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Hellcome to NevediNotte -
Il
Lamento dell'Angelo
«Perché
forse non lo apprezzano. È una melodia molto triste, quella
del tuo violoncello» disse serio il ragazzino.
La neve scricchiolava piano sotto i
pesanti passi di Koori, buttato fuori di casa dalla madre, di primo
mattino – le undici –, perché lei doveva pulire la sua stanza e non
voleva che Fenrir, il cucciolo di lupo del ragazzo, ruzzolasse in giro
come suo solito, lasciando pelo ovunque.
Koori era solito condurre una vita notturna, e stare in piedi di
giorno, era un vero e proprio trauma, soprattutto se svegliato con una
secchiata d’acqua gelida, seguita da un concerto di pentolame e
stoviglie assortite. La madre, dopo anni e anni, sapeva più che bene
che il figliastro aveva il sonno pesante, ed era conscia del fatto che
se non usava certi metodi, che implicavano per forza farsi sentire fin
oltre lo steccato che recintava la città, non sarebbe mai riuscita a
destarlo.
Così, il giovane dai capelli neri, come tutta la roba in pelle e lana
che indossava, passeggiava sconsolato per il villaggio, non vedendo
l’ora di poter tornare in camera a dormire, seguito da Fenrir, che si
divertiva come un matto a giocare sulla neve, come aveva fatto anche
poche ore prima nel bosco.
D’un tratto, il vento gelido che soffiava gentile, portò alle orecchie
del ragazzo un suono melodioso, che catturò subito la sua attenzione.
Koori ne rimase turbato.
«Sembra un angelo che urla e piange…» sussurrò, per poi rivolgersi al
suo lupacchiotto. «Fenrir, non fare il porco nell’ovile, andiamo!» gli
disse serio come al solito, marciando in direzione di quel lamento,
melodioso e sofferente, seguito dall’animale, pieno zeppo di neve
attaccata al pelo.
Dopo pochi secondi, il giovane capì che stava camminando verso una
casetta che ben conosceva: la bottega, nonché abitazione, dei due
vecchietti. Lui era un conciatore e lei una sarta.
Erano molto pochi i bambini che si avvicinavano a quella casa, e questo
perché l’uomo che lavorava la pelle incuteva un certo terrore: aveva i
capelli lunghi, imbiancati dal tempo, e gli mancava l’occhio sinistro.
Ma a Koori non importava l’aspetto fisico delle persone. Gli facevano
molto più orrore i suoi stessi coetanei, che si nutrivano solo di
fattezze e, dentro, non avevano nulla di concreto. In linea di massima,
il moro disprezzava le altre persone, come se non si sentisse di quel
mondo, ecco perché spesso cercava rifugio nel bosco e non usciva mai di
sua spontanea volontà durante il giorno, quando il villaggio viveva.
In poco tempo, Koori arrivò fino alla bottega, seguito dal
lupacchiotto. In veranda c’era il vecchio e rugoso conciatore che
suonava uno strumento musicale: un maestoso e uggioso violoncello.
Koori rimase lì in piedi, davanti a lui. Lo fissava rapito da quella
musica celestiale che non aveva mai avuto modo di ascoltare prima di
quel giorno.
Era certo che l’anziano si fosse accorto della sua presenza, ma avere
un po’ di pubblico non gli diede per niente fastidio e continuò senza
indugi quella melodia. Solo quando finalmente arrivò alla fine dello
spartito che teneva appoggiato a un leggio, il vecchio terminò quella
canzone muta e sollevò lo sguardo del suo unico occhio allo spettatore
curioso e educato che lo aveva ascoltato.
«Ciao, Koori» lo salutò cordiale.
A NevediNotte ci si conosceva tutti per nome.
«Ciao, vecchio».
Anche se qualcuno non utilizzava i nomi propri, ma soprannomi e vari
altri richiami.
«È strano che qualcuno si fermi ad ascoltarmi, per di più un giovane…»
notò l’uomo, sorridendogli. Per quanto l’età fosse avanzata, i denti
non avevano perso il loro candore, anche se qualcuno cominciava a
venire meno.
«Perché forse non lo apprezzano. È una melodia molto triste, quella del
tuo violoncello» disse serio il ragazzino.
«Oh, sai che è un violoncello, complimenti…».
«Sì. Mi piace veramente molto la musica e mi informo attraverso i
libri. Inoltre, ho un MP3, regalo dei miei zii della città a valle… A
volte mio cugino mi passa qualcosa di nuovo quando abbiamo modo di
vederci o mi manda una scheda di memoria tramite il musher». Koori parò
a lungo. Strano per uno come lui, sempre abituato a tacere.
Intanto, non visto, un batuffolo di pelo grigio era salito sulla
veranda e odorava il puntale del violoncello, curioso.
«Fenrir!», lo riprese – verbalmente e fisicamente – il padrone,
allontanandolo dallo strumento musicale.
«Anche il tuo lupo è curioso, proprio come te, e sta crescendo in
fretta», notò l’uomo.
«Sì», borbottò Koori, rimettendolo a terra, continuando poi a guardare
il violoncello.
Sembrava affascinato da quelle corde e da quel legno d’acero e abete.
«Non avevo mai sentito un suono simile…» disse, prima che il vecchio
gli potesse porgere una qualsiasi domanda. «È così malinconica… Mi ha
fatto venire in mente il lamento di un angelo, solo al mondo, che cade
dalle nuvole, giù, verso la terra… Dove incontrerà solo uomini ricchi
d’odio e di cattivi sentimenti. Ecco perché piange: preferirebbe la
solitudine del suo mondo bianco all’essere circondato di ipocrisia e
falsità».
L’uomo annuì, carezzando un lato della cassa armonica.
«Sono felice di essere riuscito a suscitare in te forti emozioni e
potenti immagini», disse, posando l'archetto in crine di cavallo e
legno di pernambuco sopra il leggio. Sapeva che la discussione sarebbe
finita lì e che quel ragazzo sarebbe tornato a casa, lasciandolo di
nuovo solo, nonostante lui stesso ne desiderasse la compagnia. Per cui
non si aspettò la seguente affermazione di Koori:
«Mi piacerebbe imparare ad usarlo».
Il conciatore, sbalordito, sbarrò l’occhio: «Veramente?», chiese.
Koori rispose con un cenno del capo a indicare un “sì”. «Però non
saprei dove comprarlo. Noi non scendiamo quasi mai in città».
L’uomo sorrise, scuotendo il capo. «Non ti preoccupare: potrò prestarti
il mio violoncello». Questa volta fu Koori a rimanere sorpreso. «Te lo
farò provare e, se ti piacerà, continuerai a suonarlo. Conosco un
liutaio molto bravo nella città vicina, te lo farò costruire da lui».
Fenrir si sdraiò sugli anfibi di Koori, facendogli così un po’ di
caldo. Era stufo di rimanere nello stesso posto per tanto tempo, quando
era fuori: era ancora un cucciolo e voleva giocare con il proprio
padroncino, non stare lì a chiacchierare con una persona anziana!
«Va bene, vecchio» annuì Koori. «Ci sto. Inizierò a mettere i soldi da
parte. Il problema sarà trovare qualcuno che mi insegni ad usarlo…».
L’anziano rise e si indicò «Ma ce l’hai qua, davanti a te!».
Il ragazzo lo guardò strano, indicandolo di rimando. «Tu?».
«Non mi credi in grado?».
«Oh, al contrario… Sei così bravo che anche uno zuccone come me non
avrebbe difficoltà a imparare, ma… Perché lo fai?».
«Per avere un po’ di compagnia giovane attorno e qualcuno con cui
condividere una passione. Sai, io ho avuto solo una figlia, che ormai
non c’è più, e mi sarebbe piaciuto avere un nipote…» spiegò triste –
come la sua melodia, come se quel violoncello riflettesse lo stato
interiore della persona che lo suonava.
Koori abbassò gli occhi bicromi, guardando Fenrir.
«Io non ho mai avuto i nonni: ho solo mamma e papà» rispose piano, per
poi rialzare lo sguardo. «Da oggi, allora, tu sarai il mio vecchio!» disse deciso, facendo
sorridere il conciatore.
«Allora è deciso. Ti aspetto domani alla lezione di prova, al tramonto».
«Sì», annuì il ragazzo, felice di avere avuto quella possibilità.
«Quando mi costeranno le sue lezioni?».
«Nulla, come non ti costerà nulla il tuo futuro violoncello, ragazzo
mio» spiegò affabile. «Prendilo come un regalo del tuo nonnino
acquisito».
Koori lo ringraziò con un abbozzo di sorriso, smorfia che ben pochi
conoscevano, a parte Fenrir e i suoi genitori – coloro che lo avevano
adottato, senza fargli sapere nulla del suo ignoto passato.
«Va bene» annuì, sbadigliando in maniera ineducata, senza apporre la
mano davanti alla bocca, dando un perfetto spettacolo di rozzezza. «Io
mo’ vado a casa. Sono stanco…» si lamentò.
«Va bene, Koori. A domani» lo salutò l’uomo, con un sorriso.
«Sì. Ciao e ancora grazie, vecchio» disse il ragazzo, che, preso Fenrir
da sopra i propri scarponi e caricatoselo sulla spalla, si incamminò
verso casa, sperando che la madre avesse terminato i mestieri.
Quando Koori fu abbastanza lontano, la porta di casa della bottega del
conciatore si aprì e la sarta uscì con passo delicato in veranda,
arrivando dietro al marito.
«Mi dispiace davvero per lui… Dovrebbe sapere la verità…» iniziò a dire
la donna.
«Cara, per favore…» le disse il marito, ma lei lo tranquillizzò,
accarezzandogli i bianchi capelli, ancora robusti.
«Non preoccuparti: ti ho promesso che manterrò il segreto, e in tutti
questi anni non ti ho mai dato motivo di dubitare della mia parola»
sussurrò lei.
«Lo so, Amore… altrimenti non avrei mai scelto te come mia sposa. Tu
che hai saputo guardare oltre…».
Entrambi sorrisero, ancora così innamorati nonostante gli anni passati.
«Sono contenta che sia riuscito ad avvicinarlo a te…».
«In realtà è venuto da solo… Forse è il destino che l’ha voluto…».
La donna annuì e gli scostò gentilmente delle ciocche di capelli che
gli ricadevano scomposte di fianco, mettendogli così in mostra, solo
per un attimo, le orecchie mancanti di punte, come fossero state
tagliate di netto.
Perché nessuno sapesse.
§ Fine§
XShade-Shinra
Note:
Non balzate
subito a
soluzioni affrettate: ricordate l'occhio - per maggiori info,
consultare dei capitoli addietro.
In questa calda e assolata giornata di Luglio torno con il
nuovo capitolo della mia raccolta.
Mi dispiace per il ritardo, ma sono rimasta fregata da due contest di
fila: nel primo avevo quasi finito di scrivere la storia ma ho dovuto
dare forfait, nell'altro i giudici sono spariti, partendo per qualche
paradiso fiscale. Così il capitolo ha subito numerosi
rimaneggiamenti, e ora eccolo qui, pronto per far parte integrante
della raccolta.
Anche se le storie tra di loro sono slegate, in realtà nella
mia mente c'è una scaletta logica per postare i capitoli -
ecco perché non ho più postato altro nel
frattempo.
Vorrei inoltre chiedere il vostro parere su una cosa: sono in
difficoltà per la "saga del passato",
perché un solo capitolo mi basterebbe anche, ma sarebbe
lunghissimo. Voi cosa preferite? Capitolo unico lungo o capitolo diviso
in parti (esempio: "La Compagnia d'Oltralpe - Parte 1", "La
Compagnia d'Oltralpe - Parte 2", "La Compagnia d'Oltralpe - Parte N")?
La possibilità di fare una raccolta a parte è
già stata scartata a priori da me. ^^
Fatemi sapere come preferite voi lettori.
Bene,
spero di poter aggiornare l'11 Agosto - anche perché NdN
festeggia il
secondo anno - con un capitolo abbastanza particolare...
Grazie a tutti quelli che ancora mi seguono, nonostante i miei tempi
biblici. Perdonate questa scrittrice drogata di contest che vi
ha fatto solo perdere tempo! >.<
-Disclaimer:
Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia
proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono
maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come
d’altronde i fatti in essa narrati.
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