Finale
Uno dopo l’altro, il potente Jinpachi
sbaragliò ogni avversario, proseguendo inarrestabile verso
lo scontro decisivo. A sua insaputa, tuttavia, suo figlio faceva
altrettanto, combattendo con incredibile tenacia e destrezza, spinto
dal desiderio di emergere una volta per tutte dall’infame
ruolo di primogenito indegno.
Intanto il cauto Wang Jinrei aveva assistito a tutte le fasi
del torneo, monitorando la situazione che appariva eccessivamente
tranquilla. Fu così che conobbe il valoroso Aban, reduce dal
duello all’ultimo sangue contro Ashraf, dal quale sperava di
ottenere informazioni sull’ubicazione
dell’insidiosa reliquia, ma il rivale aveva mantenuto il
silenzio al riguardo persino mentre esalava l’ultimo respiro.
Il custode del tempio spiegò dunque a Wang, che chiunque
fosse l’attuale detentore dell’antico cimelio,
sarebbe presto caduto vittima dei terrificanti poteri in esso celati.
Il mercante intuì allora cosa Haru stesse tramando, e quale
grave pericolo corresse il suo fraterno amico, disputando la sfida
finale. Non restava ormai molto tempo, dal momento che Jinpachi aveva
già raggiunto la grande sala del palazzo Norinaga, destinata
ad ospitare l’ultimo incontro del torneo. Il padrone di casa
fece il suo ingresso, indossando al collo il talismano: il suo sguardo
appariva freddo e spento, lividi vasi sanguigni trasparivano pulsanti
da sotto la pelle in tutto il corpo, un respiro rumoroso e ritmico
evaporava dalle sue narici quasi fosse un toro imbizzarrito.
La battaglia ebbe inizio, senza esclusione di colpi e, sebbene la forza
e l’abilità di Haru fossero notevolmente
aumentate, Jinpachi gli teneva testa impavidamente, sfruttando la cieca
foga combattiva dell’avversario che lo guidava in attacchi
poderosi ma imprecisi. Dando fondo ad ogni energia, il capostipite dei
Mishima era riuscito ad atterrare il concorrente e per qualche istante
parve che l’incontro potesse dichiararsi terminato. Tuttavia
il mistico monile prese a luccicare, avvolgendo Haru in un vortice
luminoso. Quando i lampi abbaglianti cessarono di limitare la vista
dell’incredulo Jinpachi, il contendente emerse dalla luce
sottoforma di una deforme creatura mostruosa. Immediatamente
l’essere demoniaco aggredì lo stremato karateka,
immobilizzandolo inerme al tappeto con una micidiale scarica di colpi.
A quel punto Wang, Aban e Kaori, unitasi al gruppo durante il tragitto,
entrarono nella sala ed assistettero alla scena. Comprendendo cosa
fosse accaduto, il trio scattò all’attacco per
cercare di sconfiggere il mostro e salvare l’anima di Haru
Norinaga dalla dannazione eterna. Ogni speranza fu però del
tutto vana e la giovane geisha perse la vita nel disperato tentativo di
parlare all’essere umano contenuto in
quell’abominio e convincerlo a desistere, ma di
umanità, dentro quel grottesco involucro, non
v’era più alcuna traccia.
Sembrava non esserci più nulla da fare, ma fu
allora che sopragiunse Heihachi, uscito vincitore da tutti gli incontri
precedenti e nient’affatto impressionato dalle sembianza
disumane del suo ultimo opponente. Jinpachi non poté credere
ai suoi occhi quando assistette allo scontro tra suo figlio ed il
rivale posseduto. Il giovane erede si batteva come un leone, prevedendo
ogni mossa dell’avversario ed infliggendogli rapidissimi
contrattacchi. Alla fine di uno scambio serrato di tecniche fulmine e
devastanti, sopraffatto dall’agilità e dalla forza
fisica di Heihachi, l’incarnazione maligna piombò
al suolo privo di sensi, producendo un tonfo sordo che
echeggiò per tutta la villa. Delle crepe comparvero sulla
reliquia, propagandosi sino a sgretolarla, mentre le diaboliche
vestigia si ritiravano progressivamente, svelando il corpo di Haru nel
suo aspetto consueto, ma martoriato e consumato irrimediabilmente dal
crudele parassita. Il patrimonio del clan Mishima era salvo, grazie
all’intervento del suo membro più giovane, ed il
mondo era scampato alle grinfie di un’oscura
entità, bramosa di evadere ancora dalla sua prigione
millenaria per tornare a spargere lo scompiglio e la distruzione tra i
popoli.
Ci sarebbe voluto del tempo, forse anni, per mettersi alle
spalle questa terribile esperienza, ma di certo essa avrebbe lasciato
un segno indelebile nella vita dei suoi protagonisti.
Aban fece ritorno al tempio del demone dimenticato e fu
accolto come un eroe dagli altri guardiani, per aver punito il
traditore e contribuito al ristabilimento dell’equilibrio.
Wang riprese i suoi viaggi commerciali in capo al mondo e durante uno
di questi, rincontrò la guerriera Koko, la quale era rimasta
molto impressionata dall’eleganza delle arti marziali
magistralmente eseguite dal mercante e lo invitò ad istruire
in tale nobile stile di combattimento una bambina volenterosa della
comunità di indigeni, la piccola Michelle Chang.
Jinpachi invece non poté assolutamente ignorare
il coraggio ed il senso di responsabilità, dimostrati nel
corso del torneo da suo figlio, pertanto mutò atteggiamento
nei suoi confronti, e per ripagarlo delle sue gesta, decise per la
prima volta di concedergli tutta la sua fiducia, associandolo al suo
fianco nella guida dell’impero economico di famiglia, appena
estesosi con l’annessione della Norinaga Corporation. In
pochi anni, Heihachi maturò indubbie qualità di
amministratore, cosicché il vecchio Mishima
preferì ritirarsi momentaneamente dalla vita pubblica per
dedicarsi all’istruzione e l’addestramento di suo
nipote Kazuya, da poco aggiuntosi al glorioso clan. Tuttavia la
personalità di Heihachi, inebriato dal potere,
cambiò radicalmente, spingendolo a scelte al limite della
follia. Insoddisfatto del proprio figlio, all’età
di soli cinque anni lo gettò da un dirupo,
affinché, qualora fosse sopravvissuto, sarebbe stato in
grado di dimostrare di essere un vero Mishima, degno di suo padre.
Sconfisse inoltre in Jinpachi in duello e relegò in catene
all’interno di una prigione sotterranea del tempio di
famiglia, quando questi tentò di rimpossessarsi della
Zaibatsu, essendo venuto a conoscenza dell’impostazione
criminosa conferita dall’erede all’azienda.
Il sole tramontava dunque inesorabilmente su un capitolo
della storia dei Mishima, ma una nuova alba stava per nascere
all’orizzonte, mentre un giovane combattente scalava, colmo
d’ira, la parete rocciosa di un vulcano …
Il mito di Tekken aveva inizio.
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