Non
può piovere per sempre
Capitolo 29
Le angosce più
profonde
Quando
Silente gli aveva
proposto di andare a parlare direttamente con Orfin, non gli aveva
detto che la domanda di scarcerazione doveva ancora essere approvata
e che, di conseguenza, lo zio materno di Lord Voldemort si trovava
ancora nel luogo in cui aveva vissuto per anni e anni.
Regulus represse un
brivido e strizzò gli occhi per evitare gli schizzi
d’acqua salata
e gelida del Mare del Nord, che entravano attraverso le fessure
adibite a finestre dell’edificio.
Nonostante il mantello
pesante che indossava e il cappuccio che gli copriva quasi
completamente il volto, sentiva freddo come se fosse uscito in mezzo
ad una tempesta di neve con indosso solo una veste estiva. Ma era un
freddo molto diverso, che penetrava fin dentro le ossa, e lo faceva
soffrire più all’interno che
all’esterno. Qualche volta gli era
capitato di passare accanto ad un paio di Dissennatori: come ex
Mangiamorte, non aveva potuto farne a meno ogni volta che il Signore
Oscuro li convocava, per poi mandarli a seminare angoscia ai quattro
angoli del Regno Unito. Ma Azkaban era diversa, molto diversa.
Regulus non aveva mai percepito una così vasta
concentrazione di
Dissennatori in uno stesso luogo.
Azkaban era
disperazione,
e nient’altro.
Cercando di ignorare i
sussurri che emergevano da dentro la sua testa, abbassò lo
sguardo
su Kreacher, che tremava e borbottava tra sé parole
apparentemente
senza senso, gli occhi rossi e lucidi. Silente aveva insistito per
portarlo con loro, perché i Dissennatori erano segretamente
al
servizio di Voldemort, e non si sapeva mai: forse avrebbero avuto la
necessità di fuggire all’improvviso.
Regulus gli strinse la
mano, e l’elfo di colpo parve sentirsi meglio.
Il ragazzo
notò che
anche Silente era altrettanto provato.
« Non
può evocare un
Patronus? » gli chiese, desiderando di saperlo fare.
« No.
Attireremmo troppo
l’attenzione. I Dissennatori sono ciechi, ma gli altri
prigionieri
no. Comunque siamo arrivati » aggiunse, indicando il
Dissennatore
che li guidava; la figura ammantata di nero si era fermata di fronte
ad una cella e stava aprendo la porta.
Quando Regulus gli
passò
accanto per entrare, si sentì quasi cedere le ginocchia, e
le voci
nella sua testa aumentarono
d’intensità…
«
Non fatelo
scappare, prendetelo! »
«
No! »
Passi
di corsa
echeggiavano nella casa immersa nell’oscurità,
respiri affannati e
cuori che battevano all’impazzata.
Regulus
aveva intuito
dove l’uomo stava andando, e lo colse di sorpresa,
sbucandogli
proprio di fronte, mentre quello cercava di scappare dalla porta sul
retro. Prima che potesse fare qualcosa, lo disarmò.
«
L’ho preso, è
qui! »
La
sua voce era scossa
dall’emozione e dalla fatica, mentre cercava di trattenere
l’uomo
che tentava di divincolarsi.
«
Ti prego, lasciami
andare, ti prego… »
Regulus
esitò, e gli
occhi supplicanti dell’uomo si impressero per sempre nella
sua
mente. Le sue mani stavano già allentando la stretta per
lasciarlo andare, ma
era troppo tardi.
«
Black, tienilo fermo. »
Regulus
finse di non
vedere lo sguardo disperato che il mago gli aveva rivolto, e
lasciò
che Rosier lo prendesse, conducendolo nel salotto…
La porta della cella
si
richiuse alle sue spalle, e le voci si affievolirono sempre di
più.
Regulus si
ritrovò a
fissare le proprie mani, le stesse che avevano consegnato Benjy
Fenwick direttamente ai suoi carnefici…
Era da molto che non
provava tanto disgusto per se stesso. Ma i ricordi erano stati
così
vividi e reali…
Fu costretto a
compiere
uno sforzo sovrumano per trattenere la propria reazione. Ma Silente
non era da meno: aveva le lacrime agli occhi.
Per la prima volta in
vita sua, si sentì più comprensivo nei suoi
confronti, anche se non
capiva come un uomo come lui potesse apparire così
angosciato. Cosa
poteva aver mai fatto di così terribile?
Presto però
entrambi
dovettero tornare al presente, non appena scorsero la sagoma di
Orfin, nascosto nel buio.
«
Buongiorno, Orfin. Ti
ho portato una persona. »
Regulus lo
sentì
sibilare qualcosa, ma non distinse le parole. Forse aveva
l’abitudine
di parlare Serpentese.
Silente
lanciò
un’occhiata d’intesa a Regulus, che si fece avanti
e si presentò
come avrebbe fatto ad un ricevimento importante, cercando di
abbandonare i ricordi che Azkaban gli stava facendo tornare in mente.
« Black?
» ripeté
Orfin, mettendosi a parlare in inglese. « Sei Purosangue.
»
Non era una domanda,
ma
Regulus annuì lo stesso.
« Per me
è un onore
conoscerti » disse, cercando di nascondere il suo tono
incerto. Non
era molto sicuro che vedere uno degli ultimi discendenti di Salazar
ridotto in quel modo fosse una cosa di cui andare fieri.
Orfin si fece avanti,
e
la debole luce rischiarò il suo volto.
«
Perché sei con lui? »
chiese, accennando a Silente. « Lui ama i Babbani, ma Orfin
li odia.
Orfin li ha fatti pentire di essere nati, una volta. Tu cosa pensi
dei Babbani? »
Aveva un'espressione
folle.
« Penso che
non siano
degni neanche di pulirci le scarpe » rispose Regulus.
Orfin
ridacchiò.
Sembrava soddisfatto, ma una luce esaltata era comparsa nel suo
sguardo. Regulus tentò di dirottare la conversazione.
« Sono qui
perché ho un
favore da chiederti. Anzi, penso che farà comodo anche a
te… »
Il prigioniero lo
guardò,
improvvisamente all’erta.
« Che cosa?
»
Il ragazzo
esitò. Valeva
la pena osare così presto? Decise che non aveva alternative.
« Ho una
cosa che ti
appartiene. L’ho trovato per caso, e penso di dovertelo
restituire.
Ma prima mi serve il tuo aiuto. Si tratta del medaglione del tuo
antenato, Salazar Serpeverde. »
Orfin
lanciò
un’esclamazione che fece quasi spaventare Regulus e indusse
Kreacher a balzare accanto al suo padrone, pronto a difenderlo nel
caso in cui le cose si fossero messe male.
Ma Orfin non fece
nulla,
limitandosi ad ansimare per la sorpresa.
« Il
medaglione! Tu…
come…? »
«
È una lunga storia,
ma l’unica cosa che ti deve interessare è che
voglio
restituirtelo, a patto che tu lo apra per me. »
«
Perché? »
Regulus non sapeva
come
rispondere, e le parole gli uscirono spontanee.
« Qualcuno
lo ha
stregato. Devo spezzare l’incantesimo prima di dartelo.
»
« Stregato?
E chi ha
osato fare una cosa del genere? » domandò Orfin,
furioso.
« Non so se
ti
piacerebbe saperlo… »
« Voglio
sapere! »
« Va bene.
È stato il
figlio di tua sorella… »
Con un grido di
rabbia,
Orfin si lanciò contro di lui, ma Kreacher lo respinse,
mandandolo a
cozzare violentemente contro le pareti umide della cella.
« Tu non
tocca padron
Regulus! » gracchiò, altrettanto furibondo.
Regulus lo
calmò e tornò
a rivolgersi ad Orfin, che lo fissava improvvisamente con
risentimento.
« Non
dirò a nessuno di
questa faccenda. So cosa significa una vergogna del genere in
famiglia, ed è disgustoso, ma capita anche nelle stirpi
migliori,
purtroppo. Con questo incantesimo, lui si è impossessato del
medaglione che ti spetta di diritto. Non vorrai permetterglielo?
»
« Il
medaglione nelle
mani di un Mezzosangue… mai! » fece lui, con uno
sguardo folle,
accentuato dallo strabismo.
« Allora mi
aiuterai ad
aprirlo? »
Orfin lo
guardò,
sospettoso.
« E tu me lo
restituirai? »
«
Sì. Ti do la mia
parola. »
E Orfin si
fidò.
***
Orfin fu scarcerato
due
giorni dopo. Per fortuna, Silente era stato abbastanza accorto da non
chiamare in causa uno come Crouch. Era stata la giovane Amelia, la
sorella di Edgar Bones, a scagionarlo. Un altro avrebbe creato
parecchi problemi, e loro non potevano permettersi di affrontare
anche quelli.
Così, due
notti più
tardi, Regulus, Rachel e Silente si ritrovarono per la seconda volta
nel boschetto in cui avevano già tentato di distruggere il
medaglione. Quella volta però c’era anche Orfin,
sorvegliato a
vista da Kreacher: da quando quell’uomo aveva provato ad
assalire
il suo padrone, aveva continuato a fissarlo con
un’espressione
omicida.
« Ho fatto.
Non ci
sentirà nessuno » disse Silente, finendo di porre
gli incantesimi
di protezione. « Regulus » aggiunse, parlando con
un tono
estremamente serio. « Qualunque cosa accada, non cadere nelle
trappole che il frammento di anima di Voldemort potrebbe tenderti.
»
Regulus
annuì, inquieto.
Di nuovo, strinse
convulsamente le dita intorno al manico dell’athame. La luce
della
luna piena si rifletteva contro la lama e conferiva al medaglione
posato sul ceppo dell’albero un chiarore spettrale.
Rachel gli diede una
leggera pacca sulla spalla, e lui si sentì improvvisamente
più
determinato a concludere quella faccenda.
Cercando di mantenere
sotto controllo l’agitazione, si fece avanti, raggiungendo
l’Horcrux. Non sapeva cosa aspettarsi; sapeva solo che non
sarebbe
stata una passeggiata, e che si sarebbe dovuto aspettare di tutto.
« Sono
pronto » disse
con voce rauca, fissando il medaglione come se questo potesse alzarsi
e attaccarlo all’improvviso.
« Signor
Gaunt, può
ordinare al medaglione di aprirsi? » domandò
Rachel.
Regulus non lo vide
perché gli dava le spalle. Ci fu una breve pausa, e poi un
sibilo
lungo e acuto e un ringhio raggiunsero le sue orecchie, facendogli
drizzare i capelli sulla nuca.
Gli sportellini del
medaglione si spalancarono di colpo.
Regulus
guardò
all’interno e vide due occhi scuri che lo fissavano con
un’intensità tale da sembrare capaci di leggergli
nel profondo
dell’anima.
Spaventato, fece per
alzare l’athame e colpire subito, quando dal medaglione si
levò
una voce, che gli tolse il respiro.
« Regulus Black, sei
un libro aperto per me. »
« Qualunque
cosa ti
dica, non dargli retta, Regulus » disse Silente, ma il
ragazzo lo
sentì appena, completamente concentrato sulla voce che gli
stava
parlando: era chiaramente quella di Voldemort, un sibilo che lo fece
rabbrividire dalla testa ai piedi.
« Conosco tutte le
tue speranze, le tue debolezze e le angosce più profonde,
quelle che
nascondi anche a te stesso… »
« Regulus,
per favore,
non permettergli di continuare » disse Rachel, ma lui non la
sentiva. Continuava a fissare gli occhi di Voldemort, come
ipnotizzato, e quelli tutt’ad un tratto diventarono rossi.
Impietrito
dall’orrore,
guardò due bolle levarsi dal medaglione e assumere via via
dei
contorni sempre più definiti, finché le sagome
dell’uomo e della
donna non furono riconoscibili.
L’athame
cadde
sull’erba umida. Regulus si era atteso di tutto, ma non era
preparato a ritrovarsi di fronte agli sguardi delusi e furibondi dei
suoi genitori.
« Regulus, ti credevo
diverso. Non sei nient’altro che un traditore del tuo sangue. »
Lui si
sentì ghiacciare
il sangue nelle vene e provò a replicare, ma dalla bocca non
gli
uscì alcun suono.
« Ricordi, Regulus?
Ricordi cosa mi avevi promesso poco prima che io morissi? »
domandò Orion, guardandolo con profondo disprezzo.
«
Avevi giurato che non ci avresti mai lasciati estinguere, che non
avresti mai rinnegato il tuo sangue. »
Regulus
si accorse di
tremare. Si sentiva come un imputato colpevole, che cercava invano di
difendersi da accuse sempre più infamanti.
« È
così che
mantieni le promesse? Guarda come sei diventato. Ti sei alleato con
la feccia, combatti contro tutto quello che ti abbiamo
insegnato…
»
« No, non
è vero… »
provò a ribattere lui, ma non era tanto sicuro che quelle
parole
sussurrate a fil di voce sarebbero state udite anche se le avesse
urlate a squarciagola.
« Sei un traditore
come tuo fratello »
intervenne Walburga, e aveva uno sguardo
così terribile che lui fu incapace di sostenerlo.
« Sei
una
vergogna per tutti noi… »
« Regulus,
distruggilo!
» esclamò Rachel, ma lui era incapace di muoversi.
« Per me non esisti
più. Non sei più mio figlio. »
« Credevi forse che
ti avremmo perdonato per il tuo tradimento? »
proseguì Orion,
con un tono derisorio che non aveva mai usato. « Sei davvero
così
ingenuo e stupido da pensare che avremmo capito le tue ragioni
per…
affetto?
»
« Non ci arrivi? Non
ti abbiamo mai amato. Sei sempre stato soltanto una pedina al nostro
servizio. Ma ora che non ci sei più utile, non ci importa
più nulla
di te. Quando ho saputo della tua scomparsa, non ho versato una
lacrima.
»
Regulus neanche si
accorse di essere finito in ginocchio e di avere gli occhi umidi.
Aveva la sensazione che la testa gli stesse per scoppiare, e la gola
gli bruciava per lo sforzo di trattenere lo sfogo.
Rachel era accanto a
lui
e cercava di farlo tornare in sé, ma lui non riusciva ad
ascoltare i
suoi consigli. Fu quando la vide tendere la mano per afferrare
l’athame che riacquistò il controllo.
Anticipandola, riprese il
pugnale e lo levò in alto, sopra la propria testa.
« NO!
»
Ci fu un grido.
Capendo
quello che volevano fare, Orfin si divincolò dalla stretta
di
Kreacher, avventandosi sul medaglione. Tentò di afferrarlo
per
impedire che danneggiassero il suo cimelio di famiglia ma, appena ci
provò, fu scaraventato lontano dalla forza
dell’Horcrux, che lo
mandò a sbattere violentemente contro il tronco di un
albero. Orfin
si accasciò a terra e non si mosse più.
Regulus non se ne
accorse
neanche. Le parole che l’Horcrux gli aveva rivolto sotto le
sembianze dei genitori lo dilaniavano, e fu proprio per far smettere
quel dolore lacerante che ebbe la forza di reagire.
L’athame
affondò nel
medaglione con tutta la forza che riuscì a metterci.
Seguì un
rumore di
metallo e un urlo straziante; le figure che lo avevano torturato
scomparvero.
Il silenzio era
tornato a
regnare nel bosco. Gli unici rumori che adesso si sentivano erano i
respiri pesanti di Regulus.
Se ne stava ancora
inginocchiato, con la testa china verso il terreno e le mani ai lati
della testa, come per coprire le proprie reazioni. Non era mai stato
tanto male, e sapere che le sue angosce più segrete erano
state
svelate di fronte ad altre persone, quando nemmeno lui le aveva mai
ammesse a se stesso, rappresentava un’umiliazione ancora
peggiore.
Silente parve capirlo,
perché fece finta di nulla, e si accostò al corpo
inerte di Orfin,
accostandoli le dita alla gola.
« Respira
ancora, ma
dovrà essere curato. È stato colpito da una
maledizione molto
potente » disse. Poi estrasse la bacchetta e provò
a farlo tornare
in sé.
Rachel ne fu in parte
sollevata, anche se notava che lo stesso Silente sembrava avere
diverse difficoltà per trovare il modo di guarirlo. Dopo
alcuni
istanti, lei prese il medaglione, o quello che ne rimaneva. Il buco
prodotto dall’athame fumava, ma il battito metallico non si
sentiva
più.
« Regulus,
ce l’hai
fatta… » esitò, tendendogli
l’Horcrux distrutto.
Ma, in uno scatto di
rabbia, Regulus le scostò la mano, facendo cadere a terra il
medaglione.
« Non
m’importa.
Lasciami in pace » sbottò lui, senza controllarsi.
Di colpo sentiva la
necessità di ferire qualcuno, di fare più male di
quello che
l’Horcrux aveva fatto a lui. Ma non poté fare a
meno di farsi
assalire dal rimorso quando vide l'espressione mortificata di Rachel.
Infuriato con se
stesso,
Regulus si alzò e le voltò le spalle,
incamminandosi in silenzio in
direzione della casa.
Rimasta seduta sul
prato,
Rachel continuò a fissarlo finché non lo vide
sparire dietro
l’angolo.
« Forse per
il momento
sarà meglio lasciarlo solo » le disse Silente,
facendola ripiombare
sulla terra.
« Credo di
sì »
rispose con un fil di voce.
Non avrebbe mai
immaginato che il malumore che Regulus aveva covato nelle ultime
settimane fosse dovuto a quello cui avevano assistito quella notte.
Aveva intuito che fosse combattuto tra i doveri che gli erano stati
insegnati e la sua coscienza, ma nemmeno lei era arrivata a
comprendere che il suo peggior timore era quello di qualsiasi altra
persona al mondo…
« Potresti
aiutarmi con
Orfin? Credo che dovremo portarlo altrove » disse Silente.
Rachel
annuì, alzandosi
come un automa. Non sapeva neanche come sentirsi nei confronti di
Orfin. Non lo conosceva né aveva il tempo di dispiacersi per
lui. Si
sentiva solo immensamente triste e stanca.
Si Materializzarono
direttamente dentro una baracca abbandonata, che Rachel suppose
essere la vecchia casa dei Gaunt, a Little Hangleton. Deposero Orfin
su un letto polveroso, e Silente provò di nuovo a guarirlo.
Pronunciò alcune formule magiche, ma alla fine si
interruppe.
« Temo che
sarà una
faccenda molto lunga. Tu puoi andare, ci penso io qui. »
« D'accordo.
»
Rachel stava per
girare i
tacchi, quando accorse di avere ancora il medaglione distrutto.
« Regulus
aveva detto
che glielo avrebbe restituito » disse, pensierosa.
« Non credo
che Regulus
ci tenga a vederlo di nuovo, vista la sua ultima reazione »
rispose
Silente.
« Giusto.
Allora lo
metto qui » disse lei, posando il medaglione sopra un
comodino
divorato dai tarli. « Credo che Salazar Serpeverde lo
preferirebbe
nelle mani di un suo discendente » commentò poi.
Notò lo
sguardo
perplesso del Preside e arrossì, tutt’ad un tratto
imbarazzata. «
So che può sembrarle fuori luogo, ma facevo parte della sua
Casa…
» si giustificò.
« Non
c’è nulla di
male nel rispettare la volontà di un defunto » la
rassicurò lui.
Rachel
annuì.
***
« Ti sei
calmato,
adesso? »
Regulus non rispose
subito. Seduto sulla parte meno spiovente del tetto,
continuò a
guardare davanti a sé in direzione del mare.
« Come mi
hai trovato? »
chiese infine senza guardarla.
« Ho visto
che mancava
una scopa dallo sgabuzzino » rispose lei con
semplicità. Poi
aggiunse: « Ho dato l’Horcrux a Orfin. Ho fatto
bene? »
Regulus
annuì.
« Come sta?
»
« Silente
sta provando a
contrastare la maledizione che l'ha colpito, ma non sa nemmeno lui se
ci riuscirà... Mi sento un po’ in colpa per Orfin.
È come se lo
avessimo usato solo per aiutarci… » aggiunse
Rachel.
« Gli avevo
detto di non
toccarlo » rispose lui, cupo. « Forse abbiamo
sbagliato a non
dirgli cosa volevamo fare. »
« Se gli
avessimo detto
che il medaglione doveva essere distrutto, si sarebbe rifiutato di
aiutarci. »
« Se
morisse, sarebbe
ingiusto che si sia goduto la libertà fuori da Azkaban solo
per due
giorni. Certo, non è uno stinco di santo, ma…
»
« Non
è detto che muoia
» fece lei. « Vedrai che Silente lo
guarirà. Mi ha chiesto di
prestargli l'athame, a proposito. »
« Come mai?
»
« Non lo so.
Forse
potrebbe essergli utile studiando il diario di Voldemort. Non ha
torto ad essere previdente. »
Regulus
esitò ancora per
qualche istante, poi le chiese:
« Sei
arrabbiata per
come ti ho trattata prima? »
Rachel strinse le
labbra.
In effetti non aveva
preso molto bene lo scatto che Regulus aveva avuto nei suoi
confronti. Non era un comportamento che gli si addiceva, e Rachel
aveva capito che fosse dovuto allo stress e allo shock della
battaglia psicologica che aveva dovuto affrontare nel bosco, ma ci
era rimasta male.
« Mi
dispiace » disse
lui, depresso. « Non so cosa mi sia preso. »
Rachel lo
guardò. In
realtà aveva avuto parecchio tempo per far sbollire la
rabbia.
« Dovevi
essere proprio
sconvolto » commentò.
« Ero fuori
di me.
Avevate assistito tutti… »
« Lo so,
anche io mi
sarei sentita umiliata. Quindi se vuoi chiedermi di fingere di non
aver mai assistito a quella scena, lo farò. »
Lui parve rincuorato.
« Sarebbe
meglio »
disse, voltandosi verso di lei.
Ma, nel muoversi,
colpì
la scopa con cui era salito fin lì sul tetto. La scopa
rotolò sulle
tegole e precipitò di sotto, finché non
atterrò con un frastuono
assordante sopra i vasi di camelie, che naturalmente si ruppero e
caddero a loro volta dal davanzale, fracassandosi sul vialetto di
pietra.
«
Ops… »
Dalla finestra del
primo
piano spuntò la testa di Perseus, svegliato da tutto quel
frastuono.
« Che diamine sta
succedendo qui?
» sbraitò.
« Ssssh!
» fece Rachel,
anche se era inutile, perché Regulus non osava aprir bocca.
Lei
invece sembrava molto divertita. Si schiarì la voce ed emise
un
miagolio basso, anche se fece una gran fatica a trattenere le risate
e non farsi scoprire.
« Attila! Lo
sapevo che
eri tu » bofonchiò Perseus, irritato.
Per fortuna, sebbene
fosse quasi l’alba, era ancora buio, e l’uomo non
vide la scopa
sotto la sua finestra, altrimenti avrebbe intuito la presenza di due
intrusi sul tetto. Invece si lasciò ingannare dal finto
miagolio, e
tornò a dormire.
I due trassero un
respiro
di sollievo.
« Sei una
catastrofe »
commentò Regulus, che incredibilmente stava sorridendo.
Rachel fu felice di
vederlo reagire in quel modo.
« Una
catastrofe che è
riuscita a farti ridere » puntualizzò.
«
Già » ammise lui, e
ora non stava più scherzando. « Grazie.
»
Lei gli sorrise.
« In
realtà non sono
sempre brava a capirti. Questa notte nel bosco volevi restare solo, e
io sono venuta a romperti le scatole… Comunque sei stato
bravo a
distruggere l’Horcrux » aggiunse subito dopo,
perché aveva visto
che il volto di Regulus era tornato a incupirsi.
Su di loro
calò un lungo
silenzio, rotto solo dal verso di qualche gufo. Mentre i minuti
passavano, loro continuarono a tacere, intenti ad ascoltare il vento
che sussurrava attraverso le fronde e ad osservare le cime degli
alberi che oscillavano al suo passaggio, come ondeggianti masse scure
sotto il cielo stellato.
Rachel non era tanto
sicura che parlare esplicitamente gli avrebbe giovato. Ogni tanto
Regulus le parlava di quello che lo preoccupava, ma quella volta era
diverso, si trattava di qualcosa di troppo intimo e personale per
essere affrontato in quel modo. E il suo animo doveva essere
già
ferito quando le sue angosce erano state esposte in pubblico.
Tuttavia qualcosa
doveva
fare, anche se prevedeva discorsi poco allegri.
« Al tuo
funerale »
esordì, rabbrividendo, « l’unica a non
essersi presentata è
stata Bellatrix. Tutti gli altri c’erano, ed erano addolorati
quanto me. E credo anche che tua madre fosse la più
disperata di
tutti » aggiunse, anche se evitò di specificarne
quello che, a suo
parere, era il motivo: la donna doveva avere parecchie
responsabilità
e sensi di colpa da sopportare.
Regulus si
voltò nella
direzione opposta, stringendo i pugni.
« Era
proprio necessario
che me lo raccontassi? » chiese a denti stretti.
«
Sì, anche se ti fa
male. La verità è questa, non quella che
Voldemort ha voluto
mostrarti. Sai meglio di me quanto è bugiardo. »
«
Sì ma… no, niente »
fece lui, come al solito molto criptico.
Rachel lo
guardò, senza
sapere cosa dire. Regulus era sempre vissuto in funzione di un
riconoscimento da parte dei suoi. Loro lo avevano abituato a credere
che disobbedire comportasse automaticamente la privazione di un
affetto, e lui aveva sempre cercato di guadagnarselo, come se non si
trattasse di una cosa gratuita. Del resto, da quando Sirius aveva
voltato le spalle alla famiglia, avevano iniziato a odiarlo. Era
comprensibile che Regulus temesse soprattutto questo.
Rachel strinse a sua
volta i pugni, furente. Non solo Regulus non aveva fatto nulla di cui
un Black si sarebbe vergognato, non solo era vissuto con
l’obiettivo
principale di ottenere quell’affetto che avrebbe dovuto
ricevere
senza dare nulla in cambio, ma era stato disposto a morire nel
silenzio e nell’ombra pur di non far correre rischi a chi
pretendeva tanto da lui.
Questo la faceva
fremere
di rabbia, e non poteva fare a meno di pensare che i Black non
meritassero un figlio così.
Anzi,
non meritavano
nessuno dei due figli, rifletté.
« Pensi
davvero che i
tuoi non ti vorrebbero bene se sapessero cosa stai facendo? »
« Tu
sapresti
assicurarmi il contrario? » chiese lui, amareggiato.
Rachel in effetti non
sapeva cosa dire. Per lei era inconcepibile che un genitore non
volesse bene ai propri figli. Non riusciva nemmeno a capire come
avessero potuto odiare davvero Sirius: le era più facile
credere che
lo vedessero come un loro fallimento.
« Ascolta
» disse,
istintivamente. « Io non posso entrare nelle teste altrui, a
maggior
ragione se si tratta di loro. Ma, se c’è una cosa
che ho capito di
voi Black, è che siete una massa di zucconi,
perché vi rifiutate
sempre di ammettere quello che provate. Tu e Sirius avete finto di
odiarvi per anni, no? Ma a chi vi conosce bene non è
sfuggito
qualche minuscolo segnale di smentita. È così che
ho capito che non
lo odiavi davvero, perché a volte anche tu non hai potuto
fare a
meno di tradirti. »
Regulus
sbuffò,
evidentemente imbarazzato.
« Tu solo
conosci bene i
tuoi genitori » continuò lei, « e solo
tu puoi capire se anche
loro qualche volta hanno dimostrato di volerti bene al di là
di
tutte le vostre paranoie da Black. Io ti ho detto quel che ho visto
mesi fa: sicuramente tua madre deve avere avuto qualche dubbio sulla
tua lealtà, dubito che Bellatrix non abbia provveduto a
farglielo
sapere. Ma se non ti avesse considerato più suo figlio, non
sarebbe
andata al tuo funerale, né per una volta se ne sarebbe
infischiata
di apparire composta. »
Regulus tacque di
nuovo,
intento ad elaborare quello che Rachel gli aveva detto; ma quella
volta sembrava aver capito.
« Senti,
perché non ci
dormi un po’ su? Sei ancora sotto shock per colpa
dell’Horcrux,
ma domani starai meglio, te lo assicuro » gli propose lei.
« Lo credo
anch’io, ma
non ho voglia di dormire. Se tu hai sonno, vai pure. »
Rachel
cercò di
nascondere l’enorme sbadiglio che stava per avere, notando
che il
tono di Regulus non era abbastanza dissimulato da sembrare del tutto
indifferente.
« Non ho
sonno » mentì.
« Anzi, mi è venuta un’idea che ti
piacerà sicuramente. »
Tese la bacchetta
sporgendosi dal tetto.
« Accio scopa. »
La scopa che era
caduta
poco prima si sollevò da terra e tornò a tutta
velocità verso di
loro, che la fermarono non senza fatica.
«
Finché non ci
allontaniamo oltre i limiti degli incantesimi di protezione, possiamo
volare quanto vogliamo » spiegò lei.
Regulus accolse con
entusiasmo la proposta. Rachel non aveva avuto dubbi, e non si
pentì
della sua scelta: non appena si librarono in volo, il volto di
Regulus parve rilassarsi. Non volava da tanto tempo, e solo fare il
giro della casa lo fece sentire meglio.
Tuttavia, dopo cinque
minuti, sebbene si fosse costretta a non cedere al sonno, ad un certo
punto Rachel rischiò di perdere il controllo della scopa.
Regulus la costrinse
ad
atterrare.
«
Perché hai detto di
non essere stanca? Stavi per addormentarti in volo » la
rimproverò,
atterrando accanto a lei.
« Non volevo
lasciarti
da solo. E poi so quanto ti piace volare, ti avrebbe aiutato a
distrarti. »
Lui scosse la testa,
anche se improvvisamente aveva assunto una strana espressione.
«
Perché sei così? »
chiese.
« In che
senso? »
Regulus
esitò.
« Sei sempre
disponibile
quando sono di pessimo umore, anche quando non sei nelle condizioni
per farlo, e non me lo fai mai pesare. Perché? »
Rachel gli sorrise.
Sapeva benissimo di cosa Regulus aveva bisogno in quel momento come
anche in passato. Per questo la risposta le uscì dalle
labbra prima
ancora di poterci riflettere.
«
Perché ti voglio
bene. »
Questo
capitolo è uno dei miei preferiti, anche se temevo
che fosse troppo simile al libro quando Ron distrugge il
medaglione. Bè, sì, la dinamica è
sempre quella,
ma spero di averci aggiunto qualcosa di mio. E poi i Black sono
più spaventosi di Harry e Hermione! xD Prendetelo come un
capitolo
di Halloween anticipato!
Ho
molte cose da dire su questo capitolo, quindi preparatevi a delle note
lunghe! xD
Inizio
col ricordo che
Regulus ha dell'omicidio del povero Fenwick. Almeno per come l'ho
descritto io, non riesco a immaginare Regulus
che compie un vero omicidio a sangue freddo, però
già in
precedenza ho parlato dei suoi rimorsi nei confronti delle persone che
ha lasciato morire senza fare nulla, e qui ho voluto darne un esempio
concreto, per non farla rimanere solo una cosa teorica. In fondo essere
un Mangiamorte non era uno scherzo, e questo è il suo
peggiore
ricordo perché, anche se materialmente non è
stato lui a
ucciderlo, se ne sente comunque responsabile... e in parte lo
è. ç__ç
Mi
rendo conto di averlo
torturato in questo capitolo, tra Dissennatori, ricordi vari e genitori
Horcrux, mi sento un po' una schifezza infatti...
Nella scena del medaglione si spiega il vero motivo per cui
ultimamente era distaccato. Lo so che potrebbe sembrare una cosa
melensa se applicata ai Black, ma in HP l'amore e l'affetto tra
genitori e figli sono fondamentali, lo sapete.
Per i Black, i precedenti
con Sirius non promettono bene, ed io non mi sono ancora fatta un'idea
chiara, quindi non dirò nulla per ora. Quello di Rachel
è
solo il tipico pensiero di una persona che è stata amata
dalla
famiglia e non concepisce proprio come dei genitori possano odiare sul
serio un figlio. Può avere ragione come può avere
torto,
chissà.
Invece su
Regulus mi sento più sicura, perché se vedi che
un figlio
si fa sempre in quattro per te, anche quando non gli spetterebbe farlo,
qualcosa all'interno ti si smuove,
anche se sei egoista e glaciale. Ognuno di voi avrà
le sue idee personali e giustificate, questa è solo la mia
opinione e l'ho pensata così da quando Kreacher dice che
Walburga si era disperata davvero per la morte di Regulus.
Comunque
sia, è vero
che né lei né Orion erano tipi che concedevano
affetto
gratuito, cosa che invece hanno fatto i Malandrini con
Sirius, Rachel con Regulus, e Alphard con tutti e due (*-*).
Ah, quel "ti voglio bene"
finale non equivale ad un "ti amo", è qualcosa di diverso
nella
mia mente bacata, lo comprende ma c'è anche qualcosa di
più... oh bè, non so spiegarlo a
parole! xD Spero che il concetto si capisca lo stesso.
Un'ultima
cosa che avrei
dovuto scrivere nel capitolo scorso, e poi giuro che vi lascio! ^^
Silente ancora non ha messo
l'anello, infatti non ha la mano morta (-.-). Questo posso spiegarlo
col
fatto che qui è più "giovane" che nel
sesto libro,
quindi potrebbe anche avere la mente più lucida, mentre con
la
vecchiaia è diventato
meno razionale e lucido, almeno in certe situazioni. Inoltre durante la
prima guerra magica doveva
essere più energico che in futuro, e soprattutto lo immagino
meno stanco e disperato. E non uccidetemi se vi sembra una
giustificazione campata in aria, Silente mi serve ancora, ma prima o
poi l'anello andava trovato, ed era abbastanza facile da rintracciare
u.u
Arrivederci al 27 ottobre!
Julia
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