- Beyond the Gates of Graveyard -
Capitolo 04
«Ahahah! Sentite come urla e
piange: è terrorizzato!» rise Adalberto,
mentre Lucio si accendeva la sigaretta e ghignava, prendendo qualche
boccata di fumo.
«Basta! Basta!» urlava Antioco tra le lacrime, spaventato e dolorante,
mentre vedeva la morte, nascosta tra quelle centinaia di lapidi, che lo
guardava, pronta a prenderlo con sé.
«Il bello deve ancora venire, altroché!» ridacchiò Firmato, che stava
facendo altre foto per immortalare quell’espressione terrorizzata.
«Permettimi, Lucio…» sussurrò Adalberto, il più divertito dei tre,
prendendo la sigaretta dalle labbra dell’amico. «Voglio essere io a
farlo».
«Certo, capo» annuì lui, lasciando che le dita curate del suo boss si
divertissero a giocare con quella stecca, in una sorta di tortura
psicologica per il barbone, prima di lasciarla sospesa a pochi
decimetri dai suoi pantaloni inzuppati di alcol.
«Addio» disse Adalberto, tombale; ma, prima che potesse lasciare la
presa, un potente pugno lo mandò a terra, facendo cadere lontano quella
sigaretta, che venne prontamente spenta dal tacco nero della scarpa di
Ersilia.
«Come vi permettete?!» ruggì Ofelio, mettendosi davanti al corpo del
barbone. Era stato lui a centrare in pieno il capogruppo di quel
branco, mandandolo al tappeto.
«E tu chi saresti?» chiese Lucio, colpendo il metallaro con un calcio
che non riuscì ad andare a segno, perché il nuovo arrivato glielo parò,
tenendogli bloccata l’articolazione della caviglia.
«Opeth è un demone dell’Inferno» sorrise Priscilla, rispondendo alla
sua domanda. «Vi conviene scusarvi con quell’uomo» suggerì.
«Noi... scusarci?!» urlò Firmato, furente, mentre Ofelio lo fulminava
con lo sguardo. «Sei tu, metallaro di merda, che ti dovresti scusare
per quello che hai fatto al nostro capo!»
«Siete alle dipendenze di un verme come quello?» chiese Ofelio con
un’espressione granitica in volto, indicando il corpo di Adalberto con
uno sputo mirato e stringendo la presa su Lucio, che gridò di dolore.
«Stai zitto, faccia di cazzo!» rispose l’altro scagnozzo, facendo per
dargli un pugno, che venne schivato dalla forza bruta di Ofelio, che
usò il corpo stesso di Lucio come arma, buttandolo addosso al compare.
«Stupidi…» sputò schifato, facendosi scrocchiare le nocche. «Ora vi
sistemo…» ringhiò, picchiando con violenza i due ragazzi, mentre
Adalberto, probabilmente, fingeva di essere morto per non incappare
oltre nella sua ira.
Nessuno di loro poteva sapere che Ofelio, da buon ragazzo di montagna,
era cresciuto in mezzo alla natura e si era fatto i muscoli spaccando
la legna e trasportando a casa la selvaggina catturata.
Intanto, Ersilia si era avvicinata all’uomo, che piangeva ancora a
terra.
«Signore…» lo chiamò piano. «Come si sente?» domandò, inginocchiandosi
vicino a lui.
«Ora… bene…» ebbe la forza di dire.
«Chiamo la polizia e un'ambulanza!» disse l'albina a voce alta, tirando
fuori dalla borsa il cellulare.
«Ok!» concordò il metallaro, dando un ultimo pugno a Firmato, che cadde
a terra privo di sensi e con il naso sanguinante.
Mentre Priscilla chiamava la polizia, Ofelio raggiunse Antioco e gli
prese una mano, cercando di dargli coraggio e fargli forza. Capiva
benissimo che doveva essere stato un forte shock per lui.
«Come ti chiami?» gli chiese.
Il barbone, stringendogli spasmodicamente la mancina, rispose con un
fil di voce tremante:
«Antioco…»
«Sta' tranquillo, Antioco. Ora sei al sicuro» lo tranquillizzò. «Scilla
sta chiamando l'ambulanza».
«Grazie…» si udì appena. «Grazie, Signore…»
fece il barbone, portandosi
l'avambraccio agli occhi per cercare di trattenere le lacrime che
continuavano a scorrergli lungo le tempie e le guance.
Era salvo.
Il Signore aveva deciso di mandare in suo soccorso due angeli
decisamente poco canonici, ma non per questo non consoni alla missione.
Dopo dieci minuti scarsi, io e i miei colleghi, chiamati dalla ragazza,
arrivammo al cimitero, seguiti dall’ambulanza. Avevo deciso di restare
a disposizione alla centrale per intervenire nel caso ci fossero state
delle chiamate e, quando mi dissero che si trattava di un’aggressione
nel cimitero, capii che avevo fatto la scelta giusta.
Avevo svegliato il parroco, chiamandolo dalla volante, e lui si era
presentato così celermente al cancello del cimitero che al nostro
arrivo trovammo già tutto aperto. Entrammo, quindi, senza troppi
convenevoli, illuminando quel luogo a giorno.
Trovammo i bulli ancora stesi a terra sanguinanti, per via delle botte
ricevute da Ofelio, mentre Antioco, stanco per lo shock, si era
addormentato, vegliato dai suoi salvatori. Puzzava terribilmente
d’alcol e avrei pensato che fosse un ubriacone se già nella sua
telefonata Priscilla non ci avesse avvisato che “dei bastardi volevano
dare fuoco a un barbone”.
«Ma questa è una persecuzione…» borbottò il metallaro, vedendomi,
mentre Ersilia ridacchiava.
«A quanto pare…» bofonchiai, cominciando a interrogarli per capire
l’accaduto, mentre i paramedici fecero per prendere i ragazzi in terra.
«Non loro! Lui!» strillò Priscilla, arrabbiata, indicando Antioco.
«Ma sembra che loro stiano peggio…» notarono i medici.
«No!» li sgridò, facendoli desistere dal soccorrere i ragazzi, per
prestare, invece, le prime cure al barbone.
I miei colleghi, intanto, avevano risvegliato gli assalitori e li
stavano trascinando verso le auto di ordinanza, per portarli alla
stazione di polizia per un interrogatorio con i fiocchi, e riconobbi in
loro i tre ragazzi distinti della sera prima.
«Andiamo» fece Ofelio, prendendo la ragazza per mano, ma li trattenni:
«Non potete andare da nessuna parte: devo finire di interrogarvi» dissi
loro. «Dopotutto vi avevo detto di andarvene subito e di non rimanere
qui».
«Abbiamo perso il treno» spiegò Ersilia con un pigolio dispiaciuto.
«Già, e poi volevamo andare all’ospedale con lui, non tornare a casa»
continuò il metallaro, per poi lasciare di nuovo la parola all’altra:
«Non riusciremo a stare tranquilli senza aver sentito prima i medici…
quei ragazzi gli hanno fatto tanto male…»
«Va bene, andate» acconsentii, poiché i veri criminali avevano già le
manette ai polsi. «Però vi raggiungerò là, intesi?»
«Agli ordini!» esclamò Ofelio, mettendosi sull’attenti e allontanandosi
con Priscilla, seguendo la barella.
Quell’anno, per fortuna, la tragedia che stava per nascere era stata
interrotta giusto in tempo, e quando vidi il metallaro salire in
ambulanza assieme alla gothic lolita e al barbone ferito, mentre il
gruppetto di bulli veniva caricato nella gazzella dai poliziotti –
allora e solo allora –, mi domandai chi fosse il Demone e chi l'Angelo.
Il ricco ragazzino educato che aveva dato l'elemosina a quella povera
famiglia di zingari e che poi aveva offeso il vagabondo con il proprio
branco, oppure i due strambi ragazzi vestiti alternativi, con l'MP3 al
massimo, le croci al collo e la parlantina sarcastica, che avevano
salvato il barbone dalla pazzia dei borghesi?
[ ...fine ]
XShade-Shinra
Note finali
Spiegazione nomi dei personaggi:
-Ofelio Stradivari: scelto per
l’assonanza con il gruppo musicale Opeth
(soprannome del ragazzo), il cui nome deriva da Opet, la città della
Luna del libro "L'Uccello del Sole" di Wilbur Smith. Il nome è scelto
anche in onore del suo ruolo all'interno della storia, in quanto il
significa "colui che assiste/aiuta"; Ofelia è, inoltre, un personaggio
Shakespeariano dell'Amleto. Il cognome è lo stesso del liutaio
cremonese Antonio Stradivari, scelto poiché il gruppo (speed) power
metal “Stratovarius” deve metà del proprio nome all'artista in
questione, mentre l'altra metà al modello di chitarra elettrica
solid-body (priva di cassa armonica) “Stratocaster”.
-Ersilia Priscilla Glicine: il
primo nome deriva dal latino e significa
Rugiada (anche “figlia del sole” e qui si trova il collegamento con
“l’Uccello del Sole”), oltre a essere un asteroide e una figura
mitologica romana. Il secondo è stato scelto per il suo diminutivo:
Scilla, nome del famoso mostro mitologico, di un asteroide e di una
pianta dai colori lilla/glicine. Il cognome deriva dalla pianta
rampicante Wisteria, più conosciuto con il nome comune “Glicine”; è
stata scelta la seconda denominazione poiché è una delle parole
italiane dove “gli” ha un suono duro (come geroglifico, negligenza,
glicerina, anglicano), è stata appunto la particolarità della parola ad
ispirarmi, oltre che per il colore che rappresenta, riconducibile al
secondo nome della ragazza.
-Antonio Pervinca: dal nome di
un rigidissimo ma gentile carabiniere
che ho avuto il piacere di conoscere. La pervinca, invece, è una pianta
tossica il cui nome deriva dal latino “vincire”
(legare), è inoltre un
colore tra il celeste e il violetto.
-Antioco: nome molto usato in
Sardegna, la mia terra; trovo inoltre che
abbia una discreta sonorità.
-Alessio: deriva dal greco
alékso e significa protettore.
-Adalberto Barocco: deriva dal
tedesco antico e significa "illustre per
nobiltà". Barocco è inteso come il movimento culturale italiano
iniziato alla fine del XVI secolo e finito alla metà del XVIII secolo.
Inoltre, è anche un album del Rondò Veneziano .
-Lucio: dal prenome latino
Lucius, da lux o dalla parola greca leucos,
significa portatore di luce, scelto per contrasto con il suo
ruolo.
-Firmato: ebbene sì, è un
nome! Deriva, purtroppo, dalla
disinformazione e dalla bassa soglia di istruzione. Quando venne
pubblicato il Bollettino della Vittoria, in calce vi era riportato
“Firmato Diaz” e molti pensarono che Firmato fosse il nome di Armando
Vittorio Diaz, e alcuni bambini si ritrovarono quel nome, che a me,
sinceramente, piace molto!
Il Titolo:
Il titolo significa “Al di là dei
Cancelli del Cimitero”, ma ha un
significato simbolico.
I cancelli del cimitero rappresentano l’esterno della persona, il suo
ruolo e il suo apparire, ma l’”al di là dei cancelli” rappresenta
l’interiorità delle persone, il loro stesso essere.
Il significato può tradursi in “l’abito non fa il monaco”, ed è un
invito ad andare oltre le apparenze – perché un demone lo si può
trovare anche dietro un faccino pulito, creato da una maschera
per sopravvivere nella società – e di ricordare che dietro ogni
straccio, ogni divisa, ogni guardaroba c’è un uomo che vive, lotta e
spera, esattamente come tutti gli altri.
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