17. L’ALTRO SEGRETO DI
LUCIUS
Forgive me
for what I have
been Forgive me
my sins
– The Truth Beneath
The Rose, Within Temptation –
–
Ebbene, come procedono le cose
con la tua protetta? La sua memoria ha fatto progressi? –
Lucius
si era messo a proprio agio
nello scranno, a sottintendere con la sua solita, rischiosa insolenza
che si
trovava lì per una pura e semplice gentile concessione della
sua presenza.
Dall’altra
parte della scrivania,
gli occhi severi di Castalia lo soppesavano attentamente in attesa di
una
risposta, ma lui era troppo impegnato a fissare le punte infangate dei
propri
stivali con il solo scopo di darle sui nervi per darle retta.
Alle
spalle di Castalia, a
sorvegliare la scena come un avvoltoio, stava una giovane guardia che
lo
sogguardava con disgusto, le mani giunte dietro la schiena, eretto e
composto
come una statua. Lucius sospettava che si trovasse lì in
qualità di semplice
testimone della conversazione. Castalia in genere se ne procurava uno
quando
subodorava possibili menzogne in arrivo, e quindi, nel caso di colloqui
con
Lucius, sempre. L’ultima volta c’era stato Shin, ma
non era stata una scelta
saggia: erano troppo amici, loro due, e la signora Coordinatore
Generale doveva
essersene avveduta, nel frattempo, dato che aveva disposto diversamente
la
situazione. Shin, infatti, era fuori ad aspettare assieme a Regan che
l’interrogatorio di Lucius, fatto passare per aggiornamento,
terminasse e concedesse loro di ritornare alle loro
indagini.
Erano
stati richiamati a Medilana
il giorno dopo il loro arrivo a Lumbar, probabilmente perché
alla Sede Centrale
era giunta notizia che si fossero recati in un luogo di dubbio
interesse
culturale. Dopotutto, tanto peggiore era la fama di certe
località, tanto più
intensa era la presenza sotto copertura della Lega.
–
Lucius – la voce impostata di
Castalia vibrò pericolosamente. – Non abusare
della mia pazienza. Ho questioni
urgenti di cui occuparmi: ho quarantotto salme,
nell’obitorio, che attendono
un’autopsia, e altre sette presso il Nucleo di Radislav,
quindi ti sarei grata
se almeno tu mi semplificassi le cose. –
Qualcosa
in quello che aveva
detto carpì l’attenzione di Lucius.
–
Le quarantotto salme sono
quelle dei cadaveri recuperati alla Corte, giusto? –
ragionò, e la donna annuì.
– Le altre non mi risultavano. –
Castalia
si compiacque di vedere
che ci fosse qualcosa di lui non era al corrente.
–
Sono fuggiaschi sopravvissuti
al crollo. Si nascondevano in un rifugio sotterraneo dalle parti di
Helgard. –
Lucius
collegò subito la notizia
con quanto gli aveva detto Soile durante il ballo in merito a una sua
breve
permanenza a Mauercast per questioni importanti.
–
Radislav e Soile hanno
elaborato un’ottima tattica di stanamento –
proseguì infatti Castalia, e sembrò
provare un piacere perverso nel ricordargli di quella collaborazione.
–
Purtroppo però gli uomini incaricati
dell’operazione hanno avuto seri guai a
causa di un imprevisto. –
–
In che senso? –
L’espressione
grave e tesa che si
aggiunse alla risposta gli provocò un brivido freddo dietro
al collo.
–
I loro dardi avvelenati non
hanno sortito effetti. Hanno perso un uomo durante una lotta corpo a
corpo non
pianificata. –
Lucius
ebbe un terribile tuffo al
cuore.
–
Cosa credi che gli stiano
facendo, là dentro? –
–
Nulla di che. A Lucius piace tirare
un po’ la corda, con Castalia. La starà facendo
arrabbiare, come al solito. –
Regan
era stupita dalla
leggerezza con cui Shin parlava della sfrontatezza di Lucius verso un
superiore. Che Lucius fosse un irriverente poco disposto a prendere sul
serio l’autorità,
ormai lo aveva capito anche lei, ma aveva creduto che Shin fosse
più ligio a
certe incombenze gerarchiche.
–
So cosa stai pensando – le
disse con un sorriso. – Io non sono esuberante come lui, ma
abbiamo una cosa in
comune: non amiamo gli abusi di potere, e, mi rincresce dirlo, spesso
Castalia
si lascia prendere la mano dalla sua posizione. Lucius in fondo non ha
nessun
vincolo diretto verso la Lega, quindi non è tenuto a
rispondere alla sua
autorità. Lo fa semplicemente perché gli piace
farsi desiderare. –
Erano
nella stessa posizione
della prima volta che avevano atteso lì fuori insieme:
gomito a gomito di
fronte alla finestra, solo che stavolta non c’era la sera a
farsi ammirare, ma
una giornata fiacca e uggiosa.
–
Benché gli piaccia essere una
celebrità, non è una cosa che ha cercato lui.
–
–
E tu? Il membro più giovane
della storia della Lega… tu non sei una
celebrità? –
Gli
occhi neri di Shin
osservavano vacui il vento che danzava tra gli alberi spogli,
sollevando
turbini foglie da terra.
–
Io sono un caso a sé stante.
Sono fermamente convinto che Castalia mi abbia voluto nella Lega con lo
scopo
principale di tenermi sotto controllo, e secondariamente per sfruttare
le mie
capacità a proprio vantaggio. Io ero poco più che
un bambino, ero solo, e
stravedevo per le imprese di Lucius, e così acconsentii
– la sua mano salì a
sfiorare la Stella che gli pendeva poco più sotto delle
clavicole. – Volevo
solo essere utile, fare del mio meglio per aiutare chi
potevo… non riuscivo a
rendermi conto dei secondi fini di chi mi aveva offerto una tale
opportunità. Se
non altro adesso posso aiutare te. –
Si
voltò verso di lei e le
sorrise.
Regan
realizzò che doveva la sua
vita e il suo benessere anche a lui, che non aveva alcun dovere verso
di lei, e
pensò, vergognandosene, che al posto suo e di Lucius lei non
era sicura sarebbe
riuscita a rischiare tanto per qualcuno che nemmeno conosceva.
–
Shin, posso farti una domanda?
L’ho chiesto a Lucius e lui ancora non mi ha voluto
rispondere. –
Si
guardarono negli occhi e il
silenzio di Shin fece da tacito consenso.
–
Perché state facendo tutto
questo per me? –
Le
labbra di Shin si incurvarono
dolcemente.
–
Spetta a Lucius darti le sue
motivazioni, ma a mio nome ti posso dire che so cosa si prova a
sentirsi
completamente soli al mondo, e se in qualche modo potrò
aiutarti a ritrovare
quello che hai perso, ne sarò lieto. –
Lo
disse in modo così semplice e
sincero che le parole colarono dentro come miele caldo a rasserenare
ansie che
prudevano alle mani che lei si torceva in grembo. Diversamente da
Lucius, un’incognita
torbida e fumosa, Shin le appariva trasparente e incorrotto da artifici
di
qualunque tipo, un’arma bianca che sapeva colpire e affondare
senza ferire.
Grata
della sua semplice
presenza, regalo che già più di una volta si era
dimostrato inestimabile, Regan
gli si accostò un po’ più vicina e,
timidamente, sfiorò le proprie dita contro
le sue.
Bastò
a provocarle la solita
scarica di dolore capillare che si diffuse come una folgore dentro di
lei, ma
non le importò. Shin guardò in giù,
stupito, ma lei gli sorrise, perché glielo
doveva, ed era il minimo che potesse fare.
–
Grazie. –
Lucius
lasciò l’ufficio di
Castalia circa venti minuti dopo che ci era entrato ed esibiva
un’espressione
così tronfia che Regan dovette mordersi la nocca di una mano
per non ridere al
pensiero di come potesse esserne uscita Castalia Reis da quella
conversazione.
Lasciarono
il palazzo della Sede
Centrale e uscirono sulle strade ordinate e vivaci della capitale di
Corterra.
I carretti di dolciumi degli ambulanti erano assediate da adulti e
piccini, che
acquistavano ciambelle e cialde per compensare il grigiore del
pomeriggio, e
nelle botteghe e nei negozi c’era un viavai sorprendente di
clienti e curiosi.
Come a Cittanuova, i passanti erano di ogni provenienza e condizione
sociale,
ma lì tutto era a un livello più elevato, a
partire dalla stessa sorveglianza:
uomini in uniforme, infatti, pattugliavano le vie armati di tutto punto.
Mentre
si dirigevano verso la
piazza per prendere il Portale e tornare a Lumbar, Shin prese da parte
Lucius e
gli sussurrò qualcosa all’orecchio; Lucius rimase
immobile per un momento, poi
annuì e gli toccò appena la spalla, come a
volerlo ringraziare di qualcosa.
Regan
rimase a bocca aperta
quando Shin le gettò uno sguardo fugace mentre le voltava le
spalle e si
allontanava.
–
Dove sta andando? – domandò,
allarmata. – È successo qualcosa? –
Lucius
le cinse le spalle con un
braccio e la guidò verso una panchina nei pressi di una
grande fontana, dove la
pregò di sedersi.
–
Suppongo di essere stato
abbastanza maleducato, con te, non è così?
–
Regan
non aveva idea di che cosa
stesse parlando.
–
È giusto che tu sappia come io
sono diventato quello che sono, e soprattutto perché
– sospirò lui. Il cuore di
Regan prese a battere più forte. – Credo che
quest’altro mio Segreto risponderà
a più o meno tutti i tuoi legittimi interrogativi su di me,
e sappi che non
sono molti a conoscere quanto sto per raccontarti. –
La
rassegnazione si mescolava a
una strana forma di sollievo in quella frase stentata che gli
uscì dalle labbra
con il sapore dell’impotente accettazione verso
un’imminente condanna.
–
È una storia piuttosto lunga,
sai, e avrei preferito raccontartela in altre circostanze. Magari
seduti in una
taverna davanti a una bella zuppa calda, ma in effetti, ripensandoci,
non
sarebbe stato consigliabile. –
Si
interruppe, concedendosi un
momento per riordinare le idee. Quando riprese il suo tono era
più serio.
–
Sono nato in una famiglia di
agricoltori delle campagne di Sonnerg, e sono l’unico figlio
che mia madre
riuscì a dare a mio padre. Fui battezzato Luciferus
– e la sua bocca si
contorse in una smorfia di repulsione. – A dispetto della
cattiva fama che quel
nome portava, poiché il suo significato, portatore
di luce, è considerato benaugurale, anche se alla
fine non ebbe gli effetti
sperati, per me come per il Lucifero delle leggende. – Penso
tu comprenda il
perché io abbia preferito cambiare, una volta entrato nella
Lega. –
Si
inumidì le labbra secche, i
capelli neri mossi dal vento leggero che spirava da Nord.
–
Non eravamo poveri, ma nemmeno
abbastanza benestanti da poterci dedicare ad altro che alle
coltivazioni. Sono
cresciuto giocando da solo nei prati vicino a casa, ed è
così che ho scoperto
di cosa ero capace. Gli altri piccoli demoni giocavano a deviare i
corsi
d’acqua e ad accendere fuocherelli con i rami secchi, mentre
io facevo crescere
interi boschetti e conoscevo i pensieri di tutto il villaggio. Ero in
grado di
vedere l’anima delle persone attraverso i loro occhi, di
capire quanto grande
fosse l’energia che la Madre aveva donato loro. Ma ai miei
non interessavano le
mie doti; volevano solo che io imparassi a sfruttarle per coltivare i
campi e
accudire le bestie. Avrei voluto entrare alla Domus Aurea; anche se ne
avevo
solo sentito parlare, sapevo che era quello il posto in cui sarei
dovuto stare,
ma naturalmente non mi avrebbero mai ammesso. Trent’anni fa
non era come oggi:
dovevi essere raccomandato da qualcuno che contasse o avere un mucchio
di
soldi, per entrare, anche se eri estremamente dotato, e io non ero
nessuno. A
Talua, il mio villaggio, ero guardato con sospetto. Mi consideravano un
ragazzo
potenzialmente pericoloso, visto quello che facevo, e per questo i miei
genitori avevano sempre fatto di tutto per scoraggiarmi
dall’esercitarmi, e non
volevo morire in gabbia, quando la Madre mi aveva fatto dono di ali
tanto
straordinarie. Scappai di casa che ero poco più che un
bambino, ma logicamente non
avevo nulla con cui mantenermi, né sapevo veramente cosa
volessi fare della mia
vita. Una cosa però la sapevo: non sarei tornato indietro.
–
Regan
ascoltava in silenzio. Le
riusciva difficile credere che qualcuno potesse rinunciare alla propria
famiglia solo per rincorrere un capriccio, soprattutto in
età così giovane, ma
forse certe cose erano scontate, per chi era abituato ad averle.
–
So cosa stai pensando,
cerbiattina, ma temo che il tuo stupore sia solo appena cominciato.
Spero che
la tua opinione di me non precipiti troppo, quando avrò
finito. –
Regan
non ebbe modo di
rassicurarlo, di dirgli che nulla che lui le potesse raccontare avrebbe
mai
potuto cambiare ciò che lei pensava di lui, o in qualche
modo sminuire la sua
stima. Lucius riprese prima che lei potesse trovare la forza di aprir
bocca.
–
Quando raggiunsi la capitale
della mia Terra, mi sembrò di avere la strada spianata
davanti. Mi sentivo
chissà chi, a vagare da solo per Vihrea, ma la
verità è che ero solo un
ragazzino troppo tronfio e stupido per capire che non c’era
alcuna possibilità
che quell’avventura che mi ero andato a cercare potesse
concludersi
positivamente. Solo pochi giorni dopo la fuga da casa, decisi di andare
a
cercare fortuna a Medilana e lì finii per incrociare il
cammino del soggetto
peggiore in cui si possa incappare. –
Per
qualche ragione, Regan sapeva
già di chi si trattasse.
–
Gerjen, il Ladro di Anime? –
–
Proprio lui. Più giovane, molto
meno potente di oggi, ma già parecchio popolare tra quelli
della sua risma.
Riconobbe subito il mio dono, fiutò la rarità del
mio grande potenziale, e decise
di prendermi con sé. Accettai senza rifletterci troppo,
allettato dalle sue
promesse di grandi insegnamenti e ricchezze. Le mantenne, non posso
negarlo, e
mi rincresce ammettere che buona parte dei miei attuali poteri si sono
sviluppati grazie a lui, ma in quegli anni che passai al suo fianco
affrontai
cose che mi segnarono per sempre, dentro e fuori. Non si diventa Ladri
di Anime
dall’oggi al domani. Almeno non quando si tratta di gente ai
livelli di Gerjen.
Ci sono prove da superare, per dimostrare di possedere
un’adeguata competenza,
e la spietatezza necessaria. Gerjen era molto ingolosito dalle mie
capacità, ma
non poteva arrischiarsi a prendere con sé un ragazzino
smidollato. Mi chiese
fino a che punto ero disposto ad arrivare per imparare a diventare il
migliore,
e io ero così sciocco e ambizioso che non mi feci scrupoli.
Gerjen non ebbe
alcuna pietà di me, anche se ero poco più che un
bambino: mi sottopose a
torture inumane allo scopo di temprare il mio spirito, di innalzare la
soglia
del dolore, cosicché, se un giorno per disgrazia fossi stato
catturato, sarei
stato pronto a resistere a qualunque mezzo di estorsione. Penso che
credesse
che non sarei mai riuscito a sopportarlo. Quando invece vide che
resistevo,
nonostante fossi ormai ridotto a qualcosa di appena più vivo
di un fantasma,
decise che ero degno di essere dei suoi. –
Lei
capì che alludeva alle cicatrici
che aveva sparse sul corpo, ma non solo. Lucius lasciò a lei
il beneficio di
immaginare in cosa consistessero esattamente quelle torture che le
avevano
provocate.
–
Sono sempre stato considerato un
mezzo prodigio e una mezza delusione, tra i Ladri di Anime. I
miei… colleghi…
non capivano come un ragazzo
talentuoso come me si lasciasse limitare da sciocchi scrupoli morali.
Ho ucciso
molte persone, Regan – sospirò, con una dolenza
che le arrivò dritta nelle
vene. – E di questo mi vergognerò fino alla mia
morte, ma mi sono sempre
limitato a prendermi la vita di malfattori, traditori, ladri, e gente
ritenevo
fosse solo un bene eliminare. Questo non giustifica le mie azioni, ma
mi sono
sempre aggrappato al pensiero che se non altro non ho mai preso la vita
di un
innocente. –
Ora
si spiegava quello scambio di
battute che c’era stato con Castalia, giorni addietro.
“È solo una
ragazzina.”
“Lo eri anche tu.”
A
Regan sfuggì una lacrima. Sentiva
quanto lui soffrisse nel rievocare per lei quei ricordi lontani e
l’empatia
agiva impietosa su di lei, premendole sulla gola.
–
Provi disgusto per me, adesso? –
Il
tangibile dispiacere che fece
vacillare la voce di Lucius le parlò di un legame in cui non
avrebbe mai
nemmeno osato sperare. Lo abbracciò d’istinto.
–
No – mormorò, tremula. Tirò su
con il naso e lo strinse più forte. – Non potrei
mai. –
–
Non ero nemmeno maggiorenne
quando fui arrestato. Io e i miei compagni ci eravamo imbattuti in una
pattuglia della Lega. Ero rimasto ferito. Mi lasciarono lì,
a vedermela da
solo, e fui catturato dalla figlia del Coordinatore di Norden di
allora. Fu
proprio lei a chiedere che mi fosse concessa una grazia. Di norma per i
Ladri
di Anime è prevista la pena di morte senza nemmeno il
diritto di processo. Lei
venne a parlare con me nella mia cella. Volle sapere tutto di me e dei
motivi
che potevamo avermi spinto a diventare quello che ero. Per la prima
volta in
vita mia raccontai di me stesso in assoluta sincerità, e a
una persona del
tutto estranea. Non so perché decise di credermi, ma lo
fece. Disse che si
fidava di me. Si fece garante della mia buona condotta e si
addossò la piena
responsabilità delle mie azioni, senza nemmeno conoscermi, e
in quel modo mi
salvò la vita. La sua impeccabile reputazione
bastò a convincere il Consiglio a
concedermi una possibilità. Non so cosa le fece rischiare
tanto per me, ma le
devo tutto. Quel giorno stesso le giurai eterna fedeltà.
– Lucius si voltò a
guardarla intensamente. – Lei si prese cura di me, proprio
come sto facendo io
con te. Se non mi avesse aiutato, adesso sarei già tornato
alla Madre da un
pezzo, e non nel modo più piacevole. –
Il
suo tono era cambiato, in
quell’ultima parte. Da aspro di rimorso si era ammorbidito,
trasformandosi via
via in uno scorrere fluido che aveva lo stesso sapore di un sorriso.
Regan
non aveva bisogno di
chiedere chi fosse quella lei a cui
lui si riferiva. Non era difficile indovinarlo. C’era una
sola donna che lei
conoscesse che corrispondeva a quella descrizione, e per un attimo
dovette
ammettere di esserle grata per quello che aveva fatto per Lucius.
Questo però
non cambiava i sentimenti di avversione che Soile le suscitava, e
niente al
mondo avrebbe potuto. E nel frattempo si torturava
nell’incertezza, sforzandosi
di individuare un confine tra la riconoscenza che lui provava per
quella donna
e la soglia di un tipo di attaccamento diverso, quello più
temibile.
Se mai ne sia esistito uno. Sei la sua sia mai
stata semplice
gratitudine.
Lucius
le appoggiò il mento sopra
la testa e lei sentì la sua mandibola contrarsi mentre
deglutiva.
–
Ero solo e spacciato, e una
sola persona ha fatto la differenza, per me – le disse.
– Mi piace pensare che
potrei essere stato quello che ha fatto la differenza per te.
–
Regan
si stringeva a lui e si
sentiva coinvolta nella profonda emozione che quel ricordo gli aveva
portato a
galla negli occhi.
–
L’hai fatto. Sarei già morta,
se non fosse stato per te. –
E
poi pensò a quanto gli voleva
bene, sorprendendo sé stessa mentre il suo cuore si
stringeva nel timore. Era
possibile sentirsi già così profondamente legati
a una persona, conoscendola da
solo poche settimane?
L’affetto
che trapelava
dall’espressione vagamente malinconica con cui lui la stava
osservando le
diceva di sì.
Rimasero
in silenzio per un po’,
abbracciati, fino a che Lucius reputò di averle lasciato il
tempo sufficiente
di elaborare tutto quanto, e quindi la fece alzare e le porse un
fazzoletto di
lino per asciugarsi il viso.
–
Adesso sarà meglio andare a
cercare Shin e tornare a Lumbar prima che faccia buio. Domani ci
aspetta una
gita interessante. –
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A/N:
ecco,
il capitolo che tutti aspettavate. :) Banale? Forse. Ma è
solo la punta dell’iceberg,
per il momento. Scommetto che però sono sorte altre domande,
nel frattempo. ;)
Ringrazio chi ha letto lo scorso
capitolo e ha aggiunto la
storia tra i preferiti, e in particolare chi ha recensito lo scorso
capitolo:
Salamanca
Tree Hiddle: è
quando leggo
commenti come il tuo che penso che forse prima o poi sarò
davvero una
scrittrice “di fama”. Vorrei davvero che chi ha il
potere di realizzare i miei
sogni, un giorno, possa pensare le stesse cose che hai detto tu. Grazie
mille.
LovelyAndy: Shin non può
“leggere” i sogni di chiunque,
infatti è lui stesso piuttosto stupito quando si rende conto
di cosa gli è
appena successo. In risposta all’altra domanda, ti posso solo
dire che Regan è
nata con i capelli rossi e che quello che vede nei suoi sogni
sarà spiegato,
prima o poi. ;)
Milou_: stessa risposta per te: Shin non può
percepire
i sogni della gente, normalmente, e lui stesso non si spiega
né come possa
essere accaduto questa volta, e nemmeno come sia possibile che lui
senta
familiare una voce che nemmeno lei sa bene a chi appartenga. Ti posso
anzi dire
che questo è uno dei misteri che non troverà
risposta entro la fine di
Innocence, ma si risolverà invece più in
là, in uno dei libri successivi (se
mai vedranno la luce ^^). Per quel che riguarda Aranel…
resta sintonizzata e
vedrai. ;)
Iloveworld:
ti ringrazio molto per tutti i
complimenti!
Prometto che appena avrò un po’ di tempo
leggerò la tua storia e cercherò di
darti qualche consiglio che possa sembrarmi utile. J
Ora vi
lascio. Spero
abbiate gradito. J
Le recensioni sono sempre accolte a braccia
aperte, l’unico “stipendio” che
un’autrice amatoriale possa sperare di
ricevere, quindi… grazie in anticipo!
Ma prima di chiudere, un assaggio del
prossimo capitolo:
Era un angelo giovane, poco più maturo
di Lucius, di carnagione pallida
e lineamenti leggeri ed equilibrati, e anche se gli occhi erano chiusi,
le
sembrava quasi di intravederli, specchi di ambra scura, furbi e
amichevoli.
Vide che le sue braccia erano deturpate da una lunga fila di spesse
cicatrici
orizzontali lungo il tracciato che normalmente avrebbero segnato le
vene,
alcune completamente guarite, altre ancora incrostate di sangue. Era
come se
per mesi – o forse addirittura anni – fosse stato
seviziato più e più volte da
mani di precisione chirurgica. Una sola ferita era diversa: uno
squarcio netto
e ancora rosso nell’addome, profondo e spesso. Non aveva
nemmeno avuto il tempo
di rimarginarsi, segno che gli era stato inflitto appena prima che
morisse.
Probabilmente, anzi, era stato proprio quello a ucciderlo.
Fu quella riflessione a scuoterle la memoria.
Cortine di oscurità si
scostarono nella sua mente, denudando sprazzi di ricordi che le
permisero di
costruire qualcosa di tangibile.
Era lui. Era lo
sconosciuto
dai lunghi capelli ramati che così spesso le appariva in
sogno.
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