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Autore: XShade_Shinra    30/10/2011    0 recensioni
*} Dedicata a Bad Devil {*
Erano ormai le venti [...] quando giunsi all’enorme cancellata principale del cimitero. All’interno c’erano ancora delle persone intente a salutare i propri cari venuti a mancare, in attesa della commemorazione dei defunti del 2 Novembre, e il guardiano già metteva a posto le proprie carte, pronto a chiudere l’accesso entro un’ora.
[ Classificata 1° al Contest "Le mille e una notte..." indetto da Ayram e valutato da superkiki92 (giudice sostitutiva) sul forum di EFP, e Vincitrice del Premio Caratterizzazione al Contest "The Graveyard" indetto da Forgotten Stories e Eruannë. sul Forum di EFP ]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Beyond the Gates of Graveyard -
Capitolo 04


«Ahahah! Sentite come urla e piange: è terrorizzato!» rise Adalberto, mentre Lucio si accendeva la sigaretta e ghignava, prendendo qualche boccata di fumo.
«Basta! Basta!» urlava Antioco tra le lacrime, spaventato e dolorante, mentre vedeva la morte, nascosta tra quelle centinaia di lapidi, che lo guardava, pronta a prenderlo con sé.
«Il bello deve ancora venire, altroché!» ridacchiò Firmato, che stava facendo altre foto per immortalare quell’espressione terrorizzata.
«Permettimi, Lucio…» sussurrò Adalberto, il più divertito dei tre, prendendo la sigaretta dalle labbra dell’amico. «Voglio essere io a farlo».
«Certo, capo» annuì lui, lasciando che le dita curate del suo boss si divertissero a giocare con quella stecca, in una sorta di tortura psicologica per il barbone, prima di lasciarla sospesa a pochi decimetri dai suoi pantaloni inzuppati di alcol.
«Addio» disse Adalberto, tombale; ma, prima che potesse lasciare la presa, un potente pugno lo mandò a terra, facendo cadere lontano quella sigaretta, che venne prontamente spenta dal tacco nero della scarpa di Ersilia. 
«Come vi permettete?!» ruggì Ofelio, mettendosi davanti al corpo del barbone. Era stato lui a centrare in pieno il capogruppo di quel branco, mandandolo al tappeto.
«E tu chi saresti?» chiese Lucio, colpendo il metallaro con un calcio che non riuscì ad andare a segno, perché il nuovo arrivato glielo parò, tenendogli bloccata l’articolazione della caviglia.
«Opeth è un demone dell’Inferno» sorrise Priscilla, rispondendo alla sua domanda. «Vi conviene scusarvi con quell’uomo» suggerì.
«Noi... scusarci?!» urlò Firmato, furente, mentre Ofelio lo fulminava con lo sguardo. «Sei tu, metallaro di merda, che ti dovresti scusare per quello che hai fatto al nostro capo!»
«Siete alle dipendenze di un verme come quello?» chiese Ofelio con un’espressione granitica in volto, indicando il corpo di Adalberto con uno sputo mirato e stringendo la presa su Lucio, che gridò di dolore.
«Stai zitto, faccia di cazzo!» rispose l’altro scagnozzo, facendo per dargli un pugno, che venne schivato dalla forza bruta di Ofelio, che usò il corpo stesso di Lucio come arma, buttandolo addosso al compare.
«Stupidi…» sputò schifato, facendosi scrocchiare le nocche. «Ora vi sistemo…» ringhiò, picchiando con violenza i due ragazzi, mentre Adalberto, probabilmente, fingeva di essere morto per non incappare oltre nella sua ira.
Nessuno di loro poteva sapere che Ofelio, da buon ragazzo di montagna, era cresciuto in mezzo alla natura e si era fatto i muscoli spaccando la legna e trasportando a casa la selvaggina catturata.
Intanto, Ersilia si era avvicinata all’uomo, che piangeva ancora a terra.
«Signore…» lo chiamò piano. «Come si sente?» domandò, inginocchiandosi vicino a lui.
«Ora… bene…» ebbe la forza di dire.
«Chiamo la polizia e un'ambulanza!» disse l'albina a voce alta, tirando fuori dalla borsa il cellulare.
«Ok!» concordò il metallaro, dando un ultimo pugno a Firmato, che cadde a terra privo di sensi e con il naso sanguinante.
Mentre Priscilla chiamava la polizia, Ofelio raggiunse Antioco e gli prese una mano, cercando di dargli coraggio e fargli forza. Capiva benissimo che doveva essere stato un forte shock per lui.
«Come ti chiami?» gli chiese.
Il barbone, stringendogli spasmodicamente la mancina, rispose con un fil di voce tremante:
«Antioco…»
«Sta' tranquillo, Antioco. Ora sei al sicuro» lo tranquillizzò. «Scilla sta chiamando l'ambulanza».
«Grazie…» si udì appena. «Grazie, Signore…» fece il barbone, portandosi l'avambraccio agli occhi per cercare di trattenere le lacrime che continuavano a scorrergli lungo le tempie e le guance.
Era salvo.
Il Signore aveva deciso di mandare in suo soccorso due angeli decisamente poco canonici, ma non per questo non consoni alla missione.

Dopo dieci minuti scarsi, io e i miei colleghi, chiamati dalla ragazza, arrivammo al cimitero, seguiti dall’ambulanza. Avevo deciso di restare a disposizione alla centrale per intervenire nel caso ci fossero state delle chiamate e, quando mi dissero che si trattava di un’aggressione nel cimitero, capii che avevo fatto la scelta giusta.
Avevo svegliato il parroco, chiamandolo dalla volante, e lui si era presentato così celermente al cancello del cimitero che al nostro arrivo trovammo già tutto aperto. Entrammo, quindi, senza troppi convenevoli, illuminando quel luogo a giorno.
Trovammo i bulli ancora stesi a terra sanguinanti, per via delle botte ricevute da Ofelio, mentre Antioco, stanco per lo shock, si era addormentato, vegliato dai suoi salvatori. Puzzava terribilmente d’alcol e avrei pensato che fosse un ubriacone se già nella sua telefonata Priscilla non ci avesse avvisato che “dei bastardi volevano dare fuoco a un barbone”.
«Ma questa è una persecuzione…» borbottò il metallaro, vedendomi, mentre Ersilia ridacchiava.
«A quanto pare…» bofonchiai, cominciando a interrogarli per capire l’accaduto, mentre i paramedici fecero per prendere i ragazzi in terra.
«Non loro! Lui!» strillò Priscilla, arrabbiata, indicando Antioco.
«Ma sembra che loro stiano peggio…» notarono i medici.
«No!» li sgridò, facendoli desistere dal soccorrere i ragazzi, per prestare, invece, le prime cure al barbone.
I miei colleghi, intanto, avevano risvegliato gli assalitori e li stavano trascinando verso le auto di ordinanza, per portarli alla stazione di polizia per un interrogatorio con i fiocchi, e riconobbi in loro i tre ragazzi distinti della sera prima. 
«Andiamo» fece Ofelio, prendendo la ragazza per mano, ma li trattenni:
«Non potete andare da nessuna parte: devo finire di interrogarvi» dissi loro. «Dopotutto vi avevo detto di andarvene subito e di non rimanere qui».
«Abbiamo perso il treno» spiegò Ersilia con un pigolio dispiaciuto.
«Già, e poi volevamo andare all’ospedale con lui, non tornare a casa» continuò il metallaro, per poi lasciare di nuovo la parola all’altra:
«Non riusciremo a stare tranquilli senza aver sentito prima i medici… quei ragazzi gli hanno fatto tanto male…»
«Va bene, andate» acconsentii, poiché i veri criminali avevano già le manette ai polsi. «Però vi raggiungerò là, intesi?»
«Agli ordini!» esclamò Ofelio, mettendosi sull’attenti e allontanandosi con Priscilla, seguendo la barella.
Quell’anno, per fortuna, la tragedia che stava per nascere era stata interrotta giusto in tempo, e quando vidi il metallaro salire in ambulanza assieme alla gothic lolita e al barbone ferito, mentre il gruppetto di bulli veniva caricato nella gazzella dai poliziotti – allora e solo allora –, mi domandai chi fosse il Demone e chi l'Angelo.
Il ricco ragazzino educato che aveva dato l'elemosina a quella povera famiglia di zingari e che poi aveva offeso il vagabondo con il proprio branco, oppure i due strambi ragazzi vestiti alternativi, con l'MP3 al massimo, le croci al collo e la parlantina sarcastica, che avevano salvato il barbone dalla pazzia dei borghesi?

[ ...fine ]
XShade-Shinra




Note finali

Spiegazione nomi dei personaggi:
-Ofelio Stradivari: scelto per l’assonanza con il gruppo musicale Opeth (soprannome del ragazzo), il cui nome deriva da Opet, la città della Luna del libro "L'Uccello del Sole" di Wilbur Smith. Il nome è scelto anche in onore del suo ruolo all'interno della storia, in quanto il significa "colui che assiste/aiuta"; Ofelia è, inoltre, un personaggio Shakespeariano dell'Amleto. Il cognome è lo stesso del liutaio cremonese Antonio Stradivari, scelto poiché il gruppo (speed) power metal “Stratovarius” deve metà del proprio nome all'artista in questione, mentre l'altra metà al modello di chitarra elettrica solid-body (priva di cassa armonica) “Stratocaster”.
-Ersilia Priscilla Glicine: il primo nome deriva dal latino e significa Rugiada (anche “figlia del sole” e qui si trova il collegamento con “l’Uccello del Sole”), oltre a essere un asteroide e una figura mitologica romana. Il secondo è stato scelto per il suo diminutivo: Scilla, nome del famoso mostro mitologico, di un asteroide e di una pianta dai colori lilla/glicine. Il cognome deriva dalla pianta rampicante Wisteria, più conosciuto con il nome comune “Glicine”; è stata scelta la seconda denominazione poiché è una delle parole italiane dove “gli” ha un suono duro (come geroglifico, negligenza, glicerina, anglicano), è stata appunto la particolarità della parola ad ispirarmi, oltre che per il colore che rappresenta, riconducibile al secondo nome della ragazza.   
-Antonio Pervinca: dal nome di un rigidissimo ma gentile carabiniere che ho avuto il piacere di conoscere. La pervinca, invece, è una pianta tossica il cui nome deriva dal latino “vincire” (legare), è inoltre un colore tra il celeste e il violetto.
-Antioco: nome molto usato in Sardegna, la mia terra; trovo inoltre che abbia una discreta sonorità.
-Alessio: deriva dal greco alékso e significa protettore.
-Adalberto Barocco: deriva dal tedesco antico e significa "illustre per nobiltà". Barocco è inteso come il movimento culturale italiano iniziato alla fine del XVI secolo e finito alla metà del XVIII secolo. Inoltre, è anche un album del Rondò Veneziano .
-Lucio: dal prenome latino Lucius, da lux o dalla parola greca leucos, significa portatore di luce, scelto per contrasto con il suo ruolo. 
-Firmato: ebbene sì, è un nome! Deriva, purtroppo, dalla disinformazione e dalla bassa soglia di istruzione. Quando venne pubblicato il Bollettino della Vittoria, in calce vi era riportato “Firmato Diaz” e molti pensarono che Firmato fosse il nome di Armando Vittorio Diaz, e alcuni bambini si ritrovarono quel nome, che a me, sinceramente, piace molto!

Il Titolo:
Il titolo significa “Al di là dei Cancelli del Cimitero”, ma ha un significato simbolico.
I cancelli del cimitero rappresentano l’esterno della persona, il suo ruolo e il suo apparire, ma l’”al di là dei cancelli” rappresenta l’interiorità delle persone, il loro stesso essere.
Il significato può tradursi in “l’abito non fa il monaco”, ed è un invito ad andare oltre le apparenze – perché un demone lo si può trovare  anche dietro un faccino pulito, creato da una maschera per sopravvivere nella società – e di ricordare che dietro ogni straccio, ogni divisa, ogni guardaroba c’è un uomo che vive, lotta e spera, esattamente come tutti gli altri.

  
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