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Autore: XShade_Shinra    17/07/2011    2 recensioni
[ ON HIATUS ]
Benvenuti a NevediNotte, un luogo dove nevica solo dal tramonto all'alba, come se la notte stessa volesse celare qualcosa...
- Tratto dall'ultimo capitolo postato: L'Abbraccio del Gelo - Come un gatto guarì la solitudine di una creatura centenaria. -
[ Raccolta Disomogenea Dark Fantasy. Generi e Avvisi all'interno di ogni Capitolo e nel Capitolo Indice ]
[ Il capitolo "03. Lo Spirito del Villaggio" ha vinto l'Award come Best Song Fiction alla Quinta Edizione dei "Never Ending Story Awards" ]
[ Il capitolo "05. La Cicatrice della Vita" si è classificato 1° e ha vinto i Premi "Giuria", "Miglior Titolo" e "Originalità" al contest "Drabble and flash Collection" indetto da Deidaranna93 sul forum di EFP ]
Genere: Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'NevediNotte'
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- Hellcome to NevediNotte -
Il Lamento dell'Angelo

«Perché forse non lo apprezzano. È una melodia molto triste, quella del tuo violoncello» disse serio il ragazzino.


La neve scricchiolava piano sotto i pesanti passi di Koori, buttato fuori di casa dalla madre, di primo mattino – le undici –, perché lei doveva pulire la sua stanza e non voleva che Fenrir, il cucciolo di lupo del ragazzo, ruzzolasse in giro come suo solito, lasciando pelo ovunque.
Koori era solito condurre una vita notturna, e stare in piedi di giorno, era un vero e proprio trauma, soprattutto se svegliato con una secchiata d’acqua gelida, seguita da un concerto di pentolame e stoviglie assortite. La madre, dopo anni e anni, sapeva più che bene che il figliastro aveva il sonno pesante, ed era conscia del fatto che se non usava certi metodi, che implicavano per forza farsi sentire fin oltre lo steccato che recintava la città, non sarebbe mai riuscita a destarlo.
Così, il giovane dai capelli neri, come tutta la roba in pelle e lana che indossava, passeggiava sconsolato per il villaggio, non vedendo l’ora di poter tornare in camera a dormire, seguito da Fenrir, che si divertiva come un matto a giocare sulla neve, come aveva fatto anche poche ore prima nel bosco.
D’un tratto, il vento gelido che soffiava gentile, portò alle orecchie del ragazzo un suono melodioso, che catturò subito la sua attenzione.
Koori ne rimase turbato.
«Sembra un angelo che urla e piange…» sussurrò, per poi rivolgersi al suo lupacchiotto. «Fenrir, non fare il porco nell’ovile, andiamo!» gli disse serio come al solito, marciando in direzione di quel lamento, melodioso e sofferente, seguito dall’animale, pieno zeppo di neve attaccata al pelo.
Dopo pochi secondi, il giovane capì che stava camminando verso una casetta che ben conosceva: la bottega, nonché abitazione, dei due vecchietti. Lui era un conciatore e lei una sarta.
Erano molto pochi i bambini che si avvicinavano a quella casa, e questo perché l’uomo che lavorava la pelle incuteva un certo terrore: aveva i capelli lunghi, imbiancati dal tempo, e gli mancava l’occhio sinistro.
Ma a Koori non importava l’aspetto fisico delle persone. Gli facevano molto più orrore i suoi stessi coetanei, che si nutrivano solo di fattezze e, dentro, non avevano nulla di concreto. In linea di massima, il moro disprezzava le altre persone, come se non si sentisse di quel mondo, ecco perché spesso cercava rifugio nel bosco e non usciva mai di sua spontanea volontà durante il giorno, quando il villaggio viveva.
In poco tempo, Koori arrivò fino alla bottega, seguito dal lupacchiotto. In veranda c’era il vecchio e rugoso conciatore che suonava uno strumento musicale: un maestoso e uggioso violoncello.
Koori rimase lì in piedi, davanti a lui. Lo fissava rapito da quella musica celestiale che non aveva mai avuto modo di ascoltare prima di quel giorno.
Era certo che l’anziano si fosse accorto della sua presenza, ma avere un po’ di pubblico non gli diede per niente fastidio e continuò senza indugi quella melodia. Solo quando finalmente arrivò alla fine dello spartito che teneva appoggiato a un leggio, il vecchio terminò quella canzone muta e sollevò lo sguardo del suo unico occhio allo spettatore curioso e educato che lo aveva ascoltato.
«Ciao, Koori» lo salutò cordiale.
A NevediNotte ci si conosceva tutti per nome.
«Ciao, vecchio».
Anche se qualcuno non utilizzava i nomi propri, ma soprannomi e vari altri richiami.
«È strano che qualcuno si fermi ad ascoltarmi, per di più un giovane…» notò l’uomo, sorridendogli. Per quanto l’età fosse avanzata, i denti non avevano perso il loro candore, anche se qualcuno cominciava a venire meno.
«Perché forse non lo apprezzano. È una melodia molto triste, quella del tuo violoncello» disse serio il ragazzino.
«Oh, sai che è un violoncello, complimenti…».
«Sì. Mi piace veramente molto la musica e mi informo attraverso i libri. Inoltre, ho un MP3, regalo dei miei zii della città a valle… A volte mio cugino mi passa qualcosa di nuovo quando abbiamo modo di vederci o mi manda una scheda di memoria tramite il musher». Koori parò a lungo. Strano per uno come lui, sempre abituato a tacere.
Intanto, non visto, un batuffolo di pelo grigio era salito sulla veranda e odorava il puntale del violoncello, curioso.
«Fenrir!», lo riprese – verbalmente e fisicamente – il padrone, allontanandolo dallo strumento musicale.
«Anche il tuo lupo è curioso, proprio come te, e sta crescendo in fretta», notò l’uomo.
«Sì», borbottò Koori, rimettendolo a terra, continuando poi a guardare il violoncello.
Sembrava affascinato da quelle corde e da quel legno d’acero e abete.
«Non avevo mai sentito un suono simile…» disse, prima che il vecchio gli potesse porgere una qualsiasi domanda. «È così malinconica… Mi ha fatto venire in mente il lamento di un angelo, solo al mondo, che cade dalle nuvole, giù, verso la terra… Dove incontrerà solo uomini ricchi d’odio e di cattivi sentimenti. Ecco perché piange: preferirebbe la solitudine del suo mondo bianco all’essere circondato di ipocrisia e falsità».
L’uomo annuì, carezzando un lato della cassa armonica.
«Sono felice di essere riuscito a suscitare in te forti emozioni e potenti immagini», disse, posando l'archetto in crine di cavallo e legno di pernambuco sopra il leggio. Sapeva che la discussione sarebbe finita lì e che quel ragazzo sarebbe tornato a casa, lasciandolo di nuovo solo, nonostante lui stesso ne desiderasse la compagnia. Per cui non si aspettò la seguente affermazione di Koori:
«Mi piacerebbe imparare ad usarlo».
Il conciatore, sbalordito, sbarrò l’occhio: «Veramente?», chiese.
Koori rispose con un cenno del capo a indicare un “sì”. «Però non saprei dove comprarlo. Noi non scendiamo quasi mai in città».
L’uomo sorrise, scuotendo il capo. «Non ti preoccupare: potrò prestarti il mio violoncello». Questa volta fu Koori a rimanere sorpreso. «Te lo farò provare e, se ti piacerà, continuerai a suonarlo. Conosco un liutaio molto bravo nella città vicina, te lo farò costruire da lui».
Fenrir si sdraiò sugli anfibi di Koori, facendogli così un po’ di caldo. Era stufo di rimanere nello stesso posto per tanto tempo, quando era fuori: era ancora un cucciolo e voleva giocare con il proprio padroncino, non stare lì a chiacchierare con una persona anziana!
«Va bene, vecchio» annuì Koori. «Ci sto. Inizierò a mettere i soldi da parte. Il problema sarà trovare qualcuno che mi insegni ad usarlo…».
L’anziano rise e si indicò «Ma ce l’hai qua, davanti a te!».
Il ragazzo lo guardò strano, indicandolo di rimando. «Tu?».
«Non mi credi in grado?».
«Oh, al contrario… Sei così bravo che anche uno zuccone come me non avrebbe difficoltà a imparare, ma… Perché lo fai?».
«Per avere un po’ di compagnia giovane attorno e qualcuno con cui condividere una passione. Sai, io ho avuto solo una figlia, che ormai non c’è più, e mi sarebbe piaciuto avere un nipote…» spiegò triste – come la sua melodia, come se quel violoncello riflettesse lo stato interiore della persona che lo suonava.
Koori abbassò gli occhi bicromi, guardando Fenrir.
«Io non ho mai avuto i nonni: ho solo mamma e papà» rispose piano, per poi rialzare lo sguardo. «Da oggi, allora, tu sarai il mio vecchio!» disse deciso, facendo sorridere il conciatore.
«Allora è deciso. Ti aspetto domani alla lezione di prova, al tramonto».
«Sì», annuì il ragazzo, felice di avere avuto quella possibilità. «Quando mi costeranno le sue lezioni?».
«Nulla, come non ti costerà nulla il tuo futuro violoncello, ragazzo mio» spiegò affabile. «Prendilo come un regalo del tuo nonnino acquisito».
Koori lo ringraziò con un abbozzo di sorriso, smorfia che ben pochi conoscevano, a parte Fenrir e i suoi genitori – coloro che lo avevano adottato, senza fargli sapere nulla del suo ignoto passato.
«Va bene» annuì, sbadigliando in maniera ineducata, senza apporre la mano davanti alla bocca, dando un perfetto spettacolo di rozzezza. «Io mo’ vado a casa. Sono stanco…» si lamentò.
«Va bene, Koori. A domani» lo salutò l’uomo, con un sorriso.
«Sì. Ciao e ancora grazie, vecchio» disse il ragazzo, che, preso Fenrir da sopra i propri scarponi e caricatoselo sulla spalla, si incamminò verso casa, sperando che la madre avesse terminato i mestieri.
Quando Koori fu abbastanza lontano, la porta di casa della bottega del conciatore si aprì e la sarta uscì con passo delicato in veranda, arrivando dietro al marito.
«Mi dispiace davvero per lui… Dovrebbe sapere la verità…» iniziò a dire la donna.
«Cara, per favore…» le disse il marito, ma lei lo tranquillizzò, accarezzandogli i bianchi capelli, ancora robusti.
«Non preoccuparti: ti ho promesso che manterrò il segreto, e in tutti questi anni non ti ho mai dato motivo di dubitare della mia parola» sussurrò lei.
«Lo so, Amore… altrimenti non avrei mai scelto te come mia sposa. Tu che hai saputo guardare oltre…».
Entrambi sorrisero, ancora così innamorati nonostante gli anni passati.
«Sono contenta che sia riuscito ad avvicinarlo a te…».
«In realtà è venuto da solo… Forse è il destino che l’ha voluto…».
La donna annuì e gli scostò gentilmente delle ciocche di capelli che gli ricadevano scomposte di fianco, mettendogli così in mostra, solo per un attimo, le orecchie mancanti di punte, come fossero state tagliate di netto.
Perché nessuno sapesse.


§Fine§
XShade-Shinra




Note: Non balzate subito a soluzioni affrettate: ricordate l'occhio - per maggiori info, consultare dei capitoli addietro.
In questa calda e assolata giornata  di Luglio torno con il nuovo capitolo della mia raccolta.
Mi dispiace per il ritardo, ma sono rimasta fregata da due contest di fila: nel primo avevo quasi finito di scrivere la storia ma ho dovuto dare forfait, nell'altro i giudici sono spariti, partendo per qualche paradiso fiscale. Così il capitolo ha subito numerosi rimaneggiamenti, e ora eccolo qui, pronto per far parte integrante della raccolta.
Anche se le storie tra di loro sono slegate, in realtà nella mia mente c'è una scaletta logica per postare i capitoli - ecco perché non ho più postato altro nel frattempo.
Vorrei inoltre chiedere il vostro parere su una cosa: sono in difficoltà per la "saga del passato", perché un solo capitolo mi basterebbe anche, ma sarebbe lunghissimo. Voi cosa preferite? Capitolo unico lungo o capitolo diviso in parti (esempio: "La Compagnia d'Oltralpe - Parte 1",  "La Compagnia d'Oltralpe - Parte 2", "La Compagnia d'Oltralpe - Parte N")?
La possibilità di fare una raccolta a parte è già stata scartata a priori da me. ^^
Fatemi sapere come preferite voi lettori.
Bene, spero di poter aggiornare l'11 Agosto - anche perché NdN festeggia il secondo anno - con un capitolo abbastanza particolare...
Grazie a tutti quelli che ancora mi seguono, nonostante i miei tempi biblici. Perdonate questa scrittrice drogata di contest che vi ha fatto solo perdere tempo! >.<

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.


  
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