Dedicato alla meravigliosa creatura che come un bellissimo
piccolo fiore cresce dentro di me
Capitolo 20: Addio
La battaglia infuriava violenta intorno alle alte ma ormai
indebolite mura del Quartier Generale degli oppritchina. I turchi erano
tornati all’attacco nelle prime luci del mattino e i cannoni avevano ripreso a
rombare violenti contro Kerenska.
Nella notte, il cielo si era velocemente ricoperto di spesse
nuvole e aveva cominciato a scendere una pioggia sottile e tagliente, che in
poco tempo aveva trasformato il campo in una poltiglia fangosa, dove i soldati
si muovevano a fatica, ma nonostante tutto le truppe nemiche
spinsero in avanti una grande torre d’assedio brulicante di soldati. Gli
arcieri russi risposero prontamente facendo piovere su di essa
una fitta pioggia di frecce infuocate, fermando la sua avanzata, intrappolando
i giannizzeri al suo interno in un a parete di fiamme.
Le grida delle vittime facevano accapponare la pelle. Molti
turchi riuscirono a trovare l’uscita e si gettarono nel vuoto, rischiando le
ossa e la vita, ma maggior parte perì nell’incendio.
Ron e Hermione furono di nuovo impegnati
tutto il giorno nella cura e nel soccorso dei feriti che aumentavano a
dismisura man mano che la giornata passava, riempiendo i cortili e i bastioni
di corpi urlanti e agonizzanti. Così, quando il sole cominciò la sua lenta
calata, i due ragazzi accolsero con sollievo il lento imbrunire, segno che
un’altra giornata di sangue stava per finire, stanchi
delle urla e delle esplosioni che riempivano loro le orecchie.
Tuttavia il fuoco di sbarramento dei cannoni non accennava a
cessare, concentrando ogni singola bocca da fuoco sulla piccola breccia che si
stava andando ad allargare sul muraglione settentrionale.
Vladimir emerse dalla folla sui bastioni e si avvicinò
velocemente a Michael, che era chino presso un soldato coperto di ustioni e gli borbottò qualcosa in russo. Il mago annuì
piano e dopo aver finito di fasciare le braccia del ferito, si diresse a passo
spedito verso l’armeria.
“Michael!” lo chiamò Hermione vedendolo allontanarsi. Era
inginocchiata accanto ad un soldato che aveva riportato terribili ferite. Non
poteva fare più niente per lui, a parte accarezzargli la faccia e starlo a
sentire mentre chiamava il nome della madre.
“Indietro!!” le intimò Vladimir
avvicinandosi a grandi passi.
“Non posso lasciarlo!” rispose lei arrabbiata.
Vladimir chiese qualcosa al giovane oppritchina. Quello annuì, dopodiché il comandante, veloce come un serpente, gli tagliò
la gola da un orecchio all’altro. Il sangue caldo sgorgò sulle ginocchia di
Hermione, inzuppandole i vestiti. La ragazza barcollò all’indietro,
esterrefatta.
“Una morte veloce” dichiarò Vladimir “Non avremmo potuto portarlo
in salvo e i turchi potrebbero entrare da un momento all’altro.” si pulì la bocca con il dorso
della mano e si tornò veloce verso i bastioni.
Hermione
sentì Ron che l’aiutava ad alzarsi, reggendola per le spalle. “Andiamo”
In quel momento entrambi videro
Michael uscire dal capanno dell’armeria vestito con la divisa degli oppritchina
e la spada in mano. I due ragazzi gli corsero incontro, intuendo cosa stava per
succedere.
“Michael non vorrai...” cominciò Ron
mentre Hermione si stringeva le mani angosciata.
“Sì, devo unirmi alle forze russe. Le mura cederanno da un
momento all’altro e in questo momento qualsiasi uomo è
prezioso!”
“No...” mormorò Hermione.
“Andrà tutto bene e
questa sera ci ritroveremo tutti in camera, di nuovo.”
il mago alzò gli occhi verso Ron “Conto su di te
perché siate in salvo nel mastio, non posso pensare alla battaglia se non vi so
al sicuro.”
Il ragazzo annuì senza staccare gli occhi dal volto risoluto
di Michael, ma in quello stesso istante, con un boato assordante una pioggia di
pietroni franò dal muraglione, squarciandone il perimetro e lasciando scoperto un’enorme buco. Michael scattò verso la massa di oppritchina che si contrapponevano all’avanzata
generale dei nemici che avevano cominciato a riversarsi attraverso la breccia.
Ron afferrò Hermione per un braccio e la trascinò verso l’ingresso del mastio.
L’aveva promesso, entrambi sarebbero stati al sicuro,
lontani dalla battaglia. Lui l’avrebbe protetta e non avrebbe permesso che le
accadesse qualcosa.
Erano
a pochi metri dall’entrata del mastio quando una palla
di moschetto fischiò nella loro direzione, colpendo Ron ad una gamba. Con un
urlo di dolore, il ragazzo cadde in avanti.
“RON!!!” in un attimo Hermione fu
accanto a lui.
“Non è niente... non è niente…” mugolò Ron girandosi su un
fianco e stringendosi la gamba, dalla quale però il sangue aveva
cominciato a fuoriuscire. “Mi hanno preso solo di striscio...”
“Vieni, aggrappati a me!” Hermione
passò un braccio dietro la schiena di Ron e l’aiutò a mettersi in piedi.
In quel momento urla concitate in russo richiamarono la loro
attenzione. Gli oppritchina sui bastioni urlavano e gesticolavano
furiosamente additando qualcosa all’orizzonte. Attraverso la breccia nelle mura i due ragazzi videro distintamente una grande linea
scura profilarsi nella pianura. Una linea che avanzava verso Kerenska molto
velocemente.
“Oddio...” gemette Hermione piano “…
se quelli sono rinforzi turchi, siamo finiti…”
*****************************************
“Avanti!!!”
Erik e Goran spronarono al galoppo i loro cavalli, le spade
sguainate in avanti e guidando l’immensa truppa dei cittadini russi verso la
fortezza. Indossavano entrambi le armature che erano riusciti
a replicare con la magia da alcune vecchie armature che alcuni dei russi
avevano portato con loro dopo anni di servizi conclusi nell’esercito dello zar.
Harry cavalcava accanto a loro, stringendo nervosamente le
briglie e tenendo bene a mente ciò che gli era stato detto qualche
momento prima di partire.
“Usali solo in caso di necessità.” gli
aveva detto Erik consegnandogli la spada e lo scudo.
“Quando saremo nei pressi dello scontro, tu non pensare a
null’altro se non ad entrare nella corte russa e a cercare i tuoi amici.” aveva continuato Goran
aggiustandogli l’armatura sulle spalle “Aspetta il segnale e poi vai. Tieniti
lontano dallo scontro e non fermarti per nessun motivo.”
Ed ecco che a poche decine di metri
dal punto d’impatto, Erik aveva guidato una parte delle truppe a sinistra,
travolgendo tutti i turchi che incontrava, urlando a gran voce per spronare i
russi a non desistere e ad avanzare, mentre il fratello faceva lo stesso a
destra, con una forza e una grinta impressionanti.
“Vai Harry, adesso!” gli gridò Goran, appena un attimo prima di lanciarsi nella mischia. Harry tirò le
redini e fece virare bruscamente il cavallo, proseguendo lungo la linea dello
scontro cercando disperatamente nella mischia un passaggio che conducesse alla breccia.
Ovunque infuriava la lotta. Il
ragazzo vide gli uomini che lo avevano seguito fino a Kerenska battersi con
coraggio; molti cadevano sotto la ferocia dell’esercito turco, molto più
numeroso e meglio preparato alla guerra, altri ancora falciavano il nemico come
se si fosse trattato del raccolto del proprio campo.
Con il cuore che gli martellava nel petto, Harry capì che non
avrebbe trovato nessun passaggio se non se lo fosse
creato. Con l’adrenalina che gli pompava il sangue nelle vene, si calcò l’elmo
in testa ed estrasse la spada.
Adesso o mai più.
Con un colpo di reni, batté i fianchi del cavallo spronandolo
deciso verso la lotta e prese a farsi largo meglio che riusciva, scansando
coloro che gli sbarravano la strada con colpi inferti di piatto con la spada.
Non voleva nessuno sulla coscienza.
Ad un tratto, una lancia scagliata violentemente dall’interno
della mischia si conficcò con forza nel fianco del suo cavallo, a pochi
centimetri dalla gamba sinistra del ragazzo. La povera bestia nitrì di dolore e
s’impennò pericolosamente, per poi stramazzare al suolo trascinando Harry con
sè. Harry batté la schiena e la nuca, mentre la pioggia e il fango gli
annebbiavano la vista e il dolore gli confondeva i sensi. Ma in quel momento di
smarrimento, non gli sfuggì il brillio che balenò
nella sua direzione e il ragazzo ebbe appena il tempo di rotolare su un lato,
che una scimitarra si abbatté nel punto in cui pochi istanti prima c’era stata
la sua testa.
Harry si rimise in piedi in fretta e vide un soldato della
stazza di un troll che gli si faceva incontro a larghe
falcate, con in mano una sciabola lunga quasi un metro e il volto distorto da
un ghigno. Sporco di fanghiglia e con le gambe tremanti, il ragazzo strinse
forte l’elsa della spada nel pugno e sollevò lo scudo con l’altro braccio. Non
avrebbe aspettato che quell’uomo gli si fosse avventato
contro riducendolo a carne da macello, così
scattò in avanti con l’arma protesa. Il turco apparentemente divertito
da quel fragile tentativo di offesa, all’ultimo scartò
di lato e con l’elsa della sciabola lo colpì duramente alla schiena. Harry si
ritrovò nuovamente per terra a faccia in giù, senza fiato dal dolore, mentre la
spada gli sfuggiva di mano e carambolava lontano.
Ansimando si rialzò il più in fretta possibile, scansando di
lato due poderosi fendenti che il turco gl’inflisse
pensando di coglierlo impreparato, senza sapere che il Quidditch aveva affinato
notevolmente i riflessi di Harry, aiutandolo a resistere a quell’attacco
serrato. L’ultimo colpo però fu troppo repentino e il ragazzo non riuscì a
scartarlo in tempo, rimanendo costretto a sollevare lo scudo, sul quale con
inaudita violenza si abbatté la scimitarra del nemico. Il legno dello scudo si
ruppe a metà e cadde a terra con un tonfo mentre Harry
indietreggiava barcollando, scosso da quel colpo così poderoso. Il soldato
ottomano gli rivolse uno sguardo trionfante mentre
caricava l’attacco decisivo verso di lui, stravolto dalla stanchezza e
completamente disarmato.
Era davvero finita.
Poi improvvisamente, un cavallo si frappose fra lui e il
soldato, impennando furiosamente verso il turco e facendolo indietreggiare.
Harry si accorse solo dopo pochi istanti che chi lo cavalcava era Goran. Con un
salto, il mago scese dalla cavalcatura e si lanciò ad affrontare il soldato al
posto del ragazzo.
“Harry, prendi il mio cavallo e vattene!!”
gli urlò Goran mentre con la spada protesa davanti a sè, impegnava l’attenzione
del turco. Adesso il nemico stava attaccando Goran con la stessa ferocia con
cui si era accanito su di Harry e il mago, già stanco per la battaglia
sostenuta fino a quel momento, parava e affondava con decisamente
meno vigore.
“No!” gridò lui “Non puoi farcela da
solo!”
“Vai!!” ribatté Goran da sopra la
spalla, il viso rosso dallo sforzo.
Contro la sua reale volontà, Harry fece per voltarsi e montare
a cavallo, quando a pochi passi la lì vide distintamente un arciere nemico
prendere la mira verso Goran.
“NOOO!!!”
Quando il dardo gli si conficcò nel
petto, Goran barcollò appena di qualche passo indietro, ma con uno sforzo
disumano continuò a respingere i colpi dell’enorme turco. Una seconda freccia
raggiunse la prima nel petto del mago, che con un’espressione di dolore crollò
in ginocchio reggendosi le ferite, gli occhi socchiusi nell’agonia del colpo
mortale. Il soldato turco che gli stava davanti distorse la bocca in un ghigno
sadico, mentre si metteva pronto ad infliggergli il colpo di grazia. Ma nella foga di terminare Goran, non si accorse del
movimento fulmineo che ci fu alle sue spalle. Improvvisamente una mano gli
bloccò il braccio che stava per calare, mentre la punta di una spada lo
trapassava da dietro, squarciandogli l’addome e schizzando sangue dappertutto.
Il turco mollò la sciabola e con un urlo di dolore si sbilanciò in avanti,
stramazzando pesantemente al suolo, mentre dietro di lui, con gli occhi
iniettati di rabbia, Harry estraeva la spada dalla sua schiena con un strattone deciso.
Il ragazzo si voltò nella direzione dalla quale erano partite
le frecce e vide l’arciere ottomano a terra, evidentemente già abbattuto da qualcun’altro. Allora lasciò cadere a terra la sua arma
insanguinata, con il petto che si alzava e abbassava in un respiro affannoso e
rabbioso, poi si piegò sopra Goran che adesso giaceva sulla schiena,
rantolante, con un rivolo di sangue gli scendeva dal labbro inferiore.
“H-Harry....” ansimò il mago con le
palpebre che gli tremavano “C-che ci fai... a-ancora qui... vattene.”
“No.” Harry gli sollevò il busto con mani mal ferme “Adesso ti
riporto all’accampamento…” ma Goran scosse lievemente
la testa.
“D-dimostrami che ho fatto bene a credere in te...” ansimò “Michael aveva ragione… puoi farcela. Tu e tuoi
amici, potete farcela…” in quel momento il mago ebbe
un ultimo sussulto e il suo volto si afflosciò tra le mani del ragazzo, mentre
le palpebre si abbassavano in uno sguardo cieco. Harry fissò quel volto bianco
e privo di vita.
Quante persone ancora sarebbero dovute morire per salvargli la
vita?
In un gesto di pietà, sollevò una mano e abbassò del tutto le palpebre di Goran. Dolorosamente ricacciò
dentro di sé la rabbia e i terribili sensi di colpa, mentre il fragore della
battaglia attorno a lui lo ridestava dal sordo torpore che aveva avvolto il
momento dell’agonia di Goran. Si guardò attorno e vide Erik cavalcare verso di
loro. Cominciò a sbracciarsi per farsi notare.
Erik aveva già notato il ragazzo chino sul corpo di un soldato
e gli si era precipitato incontro per ricordargli che il suo compito era quello
di raggiungere la fortezza e nient’altro, ma il suo cuore perse
un battito accorgendosi che quel corpo era quello di suo fratello. Il rumore
dell’orda di turchi che convergevano non dava tregua e
Erik sapeva bene che quello non era il momento del dolore. Scese da cavallo
senza fare domande e si chinò per caricarvi sopra il corpo di Goran.
“Harry, non perdere più un secondo e corri in quella dannata
fortezza!!” gli urlò infine prima di girare la
cavalcatura e allontanarsi da lì.
Harry non ebbe il tempo di dirgli nulla, ma quell’ordine così
imperioso e i soldati sempre più vicini erano una buona ragione per fare come
Erik gli aveva detto. In un lampo fu in groppa al
destriero che era stato di Goran. Aveva paura, ma
sapeva quello che doveva fare. Non c’era tempo per compiangere Goran, non c’era
tempo per chiedere ad Erik cosa ne sarebbe stato di lui e non c’era tempo per
chiedersi se l’avrebbe mai rivisto. Con uno strattone,
voltò il cavallo e puntò dritto verso la breccia delle mura. Gli zoccoli del
cavallo picchiavano il terreno come il suo cuore martellava nel petto, ma quella folle corsa non gli impedì di rendersi
conto che qualcos’altro stava succedendo nelle retrovie.
Nell’esatto momento in cui anche l’ultimo raggio di sole fu
risucchiato dietro l’orizzonte, inesorabile come una valanga, un’ondata di
creature oscure si riversò sul campo di battaglia con una ferocia e una
violenza dilagante. Un esercito di vampiri che giungeva in
loro aiuto. I non-morti colpirono veloci e letali, accerchiando i turchi
e costringendo i superstiti a una precipitosa e
caotica ritirata, nella quale furono abbandonati, carri, armi e
vettovagliamenti. I russi, spaventati e confusi allo stesso tempo, ripiegarono
verso la fortezza, ma si accorsero che nessuno di loro veniva
aggredito dai Figli di Caino che scacciavano il nemico da Kerenska.
In quel turbinio di furie, morti,
urla e sangue, Harry scorse uno di loro, capelli rossi e profondi occhi color
del ghiaccio che gli si affiancava e gli apriva il passaggio.
“Vai, adesso!!”
Era
Caeher. Harry non se lo fece ripetere due volte. Nel corridoio che il vampiro
gli stava aprendo, superò la breccia con un balzo e spronò il cavallo
attraverso la corte russa di Kerenska. Adesso doveva trovare Ron e Hermione.
*************************************
“Don’t
think twice before you listen to your heart
Follow the trace for a new start
What you need and everything you’ll feel
Is just a question of the deal
In the eye of storm you’ll see a lonely dove
The experience of survival is the key
To the gravity of love.”
Gravity
of Love, Enigma
“Avanti, appoggiati a me… tieni duro.” ansimò
Hermione cercando in tutti i modi di non far perdere conoscenza al ragazzo che
trascinava lungo il corridoio del mastio e su per i gradini della torre. Una
scia di sangue segnava il loro passaggio, mentre Ron diventava sempre più
pallido.
Appena raggiunsero la loro stanza,
Hermione spalancò la porta con un calcio e aiutò Ron a raggiungere il letto in
fondo dalla stanza, poi raccolse tutto quello che poteva assomigliare a delle
bende e riempì d’acqua un catino.
“Non ha preso l’arteria, per fortuna…” disse lei, comprimendo
la ferita che smise di colare sangue, impregnando le bende. Hermione prese la
bacchetta e mormorò un incantesimo “Questo dovrebbe velocizzare il lavoro delle
piastrine, l’ho visto fare da Madama Chips quando ha
soccorso Harry quella volta al campo di Quidditch…”
“E’ successo un secolo fa…” disse piano Ron, che aprì gli
occhi e la guardò con un sorriso. “E’ incredibile che tu te lo ricordi ancora…”
“Niente si dimentica davvero.” rispose
lei accarezzandogli la fronte “Lo faccio per te.”
In quel momento sentirono qualcuno che chiamava li chiamava dalle scale, e qualche secondo dopo, un Michael
alquanto scarmigliato comparve sulla soglia aperta. Aveva l’aria tremendamente
ansiosa.
“Grazie al cielo state bene.” si
tolse l’elmo e si asciugò la fronte con il dorso della mano che ancora brandiva
la spada. “Ho visto quel che succedeva…” si avvicinò al letto e dette un’occhiata clinica alla gamba di Ron. “Non è tanto
grave, non hanno raggiunto l’arteria.”
“Ci vuole un cerusico, Michael” disse Hermione guardandolo
preoccupata “Potrebbe infettarsi...”
Michael fece per rispondere, quando ad un tratto si bloccò di
colpo, come se avesse sentito un rumore strano o avesse fiutato un odore
sgradevole.
Ron si puntellò sui gomiti. “Che
succede?”
“Lui. E’ nella fortezza.”
“Sarà meglio chiuderci dentro a chiave.”
disse Hermione intuendo il pericolo.
Ma non aveva fatto più di due passi, che sulla soglia si presentò un ufficiale di Vladimir con il volto coperto da un
elmo pesante e un orcio di pelle tra le mani. Prima che qualcuno potesse dirgli qualcosa, quello gettò l’orcio tra le braccia
di Michael prima di proseguire dritto verso la cassetta di legno posata vicino
al camino. Alle sue spalle, la porta si richiuse da sola con
un tonfo.
Hermione s’irrigidì. Aveva pensato che quell’uomo portasse
qualcosa anche per lei e Ron, ma adesso sotto la camicia sbottonata, intravide una croce rovesciata tatuata sul petto e la mano
che scendeva veloce verso il pugnale appeso alla cintura. Spalancò gli occhi terrorizzata.
“Coldfog!!!”
La ragazza corse verso il Libro della Luce e gli fece scudo
col proprio corpo, mentre il nemico le si avventava
addosso tenendo basso il pugnale. Adesso s’era tolto l’elmo e gli occhi
ardevano di furore omicida. Michael ripresosi dalla sorpresa, aveva
riagguantato la spada, troppo tardi però. Coldfog afferrò Hermione per la gola,
sollevandola di peso. Era troppo forte. Rantolando, Hermione agitò le braccia,
cercando invano di strappargli di mano lo stiletto.
Ad un tratto Ron fu addosso a Coldfog. Hermione cadde a terra
ansimante, mentre i due si rotolavano sul pavimento. Coldfog si rimise in piedi
per primo, ma Ron partì di nuovo all’attacco.
All’ultimo secondo l’uomo-demone scartò di lato e con un movimento repentino
gli affondò il pugnale nella ferita alla gamba facendolo urlare di dolore, poi
lo spinse lontano e con un tonfo angosciante Ron sbatté la testa contro il
davanzale sotto la finestra.
“RON!!!”
Hermione accorse. Sulla tempia del ragazzo si stava aprendo un
taglio. La ragazza cercò la giugulare, lieta di trovare il battito ancora forte
e regolare, ma Ron perdeva di nuovo sangue dallo
squarcio che gli era stato riaperto nella gamba. Sentendo uno scalpiccio alle
sue spalle Hermione si voltò angosciata, aspettando di trovarsi davanti
Coldfog, ma c’era Michael a fronteggiarlo, piantato sulle gambe con la spada e
pugnale pronti. Coldfog si stava sciogliendo il mantello per lasciarselo cadere
ai piedi.
“Allora, cane di un Weasley…” sguainò la spada
mentre con l’altra slacciava il cinturone. Lasciò cadere anche quello,
poi lo calciò lontano e raccolse il pugnale intriso del sangue di Ron
“All’ultimo sangue? Spada contro spada?
Sto per ammazzarti Michael…” sorrise “T’infilzerò come un porco e starò ad
ascoltare i tuoi rantoli, proprio come ho fatto con metà della tua famiglia!!” e scoppiò in una risata sadica e crudele.
“Sei solo un pezzo di sterco vomitato dall’inferno!” Michael
iniziò a muoversi adagio, deciso a frapporsi tra il nemico e i due ragazzi, gli
occhi scintillanti di odio. “Hai distrutto vite per
troppo tempo, ma adesso basta! Se vuoi fare del male a questi due ragazzi dovrai prima passare sul mio cadavere!!”
“L’hai
detto Wealsey...”
“No!!” terrorizzata, Hermione si coprì
il volto con le mani quando Coldfog si scagliò verso Michael, che però si
spostò velocemente di lato vanificando l’attacco.
I due cominciarono a girare in tondo. Hermione sapeva che lei
e Ron erano al sicuro finché ci fosse stato Michael a
contrapporsi fra loro e Coldfog. L’uomo-demone non avrebbe mai voltato le
spalle ad un avversario tanto pericoloso. Ne approfittò
per afferrare gli stracci con cui prima aveva medicato Ron e glieli strinse a
mò di laccio emostatico. Poi gli asciugò la ferita sulla tempia con l’orlo
della manica.
“Ron...” bisbigliò voltandosi verso
di lui “Ron, per l’amor di Dio…”
Il ragazzo mosse il capo ed emise un grugnito. Hermione
afferrò il boccale pieno d’acqua accanto alla brocca sul tavolo e glielo portò
alle labbra per farlo bere, ma senza successo. Si guardò attorno disperata.
Coldfog e Michael erano impegnati nel loro duello. Il volto
annerito di Michael grondava di sudore, il petto ansimava, ma non stava
arretrando di un passo. Il Dominus Animae aveva perso un pò della sua
baldanza, sembrava più attento, più guardingo nell’affrontare il giovane mago
che conosceva tutti i trucchi e le finte di uno spadaccino professionista. I
duellanti continuarono a scontarsi in un vortice abbagliante di
acciaio, parate e controparate, stoccate e finte.
Ad un tratto, Michael colpì duramente sulla bocca
l’uomo-demone con l’elsa della spada e uno rumoraccio
scricchiolante risuonò per la stanza. Coldfog arretrò di parecchi passi e
sollevò lo sguardo omicida su Michael, sputando alcuni denti
mentre il sangue gli colava dalle labbra. Era sangue nero.
“Questa la paghi cara.” sibilò con
gli occhi ridotti a fessure. Sollevò la spada all’altezza della spalla, la
punta inclinata verso il petto dell’avversario.
Il mago rispose e l’uomo-demone finse di colpire, ma la sua
spada si bloccò a mezz’aria. Colto di sorpresa, Michael incespicò e la sua lama scese troppo in basso. Come un falco che scende in picchiata, Coldfog affondò la spada nel petto
dell’avversario che lasciò cadere le armi a terra con un clangore spaventoso,
piegato in due dal dolore.
“MICHAELLLL!!!” Hermione sentì la
voce rimbombarle nelle orecchie in un grido disperato. Paralizzata dall’orrore,
non poteva credere a quello che era appena successo, i suoi occhi non
riuscivano a staccarsi dalla sagoma morente del mago.
Con un strattone deciso Coldfog
estrasse la spada insanguinata e Michael barcollò verso Ron e Hermione, in un
ultimo e disperato tentativo di proteggerli, ma i rantoli gli si mozzarono in
gola e crollò morente faccia a terra.
Il
dolore prima insopportabile ora stava calando, però sentiva tanto freddo e
riconosceva il tocco gelato della morte in agguato. Da una porta spalancata
entrava la luce del sole mentre nelle orecchie
risuonava una risata dolce e argentina. Clemence. Era tornato ad Owpeln
Grance? Nella luce del sole avanzavano due figure che si tenevano per mano. Una
ragazza di circa vent’anni dai lineamenti simili ai suoi e una ragazzina di undici anni con una coda rossa e spettinata. Michael
riconobbe le due sorelle che gli sorridevano e una grande
calma s’impadronì di lui. Era come addormentarsi, scivolare in un torpido
sonno… Alla fine diede un ultimo respiro e non si mosse più.
Il Dominus Animae s’era ritirato e adesso era tranquillamente
impegnato a riprendersi il cinturone e il mantello, la fatica e la tensione del
duello sembravano svanite. Prese in mano il cofanetto di
legno che conteneva il Libro della Luce e lo buttò nel camino, dove le fiamme
guidate dalle sue oscure preghiere lo inghiottirono con una prontezza
innaturale.
“Ma non ho ancora finito…” pensò malignamente con il
volto illuminato dal fuoco distorto da un ghigno compiaciuto
mentre contemplava il suo trionfo. “Vale la pena divertirsi ancora un
po’.”
Hermione intanto non riusciva a distogliere gli occhi dal
corpo immobile di Michael, incapace di credere che l’uomo gentile e coraggioso
che per tutto quel tempo li aveva protetti e aiutati ora giacesse in quella
pozza di sangue. Improvvisamente lo shock le schiarì la mente, facendo posto a una strana e inquietante calma. Si ricordava tutto…
Lentamente si portò una mano al collo e afferrò la piccola borraccia che le era
stata affidata tempo prima.
In quel momento sentì una mano fredda toccare la sua. Era Ron.
La fissava con gli occhi socchiusi, carichi di sofferenza e dolore. “Non
farlo...per favore, non farlo...” la
supplicò con un sussurro, ma lei si chinò verso di lui guardandolo con quella
calma glaciale.
“Non ho paura Ron... So quello che devo fare e non ho paura… e
questo anche grazie a te.” Così dicendo strinse nel
pugno la borraccia, se la strappò dal collo e versò il vino nel boccale posato
lì accanto. Bevve il vino dolce e corposo, trattenendolo nelle cavità della
bocca.
Era vero, non era più spaventata, adesso sapeva cosa doveva
fare. E non era per il vino, né per il fragore della
battaglia là fuori, ma per Coldfog. Eccolo, arrogante come un
galletto, indifferente della morte di Michael e adesso pronto ad uccidere anche
lei e Ron, costretti dal lui a quel viaggio infernale. Odiava quell’uomo
con tutte le fibre del corpo e quello che stava per fare era per riscattare
tutti coloro che quel mostro aveva infettato col suo
morbo. Si alzò per andargli incontro con uno sguardo che avrebbe incendiato una
foresta. Coldfog protese le braccia e l’attirò a sè,
accostando le labbra alle sue e insinuando la lingua dentro. Lei rispose
spingendo il vino tra le labbra di Coldfog cercando la sua bocca fino a quando Coldfog si fermò, barcollando all’indietro, terreo
in volto come se fosse stato colpito da una palla di moschetto.
“C-cos’hai fatto??” boccheggiò “Cos’hai
fatto??!” i suoi occhi si posarono sul boccale per terra e poi tornarono a
fissare la ragazza ferma davanti a lui “Brutta sgualdrina figlia di una cagna!”
gracchiò “PUTTANA!!”
Il Dominus Animae sguainò la spada con un movimento
goffo, incerto, come se l’arma fosse diventata troppo pesante da tenere in
mano. Il suo viso era coperto da una patina di sudore, come se fosse stato
avvelenato. Sembrava più vecchio e indebolito, per questo Hermione
riuscì ad essere più svelta di lui. Raccolse il pugnale di Michael e con un
colpo deciso colpì il petto di Coldfog, facendone sgorgare un fiotto di sangue
nero che le schizzò il viso e le braccia.
Coldfog gridò, vacillando in avanti. Cercò di sollevare la
propria arma, ma Hermione si spostò di lato e veloce,
agendo come in un incubo pazzesco, raccolse la coppa dalla quale aveva bevuto e
la usò per raccogliere il sangue che colava dalle ferite dell’uomo-demone. Lui
riuscì solo a lanciarle un ultimo, perforante sguardo prima
di crollare in avanti e rimanere immobile.
Hermione indietreggiò piano, la coppa stretta nella mano resa
scivolosa dal sangue che la sporcava e il pugnale di Michael nell’altra. Solo
allora si accorse di quanto violentemente stesse tremando. Le orecchie le
fischiavano e le labbra le bruciavano, mentre il petto si alzava e si abbassava
affannosamente… Poi una voce la riscosse da quello shock.
“Hermione...” La ragazza si voltò verso Ron, che la stava
fissando con un’espressione indecifrabile. Era pallido e sembrava sul punto di
vomitare. “Hermione...” ripetè lui, ma non riuscì ad
aggiungere altro. Provava un dolore ghiacciato che non aveva nulla a che vedere
con la gamba ferita. Vedere Hermione in quello stato di gelida follia era stato
troppo per lui e adesso che leggeva lo shock inciso negli occhi della ragazza
in piedi di fronte a lui, non riusciva a capire se il disgusto che provava
fosse nei confronti di Coldfog che l’aveva costretta ad arrivare a tanto o per
se stesso, che non era riuscito a risparmiarle quell’orrore.
Hermione nel frattempo era rimasta immobile a ricambiare lo
sguardo di Ron. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma si sentiva
pietrificata. Chiuse gli occhi che le pungevano terribilmente. Voleva piangere ma quelle lacrime di sfogo non volevano uscire. Non
ci riusciva, eppure lo desiderava. Voleva piangere per se stessa, per Ron, per
Harry, per Michael....
“NOOOO!!”
Come una doccia gelata, l’urlo di Ron la riportò in sè. Hermione
voltò la testa di scatto ed ebbe appena il tempo di vedere Coldfog nuovamente
in piedi, che con un urlo le si avventava addosso, la
spada alla mano e una furia demoniaca in volto. In quell’attimo che sembrò
durare un’eternità, la mano che ancora stringeva il pugnale di Michael agì da
sola. La lama affondò al centro del petto dell’uomo-demone, che frenò la sua
corsa e si sbilanciò in avanti. Hermione lasciò la presa dall’elsa e spinse
Coldfog verso la finestra poco distante. Il Dominus Animae precipitò
oltre il davanzale e giù dalla finestra, tra le rocce del fossato sottostante.
Il suo urlo disumano si perse nel fragore della battaglia che ora andava
scemando.
Ancora scosso, Ron continuò a fissare il vano della finestra,
poi il suo sguardo si spostò lentamente su Hermione che tremava da capo a piedi. Con i polmoni
svuotati, la ragazza si lasciò andare contro il muro e scivolò fino a terra. Il
groppo che aveva in gola avrebbe finito per soffocarla se qualcuno non avesse
cominciato a bussare furiosamente alla porta, con la seria intenzione di
buttarla giù, urlando forte i loro nomi.
“Ron!!! Hermione!!!”
I due ragazzi non ebbero nemmeno il tempo voltare la testa,
che la porta si spalancò di schianto e Harry fece il suo ingresso nella stanza.
In quel momento le lacrime che Hermione aveva
trattenuto fino a quel momento uscirono a fiume, amare e dolci di disperazione
e di sollievo.
“Harry.... HARRY!!!” la ragazza gli
corse incontro, abbracciandolo e singhiozzando forte, incapace di aggiungere
altro.
In un gesto istintivo Harry strinse forte la sua amica,
continuando a ripetere sommessamente “Grazie al cielo, grazie al cielo…” sollevato nel rivedere i suoi due amici sani e
salvi. Raggiunse anche Ron, preoccupandosi alla vista della ferita alla sua
gamba, ma riservando anche a lui la stessa dimostrazione di sollievo.
“E’ finita!” esclamò con un nuovo entusiasmo, gli occhi che
brillavano “I turchi, sono in rotta! La battaglia è
finita!!”
“Cosa...?” mormorò Hermione, ma Harry
l’aveva già presa per mano e l’aveva fatta affacciare alla finestra.
“Guarda!!”
“Impossibile...” mormorò lei,
osservando i migliaia di turchi che battevano nella precipitosa ritirata al
quale l’ondata dei vampiri li aveva costretti. Veloci come il vento, i turchi
avevano abbandonato le armi, i capannoni, i carri e i cannoni, e si stavano
allontanando dal campo in una corsa caotica e disordinata. Sugli spalti e sui
bastioni di Kerenska risuonavano i cori di trionfo dei soldati turchi, mentre
altri sbattevano le armi sugli scudi in segno di vittoria.
“Ma come...?”
“E’ stato grazie a Caeher, uno dei fratelli di Michael! Lui
ha…” Harry si bloccò di colpo, rendendosi immediatamente conto che qualcosa non
andava “Un momento… dov’è Michael?”
A quella domanda il volto di Ron e Hermione si rabbuiò così in fretta che Harry capì al volo.
“No…” si voltò lentamente verso l’interno
della stanza e i suoi occhi si posarono sul cadavere di Michael immobile nel
suo sangue. Si sentì gelare. “Oh mio Dio...” Si avvicinò piano al corpo seguito
da Hermione e gli s’inginocchiò accanto. Aprì la bocca un paio di volte,
cercando qualcosa da dire, ma l’orrore gli mozzava il fiato. Fu Ron a parlare
per lui.
“Ci è stato vicino fino alla fine e
ha fatto di tutto per aiutarci, ha persino dato la sua vita...” fece una pausa “Non ho mai incontrato un uomo tanto
coraggioso...”
Harry continuava a fissare il volto cereo del mago, mentre
davanti agli occhi gli scorrevano ancora gli ultimi istanti della vita di
Goran. Passò una mano intorno alle spalle di Hermione, che appoggiata a lui
sembrava troppo stanca per riprendere a piangere.
“Anche Goran è morto.” Spiegò con un
filo di voce. Sentì Hermione sussultare leggermente. “E’ morto per salvarmi.”
Non sapeva se parlava più a se stesso o ai suoi amici. Troppe tensioni, troppe paure, troppo dolore. Chiuse gli occhi. “Erano degli
eroi...”
Fuori la pioggia non aveva smesso di cadere e quel suono
faceva da sfondo al pesante silenzio che adesso opprimeva la stanza. Persino la
fredda pietra delle pareti sembrava condividere il lutto.
Passò quella che sembrò loro un’eternità, ognuno di loro solo
col proprio dolore, con le proprie paure e con i
propri dubbi su cosa adesso ne sarebbe stato di loro, quando dalla porta fecero
ingresso Vladimir, seguito a breve distanza da Erik. Quest’ultimo fece un passo
avanti perlustrando la stanza, notando i tre ragazzi e di conseguenza il corpo
di Michael disteso a terra. Rimase immobile e fermo sulla soglia, mentre i suoi
occhi già stanchi si svuotavano completamente. Ormai sembrava immune a qualsiasi
emozione. Vladimir gli si affiancò e quando intuì cos’era
accaduto, un’ombra calò sul suo volto olivastro. Lentamente si tolse
l’elmo.
“Chi è stato?”
“Coldfog.” rispose Ron, tra un
affanno e l’altro. Il dolore alla ferita della gamba si era acutizzato e gli
bruciava, anche se non capiva se soffriva più per quello o per quello che era
successo negli ultimi dieci minuti. Poi, in quel momento successe
l’imprevedibile.
L’aria, prima densa e gravida di morte, si alleggerì
all’improvviso, diventando quasi luminosa e tiepida, come in una giornata
primaverile e nello stesso momento il corpo di Michael cominciò a luccicare di
una luce sempre più intensa. Harry e Hermione si ritrassero spaventati, raggiungendo Ron accanto al muro. Ad un tratto, una figura
prese a delinearsi nella luminescenza. Era Michael, su
questo non c’erano dubbi, anche se la sua pelle luccicava come oro fuso e i
suoi occhi splendevano come zaffiri.
Vladimir cadde in ginocchio e cominciò a battere la fronte per
terra, mormorando preghiere in un russo concitato.
“Chi sei?” disse Erik.
“Sono uno dei sette
demiurghi che reggono l’ordine del Mondo…” la voce riempiva la stanza e
risuonava nella loro testa come campanelli, riempiendo l’ambiente.
“No. Tu sei... tu eri mio fratello. Mio
fratello Michael...”
“Tempo fa, morendo in una caduta da una rupe, Michael
Weasley mi ha donato il suo corpo e la sua mente perchè continuassi
la sua battaglia.”
“Perché?”
“Il male di Coldfog doveva essere contrastato, ma per mano
umana, da qualcuno vincolato ai limiti dell’umana debolezza. Noi demiurghi non possiamo intervenire direttamente a dirigere gli eventi del mondo,
possiamo solo scegliere quale parte aiutare: il Bene o il Male. Una
profezia doveva avverarsi e tre giovani dal cuore coraggioso dovevano giocare
la loro parte.” Si volse verso di loro che lo
fissavano senza parlare. Adesso la sua voce sembrava arrivare da molto lontano.
“William Coldfog non è morto, un suo simile lo ha portato nel vostro tempo e
in questo modo le guerre che fin’ora si sono svolte parallelamente si
congiungeranno, ma la stirpe degli uomini-demone deve finire. Non sarà facile e
la lotta sarà molto più dura perché questa volta, i vostri nemici saranno due.
Ora è tempo di tornare indietro, la strada è ancora lunga perché il disegno si concluda. Voi siete pronti?”
Harry, Ron e Hermione si guardarono. Non avevano altra scelta
e lo sapevano bene. Annuirono.
Allora Michael allungò una mano e la passò gentilmente a pochi
centimetri dal viso di Hermione. Con uno sfavillio, la terribile cicatrice che
sfigurava il suo labbro superiore si distese e
scomparve. Con gli occhi lucidi, lei si portò le mani alle labbra. Era guarita.
Nello stesso istante, la ferita nella gamba di Ron scomparve nella stessa luce.
Lentamente, il ragazzo si rimise in piedi.
“E’ incredibile…”
Michael si voltò verso Erik. Il mago era immobile, che fissava
l’essere di luce con uno sguardo privo di espressione.“Erik,
pongo sotto la tua protezione la creatura che cresce nel grembo di Clemence
Hashlow, l’ultimo dei Weasley. Fa’ che la famiglia prosperi e si moltiplichi, affinché il cerchio si chiuda con l’arrivo
della veggente che ucciderà Coldfog.”
Erik sentì il suo cuore diventare più leggero. “Così, non
tutto è perduto.” Si voltò verso Harry, Ron e Hermione. “Lascerò delle tracce
che nel futuro vi aiuteranno ad arrivare fin qui. Coldfog è stato eliminato in
questo tempo, ma non lo sarà quando tornerete nel
vostro. Ricordate sempre quello che avete imparato e quel mostro non vi
coglierà mai più impreparati.”
I tre ragazzi gli si raccolsero attorno per un attimo.
“Addio Erik.” lo salutò Hermione “Non
dimenticheremo mai quello che tu e i tuoi fratelli avete fatto per noi.”
“Grazie di tutto.” aggiunse Ron “E’
un onore discendere da uomini coraggiosi come voi.”
“Non importa come sono andate le cose, sono felice di avervi
conosciuto.” Rispose il mago, che infine si rivolse ad Harry che lo fissava in silenzio “Ricorda ciò che tu e i
tuoi amici avete imparato. Le risposte alle vostre paure sono nascoste nella vostra
mente e nel vostro cuore.” Gli porse qualcosa da sotto
il suo mantello. Era la pipa di Goran. “Non provare dolore per chi se ne va,
perché se ti ricordi per cosa è valso il sacrificio, sarà con te per tutta
l’eternità.”
“Grazie.” rispose Harry. Non
riuscendo ad aggiungere nulla di meglio si sentì banale, ma non riusciva a
pensare a qualcosa che riassumesse a parole il debito che aveva nei confronti
di quell’uomo.
Nel frattempo, al fianco di Erik,
Vladimir si era rialzato. Il capitano degli oppritchina si batté il
pugno sul petto. “E’ stato un onore conoscervi.”
Michael fece loro segno. “Ora è il
momento.”
La luce crebbe d’intensità, fino ad accecare tutti i presenti.
I tre ragazzi serrarono gli occhi prima di sentirsi trascinare all’indietro,
come risucchiati da un vortice, la coppa contenente il sangue di Coldfog
stretta tra le mani di Hermione, mentre tutto sembrava scoppiare attorno a
loro.
“Time telling me to say farewell
but I knew that I would fight hell
and I knew: We will
go for another time we can see,
for another time we'll be free,
for no more farewell.”
Farewell,
Avantasia
***************************************************************************
Londra – Aprile 2005
Nella camera sterile del Reparto al quarto piano dell’ospedale
magico che aveva accolto i superstiti della strage, Ginny Weasley perdeva
lentamente la vita. Nello stesso momento, l'auror di riferimento della squadra installata
al San Mungo, Stephen Perriman, stava discutendo sul da farsi con la
professoressa McGrannitt, alla quale avevano appena finito
di curare il braccio rotto.
L’aggressione a Hogwarts e a El
Coimbales portava a chiare lettere la firma di Voldemort e dei suoi seguaci, ed
era stata evidentemente programmata da tempo, forse anni, senza che nessuno
avesse sospettato nulla. Il Ministro della Magia era già accorso all’ospedale e
adesso era impegnato con gli altri auror per le questioni di sicurezza, perché
tutti sapevano che la caduta di ben due scuola di
magia e la morte di uno dei più grandi maghi di tutti i tempi, erano l’innesco
a qualcosa di veramente terribile che avrebbe presto investito, non solo il
mondo magico, ma anche quello babbano. Urgevano provvedimenti fulminei.
In quel momento dal corridoio arrivarono urla concitate.
“Non potete entrare!! Il reparto è
sterile, non potete entrare!!”
“Vada al diavolo!” ringhiò in
risposta una giovane voce alquanto ostile.
I due interruppero la conversazione e si voltarono sbalorditi.
Seguiti da alcuni Guaritori inferociti dalle loro condizioni scarsamente
igieniche per un ospedale, Harry Potter, Ron Weasley e Hermione Granger fecero
irruzione nel Reparto di degenza, vestiti di stracci sporchi di sangue
incrostato e fango. Appena lo misero a fuoco il
Maggiore e la professoressa in mezzo alla folla di persona che affollava il
corridoio, si precipitarono verso di loro.
“Abbiamo l’antidoto, non c’è un secondo da perdere!!”
*******************************************
Il Maggiore Perriman sospirò piano, socchiudendo gli occhi
alla soffusa luce dei neon dell’ufficio che gli auror avevano
provvisoriamente occupato al San Mungo, a terra contro il muro laterale giaceva
ancora una lampada andata in pezzi. Quella era stata una nottata da incubo,
sicuramente una delle più orribili che l’auror
ricordasse, ma anche la più confusionaria. Nel giro di poche ore, erano
successe talmente tante di quelle cose, che ancora faticava
nel raccogliere le idee a proposito.
I tre ragazzi non avevano risposto a nessuna domanda riguardo
a cosa fosse successo loro, del perché erano vestiti
in quel modo e perché fossero sporchi e graffiati, e non si erano lasciati
avvicinare finché i Guaritori non avevano acconsentito ad esaminare il sangue
di colore nero contenuto in una piccola coppa dalle fatture medievali che
avevano con loro. Con loro grande stupore, i Guaritori avevano verificato
l’esattezza delle loro parole e in pochi minuti il fluido dell’antidoto era
stato iniettato nelle vene di Ginny Weasley, il cui battito cardiaco era
ridotto ormai a un soffio. Nel giro di pochi secondi,
la ragazza aveva riaperto gli occhi.
Nuovamente interrogati da un sempre più confuso Stephen, i tre
avevano confermato tutti la stessa versione dei fatti:
un viaggio nel tempo fino al 1565, l’ultimo periodo in cui William Coldfog,
responsabile della morte di Silente e dell’avvelenamento di Ginny, era stato
avvistato. Credendoli sotto shock, i ragazzi erano stati rimandanti nelle loro
stanze di ricovero, ma il Maggiore aveva capito che tutto quello non era solo
il delirio di tre studenti traumatizzati, ma qualcosa di molto più serio.
**************************************
“To all the parents with sleepless nights,
Sleepless nights.
Tie your kids home to their beds,
Clean their heads.
To all the kids with heroin eyes,
Don't do it, don't do it.
Because it's not not what it seems,
No no it's not not what it seems.”
Salvation,
The Cranberries
Molly Weasley si accorse di essersi addormentata nonappena
riaprì gli occhi e si trovò con la testa appoggiata al bordo del letto di
Ginny. Si tirò sù a sedere leggermente infastidita.
Non avrebbe voluto farsi sopraffare dalla stanchezza proprio adesso che la sua
bambina si era risvegliata. E infatti, un pallido ma
sorridente viso lentigginoso ricambiava il suo sguardo dalla brandina.
“Mamma, avresti potuto dormire ancora.”
Molly scosse la testa e si strofinò gli occhi. “Tesoro, non
preoccuparti, avrò tempo per riposarmi meglio quando
saremo a casa.”
Accanto a loro si fece avanti Arthur Weasley, con in mano un bicchiere di tè per sua moglie. “Tieni cara,
tirati un po’ su.”
Ginny osservò i suoi genitori. Avevano l’aria così tirata e
stanca che gli dispiaceva dovessero stare accanto a
lei quella continuazione senza potersi prendere un attimo di pausa.
“Perché non andate a riposarvi un
po’? Può venire qualcun altro qui con me.” Appena si era svegliata, Ginny non
aveva voluto sapere con esattezza cosa fosse successo
dopo che aveva perso conoscenza, ma si era sentita sollevata nel sapere che
almeno suo fratello e i suoi amici fossero sani e salvi. Saperli vivi
rappresentava quel tanto che voleva sapere e quel
tanto che le bastava, era troppo stanca per qualsiasi altra notizia.
“Sta’ tranquilla.” la rassicurò di
nuovo suo padre “Pensa solo a rimetterti in forze, non pensare a noi, stiamo
bene.”
Ginny stava per controbattere testarda, ma un leggero bussare
attirò l’attenzione dei tre. Senza aspettare risposta, la porta si aprì
rivelando la figura di un'anziana signora che fece il suo ingresso nella
camera, facendo frusciare il suo lungo mantello che
copriva un’elaborata veste da strega. La donna salutò i tre Weasley con un
sorriso stanco e tirato.
“Salve Molly… Arthur…” il suo sguardo si posò su Ginny e il
suo sorriso divenne un po' più triste “Salve anche a te.”.
“Zia Muriel!” esclamò Molly sorpresa.
“Come mai sei qui Muriel?” domandò Arthur
“Hai saputo?”
La donna annuì, facendo ondeggiare le ciocche che sfuggivano
dalla grigia crocchia. “Sì purtroppo ho saputo, per questo
sono corsa qui. Non abbiamo più molto tempo.”
A quelle parole Molly la guardò spalancando gli occhi. “Zia
Muriel, cosa intendi dire? Così ci spaventi…”
Muriel fissò i due seduti di fronte a lei e sospirò “Intendo dire che Ginny deve venire via con me adesso, non possiamo
più aspettare.”
Un
rumore di vetri rotti annunciò che la signora Weasley aveva fatto cadere per
terra il tè e adesso tremava. “M-Muriel ti prego… Ginny è malata… Ginny non
può…” il signor Weasley le strinse la mano mentre la
voce le mancava.
“Molly ascoltami bene, non è solo lei ad essere il pericolo ed
entrambi lo sapete bene. Visto lo stato delle cose lo siamo tutti, quindi non è solo lei che dove sparire, ma
anche voi, anche gli altri. Ormai hanno cominciato il rastrellamento e non si
fermeranno finché non avranno l’intero Mondo della Magia sotto il loro
controllo. Moriranno molte persone se perdiamo altro tempo...”
Ginny ascoltava incredula. “Ma che
state dicendo?” esalò con un filo di voce.
La zia Muriel le rivolse uno sguardo
addolorato “Devo aiutarti bambina. Devo aiutarti perché dovrai fare una
cosa molto, molto pericolosa.”
In quel momento un flash attraversò la mente di Ginny,
facendola cadere in un altro dei suoi sogni ad occhi aperti. Con un gemito si
portò le mani alle tempie, mentre la scena le scorreva chiara come non mai
davanti agli occhi.
Ombre, mantelli, uomini e donne in funga
lungo le scale e i corridoi di un ospedale... Gente che fuggiva, gente che
urlava, gente bersagliata da incantesimi che si accasciava al suolo... Il
rastrellamento...
****************************************
“Non posso credere di essere di nuovo steso su un materasso e
non su un sacco di paglia.” biascicò
Harry buttandosi di schiena sul suo letto. Avevano ricevuto degli abiti puliti
da cambiare ai loro sporchi e scomodi ed erano appena rientrati nella loro
camera del Reparto. Il ragazzo si voltò verso Ron, che
silenzioso, sedeva sul letto accanto al suo. “Hermione?”
“Dorme. L’ho convinta a restare in camera con sua madre.” fece un mezzo sorriso “Quando
l’ha vista conciata com’era per poco non è svenuta.” il
sorriso sparì com’era venuto.
Harry lo fissò a lungo. “Stai bene?”
Ron fece spallucce. “Quanto te.”
“Ho capito.” Fece una pausa “Sai, tu e Hermione…” l’amico alzò
la testa e Harry gli rivolse una smorfia di approvazione
“Va tutto bene amico, sono contento per voi. E’ una buona cosa dopo tutto quello che abbiamo passato.”
Ron non fece altro che annuire piano “Sì, è una cosa buona.”
Harry non rispose e si limitò a fissarlo. Era assurdo come
entrambi non
riuscissero ad essere contenti quanto valesse esserlo per una cosa così bella.
L’esperienza nel passato li aveva cambiati così tanto?
In quel momento dalla porta entrò la signora Weasley,
visibilmente scossa. Dal corridoio si udivano voci concitate di Guaritori e
maghi che andavano avanti e indietro, portando via i ragazzi dalle camere. Ron
si alzò immediatamente.
“Cosa succede??!”
“Ron, Harry venite presto, dobbiamo andarcene.” esclamò la signora Weasley
avvicinandosi a suo figlio e facendo segno di seguirlo.
“Mamma, ti ho chiesto che succede!” ripetè lui, lasciandosi
accompagnare verso la porta mentre Harry notava la sua
espressione terrorizzata.
“Signora Weasley...?” rincarò lui
accostandosi a lei.
Molly Weasley lo guardò, i suoi occhi erano
spalancati. “I Mangiamorte hanno spezzato la guardia degli Auror e stanno
prendendo il San Mungo. Hanno cominciato il rastrellamento.”
Harry s’irrigidì “Cosa vuol dire??”
“Reclutamento forzato. O con loro o
morti.”
Ron si voltò versò la porta della
camera. “Hermione...” disse piano.
“Cosa?” sua madre lo guardò, ma lui
era già corso fuori.
“Ron!!” Harry gli corse dietro, ma
l’amico era già sparito in direzione della stanza di Hermione, quando dalla
sala sterile del Reparto vide emergere il signor Weasley e l’anziana zia Muriel
che aiutavano Ginny ad uscire da lì, ma la ragazza era visibilmente debole e
non riusciva a reggersi e a camminare, in più la folla nel corridoio sempre più
spaventata spingeva troppo forte e sicuramente avrebbe finito per buttarla a
terra. Harry si decise subito, corse verso di loro e sollevò la ragazza tra le
braccia.
“Andiamo via, presto!”
“Le scale sono da questa parte!” urlò il signor Weasley
sovrastando il fragore della fuga. Nel frattempo che raggiungevano le scale
Ron, Hermione e i suoi genitori si unirono a loro verso l’uscita, ma le scale
erano un ingorgo unico e dalle urla che salivano di tono sembrava che i
Mangiamorte fossero sempre più vicini. Il signor Weasley cercò
di farsi sentire nel frastuono “Proviamo le scale di servizio! Sono al
fondo del corridoio, oltre la porta di compartimentazione!”
Il gruppetto tornò sui suoi passi oltre la massa che spingeva
giù per le scale principali e tornò nel corridoio. Harry adesso sentiva il peso
di Ginny gravare sulle braccia, ma sperava che sarebbero riusciti a uscire dal San Mungo il prima possibile o non sarebbero
mai riusciti ad usare una Passaporta per andarsene.
Ron fu il primo ad oltrepassare la porta di
compartimentazione, sempre tenendo saldamente Hermione per mano e gli altri
dietro, quando improvvisamente il ragazzo si bloccò a metà della prima rampa.
Dalla tromba delle scale vide dei mantelli neri salire velocemente verso di
loro.
“Indietro!!!” urlò spingendo Hermione
di nuovo verso la porta del corridoio “Stanno salendo da qui!!!”
Il gruppo fece dietro front, ma i Mangiamorte sembravano avere
le ali ai piedi e tra poco li avrebbero visti. In un
microsecondo, Ron realizzò che non ce l’avrebbero mai
fatta se qualcuno non li avesse tenuti occupati. Guardò in sù verso la sua
famiglia e i suoi amici.
Ginny era stata coraggiosa, aveva salvato Harry durante
l’attacco ad Hogwarts. Harry era
stato coraggioso, aveva affrontato il campo di battaglia da solo per
raggiungerli dentro Kerenska. Hermione era stata coraggiosa, aveva affrontato
Coldfog e lo aveva battuto. Adesso toccava a lui avere coraggio.
Il signor Weasley spalancò la porta di compartimentazione e
lasciò che Harry e Ginny la oltrepassassero, subito dopo la signora Weasley, la
zia Muriel, i genitori di Hermione e infine lei. In quel momento Ron lasciò
andare la mano della ragazza. Immediatamente lei si voltò, mentre il ragazzo le
chiudeva dietro la porta.
“Andatevene! Non so per quanto riuscirò a trattenerli!!” gridò lui prima di sigillare la serratura con
l’incantesimo Collo Portus.
“Ron!!!” urlò Hermione afferrando la
maniglia e cercando di riaprire la porta “RON VIENI VIA!!”
Anche gli altri si fermarono e la signora Weasley si unì ad Hermione. “Ron nooo!!”
“Andate via presto!!” gridò lui
dall’altra parte, poi sfilò la bacchetta dai pantaloni e si preparò ad
affrontare la sua caduta. “Con coraggio…”
Dall’altra parte della porta, il signor Weasley afferrò sua
moglie e la trascinò via, con la morte nel cuore mentre
il padre di Hermione faceva lo stesso con la figlia.
“No! No!! Ron ti prego!!!” gridò
Hermione piangendo mentre suo padre la obbligava a voltare le spalle alla porta
e raggiungere lo scalone principale.
Harry nel frattempo si mordeva le labbra quasi fino a farle
sanguinare, ma non tornò indietro né si fermò con il suo prezioso carico tra le
braccia, perché sapeva che in nessun modo Ron avrebbe cambiato idea. E con il resto del gruppo che seguiva lui e Ginny, trovarono
una via di fuga che li conducesse lontani dal San Mungo, lontani dai sensi di
colpa e lontani da Ron.
“'Cause it makes me that much stronger
Makes me work a little bit harder
It makes me that much wiser
So thanks for making me a fighter
Made me learn a little bit faster
Made my skin a little bit thicker
Makes me that much smarter
So thanks for making me a fighter”
Fighter, Christina Aguilera
Fine Prima Parte
__________________________________________________________________________________________________________
Ebbene sì, finalmente ci
siamo…
Ragazzi ditemi voi da che parte devo mettermi a
strisciare per chiedervi perdono per non aver aggiornato per ben 8 mesi… °___°
Però, se posso avere una piccola difesa dalla mia
parte ;P vi informo che quando ad Agosto ero quasi
pronta a postare l’ultimo capitolo, l’hard disk del PC sul quale c’era salvata
l’unica copia del capitolo si è totalmente fulminato, mandando a putt*** ben 30
GB di roba… così, ho passato due mesi a deprimermi (in molti lo sanno ç___ç)
prima di trovare la forza di riscrivere completamente da capo il capitolo…
Ultimamente poi c’è anche una novità in più che mi
ha rallentata un pochino: aspetto un bimbo e sono già
al 4 mese di gravidanza!!! ^____________^ E’ un’esperienza meravigliosa, ma
questo per me è significato tanti pensieri in più, al quale si è aggiunta la
decisione del matrimonio tra me e il mio ragazzo (che è più grandicello di me
^__-). Ebbene sì, per chi non lo sapesse ancora, ora è
ufficiale: il 1° Luglio 2006 mi sposerò! Il tutto si aggiunge al fatto che devo
assolutamente finire l’università (ancora due annetti buoni). Mi perdonerete
perciò se vi ho fatto attendere così tanto!
*^_______^*
Aggiungo inoltre che mi ero
prefissata di finire la prima parte di Becoming Heroes prima di
completare anche l’altra mia fan fiction, “Leave it to Harry and Ginny”, quindi
ecco perché anche lei è ferma da Giungo al penultimo capitolo. Ad ogni modo, mi impegno a finirla prima di cominciare il sequel di
Becoming Heroes, che spero sarà on-line entro la fine di questa estate.
E a voi che per un anno e mezzo mi avete seguita e sostenuta con tanto calore ed entusiasmo un grazie
di cuore, senza di voi non sarebbe stata la stessa cosa!!! VI ADORO!!!
Mi scuso invece con coloro che
hanno lasciato il loro preziosissimo commento sul 19° capitolo e ai quali
non ho potuto rispondere personalmente, per riuscire a postare il prima
possibile, spero mi capirete, ma e vi ringrazio doppiamente!
AvaNa Kedavra,
EDVIGE,
Kaho_chan,
Vale,
Saturnia,
Ly,
Trevor,
Dorothea,
Sunny,
Saphira89,
Lizie,
Ransie86,
daisy05,
Marcycas - the Lady of Darkness,
ramona55
E inoltre in occasione della fine della FF, ho
preparato (in realtà già ad Agosto) il terzo trailer della saga!! *^_________^* Se volete dargli uno sguardo
è nella solita cartella dei video, che per comodità vi riporto qui. Forse
qualcuno di voi l’ha già visto, ma nel caso non fosse
così…. ^___-
http://mio.discoremoto.virgilio.it/becoming_heroes
UN BACIONE GRANDE COME L’OCEANO!!!
*Giulia*Judie* J