I giorni sono cambiati, adesso
che c'è Elena.
Sembra che ci sia più luce e
la sua presenza riempie il vuoto creatosi attorno ad Andy, facendolo
sentire più vivo. Il coltello puntato sulla pelle sembra ormai un
ricordo sbiadito, un sogno dai contorni sfumati del quale non esiste
più certezza.
Ci sono ancora i momenti in cui
Andy si sente cadere nello sconforto, specialmente la notte quando è
solo nel suo letto. Capita che pianga, acquisita ormai la
consapevolezza che Michael non c'è davvero più.
Prima che si desse il permesso di
lasciarsi andare, era come se davanti ai suoi occhi ci fosse un velo
che gli impediva di vedere e percepire la realtà delle cose. Michael
non c'era, Michael era morto,
ma era come se la verità fosse in qualche modo ovattata e troppo
lontana per essere pienamente compresa.
Ma, nonostante il peso
dell'assenza sul cuore, Andy ha iniziato lentamente ad imporsi di
superare il dolore e di ricominciare a vivere. Forse è davvero la
presenza di Elena in casa a fargli bene, il non essere più da solo
ad ascoltare il rumore del suo respiro ad aver migliorato le cose.
Giusto il tempo di ambientarsi
in casa ed Elena ha iniziato ad occuparsi di lui in modo da
lasciarlo studiare in pace senza dover pensare ad incombenze varie.
Lo fa spontaneamente, nonostante Andy continui a ripeterle che è
un'ospite e che non dovrebbe dedicarsi a queste cose.
Quello che più lo sorprende,
considerata la sua abituale diffidenza, è il fatto di non provare
alcun fastidio nel vedere Elena aggirarsi per casa, magari
indaffarata a preparare qualcosa per la cena o seduta sul divano a
guardare la televisione.
Sembra che faccia parte della
sua vita già da tanto tempo e che non sia un'estranea piombata nella
sua vita da poco più di una settimana.
Nei suoi gesti Andy rivede
Michael e il suo continuo preoccuparsi per gli altri. Elena ha lo
stesso modo del fratello di fare amicizia e di conquistare la
fiducia di chiunque, anche la sua. E non si tratta solo di prestarle
le chiavi di casa per lasciare che si muova liberamente, ma è
qualcosa di più profondo, la stessa sicurezza che gli trasmetteva
Michael quando gli parlava.
Dopo tre giorni passati a
studiarsi e ad osservarsi, sembra che si conoscano da tanto tempo e
che il muro di diffidenza iniziale sia stato abbattuto per lasciare
spazio alla timida intenzione di diventare amici.
- In quanto futuro medico non
dovresti smetterla con le sigarette? - gli chiede Elena una sera,
mentre sparecchiano dopo aver cenato.
Per un attimo Andy resta
spiazzato, in preda ad una forte sensazione di déjà-vu. Quando ha
sentito prima parole simili a queste?
- Ma non dovresti smettere
di fumare? - chiese Michael con una risata, mentre Andy prendeva il
pacchetto dal distributore automatico.
- Senti da che pulpito
viene la predica! - rise Andy, voltandosi verso di lui.
- Beh, non sono io che
studio medicina. Bell'esempio che dai ai tuoi pazienti. - lo
rimbeccò l'altro, sfiorandogli una mano.
- Magari da qui a quando mi
laureo smetto, che ne dici? Mi concedi ancora un paio di anni?
- Perché mi guardi così? Ho
detto qualcosa che non va? - la voce di Elena riporta Andy alla
realtà.
- No, no, tranquilla. È che
Michael mi diceva sempre la stessa cosa.
Ed è strano come le parole,
pur pronunciate da due voci diverse, risultino avere la stessa
consistenza. Andy sorride leggermente, riportando alla mente i
giorni in cui tutto andava bene e in cui il problema più grande era
studiare per riuscire a passare un esame.
- Proprio lui, che fumava una
sigaretta dietro l'altra? - ridacchia Elena.
- Già.
- Andy, ti andrebbe di
continuare a raccontarmi qualcosa di lui? - Elena torna nuovamente
seria, scrutandolo attentamente.
In fondo è lì per quello ed
Andy le ha promesso che le avrebbe raccontato tutto, per permetterle
di farsi un'idea di ciò che il fratello le aveva nascosto.
- Posso riprendere da dove
eravamo arrivati, che ne dici? - propone Andy, offrendole della
limonata fredda.
Iniziare il discorso è la
parte più difficile.
Ma dopo le prime parole, le
altre vengono da sole, dando forma ad un discorso di senso compiuto,
fatto di emozioni che Andy credeva di aver dimenticato. E mentre
parla, Michael è ancora una volta accanto a lui, un fantasma
invisibile che guida i suoi ricordi e glieli mostra, più vivi e
forti che mai.
Elena lo ascolta con
attenzione, commentando di tanto in tanto con qualche battuta che la
fa sorridere, ma verso la fine del racconto torna seria e non lo
interrompe più, come rapita letteralmente dal suo racconto,
totalmente immersa in una realtà che non le appartiene.
***
Dopo una giornata passata fra
lezioni e libri, tutto ciò di cui Andy aveva bisogno era una lunga
doccia calda per rilassarsi e non pensare più a nulla.
Probabilmente non avrebbe
nemmeno cenato tanta era la stanchezza – e del resto non aveva
nemmeno fame, come gli succedeva sempre in periodi stressanti come
quelli degli esami – ma di una doccia aveva veramente bisogno.
Mentre saliva le scale che
conducevano alla sua stanza, si augurò che Michael non avesse avuto
la stessa idea, costringendolo così ad aspettare. Nei pochi mesi che
aveano trascorso insieme, Andy aveva imparato lentamente a non
considerarlo il tipo presuntuoso e pieno di sé che pensava fosse
all'inizio, ma non riusciva ancora a considerarlo un amico a tutti
gli effetti.
Quello che non avrebbe mai
ammesso nemmeno sotto tortura – e che forse gli impediva di
smetterla di difendersi costantemente come se avesse di fronte una
persona ostile – era l'attrazione fisica che aveva cominciato a
provare da qualche settimana.
Era successo per caso, e nel
più banale dei modi una sera in cui Michael era uscito dal bagno con
solo i boxer, dopo aver fatto una doccia. Gli appunti di genetica
che Andy stava ricopiando erano diventati una macchia sfocata bianca
e nera ai suoi occhi, interamente concentrati sul corpo del compagno
di stanza.
Era dannatamente bello,
e ad Andy era quasi mancato il respiro quando aveva percepito il
cavallo dei pantaloni farsi improvvisamente più stretto. Quella
sensazione era durata solo qualche attimo, ma a lui era sembrato di
aver passato interi minuti a fissarlo.
- Ehi va tutto bene? Hai fatto
una faccia... - Michael era scoppiato a ridere, scuotendo il capo –
Ho dimenticato di prendere i vestiti, non so proprio dove ho la
testa.
Da quel momento, Andy aveva così
deciso che sì, era meglio continuare ad evitarlo, per non esporsi
troppo. E poi uno come Michael di certo aveva uno stuolo di ragazze
che gli facevano la corte, di certo non si sarebbe mai interessato
ad un uomo... a lui.
Michael non sapeva che lui
fosse omosessuale. Andy l'aveva confidato soltanto a pochissime
persone, per la paura di non essere accettato o che la cosa potesse
pregiudicare addirittura i suoi studi universitari.
Scacciando tutti quei pensieri
che gli rigiravano in testa da settimane, Andy cercò la chiave della
sua stanza nella tasca dei jeans e poi aprì la porta.
- Michael? Michael, sono io.
Ci sei?
Dall'anticamera riusciva a
vedere la stanza in penombra, illuminata dalla lampada del comodino.
Ma c'era uno strano silenzio, rotto ogni tanto da risate sommesse e
respiri affannati.
- Michael, ci sei? - Andy
accese la luce del lampadario e restò di stucco nel vedere il
compagno di stanza insieme ad un altro ragazzo. Erano sul letto,
avvinghiati fra le lenzuola e si baciavano. E il fatto che fossero
nudi lasciava ben poco spazio all'immaginazione sulla natura di
quelle effusioni.
Andy rimase a bocca aperta per
qualche attimo, senza riuscire a dire una parola.
- Oddio, Andy! Mi dispiace,
non sapevo che saresti tornato così presto! - furono le prime parole
di Michael mentre l'altro ragazzo, i lineamenti contrariati per
essere stato scoperto, si rivestiva in fretta e furia.
Anche Michael cercò di
rivestirsi, prendendo i suoi indumenti da un cumulo gettato a terra
alla meno peggio. Cercò di salutare il tizio che era con lui
baciandolo sulle labbra, ma quello si scostò bruscamente e uscì
dalla stanza senza dire una parola.
- Andy... mi dispiace. -
Michael pronunciò queste parole a voce bassa, visibilmente
imbarazzato.
Andy nemmeno gli rispose.
Distolse lo sguardo e uscì
dalla stanza, scendendo in cortile per fumare una sigaretta. Non
sapeva dire cosa di quella scena gli avesse dato davvero fastidio:
di certo non la scoperta che anche Michael fosse gay. Forse, più di
tutto, gli bruciava il fatto di aver provato ad aprirsi con lui e
aver ricevuto in cambio l'assistere ad una scena quanto meno
imbarazzante.
Sospirò: doveva calmarsi, poi
gli avrebbe detto il fatto suo. E avrebbe cambiato stanza, in modo
da non permettergli più di provare ad attaccare bottone. E...
- Andy? Sapevo che ti avrei
trovato qui.
Michael gli si avvicinò,
poggiandosi contro il muretto al quale era poggiato anche Andy.
- Che c'è? Il tuo ragazzo se
n'è andato? - la voce di Andy risuonò parecchio acida e infastidita
– Forse non ha gradito l'interruzione, no?
- Senti, te l'ho detto. Mi
dispiace.
- Avresti potuto dirmelo prima
che avevi bisogno della stanza libera e risparmiarmi questa
figuraccia! Dio, ti rendi conto dell'imbarazzo? - lo aggredì Andy.
Michael si grattò la nuca.
- Sì, ma... Insomma, non è
successo nulla di grave in fondo, no? A meno che ti dia fastidio il
fatto che sono gay.
Quelle parole gelarono il
sangue di Andy. Michael le aveva pronunciate con uno strano tono
dimesso, rassegnato, diventando serio all'improvviso.
- No, non è quello, ci
mancherebbe. Avrei solo preferito che mi chiedessi di stare alla
larga dalla nostra stanza per un paio d'ore, ecco tutto.
- Oh, beh, non ci ho fatto
caso, dico sul serio... E forse avrei dovuto anche dirtelo, credo,
che sono omosessuale. Ma vedi... l'anno scorso ho avuto problemi con
il tizio che stava in stanza con me, non gli andava giù il fatto che
avessi certe preferenze. Quindi preferisco farmi gli affari miei.
- Anche io.
- Anche tu cosa? Preferisci
stare sulle tue? Guarda che me ne sono accorto. - una risatina
ironica e poi il silenzio necessario ad accendersi una sigaretta.
- No anche io sono gay.
La consistenza delle sue
parole gli fu chiara soltanto dopo che le ebbe pronunciate: non si
era mai confessato così a bruciapelo con nessuno, nemmeno con il suo
migliore amico a quindici anni, quando l'idea di un corpo maschile
che lo attirava gli faceva una paura tale da spegnere ogni scintilla
di eccitazione.
- Oh beh, almeno non sono il
solo! - fu il commento di Michael – Iniziavo a temere di essere
l'unico.
- Beh, c'è il tuo ragazzo, no?
- questa domanda costò una fatica immane ad Andy.
Lo stomaco gli si attorcigliò
improvvisamente, spiazzandolo del tutto. Cos'era adesso quella
strana sensazione di sollievo all'idea che il suo compagno di stanza
non fosse così irraggiungibile?
- Oh, Robert. Sì, hai ragione.
Anche se le cose non sono molto semplici.
Michael sorrise tristemente,
poi scosse la testa, come a voler scacciare via tristi pensieri.
- Allora? Posso considerarmi
perdonato per quel che è successo? Dai, andiamo a bere una birra,
d'accordo?
Negli anni Andy avrebbe
imparato come riuscire a farsi perdonare di tutto fosse una delle
caratteristiche predominanti di Michael. Gli bastava guardarlo e
sorridere in un certo modo, anche senza dire una parola, per fargli
dimenticare qualsiasi cosa.
Nonostante l'arrabbiatura di
quella sera, Andy aveva dimenticato tutto nell'esatto momento in cui
avevano varcato la soglia del pub e Michael aveva ripreso a parlare
come se nulla fosse successo.
Gestire l'attrazione non era
più semplice come prima: barricarsi dietro muri di cartone non
bastava a nascondersi a lungo da Michael e dal calore delle sue
parole, così come la voglia di sfiorargli almeno le mani si faceva
sempre più viva e forte, come il bisogno d'acqua dopo che non si è
bevuto per tre giorni di seguito.
Quella birra insieme, Andy non
l'avrebbe mai dimenticata, così come non avrebbe dimenticato la
gestualità di Michael e il suo modo di coinvolgerlo nella
discussione.
Una volta tornati nella loro
stanza, Michael gli disse:
- Mi dispiace per quello che è
successo. Non volevo mancarti di rispetto, dico davvero.
- Tranquillo, è tutto a posto.
Non avrei dovuto prendermela in quel modo. Sono stato impulsivo,
come al solito.
Si era messo a ridere,
cercando di stemperare la tensione e poi si era infilato quasi
subito sotto le coperte, mormorando un “buonanotte” stentato,
impaziente di mettere fine a quella giornata così strana, nella
quale tutto ciò che aveva creduto fino a quel momento era stato
messo in discussione e rivoluzionato in modo radicale.
Non è stato difficile
innamorarmi di te, Michael. Non solo perché eri dannatamente bello e
bastava un tuo sorriso per trasmettermi ottimismo, ma soprattutto
perché hai continuato a tendermi la mano nonostante io ti
respingessi ogni volta.
Io avrei perso la pazienza,
credo. Non avrei cercato tanto a lungo di attirare l'attenzione di
qualcuno che faceva di tutto per tenermi a distanza.
O forse, almeno
inizialmente, volevi solo essermi amico. Aiutarmi ad uscire dal
guscio e ad essere meno diffidente nei confronti di chiunque.
Chissà, magari ho scambiato
amore e amicizia quando mi sono arreso all'idea di essermi
innamorato. Ma tu c'eri comunque ad aspettarmi, Michael, e non ti
sarò mai abbastanza grato per questo.
***
Quando Andy finisce di
parlare, si è fatta quasi mezzanotte.
Elena si chiede come abbia
fatto il tempo a volare così velocemente. Andy le sembra rilassato,
come se i ricordi l'abbiano reso meno triste, in qualche modo. I
lineamenti del suo volto sono più distesi, più dolci.
- Accipicchia, deve essere
davvero imbarazzante trovare Michael in una situazione del genere! -
ridacchia.
- Sì, l'avrei volentieri
sbattuto fuori dalla stanza senza vestiti. - ribatte Andy.
I suoi occhi parlano di
nostalgia e malinconia, ma allo stesso tempo brillano di una luce
nuova, come se Michael in qualche modo fosse ancora lì accanto a
lui.
- Sembri stanco. - osserva poi
Elena.
- Sì, beh... Più o meno.
Domani mattina devo anche alzarmi presto per il tirocinio. Mi
dispiace lasciarti da sola, ma devo finire necessariamente le ore
prima della metà del mese e ho da recuperarne un bel po'.
Elena annuisce.
- Tranquillo, non pensare a
me. A dire la verità mi sento invadente a stare qui in casa tua
anche quando non ci sei.
- Non... non preoccuparti. La
solitudine stava iniziando a farmi davvero male.
Le ultime parole lasciano
l'amaro in bocca, sembrano cariche di mille sottintesi che non può
afferrare, ma Andy si è fatto scuro in viso, come se stesse pensando
a qualcosa di spiacevole.
- Sai, ho detto di te a mia
madre. - sorride Elena, tentando di cambiare argomento.
- A tua madre? - Andy non
sembra esattamente contento della cosa.
- Sì... beh, in realtà non
avevo ancora intenzione di farlo, volevo aspettare di tornare a
casa, ma le ho detto che sarei rimasta da te e lei stava iniziando a
preoccuparsi e mi è venuto spontaneo dirle che potevo fidarmi di te
perché eri il ragazzo di Michael.
Elena parla velocemente, come
quando è agitata e vorrebbe dire mille cose tutte in una volta.
Arrossisce quando finisce di raccontare tutto, come una bambina
colta a combinare un guaio.
- Mi dispiace. - dice alla
fine.
- Perché, scusa?
- Magari avrei dovuto
chiederti se andava bene, se potevo dirlo a mia madre.
Maledice la sua impulsività,
mentre si torce le mani e aspetta che Andy le risponda. Il giovane
ha lo sguardo cupo, come se volesse rimproverarla.
- Avrebbe dovuto saperlo,
prima o poi. E forse è anche meglio, no? O beh, in realtà non so più
cosa sia giusto e cosa sbagliato. Temo di aver perso di vista la
realtà.
La voce di Andy è di nuovo
tornata amara e priva di espressione.
- Mamma adorava Michael, sai?
È stato orribile per lei... per tutti noi... quello che è successo.
- una punta di dolcezza colora le parola di Elena – Per lei non
avrebbe fatto alcuna differenza.
Andy si stringe nelle spalle.
- Mi dispiace che Michael non
le abbia mai detto nulla. - risponde – Io ho cercato di convincerlo
più di una volta che non sarebbe andata male com'è andata con i
miei, ma lui aveva paura di deludervi.
Ed è quasi come se volesse
giustificarlo, assolverlo dal suo silenzio e dalle sue bugie.
Giustificazioni delle quali,
in fondo al cuore, Elena non sente alcun bisogno. Non tanto perché
non serviranno a far tornare indietro Michael, ma perché lei non è
mai stata arrabbiata con lui. Forse ferita, all'inizio, ma poi è
passato tutto, anche grazie al fatto di aver conosciuto Andy.
- Ha detto che le piacerebbe
conoscerti, prima o poi. - sorride infine – Penso che le staresti
simpatico.
Andy non risponde subito.
Lascia passare qualche attimo, prima di dire, a voce bassa:
- Potrebbe succedere.
Non è una vera e propria
domanda, quanto una constatazione. Prima che Elena trovi il modo di
replicare, Andy le dice che è davvero stanco e che vorrebbe andare a
dormire.
- Domani mattina ti lascio le
chiavi di casa sul tavolo della cucina, d'accordo? Magari vuoi fare
un giro mentre io non ci sono.
- Grazie, Andy. Grazie di
tutto.
Grazie per farmi sentire
parte di un mondo che non mi appartiene.
Grazie per le tue parole.
Più tardi, quando tutta la
casa sembra essere scivolata nel sonno, Elena è l'unica che non
riesce a dormire. Fissa l'orologio sul comodino, contando i secondi
che separano lo scorrere dei minuti. E pensa a Michael, il suo
adorato fratello, a tutto quello che non sapeva di lui e che adesso
sta faticosamente ricostruendo grazie ai racconti di Andy.
Ma c'è qualcosa che i ricordi
non potranno mai restituirle. La concretezza delle mani di Michael
che le facevano il solletico, ad esempio. O la sua voce entusiasta
che le raccontava di qualche nuova astrusa scoperta scientifica.
Più di ogni altra cosa,
manchi. E non c'è nessun'altra cosa al mondo che vorrei più di
vederti tornare da me.
Elena si sveglia alle dieci
del mattino, con la stanza inondata dalla luce e la sensazione di
aver dormito a lungo.
Si alza e si stiracchia,
gettando uno sguardo allo specchio che riflette la sua immagine
imbronciata e la maglietta enorme con la faccia di Topolino che usa
per dormire. uno dei regali che Michael le aveva portato l'anno
precedente dopo essere stato tre mesi in Florida per motivi di
lavoro. Il fratello aveva sbagliato taglia, prendendo un indumento
due taglie più grandi della sua, attirandosi così le sue prese in
giro sul fatto che non ne capisse nulla di abbigliamento.
Una volta scesa in cucina e
trova Luna ad attenderla. Il cane le va attorno cominciando a
scodinzolare e ad abbaiare festosamente, così Elena resta a giocare
un po' con lei e a farle le carezze sulla pancia.
- Sei bellissima. Scommetto
che Michael ti adorava, non è vero? - mormora con un sorriso triste.
Riesce quasi ad immaginare suo
fratello che passava le ore a giocare con lei, a lisciarle il pelo e
a lanciarle oggetti da rincorrere.
La morsa della malinconia la
attanaglia improvvisamente, riempiendole gli occhi di lacrime.
Da piccoli lei e il fratello
avevano fatto fronte comune per avere un cane – in realtà Elena
aveva solo cinque anni e ripeteva ai genitori ciò che sentiva dire a
Michael – ma avevano ottenuto soltanto dei netti rifiuti, con la
scusa che il padre era allergico al pelo degli animali.
E Michael per consolarla le
aveva promesso che da grande avrebbe avuto almeno tre o quattro cani
e lei sarebbe potuta andare a trovarlo ogni volta che avesse voluto.
Avresti potuto condividere
Luna con me.
E anche la tua storia con
Andy. E i tuoi sogni, i tuoi desideri.
Non lasciarmi così
all'oscuro di tutto.
Per un attimo il rancore che
credeva di non provare più prende il sopravvento ed Elena prova il
fortissimo desiderio di avere Michael davanti per urlargli contro e
sfogarsi.
È talmente immersa in questi
cupi e tristi pensieri che non si accorge nemmeno del cellulare che
inizia a suonare. Si asciuga velocemente gli occhi, come se chi sta
telefonando potesse vederla e risponde.
- Elena, ti ho svegliata? - la
voce di Andy sembra sinceramente preoccupata.
- No, no, tranquillo. Stavo
cercando il latte in frigorifero e avevo lasciato il cellulare in
soggiorno.
- Terzo ripiano, dovrebbero
essercene due bottiglie.
- Okay, grazie. Come mai mi
hai telefonato? È successo qualcosa?
- Nulla, tranquilla. Sono solo
in pausa caffè, così ti ho telefonato per sapere come te la stavi
cavando.
Sembra che Andy abbia scelto
il momento meno adatto per chiederle come sta, ma Elena ricaccia
indietro le lacrime e risponde che sì, va tutto bene e che dopo aver
fatto colazione ha intenzione di andare a fare un giro.
Quando poggia il telefono sul
tavolo e si ritrova di nuovo sola,
quasi le sembra di capire come deve essersi sentito Andy quando
Michael non è più tornato a casa.
Quel senso di vuoto che deve averlo
circondato e inghiottito adesso fa male anche a lei, stringendola in
una morsa d'acciaio che non vuole saperne di allentare i suoi denti
aguzzi e lasciarla tornare a respirare normalmente.