Aveva dormito
più a lungo di quanto si era prefissato, ma
quel sonno era stato un vero toccasana per i suoi nervi e la sua mente
che si era potuta concedere un po’ di tranquillità
dopo una delle giornate peggiori vissute fino a quel momento
– ed era impressionante, dato ciò che aveva visto
in tanti anni di navigazione come vicecapitano di Shanks il Rosso.
Prima di lasciare l’infermeria aveva fatto in modo di farsi
dare una controllata a Lucas, in modo tale da evitare le sue paturnie
nel caso contrario. In tal modo si era cautelato per tutto il giorno da
possibili scenate che il medico avrebbe potuto fargli. Si sentiva
decisamente meglio fisicamente: i muscoli non erano più
contratti, la stanchezza aveva abbandonato le sue membra e anche il
volto non era più tirato per la tensione.
Perdurava però la preoccupazione. Per Hikari e per Shanks.
Posò su di loro i suoi occhi blu che rimasero sospesi tra i
due, quasi fosse in attesa di segni che in qualche modo avrebbero
potuto preannunciarli il loro risveglio, sollevandogli
l’anima. Anche se sapeva che il suo migliore amico era
semplicemente sotto effetto di anestetici e non era in coma come la
giovane donna, non riusciva a non figurarsi il medesimo stato anche per
lui mentre lo osservava steso in quel letto con la pelle cadaverica.
Sapeva che era impossibile come desiderio da realizzarsi, ma per lui
stava pregando affinché fosse Hikari quella a riaprire per
prima gli occhi, in modo da risparmiarli almeno il dolore nel vederla
in quello stato e i sensi di colpa che indubbiamente lo avrebbero
assalito.
- Perché
rimani un’idiota... - borbottò
tra sé e sé uscendo dalla stanza.
Aveva bisogno di mangiare e, anche se ormai erano passate le undici,
non poteva attendere il pranzo. Sicuramente avrebbe trovato qualcosa,
dato che aveva spedito il giorno precedente un gruppo di uomini a
recuperare scorte per rimanere autonomi almeno per una settimana.
Si accese la sigaretta e inspirò la prima boccata di tabacco
della giornata.
La dimensione in cui si trovava era indecifrabile.
Non riusciva a capire dove fosse e né tanto meno quali
fossero state le sue ultime azioni. La sua vita gli appariva davanti
agli occhi in modo confusionario, come tasselli di un puzzle mescolati,
al quale mancavano non pochi pezzi per essere completato. Vari flash
gli si presentavano di fronte, rievocando ricordi antichi o da poco
passati: si rivide con Rufy piccolo, la prima volta che aveva preso il
largo con Ben per intraprendere la via della pirateria, il primo
incontro con Yassop e gli altri, scontri importanti sulla Rotta
Maggiore... Hikari.
In quello stato indefinito dove nulla assumeva contorni precisi e tutto
appariva precario e sul punto di cadere in rovina, Shanks ebbe
l’impressione di essersi dimenticato qualcosa di importante
rimanendo lì. Quando gli occhi viola di lei si erano fatti
largo tra le varie immagini, aveva avvertito come un tremito
d’angoscia percorrere la sua anima in ogni angolo –
anche il più remoto ed oscuro.
Si sentiva ancora debole, la sua mente non seguiva ciò che
lui comandava, ma imboccava una strada propria senza rivelargli nulla
riguardo a ciò che avrebbe desiderato conoscere. I colori si
fondevano tra loro, andando a formare istanti di vita vissuta,
ricordandogli sensazioni ed emozioni di cui serbava ancora vivida
memoria, tanto li aveva amati con tutto sé stesso. In essi,
Hikari – ventenne - gli sorrideva allegramente, senza ombre
sul volto o rancore nel cuore.
Perché allora si ritrovava ad osservare tutto ciò
con malinconia?
Non capiva, non riusciva a ragionare in quel limbo. Doveva svegliarsi,
aprire gli occhi e tentare di comprendere cosa stesse accadendo alla
sua realtà, invece di giacere impotente in quel mondo
irreale dove continuava a ripercorrere un ricordo dopo
l’altro senza poter riprendere la sua esistenza.
La prima percezione del mondo attorno a sé fu quella del
richiamo dei gabbiani.
Dovevano essere vicini all’oceano, al mare. Se si
concentrava, ad ogni respiro, nei suoi polmoni entrava aria salmastra
– buona, frizzante. Eppure, quelle inspirazioni gli
procurarono non poche fitte al torace, le costole parevano gridare di
dolore per un tale sforzo al quale aveva deciso di sottoporle per un
proprio capriccio personale. Si ramificò in tutto il corpo,
risvegliandolo con non troppa dolcezza e facendo tornare percepibili
anche gli altri punti feriti del proprio fisico.
Malamente, con fatica, riuscì ad aggrapparsi alla
realtà.
Gli costò non poca fatica quell’impresa. La sua
mente sembra talmente soffocata da quella dimensione indeterminata
nella quale si era ritrovato fino a poco prima, da sembrare quasi
impossibilitata a riprendere un vero contatto con il mondo esterno,
rimettendosi in funzione. Appesantita, un brusio continuo di sottofondo
riempiva il padiglione auricolare e le pareti della propria testa,
rallentando gli ingranaggi dei suoi pensieri.
Quando finalmente i suoi occhi smeraldini si aprirono, vennero inondati
da una luce bianca e forte. Fu costretto a richiuderli di scatto per il
fastidio e prima di riuscire a mantenerli almeno socchiusi ci mise
parecchio tempo. Doveva aver passato non poco tempo nelle tenebre se
quello era l’effetto – non un sonno normale, ma
più pesante degli altri.
Steso su di un letto, non riconosceva la stanza dal soffitto bianco e
crepato che si ritrovava a contemplare.
Provò a voltare il capo. A sinistra vide una porta, chiusa e
intravide una scrivania più vari strumenti utili per
operazioni, disinfestazioni e bendaggi – e da qui dedusse che
probabilmente si trovava in infermeria. Ma ancora non gli era chiaro il
motivo per cui fosse in un posto del genere.
Prima di voltarsi dall’altra parte, prima di comprendere,
avvertì un leggero fremito nel proprio corpo. Un
presentimento lo metteva in guardia da ciò che la memoria si
sarebbe vista costretta a rivelargli se si fosse veramente spinto
oltre, osservando cosa vi fosse alla sua destra.
Un’autodifesa contro il dolore dell’anima.
Lo ignorò. Doveva sapere, soprattutto se centrava con Hikari.
La vide, stesa su un letto che probabilmente era del tutto simile al
suo. Il volto diafano, in modo insano, circondato dai boccoli neri
presentava un forte contrasto nel quale risultava ancora più
pallida di quanto fosse in realtà. La benda attorno alla
testa, e quella che si scorgeva avvolgerle anche il petto, facevano
intendere quanto poco rassicuranti fossero le sue condizioni fisiche
per via delle ferite riportate.
E ora ricordava perfettamente la scena in cui la battaglia aveva
completamente cambiato i toni e si era trasformata in una tragedia. Di
fronte ai suoi occhi, mentre fissava Hikari stesa a pochi metri da lui,
riviveva in contemporanea e con crescente angoscia l’attimo
in cui il proiettile l’aveva trapassata e in cui era caduta,
sbattendo la testa.
Dei chiodi arrugginiti e lunghi una decina di centimetri conficcati a
forza nella sua pelle avrebbero sicuramente fatto meno male, rispetto
al dolore che ora lui avvertiva spargersi con rapidità nel
proprio essere, sconvolgendolo. Il meccanismo tanto istintivo della
respirazione pareva essersi bloccato con quelle immagini di sangue e
morte, quasi il suo cervello avesse classificato quell’azione
secondaria rispetto a lei.
Provò ad alzarsi, per avvicinarsi e vedere meglio come
stava. Me le sue forze erano inesistenti e, per quanto a lui non
importasse minimamente, il suo corpo gli appariva d’intralcio
– troppo pesante, stanco, atrofizzato. Non
rinunciò al suo obbiettivo anche se continuava a ricadere
sul materasso pesantemente intanto che le sue iridi verdi non si
scollavano dal corpo di Hikari, fissandola con angoscia.
L’aveva creduta morta. Aveva provato la profonda disperazione
di un uomo che perdeva per la seconda volta la stessa donna,
l’unica che avrebbe mai amato con tutto sé stesso
nella sua vita, e quest’ultima volta aveva il sapore amaro
dell’irrimediabile e del definitivo. Perché non
avrebbe più potuto concedersi nemmeno la consolazione di
saperla viva, con qualcun altro magari dall’altra parte del
mondo, senza che il proprio pensiero potesse scalfirla o raggiungerla,
ma viva. Ed era stata una sensazione soffocante, opprimente, in grado
di annientarli qualsiasi cosa in lui.
E ora, vederla accanto a sé, per quanto in condizioni
pessime ma con il cuore a batterle ancora nel petto, gli procurava un
contrasto di emozioni divergenti che si davano guerra con foga, per
decretare un vincitore assoluto. Soltanto, che non pareva vi fosse
qualcuno in grado di prevalere l’altro e perciò si
veniva a creare un
miscuglio indistinto, in grado di attanagliali il cuore in una presa di
spine.
“Ti consiglio di rimanere fermo, Shanks, se non vuoi che ti
si riaprano le ferite”.
La voce pacata di Ben lo fece voltare improvvisamente dalla parte
opposta. Non lo aveva sentito entrare, preso com’era dal
tentativo inutile e stupido di raggiungere Hikari.
L’amico gli si avvicinò, prendendo la sedia dietro
la scrivania e sedendosi accanto al suo letto. La giornata non doveva
essere delle migliori vista l’espressione cupa e pensierosa,
ma pareva che rivederlo sveglio gli avesse riportato un po’
di serenità nello spirito, alleggerendolo almeno di alcuni
pesi insopportabili da sostenere tutti assieme a lungo. E mentre
continuava a tenere incollato su di lui i suoi occhi blu, si accese una
sigaretta estraendola con un gesto fluido dal pacchetto quasi terminato.
“Come sta?” chiese Shanks.
“Ha passato il peggio” asserì laconico
Ben “Ora non dobbiamo far altro che attendere che si
svegli”.
“Quanto ci metterà”?
“Dipende da lei”.
Il silenzio ridiscese nella camera.
Shanks era troppo stanco per poter sostenere una vera conversazione. Il
suo cervello era ancora annebbiato da una parte dagli anestetici e per
l’altra dal dolore nel comprendere la situazione critica che
stava passando la donna che amava. Non poteva far a meno di darsi la
colpa per quanto le era accaduto: se si fosse impuntato avrebbe potuto
evitarle di combattere, tenerla lontana dai pericoli e metterla al
sicuro, invece di coinvolgerla in quel modo.
“Non ci pensare neanche, idiota” esperì
il vicecapitano dopo aver aspirato dalla sigaretta “Lo sai
com’è fatta, non ti avrebbe ascoltato e avrebbe
combattuto ugualmente dopo aver litigato per bene con te. Tu non hai
responsabilità per quello che le è
accaduto”.
“Sì, invece”.
“Ti prego, almeno per una volta, scemo di un capitano, puoi
evitare di intestardirti?” continuò con calma Ben
“Kami era un sadico che si divertiva a far soffrire i propri
nemici. Se avessimo saputo fin dall’inizio che saremmo andati
incontro ad un individuo del genere, ci saremmo organizzati
differentemente. Non disperarti inutilmente, amico”.
Un flebile sorriso intaccò le labbra del Rosso.
In un modo o nell’altro, finiva sempre con Ben che gli faceva
vedere la realtà per il verso giusto, impedendogli di
andarsi ad incagliare in pensieri contorti ed oscuri dai quali non
sarebbe più riuscito a liberarsi. Anche se una parte di
sé stesso non poteva evitare di continuare a rimuginare su
cosa avrebbe potuto o meno fare, comprendeva quanto fossero inutili e
autodistruttive tali riflessioni. Nonostante l’angoscia,
doveva evitare di soffermarsi troppo a lungo su quell’abisso
che avrebbe finito con l’avvolgerlo completamente in una
morsa gelida, dalla quale non sarebbe stato possibile uscire.
“Se vuoi far qualcosa di utile, Shanks, pensa a riprenderti
per poter aiutare Hikari quando si sveglia”.
“Lo farò” affermò, senza
indugi.
Si era risvegliato da un paio di giorni e con fatica aveva convinto
Lucas a concedergli almeno di alzarsi dal letto per andare a pranzare
con gli altri. Gli era stato concesso un pasto al giorno in compagnia
dei suoi uomini, perché il medico aveva paura che il
capitano si facesse prendere troppo la mano e le sue ferite si
riaprissero, mandando in fumo tutto il suo lavoro per rimetterlo in
sesto nel più breve lasso di tempo possibile.
A parte quei brevi momenti in cui rimaneva all’aria aperta,
Shanks passava tutto il restante del suo tempo nella stanza insieme a
Hikari. Quando non dormiva, sedeva accanto a lei, tenendogli la mano e
parlandole di qualsiasi cosa gli venisse in mente. Non sapeva se fosse
vero che le persone in coma potessero sentire gli altri, tuttavia
sperava che in qualche modo la sua voce potesse incentivare il
risveglio della donna.
Ogni attimo si ritrovava a convivere con quella sofferenza lancinante.
Come spine, sentiva il dolore conficcarsi sempre più in
profondità nella propria anima e attorno al suo cuore che
ormai sanguinava copiosamente. Si sentiva annegare in quel mare di
disperazione che aveva la forza di spingerlo sotto le proprie acque,
nel tentativo di farlo sprofondare nelle tenebre. L’unica
cosa a tenerlo a galla era la sicurezza che prima o poi Hikari si
sarebbe svegliata e sarebbe tornata da lui, proprio per questo non
poteva farsi sconfiggere dal proprio dolore.
E poi, una sera nella quale teneva la sua mano dalle dita affusolate
nella propria, avvertì un lieve movimento,
all’inizio impercettibile e poi sempre più
accentuato. Il suo cuore si bloccò insieme al fiato, mentre
il suo essere si tendeva nell’attesa trepidante in cui
nemmeno la speranza ha il coraggio di intessere fantasie, troppo belle
per la paura della disfatta completa pochi attimi dopo.
Quando però rivide le due gemme d’ametista
intercettare i suoi occhi, lasciò che questi cancellassero i
sentimenti cupi di tutti quei giorni in qualche attimo.
“Ben svegliata, bell’addormentata”.
Il mondo riprese colori dei quali si era dimenticato
l’esistenza.
- TO BE
CONTINUED -
-
Un passo indietro... Poi sempre avanti -
Buonasera ragassuole! O,
meglio, buonanotte! xD
In ritardo, ma ci siamo
eh. E' colpa del caldo, nel mio caso, di sta
stramaledetta estate arrivata in anticipo - li mort... Ahem! Che arriva
in anticipo, ovviamente.
E la mia pressione va a
farsi benedire. Quanto
a Yu, ormai l'abbiamo persa sotto i Codici vari. Purtroppo non vive
più una vita normale, arrendiamoci a questa
realtà!
Terz'ultimo capitolo...
Essì! Siamo quasi alla fine - tra i
vostri sospiri di sollievo anche. E con la lieta novella per la quale
Hikari è viva e vegeta. :) Quindi riseppellite i mitra e
salvaguardate la nostra salute, ok? Da brave, su! xD
Bene, io andrei a morire
sul materasso. Non ce la posso fare... @_@
Grazie come sempre per le recensioni e per i "Gambatte!" ricevuti!
Al prossimo capitolo!
ps. Potrebbe saltare
l'appuntamento della prossima settimana,
perchè - se il vulcano vuole - sono a Berlino. Vedo se
riesco ad aggiornare martedì, ma non garantisco nulla. .-.
Bea&Yuki
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