Piccoli per
sempre
Non avrei mai pensato che una vacanza di due settimane in Puglia
avrebbe potuto cambiarmi così radicalmente. Di solito, nei villaggi, si
va per divertirsi, per sperare in una tresca con l’animatrice gnocca di
turno, o magari, semplicemente, per rilassarsi. Invece, per me, quei
quattordici giorni furono come un giro sulle montagne russe di
Mirabilandia: pieni di alti e di bassi, quasi da vomitare.
Chiunque avesse conosciuto Francesco Russo, anche solo di fama, non
avrebbe mai potuto credere ai propri occhi vedendolo dove ora si
trovava, a mille miglia lontano dalla Capitale, dalla vita cittadina e
dai lussi di cui godeva fin da quando era in fasce.
Perché l’amore è in grado di smuovere
mari e monti, avrebbe detto Giorgio, il mio migliore amico,
forse l’unico essere di sesso maschile che credesse ancora nella
potenza di quel sentimento e mi costava molto ammettere, arrivati a
questo punto, che in parte aveva pienamente ragione.
Da quando avevo conosciuto Sole, nel villaggio Julia di Peschici, nella
mia vita ogni cosa era cambiata. Magari non immediatamente, ma pian
piano l’arroganza e la mia aria spocchiosa da figlio di papà era stata
limata, levigata, smussata a poco a poco dalle mani piccole e morbide
di una ragazza dagli occhi color grigio perla.
Nessuno mai può pensare di trovare l’anima gemella in un villaggio,
soprattutto quando è così frequentato da discoteche e da giovani in
balia degli ormoni, ma soprattutto nemmeno la persona più ottimista
avrebbe mai immaginato che da una sciocca scommessa sarebbe potuta
nascere la storia del secolo.
Lo so, è vero, sto facendo un monologo interiore alla ‘Macbeth’ di
Shakespeare, ma ora mi trovo nella veranda della mia nuova casa, sulla
riva di una spiaggia di Bali, mentre guardo il mare sorseggiando succo
di cocco.
È passato più di un anno da quando abbiamo lasciato l’Italia per
intraprendere questa avventura, considerando che a Sole ha giovato
molto questo Erasmus, dal momento che ha trovato quasi subito lavoro
presso un’equipe di biologi marini.
Proprio in questo momento è partita per le Galapagos, con lo zaino in
spalla e quel sorriso da bambina perennemente stampato su quel volto
spruzzato di lentiggini. Mi ha detto che andavano a studiare il
fringuello di non-so-cosa, ma dopo dieci minuti me l’ero già
dimenticato.. cosa ci volete fare?
È un’eterna attesta con lei, ma non mi lamento.
Aspetterei anche mille anni seduto su questa sedia di vimini, se so che
lei sta ritornando da me.
Diciamo che mia madre non l’ha poi presa tanto bene la notizia della
mia improvvisa partenza per l’Indonesia, considerando anche il fatto
che mi sono ricordato di telefonarle quando ormai ero atterrato a Bali,
ma ho avuto tempo sufficiente per spiegarle tutto, per raccontarle
tutta la verità, e da romanticona qual è ha gioito sapendo che non mi
trastullavo più di ragazza in ragazza, allontanando sempre di più la
possibilità per lei di allargare la famiglia Russo.
Il mio patrigno non si è lamentato più di tanto, ma mi ha fatto
presente che la mia scappatoia non poteva durare a lungo e che prima o
poi sarei dovuto tornare a casa, perché le Industrie Russo devono avere
un rappresentante della famiglia e lui non può più fare le mie veci,
visto che ormai sono laureato e tutto il resto.
Mio padre non mi ha chiamato, ma questo lo avevo già immaginato.
Da quando se n’era andato di casa, avevo completamente tagliato i ponti
con lui e le uniche volte che aveva tentato di riallacciare i rapporti,
lo avevo scansato nel modo meno garbato possibile.
Se avessi avuto la possibilità di cambiare cognome senza perdere il mio
impero economico, lo avrei già fatto da tempo.
Cos’altro mi resta da dirvi?
Alessandro, Ginevra, Claudia e Giacomo sono tornati a Roma e hanno
intrapreso la laurea specialistica in marketing, ma non so se stanno
ancora insieme. Non è che la nostra amicizia fosse così stretta da
sentirci ancora dopo più di un anno lontano dal mondo civilizzato.
Sara Giglio ha cambiato città da quanto mi ha raccontato Giorgio.
Appena tornata a Roma ha fatto baracca e burattini e ha preso il primo
treno per non-so-dove, chiedendo anche il trasferimento all’università.
Io spero non se la sia presa per tutta la storia della scommessa e per
l’ennesimo rifiuto che ha ricevuto, ma per come si è comportata, era il
minimo. Giorgio dice che si è trasferita per iniziare una nuova vita,
ed io lo spero davvero perché, molto in fondo, non era cattiva come
ragazza.
Elisabetta e Serena, le migliori amiche di Sole, hanno continuato
l’università e lei si sente con loro di tanto in tanto e da quanto ho
saputo –cioè, origliato– la biondina che somiglia a Hilary Duff ha un
mezzo impiccio con un tizio famoso, ma non ho capito bene, soprattutto
perché Sole dice sempre di farmi gli affari miei.
Stefano ha mollato la facoltà per intraprendere una carriera come
comico, durata praticamente due mesi, dopodiché il Colonnello –suo
padre– l’ha rimesso in riga e l’ha obbligato a segnarsi nuovamente
all’università per finire gli studi. Dopo la vacanza in Puglia ha
cambiato modello cui ispirarsi, visto che il sottoscritto ormai si è
praticamente accasato, ed ora sta tormentando un altro latin lover di
turno, non capendo affatto che la vera felicità non si ottiene
cambiando ragazza come se fosse un paio di mutande.
E alla fine veniamo a Giorgio, il mio migliore amico, anzi.. mio
fratello.
In certi momenti della vacanza l’ho veramente odiato, soprattutto
sapendo che la scommessa restava in piedi soprattutto perché non volevo
bruciare tutto quello che c’era stato tra di noi. Inoltre, anche lui si
era preso una cotta per Sole e sapendo che io non ero apparentemente
coinvolto in quella pseudo-relazione, lui mi aveva chiesto di farmi da
parte.
Le scazzottate e le litigate tra di noi non ci avevano allontanato,
bensì avevano rafforzato quell’amicizia fraterna che con nessun altro
riuscirei mai ad avere.
Anche a milioni di chilometri di distanza, ci sentiamo quasi tutti i
giorni via webcam, e lui ne ha di cose da raccontarmi per via di questa
sua nuova avventura che ha intrapreso, non vi dico nemmeno con chi.
Giorgio Della Rocca era il romanticismo fatta persona, ma se avessi
dovuto scommetterci sopra, nemmeno lontanamente mi sarei mai immaginato
che i suoi gusti sarebbero cambiati così radicalmente.
E così ho fatto il resoconto di tutto, più o meno. Nonostante nessuno
credesse che la storia tra me e Sole potesse andare in porto, per ora
siamo molto affiatati e dopo più di un anno e mezzo passato isolati da
tutto e da tutti, gli abitanti del villaggio ci hanno anche organizzato
una specie di cerimonia nuziale tipica, con le loro usanze.
Ci siamo ripromessi amore eterno e se potessi tornare indietro, a
quest’ora, non cambierei nulla di quello che ci è successo. Anche se
abbiamo sofferto, tutto quello che abbiamo passato è servito a farci
crescere, maturare, ma soprattutto ad aprirmi gli occhi per la prima
volta.
Senza quella scommessa, senza quella vacanza, senza gli alti e i bassi
di quei quattordici giorni io non avrei avuto nulla di tutto questo ed
ora mi troverei dietro una scrivania a controllare bilanci e a
scribacchiare sul computer dell’azienda.
.. ma soprattutto non avrei avuto quelle due piccole pesti.
«Papy, papy, paaaaaaaaaapy!!!» un gridolino seguito da un’altra risata
ruppe il silenzio di quella mattina, e mi costrinse a voltarmi in
direzione della casa alle mie spalle.
«Iutami! Iutami!» trillò un’altra vocetta e dei passetti rumorosi
schioccavano sulle assi di legno del pavimento.
Fui costretto ad alzarmi quando udii lo scrosciare delle pentole sul
pavimento e un ‘ops’ detto all’unisono dalle mie due piccole pesti.
«Allora? Cosa sta succedendo qui?» tuonai, con la finta voce arrabbiata.
Entrai nell’ingresso e superai un piccolo salotto spartano, dirigendomi
nella confortevole cucina dalle tende color giallo pannocchia.
Dietro il tavolo al centro della cucina, in mezzo ad un mare di pentole
e padelle riverse sulle assi del pavimento di legno, c’erano due
bambini dai capelli biondi e dagli occhi chiari. Mi fissavano con le
iridi spalancate e con le gote spruzzate di lentiggini color caffè.
«Cos’è successo qui? Eh?» domandai, incrociando le braccia al petto e
fissandoli con aria severa.
Era incredibile che a soli ventiquattro anni, io e Sole eravamo
diventati genitori, ma lì a Bali non era una cosa tanto strana. Si
sposavano addirittura a sedici anni, perciò noi non davamo molto
nell’occhio.
«Copa sua!» disse mio figlio, indicando suo fratello.
«No, papy» insistette l’altro. «È sua!» e gettò la colpa sull’altro.
All’improvviso i due si fissarono e in una frazione di secondo
cominciarono a lanciarsi schiaffoni peggio di due belve assatanate.
La notizia che Sole era incinta mi aveva sconvolto già di per sé, ma
sapere che il parto sarebbe stato gemellare, dovevo ammettere che non
mi aveva lasciato indifferente.
«Ragazzi, sedetevi» ci disse il
dottor Wasibo.
Io e Sole ci tenemmo per mano e ci
accomodammo nello studio del medico del paese. Eravamo andati per un
controllo, visto che Sole vomitava dalla mattina alla sera, ma entrando
in quell’ospedale da campo non avrei mai immaginato di ricevere una
notizia più strana.
«Voi siete sposati, giusto?» ci
domandò e con la coda dell’occhio non potei fare a meno di fissare Sole
che diventava color peperone.
«V-veramente no, però stiamo insieme»
mi affrettai a rispondere, prima che pensasse male.
Non sapevo ancora quali fossero le
usanze di quel paese. Eravamo a Bali da poco più di tre settimane e
Sole improvvisamente si svegliava la mattina con delle nausee che la
costringevano a precipitarsi in bagno, così mi ero preoccupato.
Il dottore ci guardò un po’
sospettoso, ma poi incrociò le mani e posò i gomiti sulla scrivania.
«Voi due immagino che abbiate dei
rapporti sessuali anche se non siete sposati, giusto?» e a quella
domanda Sole sprofondò nella sua vergogna, facendosi piccola piccola.
Per la seconda volta intervenni io.
«Sì, certo».
Il dottore allora guardò solo me,
visto che Sole sembrava più far parte della tappezzeria piuttosto che
essere al mio fianco come seconda interlocutrice. «Avete usato delle
precauzioni durante i rapporti? Oppure la signorina prendeva la
pillola?» ci chiese curioso ed io non compresi immediatamente dove quel
discorso volesse andare a parare.
«Sì, usiamo sempre i preservativi»
risposi sicuro. «E Sole non mi pare prenda la pillola del giorno dopo».
Dopo quella mia risposta, mi tornò
alla mente la nostra prima volta insieme, sulla barca Rayo de sol e mi
si accese una lampadina nella testa. La prima ed unica occasione in cui
avevamo fatto l’amore senza nessuno freno.
«A-aspetti» balbettai, conscio
finalmente di ciò che il dottore voleva dirci. «C’è stata una volta..
una sola..».
«Signor Russo, non so come dirglielo»
m’interruppe il dottor Wasibo. «Dalle analisi è chiaro che la sua
ragazza è incinta di quattro settimane e mezzo, congratulazioni».
Io rimasi di pietra, con gli occhi
sgranati e le mani che stritolavano ancora la matita sulla scrivania,
mentre Sole si era accasciata sulla sedia e non parlava né respirava.
I.N.C.I.N.T.A.
Quella parola significava tutto e
niente. Mi ero trovato una ragazza fissa da nemmeno un mese e già
dovevo fare i conti con un possibile marmocchio che mi si sarebbe
accollato per il resto della mia esistenza?
Il fatto che poi, alla nona settimana, avevano aggiunto un secondo
embrione mi aveva causato un collasso immediato, tanto che ero crollato
a terra come un sacco di patate. Due figli in una botta sola, due
gemelli..
Sole, dopo il primo impatto, aveva accettato di buon grado la notizia.
Si controllava la pancia allo specchio quasi tutti i giorni e
l’accarezzava amorevolmente. Forse fu proprio quel suo comportamento
materno a rendere quella notizia, disastrosa per qualunque ragazzo
della mia età, più piacevole.
Oppure era semplicemente il fatto che l’amavo troppo per disdegnare
l’idea di avere due piccole copie della mia Sole in miniatura.
«Insomma si può sapere cosa avete combinato?» chiesi di nuovo, sperando
che uno dei due si tradisse.
Mi divertivo troppo a giocare con loro, anche perché avevano ereditato
parte della dolce ingenuità di Sole e parte della mia furbizia.
«Dario?» domandai al primo.
Vi chiederete il perché di quel nome e come io e Sole riuscivamo a
riconoscerli nonostante fossero due gocce d’acqua, ma io non so
spiegarvelo.
«Giorgio?» chiesi al secondo, ma niente.
«A quale nome hai pensato?» mi chiese
Sole, un giorno.
«Non ne ho idea» sospirai, sfogliando
il libro dei nomi. Non mi ero mai posto questo problema, anche perché
non avevo mai progettato di avere una famiglia tutta mia, visto i
precedenti con mio padre.
«Non te ne piace nemmeno uno?»
«Vorrei che abbia un significato
speciale.. non che fosse bello e basta» spiegai, con un po’ d’imbarazzo
per quella risposta smielata.
Sole si sporse nella mia parte di
letto e sfiorò le mie labbra con le sue.
«Chiamiamoli con i nomi dei nostri
migliori amici..» mi suggerì lei, ed io pensai subito che quella fosse
un’idea geniale.
«Giorgio e..?»
«Dario» rispose lei, ed io ebbi un
colpo al cuore.
L’idea che uno dei miei figli
portasse il nome del primo amore di Sole mi dava un po’ sui nervi, ma
dovevo rispettare la sua scelta.
Posai una mano sul ventre gonfio
della mia ragazza, della mia compagna.. della mia metà della mela.
«Giorgio e Dario Russo» ripetei
orgoglioso, poi cercai le sue labbra piene e ritrovai il suo sapore.
I due si presero per mano e fecero fronte unito contro il sottoscritto,
dimostrando ancora una volta l’unione fraterna. Prima che nascessero mi
ero informato sui gemelli e sulle voci che correvano su di loro, ma non
credevo che avessero dei poteri paranormali o cose del genere.
Erano molto uniti, punto.
«Venite qui» dissi loro, chinandomi e allargando le braccia.
Dario e Giorgio si guardarono un po’ sospettosi, poi mi corsero in
contro e si gettarono tra le mie braccia ridacchiando quando feci loro
il solletico per sdrammatizzare la finta arrabbiatura.
«Che ne dite se mettiamo in ordine prima che torni la mamma?» proposi,
raccogliendo la prima padella.
Gli occhi di entrambi s’illuminarono e potei bearmi di quelle
lentiggini color caffè e quelle fossette sulle guance che
rappresentavano i particolari più belli del sottoscritto e della mia
Sole.
«Uando avvira la mamma?» chiese Dario, il più ingenuo e dolce dei due.
«Papy non prederci in giuo!» si aggiunse Giorgio, incrociando le
braccia e guardandomi di traverso.
Purtroppo i viaggi di Sole erano sempre più lunghi e duravano per
parecchi giorni. Due bambini di nemmeno un anno sentivano la mancanza
della loro mamma ed io, papà alle prime armi, non sapevo come far
capire loro che Sole non li aveva abbandonati.
«Mi ha chiamato prima, tornerà stasera!» annunciai loro e tutti e due
cominciarono ad urlare e a saltellare dalla felicità.
«Mamma! Mamma! Mamma!» trillarono prendendosi per mano e saltellando in
tondo, incuranti di schiacciare con le scarpe le pentole che poi avrei
dovuto rilavare.
«Forza, forza, ragazzi! Al lavoro!» intimai, cominciando a darmi da
fare.
In poco tempo rimettemmo in ordine la cucina e fissammo la nostra opera
piuttosto soddisfatti. In seguito presi la borsa per il mare e ci
dirigemmo in spiaggia, dove i due monelli avevano già fatto amicizia
con tutte le bambine di Bali.
Peggio del loro papà..
La mia coscienza mi era mancata, ma più andavo avanti nella mia vita e
meno avevo bisogno dei suoi consigli. Ero maturato molto nel corso di
tutto quel tempo, sia per merito della mia storia con Sole, sia per
merito dei miei figli.
Quel periodo di isolamento mi aveva giovato in qualche modo, facendomi
crescere e facendomi rendere conto di cosa contasse davvero nella vita,
ma prima o poi sapevo che sarei dovuto tornare a Roma, dalla mia
famiglia, dalla mia vecchia vita.
Non appena mia madre aveva saputo di diventare nonna prima di aver
compiuto i cinquant’anni, era subito corsa a raccontarlo alle sue
amiche, vantandosi di essere la nonna più giovane in circolazione, ed
era entusiasta all’idea di conoscere finalmente Sole e i suoi due
bellissimi nipotini.
Anche la madre di Sole non stava più nella pelle, mentre quello che mi
preoccupava davvero era il mio futuro suocero che, sentendo il tonfo al
di là del telefono dopo che aveva ricevuto la notizia della gravidanza,
avevo immaginato che la novella lo aveva davvero sconvolto.
I miei amici mi avevano fatto le congratulazioni e i commenti poco
graditi si erano sprecati, soprattutto da parte di Stefano, che al
posto del cervello aveva un criceto.
Dario e Giorgio erano nati a Bali, quindi erano per metà italiani e per
metà balinesi. Stando a stretto contatto con gli abitanti del villaggio
in cui ci trovavamo, avevano imparato a parlare anche la lingua natia
del posto, cosicché ogni turista che li vedeva rimaneva sorpreso di
incontrare questi due gemelli biondi che spiccavano tra la popolazione
dalla pelle scura.
«Ayah kita akan pulang?» mi chiese Dario, mentre mi ci vollero parecchi
minuti per tradurre ciò che mio figlio di nemmeno un anno mi aveva
detto in indonesiano.
«Ora ci andiamo» gli risposi, afferrando gli asciugamani e infilandomi
le infradito.
Presi i miei due figli per mano ed insieme ci dirigemmo nella casa sul
mare. Feci loro una veloce doccia e preparai il pranzo, dopodiché
crollarono entrambi come due pere cotte sul letto matrimoniale mio e di
Sole.
Mi ritrovai ancora una volta seduto in veranda a guardare il mare,
mentre ogni abitante del villaggio che passava mi rivolgeva un caloroso
‘baik hari’. Tutto sommato mi sarebbe mancato quel posto perché era
pieno dei più vividi ricordi e della prima infanzia dei miei figli.
Alle volte mi faceva strano pensare che Dario e Giorgio fossero davvero
sangue del mio sangue, perché io e Sole sembravamo talmente giovani che
quei due marmocchietti passavano quasi per nostri fratelli più piccoli.
Ma più li guardavo dormire nel nostro letto, l’uno accanto all’altro,
mano nella mano, con quelle lentiggini e quei capelli biondi schiariti
dal sole, più mi accorgevano che quelle due meraviglie erano opera
nostra.
Alla fine non è poi così tanto male
avere una famiglia, no?
Ed io che avevo sempre disdegnato una relazione seria, favorendo
incontri occasionali che mi avevano dato molta più soddisfazione a
breve termine, ma in compenso ogni volta mi lasciavano un vuoto enorme
dentro.
Quella mancanza era stata colmata da Sole prima, e da Dario e Giorgio
poi. Loro erano la mia famiglia e lo sarebbero stati per sempre.
Non mi ero affatto accorto di essermi addormentato, quando una carezza
leggera mi risvegliò dal torpore di quel pomeriggio afoso.
Aprii gli occhi lentamente, ritrovandomi mezzo dentro mezzo fuori dal
letto matrimoniale, con Dario e Giorgio abbarbicati su di me come
scimmie, ancora nel pieno del sonno. Mi guardai intorno e ritrovai i
contorni nitidi della stanza da letto, fino a quando un paio di iridi
perlacee non catturarono la mia attenzione.
«Tutta vita, eh?» ridacchiò Sole, ancora con lo zaino in spalla e i
capelli legati.
Aveva uno sguardo distrutto, ma continuava a sorridermi radiosa.
«Come al solito queste due pesti mi hanno succhiato via tutta
l’energia» sussurrai, tentando di non svegliarli.
Sole gettò lo zaino a terra e si massaggiò il collo indolenzito. Si
tolse la camicia di cotone che indossava come giacchettino e rimase in
short e canottiera color cachi. Era tremendamente bella, anche quando
tornava esausta da una spedizione durata più di tre giorni.
«Mi sei mancata» le confessai, allungando una mano e sfiorandole una
coscia.
Avrei voluto tanto abbracciarla, coccolarla, fare l’amore con lei fino
al mattino dopo, ma vedevo sul suo viso una tremenda stanchezza, così
mi limitai ad allargare le braccia e ad accogliere anche la mia Sole
nel mega-abbraccio di famiglia.
«Quando si sveglieranno saranno entusiasti di riavere la loro mamma, ti
hanno cercato ogni giorno» le dissi e Sole s’illuminò come il tramonto
d’estate.
«Siete tutta la mia vita» mi sussurrò lei, chiudendo gli occhi.
«E tu sei la mia» sussurrai, anche se Sole era già sprofondata in un
sonno profondo.
Francesco Russo aveva fatto un salto di qualità, anzi, direi proprio un
volo.
Da single incallito, si era messo con una sola ragazza. Da rapporti
durati appena più di una settimana, ora si trovava incastrato in una
relazione durata più di un anno e mezzo. Da laureato più sexy della
Luiss, si era trasformato nel padre più sexy di Bali.
Francesco Russo non era più un perdigiorno, né un fallito.
Francesco Russo era fidanzato, compagno, marito.. padre.
Ed eccoci qui, alla VERA fine di questa meravigliosa storia.
Senza essere troppo melodrammatica o chissà che altro, vi annuncio che
non ci sarà un seguito di 'Tutto per una scommessa', salvo sporadici
Missing Moments, ma posso annunciarvi con certezza che fra poco
pubblicherò uno spin-off di Giorgio e Serena, dal titolo 'Giochi Proibiti'
(immaginatevi già le porcate che scriverò! u___u).
Non vi libererete tanto facilmente della sottoscritta! Muahaahhahahaha..
Beh, che altro dire?
Mi mancheranno tantissimo Sole e Francesco, soprattutto il mio laureato
più sexy della Luiss che non potrò rivedere nemmeno in Mistake.. sigh!
*si asciuga il nasino*.
Okay, mi rimetto!
Un bacione e un immenso grazie a tutte quelle che mi hanno sostenuto su
fb e tramite le recensioni, ma anche a quelle che hanno solamente
letto.
Vi
adoro!
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