imm 04
Titolo: Cadere nella polvere
Capitolo: 4/5
Raiting: Non ci riesco. Non lo so fare. E' tutto molto angst.
Genere: Introspettivo, Linkromanticism. ANGST.
Avvertimenti: Shonen-ai. Robe deprimenti.
4.
Cadere nella polvere.
A
volte Link se lo immagina.
È
uno dei suoi pensieri fissi, una delle sue più grandi paure. A volte si
immagina cosa vuol dire cadere in battaglia. Si immagina la morte arrivare – a
volte è veloce e sorprendente come la mossa inaspettata del suo avversario, a
volte è una lenta agonia, sangue che cola da qualche squarcio nel ventre, corpo
disteso nel fango, respiro sempre più insignificante – odore di ferro, liquido
ferroso in bocca e nelle narici -, freddo, rigidità, buio. C’è sempre molto
dolore coinvolto.
Eppure
la propria morte non è la cosa più sconvolgente che gli capiti di immaginare. È
stato addestrato per accettarla come prezzo equo nel bilancio della battaglia
che stanno combattendo. La vede ogni giorno farsi più vicina, più probabile –
non riesce nemmeno a credere che vi sfuggirà – che morirà in pace, vecchio, in
una casa tutta sua, in un giardino tutto suo, con un sorriso – non ci riesce, è
perfettamente consapevole che morirà in battaglia.
Come
tutti i suoi compagni.
Ma
pensare a loro… alla loro morte – questa è tra tutte la cosa più terribile.
Link
se lo immaginava benissimo il momento in cui Madarao sarebbe stato trafitto. A
volte ci pensava prima di chiudere gli occhi e addormentarsi, col cuore che
accelerava i battiti e respiri che si facevano più profondi. Una lama – chissà
perché una lama -, vedeva una lama acuminata, la punta di una spada, colpirlo e
affondare nella sua pancia, lo vedeva esitare un istante, trattenendo il fiato
gelido come se in questo modo potesse preservarsi per sempre, e poi infine
cedere, scivolando sul terreno coperto di altri resti umani.
Immaginava
di vedere tutto, di essere assalito da una furia cieca, di colpire, e farsi
largo tra le schiere di demoni col cadavere ancora caldo di Madarao fino alle
proprie linee, immaginava di arrivare a nascondersi sotto qualche cresta
rocciosa, o in un tugurio, o dietro a brandelli ammassati di case, e di doverlo
lasciare lì, seppellito nella polvere – nemmeno una lacrima, solo parole di
conforto, parole che vogliono dare forza e solennità al momento dell’addio.
Era
quel periodo in cui cercava così disperatamente dei legami… e quelle figure
attorno a lui, quei bambini con cui era cresciuto, forti ed impassibili e ormai
disumani, quelle cinque persone che considerava segretamente la sua unica
famiglia erano – le più precarie di tutte.
I minuti di calma durante una battaglia
sono sempre terribili. Sono spaventosi. Sono come dilatati nell’angoscia. Non
si vede mai niente. Nella confusione generale non si capisce mai niente, se non
il vago senso di essere ancora vivo. Non si capisce chi è sopravvissuto e chi è
caduto. Si sente solo una paura folle attanagliare ogni fibra del corpo, ogni
pensiero è una scossa elettrica, ogni respiro è come deglutire acqua gelida.
Durante la battaglia, no, è il corpo che reagisce. Solo i muscoli. Si muovono e
riempiono il tempo col ritmo dei colpi mortali sferrati nell’unico desiderio di
vincere.
C’è un breve attimo di pausa. Una
sospensione carica di brutti presagi. Link non vede nessuno. È solo. È certo
che stanno per attaccare. Non sa più dov’è Walker, dove sono i suoi compagni,
come li ritroverà, non sa – non sa se sono ancora vivi o se è rimasto l’unico –
l’ultimo sopravvissuto.
Ma ora sta perdendo l’uso del proprio
corpo. Sta per cedere, sta per cadere a terra, sta per essere schiacciato come
una bambola di porcellana. Sta per svanire – non vede niente –
Eppure conserva una parte della sua
lucidità.
Se
lo è immaginato già diverse volte.
Walker
è un ragazzino gettato in mezzo a una guerra. Sono tutti ragazzi gettati in
mezzo a una guerra, come se la guerra fosse una cosa da ragazzi, e sono tutti
appesi allo stesso sottilissimo filo.
Sono
tre mesi che lo segue ovunque e già non ricorda quante volte è stato in
pericolo mortale, quante volta ha creduto che fosse davvero la fine.
Quanto
è andato vicino – alla morte.
Ora
se lo può immaginare benissimo. I corridoi bui dell’orfanotrofio che
profumavano di pulito adesso hanno un odore di cenere. Le pareti sono state
sventrate e il corrimano ligneo della scala è caduto, spezzato a metà dal colpo
netto di un Akuma. Tra la polvere e i resti umani mummificati come lui si
muovono cauti i due schieramenti, aspettando, valutando le distanze, per poi
attaccare.
Può
immaginarsi che in battaglia saranno rimasti Yuu Kanda, forse Marie, forse il
piccolo Timothy, sicuramente Allen Walker. Kanda attaccherà ferocemente facendo
a pezzi tutto ciò che incontrerà di fronte a sé. Kanda – lo vede per un attimo
sfrecciare sul pavimento dissestato, soprabito che si alzerà per la velocità
del movimento, prima che sparisca lanciandosi dietro a un Akuma.
Se
lo può immaginare ora, Walker, Allen Walker solo, con i suoi artigli sguainati,
fronteggiare un Livello 4. Può immaginarsi il suo sguardo determinato e la sua
postura un po’ scomposta – ma più di ogni altra cosa può immaginarsi i suoi
pensieri, la sua paura, la paura che scorre come adrenalina nelle vene e che fa
fremere i muscoli e dilatare le narici e digrignare i denti, la pura che
cancella ogni altra sensazione – dolore, sensi di colpa, strategie -, la stessa
paura che prova lui ogni volta, la stessa paura che provano tutti quando si
trovano così vicini alla morte.
Allen
avrà quella sua maschera sul volto, una sottile barriera che lo difende dallo
scherno dell’Akuma, e il mantello bianco lo avvolgerà come un bozzolo
protettivo, l’unica fonte di luce in quell’oscurità spettrale, l’unica cosa
investita di una certa consistenza eppure così precaria.
La
massa raggomitolata-Allen si lancerà, prima o poi, afferrando con le lunghe
dita uncinate la testa dell’Akuma, colpendo, sfregiando, schiacciando. Anche il
Livello 4 contrattaccherà. Dalla sua bocca uscirà un potere spaventoso come
dalla bocca di un cannone.
Link
non sa di preciso quanto durerà il combattimento. Steso a terra, immobile,
incapace di percepire, ha solo una vaga intuizione dei movimenti che lo
circondano.
Ma
può immaginarsi la forza di un Akuma di quarto Livello e quella di Walker con
la sua stanchezza di essere umano e i limiti dei suoi quindici anni di età, e
in un breve momento i suoi pensieri scartano dal campo di battaglia – vedono –
vedono tra le assi divelte della stanza un qualcosa di argenteo e consistente
precipitare con un rumore come di schiocco, e la figura rigida dell’Akuma
catapultarsi con tutto il suo peso spaventoso sopra il punto dell’impatto,
raccogliere tutta la potenza rimasta sulla punta delle dita e liberarla in un
unico colpo.
Lo
può immaginare benissimo. Il braccio proteso dell’Akuma – nodoso e plastico
come fosse scolpito nel legno – trafiggerà il petto di Walker in un unico
affondo, penetrando il mantello candido, penetrando la carne e le ossa, e
stringerà il suo cuore – il suo cuore troppo giovane per essere di nuovo
sfiorato in quella maniera così sporca -, e lo stringerà, lo farà esplodere.
E
lui – steso a terra –
Se
la può immaginare benissimo una battaglia persa. Non c’è ragione per vincere
sempre le battaglie, e prima o poi la fortuna gira. Lo sa che Allen Walker è un
ragazzo fortunato. Ma è anche un ragazzo-guerriero, come lui, come Madarao e
tutti gli altri, uno la cui vita è appesa a un filo precario, uno destinato a
morire in battaglia.
Se
lo immagina – non potrà nemmeno gridare. Se morisse oggi, non potrà nemmeno
compiere quell’ultimo, importantissimo gesto di affetto, di devozione, non
potrà nemmeno recitare quelle ultime parole di amore alle quali si è sempre
attaccato come una consolazione. Non potrà fare niente per lui. Niente.
Alla fine deve esserci riuscito. Col
sangue che riprende lentamente a scorrere nelle vene, coi muscoli che si
elasticizzano ed ogni parte di sé che torna a rispondere al suo comando –
Per qualche secondo rimane immobile,
raccogliendo le forze per alzarsi ed il coraggio di guardare.
Ed è esattamente come ha immaginato:
sono rimasti tutti in piedi, il bambino con l’Innocence incastonata nella
testa, Yuu Kanda, Marie –
Allen – il suo sosia, il pagliaccio,
combatte con la sua evocazione a forma di spada.
È tutto molto veloce, i suoi sensi
atrofizzati ancora non colgono con precisione lo svolgimento della battaglia.
Ma sente la sua voce. È la voce di un ragazzo di quindici anni, e per quanto
provi a nasconderlo, non riesce a mascherare il panico che lo invade.
Non è ancora finita. Ma rialzandosi per
riprendere a combattere, non può che tirare un sospiro di sollievo.
***
Non
è che mi sono dimenticata questa fanfiction. E' che mi sono
completamente dimenticata di questo sito. E di avere una specie di
vita, insomma... Non importa. L'ultimo capitolo verrà
postato, prima o poi. Promesso! C'é ancora qualcuno che legge
questa storia? Ho risposto a tutte i gentili lettori che mi hanno
lasciato una recensione: eli_star, XShadeShinra & Iced_Dust. <3
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