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Autore: depy91    11/09/2011    2 recensioni
Quasi 50 anni prima che il suono cupo del gong del primo Iron Fist riverberasse nella storia, il mito di Tekken traeva il suo preludio. Nuove leve e vecchie glorie in un'ipotetica avventura completamente inedita. Gli albori della saga dal mio punto di vista.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Heihachi Mishima, Jinpachi Mishima, Wang Jinrei, Yoshimitsu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finale


Uno dopo l’altro, il potente Jinpachi sbaragliò ogni avversario, proseguendo inarrestabile verso lo scontro decisivo. A sua insaputa, tuttavia, suo figlio faceva altrettanto, combattendo con incredibile tenacia e destrezza, spinto dal desiderio di emergere una volta per tutte dall’infame ruolo di primogenito indegno.
Intanto il cauto Wang Jinrei aveva assistito a tutte le fasi del torneo, monitorando la situazione che appariva eccessivamente tranquilla. Fu così che conobbe il valoroso Aban, reduce dal duello all’ultimo sangue contro Ashraf, dal quale sperava di ottenere informazioni sull’ubicazione dell’insidiosa reliquia, ma il rivale aveva mantenuto il silenzio al riguardo persino mentre esalava l’ultimo respiro. Il custode del tempio spiegò dunque a Wang, che chiunque fosse l’attuale detentore dell’antico cimelio, sarebbe presto caduto vittima dei terrificanti poteri in esso celati. Il mercante intuì allora cosa Haru stesse tramando, e quale grave pericolo corresse il suo fraterno amico, disputando la sfida finale. Non restava ormai molto tempo, dal momento che Jinpachi aveva già raggiunto la grande sala del palazzo Norinaga, destinata ad ospitare l’ultimo incontro del torneo. Il padrone di casa fece il suo ingresso, indossando al collo il talismano: il suo sguardo appariva freddo e spento, lividi vasi sanguigni trasparivano pulsanti da sotto la pelle in tutto il corpo, un respiro rumoroso e ritmico evaporava dalle sue narici quasi fosse un toro imbizzarrito.  La battaglia ebbe inizio, senza esclusione di colpi e, sebbene la forza e l’abilità di Haru fossero notevolmente aumentate, Jinpachi gli teneva testa impavidamente, sfruttando la cieca foga combattiva dell’avversario che lo guidava in attacchi poderosi ma imprecisi. Dando fondo ad ogni energia, il capostipite dei Mishima era riuscito ad atterrare il concorrente e per qualche istante parve che l’incontro potesse dichiararsi terminato. Tuttavia il mistico monile prese a luccicare, avvolgendo Haru in un vortice luminoso. Quando i lampi abbaglianti cessarono di limitare la vista dell’incredulo Jinpachi, il contendente emerse dalla luce sottoforma di una deforme creatura mostruosa. Immediatamente l’essere demoniaco aggredì lo stremato karateka, immobilizzandolo inerme al tappeto con una micidiale scarica di colpi. A quel punto Wang, Aban e Kaori, unitasi al gruppo durante il tragitto, entrarono nella sala ed assistettero alla scena. Comprendendo cosa fosse accaduto, il trio scattò all’attacco per cercare di sconfiggere il mostro e salvare l’anima di Haru Norinaga dalla dannazione eterna. Ogni speranza fu però del tutto vana e la giovane geisha perse la vita nel disperato tentativo di parlare all’essere umano contenuto in quell’abominio e convincerlo a desistere, ma di umanità, dentro quel grottesco involucro, non v’era più alcuna traccia.
Sembrava non esserci più nulla da fare, ma fu allora che sopragiunse Heihachi, uscito vincitore da tutti gli incontri precedenti e nient’affatto impressionato dalle sembianza disumane del suo ultimo opponente. Jinpachi non poté credere ai suoi occhi quando assistette allo scontro tra suo figlio ed il rivale posseduto. Il giovane erede si batteva come un leone, prevedendo ogni mossa dell’avversario ed infliggendogli rapidissimi contrattacchi. Alla fine di uno scambio serrato di tecniche fulmine e devastanti, sopraffatto dall’agilità e dalla forza fisica di Heihachi, l’incarnazione maligna piombò al suolo privo di sensi, producendo un tonfo sordo che echeggiò per tutta la villa. Delle crepe comparvero sulla reliquia, propagandosi sino a sgretolarla, mentre le diaboliche vestigia si ritiravano progressivamente, svelando il corpo di Haru nel suo aspetto consueto, ma martoriato e consumato irrimediabilmente dal crudele parassita. Il patrimonio del clan Mishima era salvo, grazie all’intervento del suo membro più giovane, ed il mondo era scampato alle grinfie di un’oscura entità, bramosa di evadere ancora dalla sua prigione millenaria per tornare a spargere lo scompiglio e la distruzione tra i popoli.
Ci sarebbe voluto del tempo, forse anni, per mettersi alle spalle questa terribile esperienza, ma di certo essa avrebbe lasciato un segno indelebile nella vita dei suoi protagonisti.
Aban fece ritorno al tempio del demone dimenticato e fu accolto come un eroe dagli altri guardiani, per aver punito il traditore e contribuito al ristabilimento dell’equilibrio. Wang riprese i suoi viaggi commerciali in capo al mondo e durante uno di questi, rincontrò la guerriera Koko, la quale era rimasta molto impressionata dall’eleganza delle arti marziali magistralmente eseguite dal mercante e lo invitò ad istruire in tale nobile stile di combattimento una bambina volenterosa della comunità di indigeni, la piccola Michelle Chang.
Jinpachi invece non poté assolutamente ignorare il coraggio ed il senso di responsabilità, dimostrati nel corso del torneo da suo figlio, pertanto mutò atteggiamento nei suoi confronti, e per ripagarlo delle sue gesta, decise per la prima volta di concedergli tutta la sua fiducia, associandolo al suo fianco nella guida dell’impero economico di famiglia, appena estesosi con l’annessione della Norinaga Corporation. In pochi anni, Heihachi maturò indubbie qualità di amministratore, cosicché il vecchio Mishima preferì ritirarsi momentaneamente dalla vita pubblica per dedicarsi all’istruzione e l’addestramento di suo nipote Kazuya, da poco aggiuntosi al glorioso clan. Tuttavia la personalità di Heihachi, inebriato dal potere, cambiò radicalmente, spingendolo a scelte al limite della follia. Insoddisfatto del proprio figlio, all’età di soli cinque anni lo gettò da un dirupo, affinché, qualora fosse sopravvissuto, sarebbe stato in grado di dimostrare di essere un vero Mishima, degno di suo padre. Sconfisse inoltre in Jinpachi in duello e relegò in catene all’interno di una prigione sotterranea del tempio di famiglia, quando questi tentò di rimpossessarsi della Zaibatsu, essendo venuto a conoscenza dell’impostazione criminosa conferita dall’erede all’azienda.
Il sole tramontava dunque inesorabilmente su un capitolo della storia dei Mishima, ma una nuova alba stava per nascere all’orizzonte, mentre un giovane combattente scalava, colmo d’ira, la parete rocciosa di un vulcano …
Il mito di Tekken aveva inizio.
  
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