The
Tales of Hogwarts’ Houses
- New
Generation’s Real Adventures -
9. Ho visto le sue lacrime
Harry e Ginny erano
tornati a casa due giorni dopo la partita, che aveva fatto guadagnare
alla giornalista un bell’articolo su Quidditch tra i giovani.
Albus e James li
avevano accompagnati fino ai cancelli di Hogwarts, e avevano iniziato a
bisbigliare con il padre.
“No,
papà, stai tranquillo… non faremo
niente…”
“Potreste
anche fare qualcosa, non ve lo vieto…”
borbottò sottovoce Harry, “ma non dite alla mamma
che sono stato io a suggerirvelo!”
“Allora sei
dalla nostra…”
Harry
lanciò un’occhiata fugace a Ginny, che stava
aspettando impaziente accanto ad una siepe, e annuì.
“Certo,
certo… ma avvisatemi se succede qualcosa! Non intendo
rimanere all’oscuro di quello che accade ai miei
figli!”
Albus e James
ridacchiarono.
“Ma
smettila, papà! Non ci hai mai chiesto delle nostre
ragazze… eppure quando tocca a Lily la fai
pedinare” sussurrò James.
Harry
sventolò una mano in aria.
“È
perché voi siete due maschi e non potete avere il
ragazzo… cioè, potete ma..”
biascicò.
I due fratelli risero
ancora più forte e Ginny si girò dalla loro
parte, con un’aria interrogativa sul viso.
Harry le fece un
sorriso e ammiccò, mentre lei si girava roteando gli occhi,
ma sorridente, prese per le spalle i due figli.
“Quello che
intendo è che i ragazzi sono peggio delle ragazze nelle
questioni ‘amorose’, capite? Più
imprevedibili e anche un po’.. mh, carogne, a volte”
“Scusa
papà, ma allora perché non hai fatto questa
paternale a noi, quando ne avevamo bisogno?”
sbottò Albus, contrariato.
Harry lo
guardò, inarcando un sopracciglio.
“Scusa Al,
ma voi due ne avete avuto bisogno?” domandò,
“ti rispondo subito… no, perché voi non
siete ragazzi normali, siete i miei figli. I ragazzi migliori”
James e Albus si
sorrisero.
“E questa
dove l’hai letta?”
“Eh,
dài! Una volta che vi elogio!” disse Harry,
prendendoli per le orecchie, “e ora svelti, la mamma
s’arrabbia!” ordinò perentorio,
“ e non lamentarti, Jamie! Sembri tuo fratello”.
James
scoppiò a ridere.
“Eh no,
papà! Questa era da carogna!”
ribattè Albus, ridendo anche lui.
*°*
L’ufficio
della Professoressa McGrannit era illuminato dalla luce della luna che
entrava dalla finestra e da un fuoco crepitante nel camino.
Era Novembre ormai
inoltrato e mancava poco più di un mese alle vacanze di
Natale, dove la maggiorparte degli studenti sarebbe tornata a casa.
La penna pregiata
d’aquila raschiava rapidamente la superficie ruvida di una
pergamena, attenta a non sbavare l’inchiostro.
“Ah, Potter,
se solo avessi fatto più attenzione…”
commentò tra sé e sé, scuotendo la
testa, “errori banali e stupidi…”
Immerse la penna nella
boccetta d’inchistro nero e firmò il compito,
posandolo a destra del calamaio e prese un’atrlo foglio da
correggere.
Prima di guardare il
nome, qualcuno bussò alla porta.
“Avanti”
disse la McGrannit, indispettita.
“Scusa
Minerva, ti sto disturbando?” chiese Vitious, zampettando
fino alla scrivania della Professoressa.
“No,
no… siediti pure, Filius” sospirò la
donna, aggiustandosi sul naso gli occhiali.
Il piccolo Professore
saltò su una sedia e incrociò le dita davanti a
se.
Passò
qualche minuto e Minerva McGrannit alzò lo sguardo,
corrugando un sopracciglio.
“Volevi
dirmi qualcosa?” lo incitò, lasciando da parte la
risma di compiti da correggere.
“Ecco,
sì.. sì, sì, ci sarebbe una
cosa” borbottò Vitious.
La McGrannit
alzò gli occhi al cielo.
“Allora
parlamene, Filius!” sospirò, appoggiandosi allo
schienale della sedia.
“Mi chiedevo
se anche quest’anno avremmo tenuto un ballo…
così, tanto per sapere” sussurrò il
Professore.
Minerva McGrannit
alzò le sopracciglia e sorrise leggermente.
“Non credo,
Filius, non c’è nessun evento da
festeggiare” disse.
Vitious
annuì pensoso.
“Proprio
come pensavo. Ma l’anno prossimo se ne andranno quelli del
settimo e-”
“…
non ti facevo un Professore da prediletti!”
esclamò la donna, facendolo arrossire.
“Ehm, non
è proprio come pensi… diciamo che non vorrei che
i miei alunni migliori se ne andassero senza un
bell’addio” biascicò.
“Lasciami un
po’ di tempo per pensare. Di sicuro non sarebbe a Natale,
Filius. Al massimo per la fine dell’anno” disse
Minerva, alzandosi dalla sedia.
“Certo,
certo… grazie Minerva, credo che ora sia tempo di andare, si
è fatto tardi” salutò Vitious,
“grazie ancora, e buona notte!” aggiunse, prima di
saltare giù dalla sedia e scomparire nel corridoio buio.
La Professoressa si
chiuse la porta alle spalle e si diresse verso le sue stanze,
pensierosa.
*°*
“Albus?
Al…?” sussurrò Lily, scutendo il
fratello avvolto nelle coperte, “Al, svegliati!”
Albus si
alzò di scatto e cadde dal letto, incastrato nelle coperte.
“Cos-?
Lily!” mugugnò, stropicciandosi gli occhi,
“cosa ci fai qua?” domandò sorpreso.
La sorella si
battè una mano sulla fronte, sbuffando.
“Certo che
dovresti ricordartelo! Hai la riunione dei Prefetti, knarl!
Fila!” esclamò, scalciando via dal letto Albus.
“Ehi!
Maldeucata!” protestò, massanggiandos la schiena,
“ a che ora è la riunione?”
Lily
ridacchiò e guardò l’orologio che
portava al polso.
“Tra
precisamente… sette miunuti e sette secondi! Uno, due,
tre… marsch!” comandò la rossa,
stendendosi sul letto e afferrando dal comodino un libro.
Albus
imprecò e si catapultò in bagno, con la divisa
tra le braccia.
Cinque minuti dopo
stava già sfrecciando per i corridoi, con in bocca un
croissant e le labbra sporche di zucchero a velo.
“Porc-!”
esclamò, quando travolse un Corvonero, “perdonami,
sono in ritardo!” si scusò, scavalcando il corpo e
correndo verso le scale.
Dea Canon scosse la
testa, rialzandosi.
Non l’aveva
neanche riconosciuta e probabilmente non si ricordava il suo nome.
Eppure lei sapeva chi
era lui. Albus Potter, il fac totum di Grifondoro, il grande
prefetto, Colui-che-andava-bene-in-tutto.
Dea sospirò
e scosse di nuovo il capo, afferrando dei libri caduti.
L’altro
giorno gli aveva parlato, in un momento pieno di coraggio, aveva
rivolto la parola ad Albus Potter.
Non si era mai sentita
più stordita…
E poi se
n’era andata, perché Malfoy si era avvicinato.
Un altro sospiro, e
Dea andò a Pozioni, trascinandosi lungo i corridoi.
Albus era arrivato
davanti allo studio della McGrannit, in ritardo, ma era arrivato.
Bussò alla
porta ed entrò.
In cerchio, vicino
alla scrivania della professoressa, seduti su delle sedie, stavano i
Prefetti di ogni casa.
“Bene
Potter, mancavi solo tu… ora possiamo iniziare”
decretò la McGrannit.
Albus
abbozzò un sorriso e si sedette vicino a Rose.
“Dov’eri
finito, si può sapere?” gli sibilò la
cugina, rigida contro lo schienale della sedia di legno.
Al non rispose e
estrasse dalla sacca una risma di fogli scarabocchiati.
“Scusate il
ritardo, ecco qua gli appunti per tutti… Prego,
distribuiscili pure Emmeline” disse Potter, porgendoli ad una
ragazza, “direi che potremmo discutere di due problemi che
potenzialmente potrebbero diventare gravi. Credo che Pix si diverta
molto a rubare i libri dei Corvonero, e ciò non mi garba
moltissimo, dato che le lamentele me le devo sorbire io, per cui direi
che dovremmo metterlo in riga. In secondo luogo, i Serpeverde iniziano
a diventare maneschi, di nuovo, e i Grifondoro li seguono a
ruota… dato che di risse nei corridoi non ne voglio vedere,
come credo anche lei, Professoressa, la prossima volta che
sorprenderemo studenti a commettere atti di maleducazione o altro,
oltre agli abituali punti, li manderemo anche da lei o altri
professori” concluse Albus, continuando a sfogliare un blocco.
Minerva
annuì e chiese agli altri Prefetti se erano
d’accordo.
“Sì,
sì… Potter ha ragione e ha trovato le soluzioni,
mi pare che si sia risolto tutto” tagliò corto il
Prefetto di Tassorosso, già pronto ad uscire dalla stanza.
“Aspetti un
momento ancora, MacMillan" lo interruppe la McGrannit, aggiustandosi
gli occhiali sul naso, “Potter, Vitious mi ha chiesto se ci
sarebbe la possibilità di preparare un ballo a fine anno.
Cosa ne pensi?”
Albus, già
in piedi e con la borsa sottobraccio, si fermò, pensoso.
“Direi che
potremmo organizzarlo. Sì, si può fare. Lei cosa
ne pensa?” chiese, frugando nella sacca e scrivendo su un
fogliettino: ‘ballo fine anno organizzare’ con una
grafia veloce e disordinata.
La McGrannit
annuì, accennando una scrollata di spalle.
“Benissimo,
allora potete continuare senza di me… scusate ma ho
l’allenamento” sorrise in risposta Al, uscendo
velocemente dalla stanza.
Camminando rapido per
i corridoi, salutò gli studenti, che oramai lo conoscevano,
non solo come ‘Figlio di Harry Potter’, ma anche
come il Prefetto più impegnato di tutta Hogwarts.
Albus
arrivò negli spogliatoi appena in tempo, posò la
sacca sulla panca e si infilò la divisa in fretta e furia.
“Era ora che
arrivassi, Al… non possiamo sempre aspettarti”
disse James, che si stava cambiando.
“Non ti
avevo visto” disse, “non succederà
più, dài!”
James lo
guardò sottecchi, non convinto, ma lasciò perdere
e afferrò la sua scopa, poggiata alla parete.
Al lo
guardò con un sopracciglio inarcato.
“Ehm-ehm”
tossicchiò, “ehm-ehm!”
James si
girò scocciato.
“Cosa vuoi
ora?” sbuffò, roteando gli occhi.
“No, niente,
solo informarti che stai andando ad allenarti a torso nudo”
esplicò Albus, passandogli davanti.
James si
ficcò una mano in bocca per non prendere a pugni il fratello
e s’infilò la casacca della divisa.
*°*
Emily Baston stava
asciugandosi i capelli in dormitorio, tamponandoli con un panno bianco,
quando la sua compagna di stanza entrò spalancando la porta.
“Oh Emily!
Oh, Emily! La sai la novità?”
cinguettò, prendendo la Baston sottobraccio.
La mora, scettica,
scosse la testa. Mai fidarsi delle novità.
“Come no? Ne
parla tutta la sala comune” esclamò estasiata
Dianne, prima di sospirare sognante.
“Senti, hai
intenzione di dirmi che succede o vuoi continuare a fare
scena?” disse Emily, battendo un piede a terra.
Dianne
roteò gli occhi e si sedette sul letto.
“Certo che
con te non ci si può divertire… comunque,
l’unica cosa che volevo dirti è che pare che
Potter stia uscendo con una Tassorosso”
Il cuore di Emily fece
un balzo, ma non si scompose.
Da tempo le sue
compagne cercavano di farle confessare perché avesse
lasciato James e ricorrevano a tutto, perfino ai più
sciocchi trucchi da ragazzine.
“Ah,
sì, ho sentito anche io… per caso quella
Mary?” chiese, sfidando con gli occhi la compagna.
Dianne
serrò le labbra e si lasciò andare sul letto.
“Mi fa
piacere… tanto so che nessuna è al mio
livello” sentenziò Emily, prima di ritornare in
bagno.
Chiudendosi la porta
alle spalle, la Baston si guardò nello specchio.
'Tanto lo
sai che è una bugia, non ha una nuova ragazza' cercò di
convincersi, 'è
troppo preso dal Quidditch. Tanto non ha una nuova ragazza…
Dài, ce ne sono centinaia migliori di Potter'.
Il volto amareggiato
di Emily si rifletteva nello specchio.
“Ce ne sono
centinaia. Tanto lo sai che è una bugia”
sussurrò ancora una volta, prima di uscire con un finto
sorriso sulle labbra.
“Eccomi,
sono pronta Dianne. Andiamo? Non vorrei arrivare tardi per il
pranzo” disse Emily, prendendo sottobraccio la sua compagna.
“Sì,
ok, prima dimmi una cosa: ti sei rincretinita tutto d’un
colpo o lo eri già prima? Tu non sei la Baston”
sentenziò Dianne, scutendo la testa.
Emily sorrise.
Si, non era
più lei. Ora basta, era stufa di stare così male.
Scendendo le scale,
incontrarono Albus Potter, indaffarato a dare indicazioni a degli
studenti del secondo anno.
“…
esattamente, e poi girate a destra… sì,
lì, brava… ciao, ora andate, mi
raccomando” sorrise ad una ragazzina e si girò
verso Emily.
“Ehi,
allora, vieni a mangiare con noi?” chiese, raccogliendo da
terra la sacca e issandosela sulle spalle.
Emily
scrollò le spalle e si avviò insieme al ragazzo e
Dianne verso la Sala Grande.
“Mmh, allora
Al, come vanno gli altri Prefetti?” domandò
cinguettante Dianne.
Albus si
girò e sorrise gentile.
“Oh, bene
bene, grazie”
Emily trattenne a
stento una risata per il tentativo fallito della sua compagna di fare
conversazione e Dianne le fece una linguaccia, un po’ delusa.
Arrivarono in Sala
Grande quando già tutti stavano uscendo.
“Direi che
siamo in ritardo. Dài, prendi qualcosa e andiamo a mangiare
in Sala Comune!” si affrettò a dire Albus a
Dianne, che schifata non sapeva come prendere il cibo.
Al la
guardò interrogativo e poi ficcò in un paniere
qualche focaccia e tre cosce di pollo avvolte in dei fazzoletti.
“Che schifo!
Ma-ma è da incivili!” squittì Dianne,
ritraendosi quando il ragazzo le passo il contenitore.
“Oooooh,
arragiati allora e non mangiare, tra poco scompare tutto”
esclamò Emily, arraffando un cesto di dolci.
Si mise a ridere,
notando la quantità di cibo che erano riusciti a prendere.
“E ora via,
alla Torre!” disse Albus, mentre usciva dalla Sala con le
braccia piene di cesti.
In Sala Comune i
Grifondoro rimasti, molto pochi, dato che tutti stavano assistendo
all’ultima sfida dell’anno di Gobbiglie, non tanto
per diletto, quanto più per ridere dei partecipanti.
“Ehi, che
stai facendo?” domandò James appena vide il
fratello, alzandosi di scatto dalla poltrona nella quale era rimasto
sommerso.
Quando Emily
passò il buco del ritratto e comparve ridente in Sala
Comune, sgranò gli occhi e squadrò il fratello.
A grandi falcate si
avvicinò ad Albus e lo trascinò di peso verso le
scale.
“Io non ho
fatto niente! Te lo giuro!” protestò Al,
“e ora smettila di tirarmi, Jamie! Caspita,
piantala!”
“Perché
lei sta ridendo?” sibilò al suo orecchio.
Albus si mise a ridere.
“Mi stai
prendendo in giro? No, dimmelo subito perché sembri proprio
convincente”
Il viso di James
rimase impassibile.
“No, non
scherzi Tu sei geloso di… guarda che abbiamo riso tutti e
tre, niente di importante, giuro” cercò di
rincuorarlo.
James assunse la
tipica aria dell’arrabbiato e si mise i pugni sui fianchi.
“Piantala,
James. Così sembri la mamma. E ti assicuro che non
è un complimento, in questo momento” disse Albus,
ridacchiando, “e poi non trovo l’importanza della
situazione, sinceramente… guarda che ha riso altre
volte”
James chiuse gli occhi.
“Ma non
davanti a me da quand-”
Albus lo
guardò, scuotendo la testa.
“Sei
patetico, James… è colpa tua e ora ti piangi
addosso, evitavi di metterla in condizione di scegliere” lo
aggredì e il fratello si riscosse rapidamente.
“Non
parlarmi così! Lei gli piaceva! Come potevo
permett-”
“Dovevi
fidarmi, Merlino! Dovevi fidarti di lei! Ti amava, non ti avrebbe
tradito!” esclamò Al, puntandogli un dito contro.
Il fratello
aprì la bocca un po’ di volte, senza riuscire a
spiccicare parola e poi si coprì il viso con le mani.
“Jamie. Ce
ne saranno altre migliori” mormorò Al, circondando
le spalle del fratello con un braccio, sentendosi un groppo in gola per
lui.
“Tanto so
che è una bugia…” sussurrò
James, abbracciandolo.
Albus sorrise.
Quando aveva saputo
che suo fratello e Emily si erano lasciati non ci aveva creduto.
“Sì, Al, mi ha lasciato… se
n’è andata… gliel’avevo detto
che non doveva andare…”
“Aspetta,
aspetta! Spiegami bene, con calma” l’aveva
interrotto, poggiando il libro che stava leggendo.
“Lei…
lei è andata da lui…”
“Lui
chi?” chiese Albus, alzando un sopracciglio
“Tim,
quel suo amico… il suo migliore amico”
“…
non trovo il problema, Jamie…”
James si riscosse e lo guardò interrogativo.
“Caspita Al! Tim! Quello a cui piace!”
“E
quindi? Anche tu entri nella classe di Incantesimi, con tutte quelle
Corvonero ammiccanti… ma Emily cosa dovrebbe fare?
Arrabbiarsi con tutte le studentesse che hai dietro?”
“Smettila!
Non capisci!” aveva esclamato James, alzandosi dal letto..
“E
allora spiegami meglio, Jamie”
“Io
le avevo chiesto di scegliere… perché lei i aveva
detto che doveva andare da Tim, era malato e al S.Mungo, ma avrebbe
passato il suo compleanno là… e io, io era
arrabbiato, avevo impiegato mesi per prepararle la festa a
sorpresa!”
“Tu
l’hai fatta scegliere?” aveva esclamato Al,
saltando giù dal letto e guardando stranito il fratello
“Sì,
e lei se n’è andata… e mi ha detto che
non vuole avere niente a che fare con un insensibile come me, che non
le lascia spazio per vivere”
Quella fu la prima
volta che vide suo fratello piangere, e anche l’ultima.
“Ehi-ehi,
ora basta, vieni a mangiare con noi” mormorò Al,
battendo una mano sulla spalla del fratello.
“No, grazie.
Preferisco andare in dormitorio” rispose James, riscuotendosi
e salendo le scale.
“Va
bene” gli disse Al, tornando in Sala Comune.
Sperava, e lo faceva
veramente, che tutto potesse risolversi.
|