la sua voce, che sillabava il suo nome come una
ninna-nanna.
“Sa…to…shi…”
Poteva
avvertire le dita di sua madre che gli accarezzavano i capelli, con
movimenti
circolatori.
“Non
lasciarmi più” riusciva a sentire sua madre, con
un tono di malinconia nella
voce.
“No,
mamma, non ti lascio” disse Ash, senza essere sicuro che
quelle parole le
stesse dicendo o semplicemente solo pensando. Anche
l’accertarsi di riuscire
effettivamente ad aprire la bocca per dire qualche parola sembrava
troppo
dispendiosa.
“Non
mi lasciare” mormorò lei, sempre con una voce che
sembrava rasentare un canto
malinconico. E Ash si sentì il cuore inzuppato di tristezza,
pensando a tutte
le lacrime che le aveva fatto versare.
Per
tutte le volte che aveva lasciato alle spalle la soglia di casa, spinto
solo
dal suo egoismo. Più che dall’egoismo,
dall’entusiasmo di bambino che non si
cura dei suoi genitori, piuttosto solo del futuro: una lunga strada di
campagna
di cui sembra impossibile vedere la fine, forse fiancheggiata da fiumi
allegri
o rischiarata dalla luce del sole, ma anche forse bagnata da una
pioggerellina
primaverile in cui sembra facile camminare con allegria.
Sembrava
tutto così facile, la prima volta che se n’era
andato di casa. Ma cosa poteva
saperne lui, della vita reale? Allora, aveva solo dieci anni.
“No,
mamma, resterò qui con te, non me ne andrò
più”.
“E
che ne sarà del tuo futuro?” sua madre stava
parlando, senza perdere la sua
cadenza ritmica e ipnotizzante.
“Il
mio futuro è qui con te, mamma”.
All’improvviso
si sentì sollevato, e nello stesso istante in cui lei
gridava “non lasciarmi!”
lui si sentì capovolto, gettato a terra dalla sua stessa
madre… sentì il
pavimento che si avvicinava pure se non riusciva a vederlo,
sentì di stare per
morire, sentì che non poteva e non doveva, e un forza dentro
di sé risvegliò il
suo istinto, cercò di gridare ma non ci riuscì,
voleva muoversi ma non
riusciva, si agitò, sentiva di stare per morire, morire,
morire, se non avesse
fatto qualcosa subito …
Con
un respiro che sembrava l’esalo disperato di un bambino
venuto al mondo, Ash si
tirò su in preda a convulsioni.
Era
vivo.
Uno
strillo soffocato lo colpì, aprì gli occhi e si
sentì perso perché
tutto intorno a sé era buio; qualcosa lo colpì
violentemente alla faccia
nell’oscurità e lui non ebbe il tempo di capire
cosa fosse stato che cade
all’indietro, arrancò, qualcosa di strano lo
tratteneva, poi realizzò che
quella doveva essere acqua.
“Ma
che?...” tossì nervoso, e sentì un
altro gemito femminile, per metà soffocato.
Cominciò ad abituarsi all’oscurità, e
vide una figura tremolante alla sua
destra, mentre era ancora seduto nell’acqua, e in quel
momento si accorse di
avere anche lui freddo.
Ci
fu silenzio.
“Ma…”
“Non
spaventarmi mai più a quel modo!”
strillò lei, ma tremava e piangeva
contemporaneamente al punto che Ash poté solo indovinare le
sue parole.
“Misty?”
Per
contro Misty singhiozzò di nuovo. Mosse a fatica un paio di
passi nell’acqua
che le arrivava sotto la vita, e si accasciò
nell’acqua cingendogli il collo,
“Ferma! Fer…!” Ash ingoiò
dell’acqua, sopraffatto dal gesto disperato
dell’amica.
“Dove
siamo?” riuscì finalmente a dire Ash,
quando Misty lo lasciò andare. Era tutto buio, sembrava
esserci acqua
dappertutto e così come stavano le cose non riuscivano
nemmeno a capire bene
quanto fosse ampio quel luogo.
“Non
lo so” mormorò Misty, cercando di calmarsi. Adesso
era accovacciata nell’acqua
con solo la testa di fuori, e nonostante ciò Ash vedeva la
sua ombra scura
tremolare, i capelli completamente zuppi. “So solo che non
volevi svegliarti”.
Ash
si sentì male per il modo in cui aveva spaventato Misty.
Generalmente lei non
cedeva facilmente, perciò penso di averla veramente
terrorizzata per spingerla
in quello stato.
Nel
buio risuonò un lamento da fantasma, entrambi raggelarono.
“Chi…
chi è?”
Il
lamento si propagò nuovamente, più tenebroso di
prima. Misty, già allo stremo,
non resistette e strillò così forte che la sua
voce rimbalzò da tutte le parti.
Qualcosa cadde con su Ash – che finì di nuovo con
la testa sott’acqua – poi
riuscì a venire a galla, anche lui spaventato.
“Cosa
diamine era?” gridò, facendo trasparire
più paura di quanta non volesse
mostrare.
“Sono…
io… aaaah… Brock…
aaah….”
“Brock?!”
gridarono i due ragazzi all’unisono.
La
sagoma malconcia di Brock si alzò dall’acqua.
Sì, doveva essere lui, o almeno
così sembrava.
“Brock!”
gridò Ash con gioia, “ci sei anche tu! E
Pikachu?”
“Non…
aaah… lo so…” replicò.
“Devo aver sbattuto da qualche parte, mi sento tutto
ammaccato…”
“E’
qui” un’altra voce provenne da dietro Misty.
“Chi
va là?” gridò lei, mentre un rumore di
acqua mossa si avvicinava nella loro
direzione.
“Miriam”
disse lei a fatica. Aveva l’aria di una che aveva avuto
troppa acqua di
traverso, la voce roca e debole. “Il tuo Pikachu ce
l’ho io” disse.
“Pikachu!”
Ash si mosse a fatica nell’acqua, per togliere dalle braccia
dell’agente il suo
Pokémon-amico. Era incredibilmente zuppo, il pelo sembrava
scomparire lasciando
solo il corpicino magro del roditore, apparentemente privo di sensi.
“Pikachu…
su, svegliati…” lo scosse un poco.
“Dubito
che…” esordì Miriam, ma Ash la
zittì: “non dirlo nemmeno!”
Lo
scosse ancora, ma non ricevette risposta. Cominciò a temere
seriamente per il
suo amico. “Pikachu, su, svegliati…”
“Pika…”
Sorprendentemente,
Pikachu riacquistò i sensi, alzò la testolina
bagnata e guardò la sagoma del
suo allenatore, dopo una frazione di secondo lo riconobbe con un sonoro
“Pii-ka!” e, tra le risa di allegria del giovane
allenatore, gli saltò sulla
testa scrollandosi di dosso, per quanto possibile, l’acqua
che gli aveva
rovinato il manto da roditore.
“Pikachu,
meno male!”
“Non
è posseduto, vero?” azzardò Brock,
timoroso. Anche Miriam, che era rimasta
pietrificata a guardare le effusioni tra Pokémon ed
allenatore, sembrava in
dubbio.
“Credo
di no…”
“Pikachu,
mi riconosci?” chiese subito Misty a Pikachu, che la
guardò e nonostante il
buio replicò con un sonoro
“pikapì!” saltandole in grembo.
“No,
ragazzi, Pikachu sta bene!” assicurò lei con
allegria, mentre il Pokémon la
colmava di effusioni.
“Meno
male” Brock poté tirare un sospiro di sollievo.
Miriam,
invece, non disse nulla.
“Nessuno
di voi sa come diavolo siamo finiti qui?” chiese Ash.
Dopo
un paio di secondi di silenzio, in cui non si sentì altro
che il subdolo rumore
dell’acqua stagnante, Miriam avanzò la sua ipotesi:
“Credo
che siamo finiti nella cisterna dell’acqua”.
“E
come diavolo siamo finiti nella cisterna
dell’acqua?” ribatté Ash. “
Noi non
stavamo arrivando al piano…”
“Voi
tre avete perso i sensi” tagliò corto Miriam,
riferendosi ad Ash, Misty e
Pikachu. “Charizard ci ha attaccati, e per contrastarlo
abbiamo dovuto rompere
qualche tubo per far arrivare l’acqua necessaria”.
Miriam
era molto fredda nelle sue parole, cosa che i tre notarono a pelle.
Brock, nel
frattempo, non aveva detto una sola parola.
“Beh,
a me sembra qualcosa di più di qualche tubo”
commentò Ash, guardandosi intorno.
Pikachu asserì con un
“pi-ka…” tra le braccia di Misty,
tremante.
“E
gli altri?” chiese ancora il giovane allenatore.
“Non
lo so”.
Ci
fu un altro silenzio. Questa, certo non era una buona notizia. Erano in
un
pozzo buio, con solo un Pikachu debole e bagnato come
Pokémon di salvataggio, e
per di più avevano perso
le tracce di
cinque compagni.
“E
adesso, che facciamo?” la voce di Misty suonò
leggermente ansiosa.
“Se
siamo finiti qui, dobbiamo per forza aver sfondato una
parete” constatò Miriam.
“il problema sta nel raggiungerla”.
Ash
cercò di arrampicarsi ad una delle pareti della cisterna, ma
per quanto
cercasse di starci aggrappato finiva inesorabilmente per fare un tonfo
nell’acqua, aggravando il dolore alla schiena che avvertiva.
“Ahi,
la schieeena…”
“Così
non ce la faremo mai” asserì Brock, sconfortato.
Pikachu non poteva essere
d’aiuto: l’unica cosa che poteva fare era lanciare
scosse elettriche, ma oltre
che essere inutili avrebbe fritto tutti i presenti tanta era
l’acqua presente.
“Vediamo
se funziona” Miriam smanettò con
l’orologio che aveva al polso, la cui schermata
si illuminò emanando un debole bagliore.
“Cosa
hai intenzione di fare?”
“Portare
qui Neptune” disse lei in maniera asettica, senza staccare
gli occhi
dall’orologio mentre smanettava con dei pulsanti. Un tondino
rosso sulla
schermata, targato con il nome “Neptune”
diventò verde, e comparve la scritta
“segnale connesso”.
“Neptune,
mi senti?” disse Miriam nell’orologio. Da questi
provenne un verso canino,
simile a un mormorio, ma sufficiente a far capire a Miriam che il suo
Pokémon
le prestava attenzione.
“Neptune,
siamo bloccati nella cisterna, vieni a darci una mano!” disse
lei, e dopo
l’abbaiare affermativo del Pokémon
d’acqua, la sua allenatrice interruppe la
comunicazione.
“Sarà
qui a breve” comunicò agli altri. “Non
disperate, saprà tirarci fuori da questo
impiccio”.
“Come
l’hai contattato?” chiese Brock.
“I
miei Pokémon hanno una trasmittente con GPS impiantata nel
collare” spiegò lei.
“Questo ci permette di restare in contatto anche a lunga
distanza”.
Dopo
alcuni minuti, sentirono un rumore nell’acqua. Sentendosi
nuotare qualcosa
vicino le gambe Misty si irrigidì di paura, ma poi qualcosa
spuntò fuori
abbaiando di gioia presso Miriam.
“Neptune!
Per fortuna sei tutto intero!” esclamò gioiosa,
mentre il Pokémon le faceva le feste
leccandole la mano rovinata dall’acqua.
“Ed
ora come faremo ad uscire?” chiese Brock.
“Neptune
deve conoscere la strada” confermò Miriam.
“Neptune, saresti in grado di
portarci fuori da qui?”
L’abbaiare
affermativo di Neptune fece squittire Pikachu di felicità e,
di conseguenza,
anche Ash, Misty e Brock.
Neptune
quindi raccolse tutte le sue energie, e scagliò in cielo un
attacco d’acqua che
tramutò in gelo raggio: la luce dell’attacco fu
così forte, e l’acqua
utilizzata tanta che i ragazzi ne
sentirono subito il livello scendere, e poterono vedere per un istante
che
Neptune aveva creato un ponte di ghiaccio che saliva una parete della
cisterna.
“Saliamo,
presto!” disse Brock togliendo le parole di bocca a Miriam.
Non
fu facile salire la rampa di ghiaccio, scivolosa e gelida
com’era, ma Neptune
era lì ad aiutarli a non cadere, agile com’era sul
ponte che lui stesso aveva
costruito. Finalmente li issò uno per uno su un punto
sicuro, chiaramente un
foro nelle pareti del pozzo.
“Dev’essere
da qui che siamo caduti” constatò Brock,
“questo significa che non siamo
lontani da dov’eravamo prima”.
Miriam
non commentò, ma cominciò a percorrere il tunnel
oscuro preceduta dal suo
Neptune.
“Ah”.
Ash
si girò in direzione di Misty, che si teneva il braccio.
“Cosa c’è?”
“Mi
fa male” piagnucolò lei.
“A
chi lo dici” disse allora Ash, “io mi sento come se
avessi la schiena spezzata
in due.
Ed
era vero. Gli faceva un male inimmaginabile, non sapeva nemmeno con
quale forza
riuscisse a camminare. Ogni passo che faceva sentiva un dolore lombare,
era un
autentico strazio.
“E’
normale, dopo la botta che avete avuto” li
rincuorò Brock, sospirando.
“A
proposito, dov’è Pluto?” chiese Ash.
A
quelle parole, Miriam si arrestò.
“E’
nella sfera Poké, non preoccuparti” lo
rassicurò. “E’ solo molto
stanco”.
Ash
non si rese conto del tono della voce dell’agente FBI,
tantomeno sospettò
qualcosa Pikachu, ma Brock avvertì tutta la pesantezza che
si era
materializzata attorno a loro.
A
breve dovettero procedere carponi: era evidente che Neptune li stava
portando
per tutt’altra strada. Dopo alcuni passi, Vaporeon si
arrestò. Alzò il capo su
di sé al soffitto basso e
sparò un
iper-raggio, lasciando tutti esterrefatti.
“Forse
ci sta aprendo un varco al piano di sopra” disse Misty.
“Sì,
dev’essere così! Pikachu, te la senti di dargli
una mano?”
“Pika!”
Pikachu
si mise al fianco del Pokémon d’acqua,
intensificando l’attacco. Ad un certo
punto, il soffitto crollò, mostrando evidentemente che non
era di pietra come
lo era la cisterna. Vileplume saltò all’interno
del foro, iniziando la sua
opera di demolizione, mentre gli altri si arrampicavano seguendo il
varco
aperto dal Pokémon. Impiegarono molto tempo: Neptune e
Pikachu entravano in
corridoi e cunicoli che tentavano di distruggere, arrivarono in una
saletta
intermedia molto più piccola di quella precedente ma senza
fermarsi un istante
proseguirono nella risalita.
Dopodiché
trovarono una specie di botola che i due Pokémon mandarono
in frantumi senza
problemi, e finalmente si trovarono in una saletta ammobiliata con
tavolini e
mobili in stile Luigi XVI. Purtroppo, niente finestre.
“Siamo
al piano di sopra!” esclamò Ash, euforico, ma
nello stesso tempo si gettò a
terra per via di una fitta alla schiena.
“Ash!”
gridò Misty cercando di accovacciarsi, ma lui si rimise
subito in piedi.
“Misty,
hai il braccio nero!”
Misty
si guardò: dalla spalla al gomito, il colorito era quello di
una melanzana…
cosa che non la rassicurò per niente.
Uscirono
dalla sala, trovandosi nel corridoio.
“Siamo
vicini alla stanza da letto” disse Miriam, “per di
qua!”
Varcarono
un’entrata diversa dalle altre che affacciavano sul
corridoio, essendo a due
porte evidentemente spesse e color mogano, in più finemente
intagliate da
decorazioni su tutto il perimetro.
Si
chiusero la porta alle spalle, affaticati.
“Ma guarda un
po’ chi abbiamo qui”.
Jessiebell
era nel bel mezzo della stanza, con una smorfia vittoriosa sul volto di
porcellana.
E
non era sola.
Totodile, Chikorita, Noctowl, Geodude, Arcanine,
Zubath e Meowth la accompagnavano con la stessa smorfia dipinta sui
loro musi
e, con sorpresa, anche Fearow, Jupiter e Moonlight
- privi di collare – si erano uniti alla
terrificante compagnia.
Come Miriam aveva immaginato, con il precedente
attacco di Pikachu Jessiebell era riuscita ad intercettarli, ed
evidentemente
ad anticipare le loro mosse.
“Hai
finito di fare i comodi tuoi, Jessiebell!” esordì
Brock.
Questa
ridacchiò sotto i baffi, senza mutare la sua espressione.
“Vedremo” replicò con
leggerezza.
“Sei
una tiranna!” gridò Misty, “ti ostini a
seguire le orme di tuo padre… Perché?”
Jessiebell
proruppe in una risatina di circostanza. “Che domande!
Perché mi diverte, è
chiaro!”
“Che
domanda stupida” bofonchiò Ash tra i denti, ma non
a voce abbastanza bassa da
non essere sentito da Misty.
“Scusami
tanto, almeno tu hai idea di che fare?” gli
rimbeccò, nervosa.
Ash
non replicò. In verità, non aveva la
più pallida idea di che cosa fare, ed si
rese conto con fastidio che per il momento dipendevano esclusivamente
dalle
direttive di Miriam.
Le
lanciò un’occhiata eloquente. Miriam non mostrava
segni di paura o di
incertezza, e tuttavia aveva l’impressione che anche lei,
sotto sotto, fosse
spiazzata almeno quanto gli altri.
Neptune
si lanciò con foga contro Jessiebell, ma lei lo
scaraventò via, brillando
nuovamente di rosso. Il cane guaì sbattendo per terra, tra
le urla della sua
allenatrice, e allo stesso tempo Jupiter gli si scagliò
contro con potenti
scosse elettriche che richiesero l’intervento di Pikachu,
pronto a difendere il
povero Neptune.
“Uno
contro tutti, che divertente!” esclamò beata
Jessiebell, mentre stava
fluttuando nuovamente in preda all’isteria del suo potere.
“Pikachu, torna
sotto il mio controllo!”
Puntò
il dito verso Pikachu nel tentativo di schiavizzarlo, ma il
Pokémon strinse
forte la mascella e, contro le aspettative di tutti, le tenne testa.
“Cosa…?”
Jessiebell rimase interdetta, poi sorrise. “Non vuoi unirti a
me, piccolo Pokémon?
Come vuoi. Ma sappi che ne pagherai le dovute conseguenze!”
I
Pokémon partirono all’attacco, esattamente come
era avvenuto al piano di sotto.
Ognuno cercava di evitare disperatamente di essere colpito: Brock
evitando
Zubath e Geodude, Misty Noctowl, Geodude e Zubath, Ash Chikorita,
Totodile e
Noctowl, mentre pikachu era impegnato assieme a Neptune a sconfiggere i
nemici
più forti.
Miriam
ne approfittò ed aprì la porta, scomparendo alla
vista.
“Sta
scappando! Fermatela!” gridò Jessiebell, ed in un
secondo Jupiter, Fearow e
Moonlight abbandonarono i loro obiettivi per andare incontro alla loro
stessa
allenatrice, che strillò terrorizzata oltre la porta.
“Miriam!”
gridò Ash, e Brock si diresse alla porta ma Arcanine gli
tirò contro un
potentissimo getto di fuoco che lui scansò per poco, ma
sufficiente a far
saltare per aria una delle porte d’entrata, incendiata.
Ash doveva fare
qualcosa. Assolutamente,
qualcosa!
“Jessiebell,
ferma!” gridò, “ti propongo un
accordo!”
Ciò
fu sufficiente ad arrestare tutti i Pokémon. La spaventosa
aura di Jessiebell
scomparve, e lei poggiò i piedi al suolo, con il suo fedele
Vileplume al
fianco.
Misty
era tutta graffiata, ed aveva sangue in faccia. Fissò Ash
con terrore.
Jessiebell,
per contro, lo guardava con uno sguardo misto a pietà ed
alterigia. I Pokémon le
si accerchiarono alle spalle. Ash quindi, cercò di farsi
forza ed indurì il suo
sguardo.
“Oh-oh,
che cosa credi di farmi, ragazzino?” ironizzò
Jessiebell con le mani incrociate
in grembo. “Paura?”
Vileplume
imitò la sua padrona incrociando le zampette in avanti, ed
assumendo un
atteggiamento altero sillabò: “Vilevile?”
Ash
vide Brock che nel frattempo era uscito, nel tentativo di recuperare
Miriam. In
quel momento capì che l’unica cosa che poteva fare
era distrarla, così non solo
avrebbe avuto per sé la sua attenzione, ma anche quella di
tutti i Pokémon
sotto il suo controllo.
“Ti
sfido ad un incontro: i miei contro tutti gli altri che sono qui. E se
vinco
io, tu ci lasci in pace e te ne vai”. Ash non sapeva se stava
osando troppo.
Non si vedeva, ma sentiva che una gamba gli stava tremando.
“… Che ne dici?”
Gli
occhi dei Pokémon posseduti si illuminarono per un secondo
di rosso brillante,
cosa sufficiente a terrorizzare chiunque. Così
com’erano, sarebbe bastato il
segnale d’attacco per essere finiti.
Jessiebell
era immobile come una grossa bambola di porcellana al centro di quel
semicerchio di potenziali assassini.
“E
se vinco io”, Jessiebell esitò con un sorriso
sulle labbra, valutando la posta
in gioco. “ Se vinco io mi consegnate la banda del Team
Rocket al completo,
l’agente dei miei stivali e, naturalmente, tutti i vostri
Pokémon”. Ridacchiò
sotto i baffi, sicura che l’assurdità della sua
offerta avrebbe spiazzato
totalmente il ragazzino, il quale le teneva testa con
nient’altro che uno zuppo
roditore giallo.
“Accetto!
Un incontro con tre Pokémon a testa ti va bene?”
Note:
1)
Il
sogno di Ash è volutamente ricco di riferimenti
all’acqua, perché lui sta perdendo i sensi
annegando e questo si ripercuote nel
suo inconscio.
2)
Ash
viene chiamato da Delia “Satoshi”. Nella
versione giapponese, Satoshi è il vero nome del protagonista
(ed è anche il
nome dell’ideatore dei Pokémon, Satoshi Tajiri),
ma nella traduzione dei
fumetti viene spesso chiamato Red (come anche nel videogioco), mentre
in quella
degli anime viene chiamato Ash. Nella mia FF, Ash non è
altro che il diminutivo
di Satoshi (c’è anche da dire che Satoshi non ha
un cognome; è solo che nella
traduzione americana Ash era un nome troppo corto per rimpiazzare nel
doppiaggio Satoshi, per cui è nato il cognome Ketchum dal
verbo catch,
“acchiappare”[sfere poké]). Misty
è la traduzione di Kasumi (“nebbia” in
giapponese); Brock di Takeshi (qui Brock fa riferimento al tipo di
Pokémon
roccia che lo caratterizza); Jessie e James sono rispettivamente
Miyamoto Musashi
e Sasaki Kojirō, dal nome di due grandi samurai di epoca Edo
(riferimento: http://it.wikipedia.org/wiki/Miyamoto_Musashi,
http://it.wikipedia.org/wiki/Kojir%C5%8D_Sasaki
).
3)
In
questo capitolo Pikachu riesce a riprendere i
sensi e non torna sotto il controllo di JB. Quindi si deve anche
comprendere perché
Pikachu non torna sotto il controllo. Non dimentichiamo che Pikachu
– sebbene
involontariamente - si è macchiato della colpa
dell’omicidio di Pluto L’Umbreon.
4)
Vaporeon
è in grado di sciogliersi nell’acqua,
ecco perché è stato più semplice per
lui arrivare alla cisterna.
Salve, e scusatemi
davvero se ci ho messo una vita ad aggiornare! La vita universitaria
non è per
nulla facile =_= e per di più, adesso sono in periodo di
esami…… >_>
“voglia di studiare, scelgo teee!”
E’ stato un
periodo davvero movimentato, strano e stressante… dopo la
laurea una bella
notizia: salvo imprevisti, a partire da settembre scriverò
niente di meno che
dal GIAPPONE! Ho vinto la borsa di un anno (per poi venire a sapere
pochissimi
giorni dopo del terremoto e di Fukushima, ma pare che ora la situazione
si sia
stabilizzata…)
Sarà un periodo
molto stressante da qua a settembre tra esami e carte e stracarte da
firmare,
quindi vi prego di essere clementi e mi raccomando, auguratemi buona
fortuna
;-)
Grazie ancora di
cuore a chi mi segue nonostante tutto.
Lucenera.
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