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Autore: Beatrix e Yuki689    26/05/2011    4 recensioni
[Tratto dal Capitolo 5] " Il Rosso rimuginò in silenzio qualche istante: “Perché dovrei fare un favore a Dragon”? - “Lo devi fare perché è tanto importante per noi quanto per te fermare Smoker… E sappiamo bene quanto tu tenga agli equilibri. I tempi non sono ancora maturi…” e la sua voce era ferma e tagliente. “Shanks, è una questione di vita o di morte. Noi siamo blindati, non possiamo agire in così poco tempo. Dragon te lo sta chiedendo per favore” e si vergognò di implorarlo, anche se era per conto di qualcun altro. […] “Sappi che Dragon mi dovrà un grosso favore” aveva incalzato lui, con un tono lugubre nella voce. “Dragon non è come te. Lui le promesse le mantiene” concluse lei con freddezza, ponendo fine alla chiamata."
Salve a tutti! Siamo Beatrix e Yuki689 e questa è la nostra prima fan fiction scritta a quattro mani: ambientata tra la saga di Water Seven e la fine di Thriller Bark, narrerà principalmente dell’intenzione della Marina nel catturare Pugno di Fuoco. Ma sia i Pirati che i Rivoluzionari avranno qualcosa da ridire in merito. E anche qualche scheletro nell’armadio da tirare fuori, con cui farci i conti. Speriamo di avervi incuriosito abbastanza! Buona lettura!
Genere: Drammatico, Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Shanks il rosso, Smoker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 60: VIVA.
(Chapter Soundtrack: Here I am - Bryan Adams)


Aveva dormito più a lungo di quanto si era prefissato, ma quel sonno era stato un vero toccasana per i suoi nervi e la sua mente che si era potuta concedere un po’ di tranquillità dopo una delle giornate peggiori vissute fino a quel momento – ed era impressionante, dato ciò che aveva visto in tanti anni di navigazione come vicecapitano di Shanks il Rosso.

Prima di lasciare l’infermeria aveva fatto in modo di farsi dare una controllata a Lucas, in modo tale da evitare le sue paturnie nel caso contrario. In tal modo si era cautelato per tutto il giorno da possibili scenate che il medico avrebbe potuto fargli. Si sentiva decisamente meglio fisicamente: i muscoli non erano più contratti, la stanchezza aveva abbandonato le sue membra e anche il volto non era più tirato per la tensione.

Perdurava però la preoccupazione. Per Hikari e per Shanks.

Posò su di loro i suoi occhi blu che rimasero sospesi tra i due, quasi fosse in attesa di segni che in qualche modo avrebbero potuto preannunciarli il loro risveglio, sollevandogli l’anima. Anche se sapeva che il suo migliore amico era semplicemente sotto effetto di anestetici e non era in coma come la giovane donna, non riusciva a non figurarsi il medesimo stato anche per lui mentre lo osservava steso in quel letto con la pelle cadaverica. Sapeva che era impossibile come desiderio da realizzarsi, ma per lui stava pregando affinché fosse Hikari quella a riaprire per prima gli occhi, in modo da risparmiarli almeno il dolore nel vederla in quello stato e i sensi di colpa che indubbiamente lo avrebbero assalito.

- Perché rimani un’idiota... - borbottò tra sé e sé uscendo dalla stanza.

Aveva bisogno di mangiare e, anche se ormai erano passate le undici, non poteva attendere il pranzo. Sicuramente avrebbe trovato qualcosa, dato che aveva spedito il giorno precedente un gruppo di uomini a recuperare scorte per rimanere autonomi almeno per una settimana.

Si accese la sigaretta e inspirò la prima boccata di tabacco della giornata.



La dimensione in cui si trovava era indecifrabile.

Non riusciva a capire dove fosse e né tanto meno quali fossero state le sue ultime azioni. La sua vita gli appariva davanti agli occhi in modo confusionario, come tasselli di un puzzle mescolati, al quale mancavano non pochi pezzi per essere completato. Vari flash gli si presentavano di fronte, rievocando ricordi antichi o da poco passati: si rivide con Rufy piccolo, la prima volta che aveva preso il largo con Ben per intraprendere la via della pirateria, il primo incontro con Yassop e gli altri, scontri importanti sulla Rotta Maggiore... Hikari.

In quello stato indefinito dove nulla assumeva contorni precisi e tutto appariva precario e sul punto di cadere in rovina, Shanks ebbe l’impressione di essersi dimenticato qualcosa di importante rimanendo lì. Quando gli occhi viola di lei si erano fatti largo tra le varie immagini, aveva avvertito come un tremito d’angoscia percorrere la sua anima in ogni angolo – anche il più remoto ed oscuro.

Si sentiva ancora debole, la sua mente non seguiva ciò che lui comandava, ma imboccava una strada propria senza rivelargli nulla riguardo a ciò che avrebbe desiderato conoscere. I colori si fondevano tra loro, andando a formare istanti di vita vissuta, ricordandogli sensazioni ed emozioni di cui serbava ancora vivida memoria, tanto li aveva amati con tutto sé stesso. In essi, Hikari – ventenne - gli sorrideva allegramente, senza ombre sul volto o rancore nel cuore.

Perché allora si ritrovava ad osservare tutto ciò con malinconia?

Non capiva, non riusciva a ragionare in quel limbo. Doveva svegliarsi, aprire gli occhi e tentare di comprendere cosa stesse accadendo alla sua realtà, invece di giacere impotente in quel mondo irreale dove continuava a ripercorrere un ricordo dopo l’altro senza poter riprendere la sua esistenza.


La prima percezione del mondo attorno a sé fu quella del richiamo dei gabbiani.

Dovevano essere vicini all’oceano, al mare. Se si concentrava, ad ogni respiro, nei suoi polmoni entrava aria salmastra – buona, frizzante. Eppure, quelle inspirazioni gli procurarono non poche fitte al torace, le costole parevano gridare di dolore per un tale sforzo al quale aveva deciso di sottoporle per un proprio capriccio personale. Si ramificò in tutto il corpo, risvegliandolo con non troppa dolcezza e facendo tornare percepibili anche gli altri punti feriti del proprio fisico.

Malamente, con fatica, riuscì ad aggrapparsi alla realtà.

Gli costò non poca fatica quell’impresa. La sua mente sembra talmente soffocata da quella dimensione indeterminata nella quale si era ritrovato fino a poco prima, da sembrare quasi impossibilitata a riprendere un vero contatto con il mondo esterno, rimettendosi in funzione. Appesantita, un brusio continuo di sottofondo riempiva il padiglione auricolare e le pareti della propria testa, rallentando gli ingranaggi dei suoi pensieri.

Quando finalmente i suoi occhi smeraldini si aprirono, vennero inondati da una luce bianca e forte. Fu costretto a richiuderli di scatto per il fastidio e prima di riuscire a mantenerli almeno socchiusi ci mise parecchio tempo. Doveva aver passato non poco tempo nelle tenebre se quello era l’effetto – non un sonno normale, ma più pesante degli altri.
Steso su di un letto, non riconosceva la stanza dal soffitto bianco e crepato che si ritrovava a contemplare.

Provò a voltare il capo. A sinistra vide una porta, chiusa e intravide una scrivania più vari strumenti utili per operazioni, disinfestazioni e bendaggi – e da qui dedusse che probabilmente si trovava in infermeria. Ma ancora non gli era chiaro il motivo per cui fosse in un posto del genere.

Prima di voltarsi dall’altra parte, prima di comprendere, avvertì un leggero fremito nel proprio corpo. Un presentimento lo metteva in guardia da ciò che la memoria si sarebbe vista costretta a rivelargli se si fosse veramente spinto oltre, osservando cosa vi fosse alla sua destra. Un’autodifesa contro il dolore dell’anima.

Lo ignorò. Doveva sapere, soprattutto se centrava con Hikari.

La vide, stesa su un letto che probabilmente era del tutto simile al suo. Il volto diafano, in modo insano, circondato dai boccoli neri presentava un forte contrasto nel quale risultava ancora più pallida di quanto fosse in realtà. La benda attorno alla testa, e quella che si scorgeva avvolgerle anche il petto, facevano intendere quanto poco rassicuranti fossero le sue condizioni fisiche per via delle ferite riportate.

E ora ricordava perfettamente la scena in cui la battaglia aveva completamente cambiato i toni e si era trasformata in una tragedia. Di fronte ai suoi occhi, mentre fissava Hikari stesa a pochi metri da lui, riviveva in contemporanea e con crescente angoscia l’attimo in cui il proiettile l’aveva trapassata e in cui era caduta, sbattendo la testa.

Dei chiodi arrugginiti e lunghi una decina di centimetri conficcati a forza nella sua pelle avrebbero sicuramente fatto meno male, rispetto al dolore che ora lui avvertiva spargersi con rapidità nel proprio essere, sconvolgendolo. Il meccanismo tanto istintivo della respirazione pareva essersi bloccato con quelle immagini di sangue e morte, quasi il suo cervello avesse classificato quell’azione secondaria rispetto a lei.

Provò ad alzarsi, per avvicinarsi e vedere meglio come stava. Me le sue forze erano inesistenti e, per quanto a lui non importasse minimamente, il suo corpo gli appariva d’intralcio – troppo pesante, stanco, atrofizzato. Non rinunciò al suo obbiettivo anche se continuava a ricadere sul materasso pesantemente intanto che le sue iridi verdi non si scollavano dal corpo di Hikari, fissandola con angoscia.


L’aveva creduta morta. Aveva provato la profonda disperazione di un uomo che perdeva per la seconda volta la stessa donna, l’unica che avrebbe mai amato con tutto sé stesso nella sua vita, e quest’ultima volta aveva il sapore amaro dell’irrimediabile e del definitivo. Perché non avrebbe più potuto concedersi nemmeno la consolazione di saperla viva, con qualcun altro magari dall’altra parte del mondo, senza che il proprio pensiero potesse scalfirla o raggiungerla, ma viva. Ed era stata una sensazione soffocante, opprimente, in grado di annientarli qualsiasi cosa in lui.

E ora, vederla accanto a sé, per quanto in condizioni pessime ma con il cuore a batterle ancora nel petto, gli procurava un contrasto di emozioni divergenti che si davano guerra con foga, per decretare un vincitore assoluto. Soltanto, che non pareva vi fosse qualcuno in grado di prevalere l’altro e perciò si veniva a creare un
miscuglio indistinto, in grado di attanagliali il cuore in una presa di spine.


“Ti consiglio di rimanere fermo, Shanks, se non vuoi che ti si riaprano le ferite”.

La voce pacata di Ben lo fece voltare improvvisamente dalla parte opposta. Non lo aveva sentito entrare, preso com’era dal tentativo inutile e stupido di raggiungere Hikari.

L’amico gli si avvicinò, prendendo la sedia dietro la scrivania e sedendosi accanto al suo letto. La giornata non doveva essere delle migliori vista l’espressione cupa e pensierosa, ma pareva che rivederlo sveglio gli avesse riportato un po’ di serenità nello spirito, alleggerendolo almeno di alcuni pesi insopportabili da sostenere tutti assieme a lungo. E mentre continuava a tenere incollato su di lui i suoi occhi blu, si accese una sigaretta estraendola con un gesto fluido dal pacchetto quasi terminato.

“Come sta?” chiese Shanks.

“Ha passato il peggio” asserì laconico Ben “Ora non dobbiamo far altro che attendere che si svegli”.

“Quanto ci metterà”?

“Dipende da lei”.


Il silenzio ridiscese nella camera.

Shanks era troppo stanco per poter sostenere una vera conversazione. Il suo cervello era ancora annebbiato da una parte dagli anestetici e per l’altra dal dolore nel comprendere la situazione critica che stava passando la donna che amava. Non poteva far a meno di darsi la colpa per quanto le era accaduto: se si fosse impuntato avrebbe potuto evitarle di combattere, tenerla lontana dai pericoli e metterla al sicuro, invece di coinvolgerla in quel modo.

“Non ci pensare neanche, idiota” esperì il vicecapitano dopo aver aspirato dalla sigaretta “Lo sai com’è fatta, non ti avrebbe ascoltato e avrebbe combattuto ugualmente dopo aver litigato per bene con te. Tu non hai responsabilità per quello che le è accaduto”.

“Sì, invece”.

“Ti prego, almeno per una volta, scemo di un capitano, puoi evitare di intestardirti?” continuò con calma Ben “Kami era un sadico che si divertiva a far soffrire i propri nemici. Se avessimo saputo fin dall’inizio che saremmo andati incontro ad un individuo del genere, ci saremmo organizzati differentemente. Non disperarti inutilmente, amico”.

Un flebile sorriso intaccò le labbra del Rosso.

In un modo o nell’altro, finiva sempre con Ben che gli faceva vedere la realtà per il verso giusto, impedendogli di andarsi ad incagliare in pensieri contorti ed oscuri dai quali non sarebbe più riuscito a liberarsi. Anche se una parte di sé stesso non poteva evitare di continuare a rimuginare su cosa avrebbe potuto o meno fare, comprendeva quanto fossero inutili e autodistruttive tali riflessioni. Nonostante l’angoscia, doveva evitare di soffermarsi troppo a lungo su quell’abisso che avrebbe finito con l’avvolgerlo completamente in una morsa gelida, dalla quale non sarebbe stato possibile uscire.

“Se vuoi far qualcosa di utile, Shanks, pensa a riprenderti per poter aiutare Hikari quando si sveglia”.

“Lo farò” affermò, senza indugi.


Si era risvegliato da un paio di giorni e con fatica aveva convinto Lucas a concedergli almeno di alzarsi dal letto per andare a pranzare con gli altri. Gli era stato concesso un pasto al giorno in compagnia dei suoi uomini, perché il medico aveva paura che il capitano si facesse prendere troppo la mano e le sue ferite si riaprissero, mandando in fumo tutto il suo lavoro per rimetterlo in sesto nel più breve lasso di tempo possibile.

A parte quei brevi momenti in cui rimaneva all’aria aperta, Shanks passava tutto il restante del suo tempo nella stanza insieme a Hikari. Quando non dormiva, sedeva accanto a lei, tenendogli la mano e parlandole di qualsiasi cosa gli venisse in mente. Non sapeva se fosse vero che le persone in coma potessero sentire gli altri, tuttavia sperava che in qualche modo la sua voce potesse incentivare il risveglio della donna.

Ogni attimo si ritrovava a convivere con quella sofferenza lancinante. Come spine, sentiva il dolore conficcarsi sempre più in profondità nella propria anima e attorno al suo cuore che ormai sanguinava copiosamente. Si sentiva annegare in quel mare di disperazione che aveva la forza di spingerlo sotto le proprie acque, nel tentativo di farlo sprofondare nelle tenebre. L’unica cosa a tenerlo a galla era la sicurezza che prima o poi Hikari si sarebbe svegliata e sarebbe tornata da lui, proprio per questo non poteva farsi sconfiggere dal proprio dolore.

E poi, una sera nella quale teneva la sua mano dalle dita affusolate nella propria, avvertì un lieve movimento, all’inizio impercettibile e poi sempre più accentuato. Il suo cuore si bloccò insieme al fiato, mentre il suo essere si tendeva nell’attesa trepidante in cui nemmeno la speranza ha il coraggio di intessere fantasie, troppo belle per la paura della disfatta completa pochi attimi dopo.

Quando però rivide le due gemme d’ametista intercettare i suoi occhi, lasciò che questi cancellassero i sentimenti cupi di tutti quei giorni in qualche attimo.


“Ben svegliata, bell’addormentata”.

Il mondo riprese colori dei quali si era dimenticato l’esistenza.





- TO BE CONTINUED -




 - Un passo indietro... Poi sempre avanti -


Buonasera ragassuole! O, meglio, buonanotte! xD
In ritardo, ma ci siamo eh. E' colpa del caldo, nel mio caso, di sta stramaledetta estate arrivata in anticipo - li mort... Ahem! Che arriva in anticipo, ovviamente.

E la mia pressione va a farsi benedire. Quanto a Yu, ormai l'abbiamo persa sotto i Codici vari. Purtroppo non vive più una vita normale, arrendiamoci a questa realtà!

Terz'ultimo capitolo... Essì! Siamo quasi alla fine - tra i vostri sospiri di sollievo anche. E con la lieta novella per la quale Hikari è viva e vegeta. :) Quindi riseppellite i mitra e salvaguardate la nostra salute, ok? Da brave, su! xD

Bene, io andrei a morire sul materasso. Non ce la posso fare... @_@ Grazie come sempre per le recensioni e per i "Gambatte!" ricevuti!
Al prossimo capitolo!

ps. Potrebbe saltare l'appuntamento della prossima settimana, perchè - se il vulcano vuole - sono a Berlino. Vedo se riesco ad aggiornare martedì, ma non garantisco nulla. .-.



Bea&Yuki
   
 
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