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Autore: Julia Weasley    13/10/2011    14 recensioni
Seguito di “Eroi non si nasce, si diventa”.
Regulus è morto in circostanze misteriose, lasciando dietro di sé soltanto domande senza risposta. Ma quando una fidanzata che non si dà pace, un vecchio Indicibile in pensione e un elfo domestico che sa molto più di quanto possa sembrare incroceranno per caso le loro strade e uniranno le forze, tutto sarà destinato a cambiare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Regulus Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'R.A.B.'
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Non può piovere per sempre

Capitolo 29
Le angosce più profonde

Quando Silente gli aveva proposto di andare a parlare direttamente con Orfin, non gli aveva detto che la domanda di scarcerazione doveva ancora essere approvata e che, di conseguenza, lo zio materno di Lord Voldemort si trovava ancora nel luogo in cui aveva vissuto per anni e anni.
Regulus represse un brivido e strizzò gli occhi per evitare gli schizzi d’acqua salata e gelida del Mare del Nord, che entravano attraverso le fessure adibite a finestre dell’edificio.
Nonostante il mantello pesante che indossava e il cappuccio che gli copriva quasi completamente il volto, sentiva freddo come se fosse uscito in mezzo ad una tempesta di neve con indosso solo una veste estiva. Ma era un freddo molto diverso, che penetrava fin dentro le ossa, e lo faceva soffrire più all’interno che all’esterno. Qualche volta gli era capitato di passare accanto ad un paio di Dissennatori: come ex Mangiamorte, non aveva potuto farne a meno ogni volta che il Signore Oscuro li convocava, per poi mandarli a seminare angoscia ai quattro angoli del Regno Unito. Ma Azkaban era diversa, molto diversa. Regulus non aveva mai percepito una così vasta concentrazione di Dissennatori in uno stesso luogo.
Azkaban era disperazione, e nient’altro.
Cercando di ignorare i sussurri che emergevano da dentro la sua testa, abbassò lo sguardo su Kreacher, che tremava e borbottava tra sé parole apparentemente senza senso, gli occhi rossi e lucidi. Silente aveva insistito per portarlo con loro, perché i Dissennatori erano segretamente al servizio di Voldemort, e non si sapeva mai: forse avrebbero avuto la necessità di fuggire all’improvviso.
Regulus gli strinse la mano, e l’elfo di colpo parve sentirsi meglio.
Il ragazzo notò che anche Silente era altrettanto provato.
« Non può evocare un Patronus? » gli chiese, desiderando di saperlo fare.
« No. Attireremmo troppo l’attenzione. I Dissennatori sono ciechi, ma gli altri prigionieri no. Comunque siamo arrivati » aggiunse, indicando il Dissennatore che li guidava; la figura ammantata di nero si era fermata di fronte ad una cella e stava aprendo la porta.
Quando Regulus gli passò accanto per entrare, si sentì quasi cedere le ginocchia, e le voci nella sua testa aumentarono d’intensità…
« Non fatelo scappare, prendetelo! »
« No! »
Passi di corsa echeggiavano nella casa immersa nell’oscurità, respiri affannati e cuori che battevano all’impazzata.
Regulus aveva intuito dove l’uomo stava andando, e lo colse di sorpresa, sbucandogli proprio di fronte, mentre quello cercava di scappare dalla porta sul retro. Prima che potesse fare qualcosa, lo disarmò.
« L’ho preso, è qui! »
La sua voce era scossa dall’emozione e dalla fatica, mentre cercava di trattenere l’uomo che tentava di divincolarsi.
« Ti prego, lasciami andare, ti prego… »
Regulus esitò, e gli occhi supplicanti dell’uomo si impressero per sempre nella sua mente. Le sue mani stavano già allentando la stretta per lasciarlo andare, ma era troppo tardi.
« Black, tienilo fermo. »
Regulus finse di non vedere lo sguardo disperato che il mago gli aveva rivolto, e lasciò che Rosier lo prendesse, conducendolo nel salotto…
La porta della cella si richiuse alle sue spalle, e le voci si affievolirono sempre di più.
Regulus si ritrovò a fissare le proprie mani, le stesse che avevano consegnato Benjy Fenwick direttamente ai suoi carnefici…
Era da molto che non provava tanto disgusto per se stesso. Ma i ricordi erano stati così vividi e reali…
Fu costretto a compiere uno sforzo sovrumano per trattenere la propria reazione. Ma Silente non era da meno: aveva le lacrime agli occhi.
Per la prima volta in vita sua, si sentì più comprensivo nei suoi confronti, anche se non capiva come un uomo come lui potesse apparire così angosciato. Cosa poteva aver mai fatto di così terribile?
Presto però entrambi dovettero tornare al presente, non appena scorsero la sagoma di Orfin, nascosto nel buio.
« Buongiorno, Orfin. Ti ho portato una persona. »
Regulus lo sentì sibilare qualcosa, ma non distinse le parole. Forse aveva l’abitudine di parlare Serpentese.
Silente lanciò un’occhiata d’intesa a Regulus, che si fece avanti e si presentò come avrebbe fatto ad un ricevimento importante, cercando di abbandonare i ricordi che Azkaban gli stava facendo tornare in mente.
« Black? » ripeté Orfin, mettendosi a parlare in inglese. « Sei Purosangue. »
Non era una domanda, ma Regulus annuì lo stesso.
« Per me è un onore conoscerti » disse, cercando di nascondere il suo tono incerto. Non era molto sicuro che vedere uno degli ultimi discendenti di Salazar ridotto in quel modo fosse una cosa di cui andare fieri.
Orfin si fece avanti, e la debole luce rischiarò il suo volto.
« Perché sei con lui? » chiese, accennando a Silente. « Lui ama i Babbani, ma Orfin li odia. Orfin li ha fatti pentire di essere nati, una volta. Tu cosa pensi dei Babbani? »
Aveva un'espressione folle.
« Penso che non siano degni neanche di pulirci le scarpe » rispose Regulus.
Orfin ridacchiò. Sembrava soddisfatto, ma una luce esaltata era comparsa nel suo sguardo. Regulus tentò di dirottare la conversazione.
« Sono qui perché ho un favore da chiederti. Anzi, penso che farà comodo anche a te… »
Il prigioniero lo guardò, improvvisamente all’erta.
« Che cosa? »
Il ragazzo esitò. Valeva la pena osare così presto? Decise che non aveva alternative.
« Ho una cosa che ti appartiene. L’ho trovato per caso, e penso di dovertelo restituire. Ma prima mi serve il tuo aiuto. Si tratta del medaglione del tuo antenato, Salazar Serpeverde. »
Orfin lanciò un’esclamazione che fece quasi spaventare Regulus e indusse Kreacher a balzare accanto al suo padrone, pronto a difenderlo nel caso in cui le cose si fossero messe male.
Ma Orfin non fece nulla, limitandosi ad ansimare per la sorpresa.
« Il medaglione! Tu… come…? »
« È una lunga storia, ma l’unica cosa che ti deve interessare è che voglio restituirtelo, a patto che tu lo apra per me. »
« Perché? »
Regulus non sapeva come rispondere, e le parole gli uscirono spontanee.
« Qualcuno lo ha stregato. Devo spezzare l’incantesimo prima di dartelo. »
« Stregato? E chi ha osato fare una cosa del genere? » domandò Orfin, furioso.
« Non so se ti piacerebbe saperlo… »
« Voglio sapere! »
« Va bene. È stato il figlio di tua sorella… »
Con un grido di rabbia, Orfin si lanciò contro di lui, ma Kreacher lo respinse, mandandolo a cozzare violentemente contro le pareti umide della cella.
« Tu non tocca padron Regulus! » gracchiò, altrettanto furibondo.
Regulus lo calmò e tornò a rivolgersi ad Orfin, che lo fissava improvvisamente con risentimento.
« Non dirò a nessuno di questa faccenda. So cosa significa una vergogna del genere in famiglia, ed è disgustoso, ma capita anche nelle stirpi migliori, purtroppo. Con questo incantesimo, lui si è impossessato del medaglione che ti spetta di diritto. Non vorrai permetterglielo? »
« Il medaglione nelle mani di un Mezzosangue… mai! » fece lui, con uno sguardo folle, accentuato dallo strabismo.
« Allora mi aiuterai ad aprirlo? »
Orfin lo guardò, sospettoso.
« E tu me lo restituirai? »
« Sì. Ti do la mia parola. »
E Orfin si fidò.

***

Orfin fu scarcerato due giorni dopo. Per fortuna, Silente era stato abbastanza accorto da non chiamare in causa uno come Crouch. Era stata la giovane Amelia, la sorella di Edgar Bones, a scagionarlo. Un altro avrebbe creato parecchi problemi, e loro non potevano permettersi di affrontare anche quelli.
Così, due notti più tardi, Regulus, Rachel e Silente si ritrovarono per la seconda volta nel boschetto in cui avevano già tentato di distruggere il medaglione. Quella volta però c’era anche Orfin, sorvegliato a vista da Kreacher: da quando quell’uomo aveva provato ad assalire il suo padrone, aveva continuato a fissarlo con un’espressione omicida.
« Ho fatto. Non ci sentirà nessuno » disse Silente, finendo di porre gli incantesimi di protezione. « Regulus » aggiunse, parlando con un tono estremamente serio. « Qualunque cosa accada, non cadere nelle trappole che il frammento di anima di Voldemort potrebbe tenderti. »
Regulus annuì, inquieto.
Di nuovo, strinse convulsamente le dita intorno al manico dell’athame. La luce della luna piena si rifletteva contro la lama e conferiva al medaglione posato sul ceppo dell’albero un chiarore spettrale.
Rachel gli diede una leggera pacca sulla spalla, e lui si sentì improvvisamente più determinato a concludere quella faccenda.
Cercando di mantenere sotto controllo l’agitazione, si fece avanti, raggiungendo l’Horcrux. Non sapeva cosa aspettarsi; sapeva solo che non sarebbe stata una passeggiata, e che si sarebbe dovuto aspettare di tutto.
« Sono pronto » disse con voce rauca, fissando il medaglione come se questo potesse alzarsi e attaccarlo all’improvviso.
« Signor Gaunt, può ordinare al medaglione di aprirsi? » domandò Rachel.
Regulus non lo vide perché gli dava le spalle. Ci fu una breve pausa, e poi un sibilo lungo e acuto e un ringhio raggiunsero le sue orecchie, facendogli drizzare i capelli sulla nuca.
Gli sportellini del medaglione si spalancarono di colpo.
Regulus guardò all’interno e vide due occhi scuri che lo fissavano con un’intensità tale da sembrare capaci di leggergli nel profondo dell’anima.
Spaventato, fece per alzare l’athame e colpire subito, quando dal medaglione si levò una voce, che gli tolse il respiro.
« Regulus Black, sei un libro aperto per me. »
« Qualunque cosa ti dica, non dargli retta, Regulus » disse Silente, ma il ragazzo lo sentì appena, completamente concentrato sulla voce che gli stava parlando: era chiaramente quella di Voldemort, un sibilo che lo fece rabbrividire dalla testa ai piedi.
« Conosco tutte le tue speranze, le tue debolezze e le angosce più profonde, quelle che nascondi anche a te stesso… »
« Regulus, per favore, non permettergli di continuare » disse Rachel, ma lui non la sentiva. Continuava a fissare gli occhi di Voldemort, come ipnotizzato, e quelli tutt’ad un tratto diventarono rossi.
Impietrito dall’orrore, guardò due bolle levarsi dal medaglione e assumere via via dei contorni sempre più definiti, finché le sagome dell’uomo e della donna non furono riconoscibili.
L’athame cadde sull’erba umida. Regulus si era atteso di tutto, ma non era preparato a ritrovarsi di fronte agli sguardi delusi e furibondi dei suoi genitori.
« Regulus, ti credevo diverso. Non sei nient’altro che un traditore del tuo sangue. »
Lui si sentì ghiacciare il sangue nelle vene e provò a replicare, ma dalla bocca non gli uscì alcun suono.
« Ricordi, Regulus? Ricordi cosa mi avevi promesso poco prima che io morissi? » domandò Orion, guardandolo con profondo disprezzo. « Avevi giurato che non ci avresti mai lasciati estinguere, che non avresti mai rinnegato il tuo sangue. »
Regulus si accorse di tremare. Si sentiva come un imputato colpevole, che cercava invano di difendersi da accuse sempre più infamanti.
« È così che mantieni le promesse? Guarda come sei diventato. Ti sei alleato con la feccia, combatti contro tutto quello che ti abbiamo insegnato… »
« No, non è vero… » provò a ribattere lui, ma non era tanto sicuro che quelle parole sussurrate a fil di voce sarebbero state udite anche se le avesse urlate a squarciagola.
« Sei un traditore come tuo fratello » intervenne Walburga, e aveva uno sguardo così terribile che lui fu incapace di sostenerlo. « Sei una vergogna per tutti noi… »
« Regulus, distruggilo! » esclamò Rachel, ma lui era incapace di muoversi.
« Per me non esisti più. Non sei più mio figlio. »
« Credevi forse che ti avremmo perdonato per il tuo tradimento? » proseguì Orion, con un tono derisorio che non aveva mai usato. « Sei davvero così ingenuo e stupido da pensare che avremmo capito le tue ragioni per… affetto? »
« Non ci arrivi? Non ti abbiamo mai amato. Sei sempre stato soltanto una pedina al nostro servizio. Ma ora che non ci sei più utile, non ci importa più nulla di te. Quando ho saputo della tua scomparsa, non ho versato una lacrima. »
Regulus neanche si accorse di essere finito in ginocchio e di avere gli occhi umidi. Aveva la sensazione che la testa gli stesse per scoppiare, e la gola gli bruciava per lo sforzo di trattenere lo sfogo.
Rachel era accanto a lui e cercava di farlo tornare in sé, ma lui non riusciva ad ascoltare i suoi consigli. Fu quando la vide tendere la mano per afferrare l’athame che riacquistò il controllo. Anticipandola, riprese il pugnale e lo levò in alto, sopra la propria testa.
« NO! »
Ci fu un grido. Capendo quello che volevano fare, Orfin si divincolò dalla stretta di Kreacher, avventandosi sul medaglione. Tentò di afferrarlo per impedire che danneggiassero il suo cimelio di famiglia ma, appena ci provò, fu scaraventato lontano dalla forza dell’Horcrux, che lo mandò a sbattere violentemente contro il tronco di un albero. Orfin si accasciò a terra e non si mosse più.
Regulus non se ne accorse neanche. Le parole che l’Horcrux gli aveva rivolto sotto le sembianze dei genitori lo dilaniavano, e fu proprio per far smettere quel dolore lacerante che ebbe la forza di reagire.
L’athame affondò nel medaglione con tutta la forza che riuscì a metterci.
Seguì un rumore di metallo e un urlo straziante; le figure che lo avevano torturato scomparvero.
Il silenzio era tornato a regnare nel bosco. Gli unici rumori che adesso si sentivano erano i respiri pesanti di Regulus.
Se ne stava ancora inginocchiato, con la testa china verso il terreno e le mani ai lati della testa, come per coprire le proprie reazioni. Non era mai stato tanto male, e sapere che le sue angosce più segrete erano state svelate di fronte ad altre persone, quando nemmeno lui le aveva mai ammesse a se stesso, rappresentava un’umiliazione ancora peggiore.
Silente parve capirlo, perché fece finta di nulla, e si accostò al corpo inerte di Orfin, accostandoli le dita alla gola.
« Respira ancora, ma dovrà essere curato. È stato colpito da una maledizione molto potente » disse. Poi estrasse la bacchetta e provò a farlo tornare in sé.
Rachel ne fu in parte sollevata, anche se notava che lo stesso Silente sembrava avere diverse difficoltà per trovare il modo di guarirlo. Dopo alcuni istanti, lei prese il medaglione, o quello che ne rimaneva. Il buco prodotto dall’athame fumava, ma il battito metallico non si sentiva più.
« Regulus, ce l’hai fatta… » esitò, tendendogli l’Horcrux distrutto.
Ma, in uno scatto di rabbia, Regulus le scostò la mano, facendo cadere a terra il medaglione.
« Non m’importa. Lasciami in pace » sbottò lui, senza controllarsi.
Di colpo sentiva la necessità di ferire qualcuno, di fare più male di quello che l’Horcrux aveva fatto a lui. Ma non poté fare a meno di farsi assalire dal rimorso quando vide l'espressione mortificata di Rachel.
Infuriato con se stesso, Regulus si alzò e le voltò le spalle, incamminandosi in silenzio in direzione della casa.

Rimasta seduta sul prato, Rachel continuò a fissarlo finché non lo vide sparire dietro l’angolo.
« Forse per il momento sarà meglio lasciarlo solo » le disse Silente, facendola ripiombare sulla terra.
« Credo di sì » rispose con un fil di voce.
Non avrebbe mai immaginato che il malumore che Regulus aveva covato nelle ultime settimane fosse dovuto a quello cui avevano assistito quella notte. Aveva intuito che fosse combattuto tra i doveri che gli erano stati insegnati e la sua coscienza, ma nemmeno lei era arrivata a comprendere che il suo peggior timore era quello di qualsiasi altra persona al mondo…
« Potresti aiutarmi con Orfin? Credo che dovremo portarlo altrove » disse Silente.
Rachel annuì, alzandosi come un automa. Non sapeva neanche come sentirsi nei confronti di Orfin. Non lo conosceva né aveva il tempo di dispiacersi per lui. Si sentiva solo immensamente triste e stanca.
Si Materializzarono direttamente dentro una baracca abbandonata, che Rachel suppose essere la vecchia casa dei Gaunt, a Little Hangleton. Deposero Orfin su un letto polveroso, e Silente provò di nuovo a guarirlo. Pronunciò alcune formule magiche, ma alla fine si interruppe.
« Temo che sarà una faccenda molto lunga. Tu puoi andare, ci penso io qui. »
« D'accordo. »
Rachel stava per girare i tacchi, quando accorse di avere ancora il medaglione distrutto.
« Regulus aveva detto che glielo avrebbe restituito » disse, pensierosa.
« Non credo che Regulus ci tenga a vederlo di nuovo, vista la sua ultima reazione » rispose Silente.
« Giusto. Allora lo metto qui » disse lei, posando il medaglione sopra un comodino divorato dai tarli. « Credo che Salazar Serpeverde lo preferirebbe nelle mani di un suo discendente » commentò poi.
Notò lo sguardo perplesso del Preside e arrossì, tutt’ad un tratto imbarazzata. « So che può sembrarle fuori luogo, ma facevo parte della sua Casa… » si giustificò.
« Non c’è nulla di male nel rispettare la volontà di un defunto » la rassicurò lui.
Rachel annuì.

***

« Ti sei calmato, adesso? »
Regulus non rispose subito. Seduto sulla parte meno spiovente del tetto, continuò a guardare davanti a sé in direzione del mare.
« Come mi hai trovato? » chiese infine senza guardarla.
« Ho visto che mancava una scopa dallo sgabuzzino » rispose lei con semplicità. Poi aggiunse: « Ho dato l’Horcrux a Orfin. Ho fatto bene? »
Regulus annuì.
« Come sta? »
« Silente sta provando a contrastare la maledizione che l'ha colpito, ma non sa nemmeno lui se ci riuscirà... Mi sento un po’ in colpa per Orfin. È come se lo avessimo usato solo per aiutarci… » aggiunse Rachel.
« Gli avevo detto di non toccarlo » rispose lui, cupo. « Forse abbiamo sbagliato a non dirgli cosa volevamo fare. »
« Se gli avessimo detto che il medaglione doveva essere distrutto, si sarebbe rifiutato di aiutarci. »
« Se morisse, sarebbe ingiusto che si sia goduto la libertà fuori da Azkaban solo per due giorni. Certo, non è uno stinco di santo, ma… »
« Non è detto che muoia » fece lei. « Vedrai che Silente lo guarirà. Mi ha chiesto di prestargli l'athame, a proposito. »
« Come mai? »
« Non lo so. Forse potrebbe essergli utile studiando il diario di Voldemort. Non ha torto ad essere previdente. »
Regulus esitò ancora per qualche istante, poi le chiese:
« Sei arrabbiata per come ti ho trattata prima? »
Rachel strinse le labbra.
In effetti non aveva preso molto bene lo scatto che Regulus aveva avuto nei suoi confronti. Non era un comportamento che gli si addiceva, e Rachel aveva capito che fosse dovuto allo stress e allo shock della battaglia psicologica che aveva dovuto affrontare nel bosco, ma ci era rimasta male.
« Mi dispiace » disse lui, depresso. « Non so cosa mi sia preso. »
Rachel lo guardò. In realtà aveva avuto parecchio tempo per far sbollire la rabbia.
« Dovevi essere proprio sconvolto » commentò.
« Ero fuori di me. Avevate assistito tutti… »
« Lo so, anche io mi sarei sentita umiliata. Quindi se vuoi chiedermi di fingere di non aver mai assistito a quella scena, lo farò. »
Lui parve rincuorato.
« Sarebbe meglio » disse, voltandosi verso di lei.
Ma, nel muoversi, colpì la scopa con cui era salito fin lì sul tetto. La scopa rotolò sulle tegole e precipitò di sotto, finché non atterrò con un frastuono assordante sopra i vasi di camelie, che naturalmente si ruppero e caddero a loro volta dal davanzale, fracassandosi sul vialetto di pietra.
« Ops… »
Dalla finestra del primo piano spuntò la testa di Perseus, svegliato da tutto quel frastuono.
« Che diamine sta succedendo qui? » sbraitò.
« Ssssh! » fece Rachel, anche se era inutile, perché Regulus non osava aprir bocca. Lei invece sembrava molto divertita. Si schiarì la voce ed emise un miagolio basso, anche se fece una gran fatica a trattenere le risate e non farsi scoprire.
« Attila! Lo sapevo che eri tu » bofonchiò Perseus, irritato.
Per fortuna, sebbene fosse quasi l’alba, era ancora buio, e l’uomo non vide la scopa sotto la sua finestra, altrimenti avrebbe intuito la presenza di due intrusi sul tetto. Invece si lasciò ingannare dal finto miagolio, e tornò a dormire.
I due trassero un respiro di sollievo.
« Sei una catastrofe » commentò Regulus, che incredibilmente stava sorridendo.
Rachel fu felice di vederlo reagire in quel modo.
« Una catastrofe che è riuscita a farti ridere » puntualizzò.
« Già » ammise lui, e ora non stava più scherzando. « Grazie. »
Lei gli sorrise.
« In realtà non sono sempre brava a capirti. Questa notte nel bosco volevi restare solo, e io sono venuta a romperti le scatole… Comunque sei stato bravo a distruggere l’Horcrux » aggiunse subito dopo, perché aveva visto che il volto di Regulus era tornato a incupirsi.
Su di loro calò un lungo silenzio, rotto solo dal verso di qualche gufo. Mentre i minuti passavano, loro continuarono a tacere, intenti ad ascoltare il vento che sussurrava attraverso le fronde e ad osservare le cime degli alberi che oscillavano al suo passaggio, come ondeggianti masse scure sotto il cielo stellato.
Rachel non era tanto sicura che parlare esplicitamente gli avrebbe giovato. Ogni tanto Regulus le parlava di quello che lo preoccupava, ma quella volta era diverso, si trattava di qualcosa di troppo intimo e personale per essere affrontato in quel modo. E il suo animo doveva essere già ferito quando le sue angosce erano state esposte in pubblico.
Tuttavia qualcosa doveva fare, anche se prevedeva discorsi poco allegri.
« Al tuo funerale » esordì, rabbrividendo, « l’unica a non essersi presentata è stata Bellatrix. Tutti gli altri c’erano, ed erano addolorati quanto me. E credo anche che tua madre fosse la più disperata di tutti » aggiunse, anche se evitò di specificarne quello che, a suo parere, era il motivo: la donna doveva avere parecchie responsabilità e sensi di colpa da sopportare.
Regulus si voltò nella direzione opposta, stringendo i pugni.
« Era proprio necessario che me lo raccontassi? » chiese a denti stretti.
« Sì, anche se ti fa male. La verità è questa, non quella che Voldemort ha voluto mostrarti. Sai meglio di me quanto è bugiardo. »
« Sì ma… no, niente » fece lui, come al solito molto criptico.
Rachel lo guardò, senza sapere cosa dire. Regulus era sempre vissuto in funzione di un riconoscimento da parte dei suoi. Loro lo avevano abituato a credere che disobbedire comportasse automaticamente la privazione di un affetto, e lui aveva sempre cercato di guadagnarselo, come se non si trattasse di una cosa gratuita. Del resto, da quando Sirius aveva voltato le spalle alla famiglia, avevano iniziato a odiarlo. Era comprensibile che Regulus temesse soprattutto questo.
Rachel strinse a sua volta i pugni, furente. Non solo Regulus non aveva fatto nulla di cui un Black si sarebbe vergognato, non solo era vissuto con l’obiettivo principale di ottenere quell’affetto che avrebbe dovuto ricevere senza dare nulla in cambio, ma era stato disposto a morire nel silenzio e nell’ombra pur di non far correre rischi a chi pretendeva tanto da lui.
Questo la faceva fremere di rabbia, e non poteva fare a meno di pensare che i Black non meritassero un figlio così.
Anzi, non meritavano nessuno dei due figli, rifletté.
« Pensi davvero che i tuoi non ti vorrebbero bene se sapessero cosa stai facendo? »
« Tu sapresti assicurarmi il contrario? » chiese lui, amareggiato.
Rachel in effetti non sapeva cosa dire. Per lei era inconcepibile che un genitore non volesse bene ai propri figli. Non riusciva nemmeno a capire come avessero potuto odiare davvero Sirius: le era più facile credere che lo vedessero come un loro fallimento.
« Ascolta » disse, istintivamente. « Io non posso entrare nelle teste altrui, a maggior ragione se si tratta di loro. Ma, se c’è una cosa che ho capito di voi Black, è che siete una massa di zucconi, perché vi rifiutate sempre di ammettere quello che provate. Tu e Sirius avete finto di odiarvi per anni, no? Ma a chi vi conosce bene non è sfuggito qualche minuscolo segnale di smentita. È così che ho capito che non lo odiavi davvero, perché a volte anche tu non hai potuto fare a meno di tradirti. »
Regulus sbuffò, evidentemente imbarazzato.
« Tu solo conosci bene i tuoi genitori » continuò lei, « e solo tu puoi capire se anche loro qualche volta hanno dimostrato di volerti bene al di là di tutte le vostre paranoie da Black. Io ti ho detto quel che ho visto mesi fa: sicuramente tua madre deve avere avuto qualche dubbio sulla tua lealtà, dubito che Bellatrix non abbia provveduto a farglielo sapere. Ma se non ti avesse considerato più suo figlio, non sarebbe andata al tuo funerale, né per una volta se ne sarebbe infischiata di apparire composta. »
Regulus tacque di nuovo, intento ad elaborare quello che Rachel gli aveva detto; ma quella volta sembrava aver capito.
« Senti, perché non ci dormi un po’ su? Sei ancora sotto shock per colpa dell’Horcrux, ma domani starai meglio, te lo assicuro » gli propose lei.
« Lo credo anch’io, ma non ho voglia di dormire. Se tu hai sonno, vai pure. »
Rachel cercò di nascondere l’enorme sbadiglio che stava per avere, notando che il tono di Regulus non era abbastanza dissimulato da sembrare del tutto indifferente.
« Non ho sonno » mentì. « Anzi, mi è venuta un’idea che ti piacerà sicuramente. »
Tese la bacchetta sporgendosi dal tetto.
« Accio scopa. »
La scopa che era caduta poco prima si sollevò da terra e tornò a tutta velocità verso di loro, che la fermarono non senza fatica.
« Finché non ci allontaniamo oltre i limiti degli incantesimi di protezione, possiamo volare quanto vogliamo » spiegò lei.
Regulus accolse con entusiasmo la proposta. Rachel non aveva avuto dubbi, e non si pentì della sua scelta: non appena si librarono in volo, il volto di Regulus parve rilassarsi. Non volava da tanto tempo, e solo fare il giro della casa lo fece sentire meglio.
Tuttavia, dopo cinque minuti, sebbene si fosse costretta a non cedere al sonno, ad un certo punto Rachel rischiò di perdere il controllo della scopa.
Regulus la costrinse ad atterrare.
« Perché hai detto di non essere stanca? Stavi per addormentarti in volo » la rimproverò, atterrando accanto a lei.
« Non volevo lasciarti da solo. E poi so quanto ti piace volare, ti avrebbe aiutato a distrarti. »
Lui scosse la testa, anche se improvvisamente aveva assunto una strana espressione.
« Perché sei così? » chiese.
« In che senso? »
Regulus esitò.
« Sei sempre disponibile quando sono di pessimo umore, anche quando non sei nelle condizioni per farlo, e non me lo fai mai pesare. Perché? »
Rachel gli sorrise. Sapeva benissimo di cosa Regulus aveva bisogno in quel momento come anche in passato. Per questo la risposta le uscì dalle labbra prima ancora di poterci riflettere.
« Perché ti voglio bene. »
 
 
 
 
 
 
Questo capitolo è uno dei miei preferiti, anche se temevo che fosse troppo simile al libro quando Ron distrugge il medaglione. Bè, sì, la dinamica è sempre quella, ma spero di averci aggiunto qualcosa di mio. E poi i Black sono più spaventosi di Harry e Hermione! xD Prendetelo come un capitolo di Halloween anticipato!
Ho molte cose da dire su questo capitolo, quindi preparatevi a delle note lunghe! xD

Inizio col ricordo che Regulus ha dell'omicidio del povero Fenwick. Almeno per come l'ho descritto io, non riesco a immaginare Regulus che compie un vero omicidio a sangue freddo, però già in precedenza ho parlato dei suoi rimorsi nei confronti delle persone che ha lasciato morire senza fare nulla, e qui ho voluto darne un esempio concreto, per non farla rimanere solo una cosa teorica. In fondo essere un Mangiamorte non era uno scherzo, e questo è il suo peggiore ricordo perché, anche se materialmente non è stato lui a ucciderlo, se ne sente comunque responsabile... e in parte lo è. ç__ç

Mi rendo conto di averlo torturato in questo capitolo, tra Dissennatori, ricordi vari e genitori Horcrux, mi sento un po' una schifezza infatti...
Nella scena del medaglione si spiega il vero motivo per cui ultimamente era distaccato. Lo so che potrebbe sembrare una cosa melensa se applicata ai Black, ma in HP l'amore e l'affetto tra genitori e figli sono fondamentali, lo sapete.
Per i Black, i precedenti con Sirius non promettono bene, ed io non mi sono ancora fatta un'idea chiara, quindi non dirò nulla per ora. Quello di Rachel è solo il tipico pensiero di una persona che è stata amata dalla famiglia e non concepisce proprio come dei genitori possano odiare sul serio un figlio. Può avere ragione come può avere torto, chissà.
Invece su Regulus mi sento più sicura, perché se vedi che un figlio si fa sempre in quattro per te, anche quando non gli spetterebbe farlo, qualcosa all'interno ti si smuove, anche se sei egoista e glaciale. Ognuno di voi avrà le sue idee personali e giustificate, questa è solo la mia opinione e l'ho pensata così da quando Kreacher dice che Walburga si era disperata davvero per la morte di Regulus.

Comunque sia, è vero che né lei né Orion erano tipi che concedevano affetto gratuito, cosa che invece hanno fatto i Malandrini con Sirius, Rachel con Regulus, e Alphard con tutti e due (*-*).
Ah, quel "ti voglio bene" finale non equivale ad un "ti amo", è qualcosa di diverso nella mia mente bacata, lo comprende ma c'è anche qualcosa di più... oh bè, non so spiegarlo a parole! xD Spero che il concetto si capisca lo stesso.


Un'ultima cosa che avrei dovuto scrivere nel capitolo scorso, e poi giuro che vi lascio! ^^ Silente ancora non ha messo l'anello, infatti non ha la mano morta (-.-). Questo posso spiegarlo col fatto che qui è più "giovane" che nel sesto libro, quindi potrebbe anche avere la mente più lucida, mentre con la vecchiaia è diventato meno razionale e lucido, almeno in certe situazioni. Inoltre durante la prima guerra magica doveva essere più energico che in futuro, e soprattutto lo immagino meno stanco e disperato. E non uccidetemi se vi sembra una giustificazione campata in aria, Silente mi serve ancora, ma prima o poi l'anello andava trovato, ed era abbastanza facile da rintracciare u.u

Arrivederci al 27 ottobre!
Julia
  
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