Cap. 9
9
Ahdle fugge guaendo con un orecchio sanguinante. Ha scoperto che un Occhi d’Argento
può far male quanto un licantropo. Rimango a tormentarmi i
denti, cercando di rimuovere i peli che sono rimasti incastrati dopo
aver sputato la cartilagine. Grande Madre, Ahdle sa ovunque di putrescente.
Nel frattempo, gli Anziani
seguitano a scandire le invocazioni, accompagnati dai tamburi e dalle
coreografie dei danzatori. Soyi addita una lupa grigia. Hetrir.
Sì, è davvero bella.
L’apertura sopra le nostre teste è invasa dal disco lunare. Il chiarore aumenta ed si spande in ogni angolo della Grotta.
Attorno, i membri dei clan lanciano richiami, battono le zampe a terra,
saltano, scoprono le zanne fingendo di minacciarsi. Sono stati portati
anche i bambini e i giovani lupi se ne occupano simulando zuffe e
lasciandosi tirare la pelliccia.
«Fa fresco stasera» commenta una voce.
È la Occhi d’Argento
di prima. Si accoccola contro di me, incurante delle rispettive
nudità. Tanta confidenza mi mette a disagio, anche se il tepore
della sua pelle è molto piacevole.
«Credo… di sì» biascico.
«Chi era?»
Do un rapido sguardo a Ahdle, rincantucciato al buio. Mi scruta con
odio. Sperava di non essere più l’ultima ruota del carro,
invece ha scoperto di esserlo ancora. I nostri compagni hanno visto,
sentito ed approvato ciò che ho fatto. Anche il clan della Occhi d’Argento ha annuito compiaciuto.
«Un leccamusi» latro.
«Non è la prima volta che m’infastidisce. Intendevo, cosa c’entra con te».
«È mio cugino» sbuffo.
Annuisce, l’aria di chi comprende i sottintesi.
«Io sono Lagra» dice, strusciando la fronte contro il mio collo.
«Neryon» boccheggio confuso.
Ascoltiamo le invocazioni, le risposte corali fatte di ululati e
uggiolii. Dondoliamo le teste, seguendo i movimenti dei danzatori.
Ad un tratto, Lagra si scosta e si sistema poco più avanti,
nella stessa posa dei licantropi attorno a noi. Mani a terra, ginocchia
sollevate. Non posso fare a meno di guardarla e trovare che abbia un
fondoschiena davvero attraente. Osservazione tipica per un licantropo,
non so quanto possa esserlo per uno come me.
Mi fa cenno di imitarla. Sta per essere emesso l’inno conclusivo della nottata.
Ululiamo con gli altri. Le nostre voci con le loro. All’inizio
emetto rantoli sgraziati, ma poco alla volta il nodo nella gola si
scioglie, liberando il richiamo. Percepisco la voce della luna
scorrermi nelle vene. Forse non posseggo l’aspetto di un lupo
mannaro, ma ne conservo intatto lo spirito. Ora ne sono sicuro. E lo
spirito non può essere soffocato, nemmeno da tanti anni di
esilio e sofferenze.
«Spero di rivederti, Neryon» saluta Lagra, quando le voci si spengono e i clan cominciano ad allontanarsi.
«Alla prossima luna piena» rispondo.
«Intendevo fuori, in città» bisbiglia leccandomi la guancia, sfiorando l’angolo della bocca.
Schiocco la mascella a breve distanza dal suo collo. Ride e scappa,
voltandosi più volte. Mi saluta di nuovo, prima di sparire con i
suoi compagni.
Le mie paure non sono dissolte, né i miei dubbi svaniti. Sono e
rimango un diverso, nonostante il clan mi abbia accettato. Anche se
hanno cambiato il nome con cui mi chiamano. Né licantropo,
né uomo, eppure entrambi.
Levo lo sguardo al cielo, alla Grande Madre
che s’incammina silenziosa verso ovest. La sento negli occhi, in
questi occhi che sono il mio marchio. Forse mi darà delle
risposte, ma non ora. Stanotte mi ha regalato un breve assaggio del
domani.
Giudizi di SunnyPain
Grammatica, sintassi e ortografia: 8
Originalità: 9
Attinenza ai criteri dei pacchetti: 10
Caratterizzazione dei personaggi: 7
Giudizio personale: 6
Per un totale di 40 punti
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