Una Casa
alla
Fine del Mondo
And I was talking to you, and I knew then it
would be
a life long thing, but I didn't know that we
could break a silver lining…
(A
Sorta
Fairytale, Tori Amos)
2022
Immagini che non sia normale
che Lily passi tutto questo tempo con te.
Quando ha cominciato
Hogwarts
hai riflettuto pigramente sulla possibilità che si
allontanasse da te, presa
dalle amicizie che non fossero i suoi roboanti cugini e dal crescere.
Invece Lily è
cresciuta, ha
quindici anni ed ogni fine settimana te la trovi sul portico, ora in
uniforme
estiva che porta con l’insofferenza tipica della sua
età, ora imbacuccata nella
sciarpa della sua Casa con il mantello invernale che le svolazza al
vento della
brughiera. Il più della volte porta un ingombrante
cavalletto e una tela nuova.
Quel che non finisce deve sempre riportarselo indietro.
Dice che ama questa natura selvaggia. Comprendi; e dubiti sia solo
questo.
La Passaporta che per la
prima
volta ha portato Potter da te adesso è passata a lei;
è una semplice chiave,
lucida e babbana,
che porta al collo,
fissata con una catenella; l’ha fatta impostare in modo che
ogni sabato mattina
la materializzi ai confini di Ardmore e la riporti in Scozia allo
scadere del
tardo pomeriggio di domenica.
Ha pochi amici, questo lo sai; Corvonero è una casa
competitiva, su molti
fronti. Diversamente da Serpeverde, dove il senso di Casa è
simile a quello di
una setta, e dà la stessa compattezza umana, la casa di
Priscilla ha sempre
preferito allevare cuccioli di inventori, innovatori, strampalati geni
o capaci
accademici.
Ma tutti con una caratteristica comune; il solipsismo.
Lily ha comunque trovato una sua dimensione; ti parla spesso di alcune
amiche i
cui nomi scivolano via nella tua memoria senza imprimersi. Parla poco
di ragazzi.
Molto dei suoi fratelli e del maggiore, James, che in preda ad un
autentico nomen omen si comporta
come se la scuola
fosse il suo parco giochi. Per fortuna quest’anno si
è diplomato.
Tu ascolti mentre si scalda
le
mani al fuoco o prepara il the. Non commenti minimamente mentre la
lasci
trafficare nelle tue pozioni; è brava, ha precisione e un
certo estro che la rende
immagine della sua Casa. E di Lily.
Sai che anche il figlio di mezzo ha eredità la bravura della
nonna. Non l’hai
mai visto e non ti interessa. Ti è stato detto come certe
capacità sembrano
scorrere nei geni.
È un memento che hai sotto gli occhi tutti i
sabati.
Come adesso, che sta facendo
sobbollire una delle pozioni che deve preparare per i suoi compiti di
lunedì.
È silenziosa; non
che sia
esattamente una novità, potete passare ore senza scambiare
una parola. Oggi
però è evidentemente in preda ad un pensiero
fisso e poco piacevole da come si
tormenta le labbra, sondandole piano con i denti. Finirà per
farsele
sanguinare, esattamente come le unghie.
Lasci che passi
un’altra
mezz’ora di quel silenzioso masochismo, prima di sospirare.
“Cosa?”
Alza lo sguardo di scatto, sorpresa. Sembra genuinamente confusa dalla
tua
domanda e per un momento ti chiedi se tu non abbia preso un abbaglio;
no, decidi,
vedendola arrossire e distogliere lo sguardo.
“Va tutto
bene… e comunque.”
Ecco, appunto. “Non voglio angosciarti con i miei
problemi.”
Sorvolando sul lessico barocco, sbuffi. “Non sono angosciato,
sono irritato.”
Il tuo caratteraccio non
è mai
sembrato scalfirla e non lo fa neanche stavolta, dato che ti guarda con
espressione neutra, tipica di quando aspetta la fine di una frase.
“… perché è
evidente che ci sia qualcosa, e quel qualcosa mi ha appena fatto
buttare dodici
galeoni di ingredienti.”
“…Cosa? Oh, no!” Esclama saltando dallo
sgabello e spegnendo il fuoco. Troppo
tardi, e lo constata anche lei con un’espressione affranta.
“Mi dispiace
tanto!”
“Da capo. Hai
tempo.” Tagli
corto. Le finanze sono un problema collaterale quando sei un eroe di
guerra e
il Ministero britannico ti allunga un sostanzioso vitalizio ogni mese.
Lily non replica, ma fa
evanescere il contenuto del calderone e ne fissa il fondo, assorta.
“Ieri mio padre mi ha mandato una lettera… ci
ha mandato una lettera. A me e ad Al. Sai, Jamie si è
diplomato l’anno scorso.”
Aspetti che continui, e la
vedi incrociare le braccia al petto, ma è più un
tentativo di consolarsi, che un
rifiuto. “… si sta frequentando con qualcuno. Ha
detto che era giusto che lo
sapessimo e che ha aspettato finché le cose non sono
diventate serie.” Serra la
mascella e in quell’espressione, c’è lei.
Distogli lo sguardo, voltandoti verso l’armadietto degli
ingredienti.
Lily le somiglia,
è naturale,
te lo ripeti da anni, come se fosse qualcosa a cui puoi abituarti.
Le somiglia, nelle espressioni, a volte nei sorrisi, ma non
è lei. Hai suoi
capelli, ma li ha mossi come le onde del mare, e lei li aveva lisci
come la
sponda di un lago. Non ha i suoi occhi.
Ma Potter l’ha
guardata ed ha
scelto quel nome. E non puoi biasimarlo, purtroppo.
“È
naturale che tuo padre
senta il desiderio di frequentare un'altra donna. Sono passati tre anni
da
quando ha lasciato tua madre.” Ti riallacci al discorso con
naturalezza. Essere
un Occlumante è qualcosa in cui puoi perdere la mano, ma
è come andare in
bicicletta; quando serve, ricordi subito le basi.
“Lo so.”
Sbotta secca. “E so
che si sta comportando bene a dircelo e tutto il resto… lo
dice anche Al.” Si
gira la bacchetta tra le mani e aggrotta le sopracciglia.
“Ma… perché?”
La guardi interrogativo,
allungandole gli ingredienti. A volta la cogli a guardarti. Da bambina
sembrava
semplice curiosità per uno zio burbero, ma adesso ti studia.
Corvonero
nell’anima.
“Intendo
dire…” Riprende, allineando
boccette e fiale sul ripiano di lavoro. “Intendo
dire… perché gli uomini
riescono a dimenticare così facilmente? Mia madre non si
è trovata un altro.”
“Come lo sai?”
“Lo so e basta.” Indurisce lo sguardo e nascondi un
sorrisetto di scherno. Ne
nascondi molti, e quando ti sei accorto di farlo è stato il
giorno che hai
realizzato ad alta voce – nella tua testa – che le
eri affezionato.
Subito dopo hai aperto
quella
bottiglia di Ogden Stravecchio che tenevi per i giorni di
più cupa immersione
nel passato. Può servire anche per il presente, hai pensato.
“Sei arrabbiata
perché tuo
padre ha un’altra donna nella sua vita, ma è
quello che succede nella maggior
parte dei casi. Le persone vanno avanti, trovano nuovi stimoli.
È fisiologico.”
Attesti pacato. I drammi della famiglia Potter dovrebbero esserti
alieni,
finalmente, ma no, perché una delle esponenti più
fragili ti ronza attorno da
un decennio e mezzo.
“Non è
vero.” Replica
stappando una boccetta di essenza di Dittamo. Non ricordi che pozione
debba
preparare, ma sei certo che sia qualcosa con cui
quell’imbecille del suo
professore ha tentato di metterla in difficoltà. Senza
successo. “… Cioè,
credo.” Si gira la boccetta aperta tra le mani. La
quantità esatta è
fondamentale, e sa probabilmente di essere troppo nervosa per dosare
bene. “Io…
io non voglio che qualcuno mi dimentichi com’è
successo a mamma. Non voglio.”
Ripete. “Ma hai ragione tu, zio Severus, le persone fanno
così. Dimenticano.”
Non io.
Lo pensi ed è una freccia che si pianta nella
parte della tua anima che è
rimasta al giorno in cui lei ti ha
voltato alle spalle. Non ti ha mai perdonato, non ha mai voluto, e
quando è
morta è stata solo la summa
finale.
Non
ho dimenticato, Lily. Mai.
Non lo dici,
perché Lily, questa
Lily, è una quindicenne
romantica, ed è normale che la pensi così. Per
adesso. Poi
crescerà ed interiorizzerà che la
volubilità è cifra dell’essere umano.
“La tua
è una visione
romantica. Quando
ti interesserà
qualcuno, capira…”
“Non mi interessa
nessuno.”
Interrompe le tue riflessioni, posando la boccetta al sicuro.
“I ragazzi che
conosco sono stupidi. Sono capaci di chiedermi di uscire, e poi
chiedere subito
a qualcun’altra se dico di no. Ed io dico di no.”
Conclude.
“Ricordami quanti
anni hai,
ragazzina.”
“Non importa! Gli uomini sono tutti così, i
ragazzi della mia scuola, mio padre!”
Esclama. Avvampa, ed è di sdegno; non ha ancora perdonato
del tutto Potter. A
tredici anni è stata tradita dal primo uomo della sua vita;
supponi, senza
essere uno psicologo, che questa faccenda l’abbia un
po’ esacerbata.
“Li
detesto.” Sussurra
abbassando lo sguardo. “Sono tutti
uguali…”
E poi è te che guarda, e quel vago campanello
d’allarme suona di nuovo.
“Ma tu sei diverso.”
Forse qualcuno della sua famiglia dovrebbe chiedersi perché
diavolo Lily, una
ragazzina in apparenza con capacità sociali del tutto
normali, preferisca
passare il finesettimana con te, invece che ad Hogsmeade come il resto
dei suoi
coetanei.
“Se non lo fossi
sarei un
quindicenne o tuo padre, e non so quale delle due opzioni sia
peggiore.”
Replichi, facendola ridacchiare. Poi sai che devi aggiungere qualcosa.
Mantenere le distanze da un adolescente suggestionabile che dichiara di
odiare
l’intero universo maschile tranne te
è raccomandabile. “Inoltre, non sono diverso. Sono
semplicemente più vecchio.”
“Tu non sei vecchio.” Borbotta.
“Cioè sì, insomma… eri il
professore di papà,
ma non hai neanche un capello bianco e più o meno sembrate
avere la stessa
età.”
“Sono un mago. Come spero tu ricordi, il nostro sangue
rallenta la
degenerazione dei tessuti e delle cellule. Invecchio più
lentamente, ma
anagraficamente la questione non cambia.”
“Questo non
c’entra…” Non
demorde. Non l’ha mai fatto da che la conosci, e
sinceramente, neppure ci
speravi. “Perché non ti sei mai sposato, zio
Severus?”
Dannata ragazzina.
Avresti tutto il diritto di
cacciarla fuori dal tuo laboratorio – tuo, di tua
proprietà e quindi soggetto
alle tue regole – e
intimarle di
andare ad importunare altri adulti, o semplicemente suo padre, con
domande
stupide e palesemente atte ad attirare l’attenzione.
Vede la tua espressione e
avvampa. “Scusa…” Mugugna.
“Non sono affari miei, ma… è
che… Jamie dice…”
O sta bluffando molto bene – e ti chiedi perché
quel vecchio straccio non
l’abbia piazzata a Serpeverde all’istante allora
– o davvero quell’idiota di
suo fratello sparge voci su di te.
“Dice cosa?”
“Dice che eri innamorato di una donna e che
lei…” Si corruccia con aria curiosamente
irritata. “… e che lei non ti ha voluto. Per
questo non ti sei mai sposato.”
Quell’imbecille di Potter. Ti aveva promesso, giurato
che non avrebbe mai divulgato quella
parte di storia.
(Non che tu gliel’abbia chiesto. È stata la
conversazione più umiliante della
tua vita, comunque.)
… e pare che
l’abbia
raccontato a quel beota del suo primogenito.
“Tuo fratello non
è forse
famoso per inventarsi storielle prive di fondamento?”
“Sì.” Conferma esitante.
“Però stavolta sembrava…”
“Basta così, sciocca ragazzina!” Sbotti
e non volevi davvero scaricarle
addosso la tua rabbia. Non come facevi con suo
padre. Ma una ferita cicatrizzata continua a dolere, se stuzzicata,
supponi.
Lily serra le labbra.
“Io con
te lo faccio. Sempre. Ti dico tutto.”
“Nessuno te
l’ha chiesto.”
Hai esagerato, e lo sai. Glielo leggi negli occhi, nello sguardo
ferito. Sei un
uomo adulto e dovresti piantarla di
prendertela con mocciosi che non sono in grado di controbattere al tuo
livello.
Non ci riesci. È
quella
ferita, chiusa, sì… ma no, in realtà.
Non lo sarà mai.
Perché la ragazzina ha ragione. Non sei come gli altri, tu
non dimentichi.
E non è che sia
un merito. No,
non lo è.
È una condanna.
Non dice niente mentre si
sbatte la porta del laboratorio dietro, e tu non la insegui. Non
sapresti
neppure cosa dirle, e sai che non sarebbe comunque opportuno.
Gli uomini adulti non
inseguono ragazzine da cui hanno preso, legittimamente, le distanze.
Rimetti a posto calderone ed
ingredienti, pulisci le macchie residue di pozione bruciata –
non ce ne sono, è
più che altro un lucidare il piano di lavoro – e
sali di sopra.
Sai che è seduta
sul portico.
Lo sai perché Cagliostro miagola alla porta e
perché Lily deve aspettare che
quella maledetta Passaporta si attivi. Manca ancora mezz’ora.
Ignori i lamenti del gatto,
metti il the, ordini la posta arrivata, babbana e magica. Sposti di
qualche
millimetro le lancette dell’orologio di quercia del salotto,
che rimane sempre
indietro.
E poi apri la porta mentre
Cagliostro, mercenario, ti si struscia soddisfatto alle gambe.
“Entra dentro.” Dici all’indirizzo della
sua schiena intirizzita. “Tuo padre mi
ucciderà se ti ammali.”
Non si volta, cocciuta. Si stringe solo nella leggera felpa che
indossa. Non le
chiederai scusa. Non hai mai dovuto chiedere scusa.
L’ultima volta che l’hai fatto, comunque, non
è servito a niente.
“Ti sei arrabbiato
perché è
vero. Vero?” Dice invece, con voce tranquilla. Incespica
appena un po’, il
necessario per farti capire che sa
che è un azzardo parlarti così.
(Ma lo fa lo stesso,
perché è
una maledetta Potter ed ha un evidente problema con la disciplina in
generale.)
La ragazzina ha sempre avuto la stramaledetta capacità di
tirarti fuori le
parole. E non pretendendo, semplicemente aspettando.
Non si fa aspettare qualcuno che ti guarda come ti guarda lei, persino
adesso.
E non è giusto,
non è te che
dovrebbe guardare così, ma una persona che se lo merita; un
padre, un fratello,
un amico, un ragazzo.
Non. Te.
Eppure non dici nulla.
“È vero
quello che ha detto
Jamie?” Ripete.
“È
stato molto tempo fa.”
Dici. Tirare fuori le parole, per l’appunto. “Entra
dentro.”
Lily sorride appena ed
è uno
strano sorriso, che una ragazzina che dovrebbe pensare a scuola,
vestiti e
trucchi non dovrebbe avere. Come se avesse appena trovato la chiave di
un
ragionamento che dura da anni.
“Ecco, lo
dicevo.” Ti sorpassa
e prende in braccio Cagliostro. “Tu sei diverso.”
Ti anticipa, dato che coglie
la tua espressione. “Va bene, non ne parliamo più.
Pace?”
“Il the
è sul fuoco.”
Commenti, perché non c’è altro da
commentare.
Hai impressione
però, che sia
solo una tregua temporanea.
… qualche mese dopo.
“Perché
non me l’hai mai
detto?”
Non pensavi ci avrebbe messo così poco a scoprirlo. Ma ci
speravi, in tutta
franchezza.
La guardi sul ciglio della porta, imbronciata, guardarti in viso, senza
timore,
senza pudore. Fuori il solito diluvio irlandese, cocciuto e sempre
uguale. Lily
sembra essersi abituata a suonarti alla porta completamente fradicia.
Le fa sembrare gli occhi
ancora più enormi.
“Detto
cosa?” Chiedi senza
scomporti. Ma sai che sta parlando di quello.
“Di mia
nonna.”
Ecco, per l’appunto.
“C’era
motivo per cui avrei
dovuto parlartene, quando tuo padre sicuramente ti avrà
messo a parte di tutta
la vostra storia familiare?”
“Non della parte in cui c’eri anche tu!”
Sbotta, e ti sposti per lasciarla
passare e secondariamente per evitare qualche maledizione. Sembra
infuriata.
Cagliostro non si vede da
nessuna parte, ed hai impressione che quel maledetto felino sia
più intuitivo
di te. Deve aver fiutato l’aria di tempesta che si porta
dietro l’appena
sedicenne che ti marcia dentro il salotto.
Non capisci francamente
perché
sia così turbata.
No, lo sai. Ma fingi di non saperlo.
“Come ti ho detto,
è stato
molto tempo fa.”
“Era lei!” Inspira. “Era lei la donna
che…” Espira. Ti guarda di sottecchi.
“Avrei voluto saperlo.”
“A che pro?” E veramente, perché avresti
dovuto annoiare una ragazzina con la
tua patetica storia di amore non corrisposto? Oltre al fatto che sono
affari
tuoi, beninteso. Perché avresti dovuto raccontarle di come
sua nonna ti abbia
rovinato la vita e come te l’abbia salvata al tempo stesso?
Lily è giovane, innocente; non capirebbe e non vuoi che capisca.
Sembra ridimensionarsi alla tua ultima battuta; i
sentimenti di una
sedicenne sono come onde sul mare. Veloci, immediati. Soggetti a
continui
cambiamenti. Non ti aspetti che sappia davvero razionalizzare
ciò che prova.
“Io…”
Si morde le labbra. È
cresciuta e la sua presenza non è più
un’ombra leggera sulla parete. Una
ragazzina che si stende sul suo tappeto e non parla per ore.
È una giovane
donna che ti fa domande inopportune. “Adesso capisco
perché sei sempre stato
gentile con papà, nonostante sembrava lo detestassi
tanto…”
“Non mi ricordo di esser mai stato gentile.”
“Ma non gli hai mai chiuso la porta in faccia.”
Obbietta. Touché; la
ragazzina è peggio di uno specchio che riflette la tua
coscienza. Bella pensata Severus, quella di non rompere il piede al
Salvatore e
lasciarlo entrare nella tua vita. Ancora.
“Non ci hai mai impedito di entrare a casa tua… e
non ti sei opposto quando ti
ha chiesto di tenermi qui mentre andava al lavoro.”
“In realtà l’ho fatto. Ma tuo padre non
asc…”
“È
stato per lei.” Ti blocca,
e non riesci a capire la rabbia che le vedi dipinta sul volto, ma
riconosci al
primo colpo l’altra espressione. È dolore, e non
riesci a collocarlo, non
riesci a comprenderlo. Però se ne sta lì e ti
accusa. Sarebbe carino sapere di cosa.
“Non è… non è mai stato per
me.”
Ah. Ci è voluto ben poco a svelare l’arcano.
Ti verrebbe quasi da ridere,
se non fosse che l’atmosfera non è adatta
all’ilarità e la tua sarebbe comunque
una risata amara.
Lily è gelosa di
sua nonna.
Non ti sei mai reputato un profondo conoscitore dell’animo
umano, men che meno
di quello di una donna. Ma la ragazzina è trasparente come
acqua di fiume e il
modo in cui si rifiuta di guardarti adesso, è indicativo.
Ti chiedi se suo padre
sappia
qualcosa di tutto questo; di tutti i finesettimana in cui dorme da te.
Forse, e
forse ne è sollevato. Sei tu a doverti beccare le paturnie
adolescenziali di
sua figlia.
La figura paterna surrogata;
come no. Lily non ti considera manco per sbaglio un padre.
Non sei un idiota; ti sei
accorto che la ragazzina si è presa una cotta per te. Al di
là del fatto che
trovi assurdo che possa trovarti
interessante in quel senso – tanto più vecchio, di
certo non appetibile - hai
interiorizzato la cosa, in questi mesi. Hai capito che è
naturale che abbia
tramutato l’affetto che prova per te, per la tua figura, in
qualcosa di meno
infantile dell’adorazione per un adulto.
Sta diventando
adulta ed è naturale, fisiologico; sai anche le
passerà.
È solo questione di aspettare. Troverà qualche
moccioso dai denti luccicanti e
sufficiente parlantina e dimenticherà tutto.
(Come lei?)
Sarebbe più
semplice se
potessi semplicemente allontanarla. Il
fatto è che non puoi. Non vuoi.
E questo rende ancora
più
urgente il bisogno di cambiare discorso. Di portare di nuovo il vostro
rapporto
in quello strano ibrido di affetto e curiosità che provate
l’uno per
l’altra.
Ma non sei mai stato tipo da
troncare le cose a metà. Specie se vuoi sapere chi ha acceso
la miccia.
“È
stato tuo padre a
parlartene?” Chiedi, e la vedi annuire.
Come sospettavi. Ammazzeresti Potter con le tue mani se fosse qui;
cerca di
spingerti sull’orlo della follia?
“Allora ti
avrà anche detto
che il mio debito nei confronti della tua famiglia si è
estinto alla fine della
guerra. Non faccio tutto questo per lui, né tantomeno per
tua nonna.” Non dover
pronunciare il suo nome, indicarla come semplice progenitrice
è più… semplice.
“Non ho l’abitudine di continuare a pagare il miei
debiti per puro spirito di
carità.”
Le vedi tremare scetticismo
sulle labbra; ha lasciato l’infanzia da un pezzo ormai,
è molto meno incline a
crederti sulla parola. “Ti piaccio allora?”
Adolescenziale.
Sospiri. “Se la
tua compagnia
mi fosse sgradevole in questo momento staresti conversando con una
porta
chiusa.” Fai una pausa per farle assimilare la frase. Non
abbastanza da farcela
fantasticare sopra però. “Togliti il mantello, mi
stai bagnando il tappeto.”
Lily non si muove di un
millimetro, ignorandoti; rimane accanto al fuoco a lasciare che il tuo
salotto
diventi un pantano. Devi farle
togliere quel mantello, farla sedere e parlare d’altro.
O non parlare affatto, sarebbe
perfetto.
“Papà
mi ha detto che la
amavi… e che l’hai protetto per questo, per
onorare la sua memoria.”
Beh, più o meno.
Perlomeno
Potter ha avuto la decenza di servire alla figlia una versione
edulcorata della
faccenda.
“Mi ha detto che
non l’hai mai
dimenticata…”
Sembra parlare
più che altro a
sé stessa, ma le parole hanno un peso e stanno colpendo te
come tanti sassi appuntiti.
Non puoi aspettare che una ragazzina nell’età
più egocentrica della vita se ne
accorga, ma puoi farla smettere.
“Ti ho
già detto che non
discuterò con te dei miei fatti privati.”
“… mi ha detto che sei così gentile con
me perché te la ricordo…”
Cosa?
È ufficiale:
Potter ha
l’empatia di un blocco di granito. Speri che con gli altri
figli sia più
ricettivo, perché qui ha sbagliato su tutta la linea. Lily
è scombussolata e
distrutta solo come un adolescente può esserlo: dal primo
all’ultimo momento,
senza soluzioni di continuità.
Potter l’ha almeno
guardata in
faccia mentre dava aria alla bocca?
“Secondo
Silente…” Inspiri
lentamente, perché aprire quella pagina della tua vita
è qualcosa che avresti
tanto volentieri voluto evitare di fare. Ma.
“… secondo Silente tuo padre doveva ricordarmi tua
nonna Lily. Non l’ha mai
fatto. Se ho aiutato tuo padre per via di tua nonna? Sì. Ma
questo non me l’ha
certo reso caro.”
“Però…”
“Non ti faccio venire qui per via di tua nonna. Ti faccio
venire qui perché
entrambi …” Attento con le parole. Attento.
“… apprezziamo la reciproca
compagnia. Indipendentemente dal cognome che porti. Spero sia
chiaro.”
Si illumina di colpo ed
è come
se l’intera stanza esplodesse in un lumos.
Ma non arrossisce, non è imbarazzata.
Bene, ha afferrato il senso corretto del discorso.
“Okay.” Sorride.
“Okay, ho capito.”
“Lo spero.”
Sempre tre metri di
distanza.
Almeno. Solo due volte l’hai presa in braccio, ma aveva sette
anni e poca
consapevolezza di sé, e a tredici perché il suo
mondo era appena crollato.
Tutto qui.
Non la abbracci e tocchi
mai,
e non lo farai sopratutto adesso, perché ha sedici anni, ed
è un grilletto
pronto a sparare, per usare un paragone babbano.
Sarà un trauma di
guerra o
quel che sia, ma sai che aspetta solo che abbassi le difese per fare qualcosa. Qualcosa che ti
costringerà a
mettere un muro tra di voi perché è giusto
che tu lo faccia.
Un enorme muro che ti
farà
tornare gelido e freddo, esattamente come avresti dovuto essere.
Presumibilmente sotto una lapide.
Oh,
Severus… davvero? Con lei ti senti vivo. È un
bene,
è un bene. Ma non esagerare.
Non
diventare avido.
Questa ragazzina dai grandi
occhi voraci, dai sorrisi appena accennati ed enigmatici come quelli di
un
dipinto di Leonardo è un pericolo. Per la tua
serenità di sicuro. Eppure non
riesci più a farne a meno, come non facevi a meno di lei. Ma lei ti ha abbandonato, e forse
– ti sanguina il cuore
ammetterlo – doveva
farlo. L’avresti
rovinata, e alla fine dei conti, l’hai fatto, anche a
distanza.
Ma non Lily Luna. Non puoi, non vuoi privartene. Il Destino gioca a
dadi e
ghigna, come un baro consumato. Sei sempre stato un burattino; prima
nelle mani
di Tobias, poi in quelle di Silente, alternate a quelle di Voldemort.
Ma forse,
questa mano, solo questa mano, l’ha lasciata a te.
Esita, si sporge appena
verso
di te, tentenna. È timida, non le dai spazio per tentare
qualsiasi cosa. Le hai
dato delle risposte, ma non quelle che voleva.
È perfetto.
“Ora ti togli quel
maledetto
mantello prima di allagarmi la casa?”
Sorride appena. “Scusa.” Sussurra.
“… Posso chiederti una cosa?” Aggiunge
di
colpo, e non aspetta che tu le dia il permesso. Quando mai.
“Ti dà fastidio che
ti chiami zio? Voglio dire, dopotutto non lo sei.”
“Questo non ti ha mai fermato dal chiamarmici.” Lo
hai sempre trovato stonato e
ridicolo, ma oggettivamente, avevi modo di opporti?
“Allora se vuoi…” Dove diavolo
ha
imparato quell’espressione assolutamente inadeguata nei tuoi
confronti? Non può
sbattere le ciglia. “… ti chiamo
Severus.”
Scrolli le spalle, perché qualsiasi parola potrebbe essere
troppo, o troppo
poco.
A sedici anni ti districavi
tra riunioni di Mangiamorte e la presa del Marchio Nero.
Senti quasi nostalgia per
quel
periodo.
“Come
preferisci.”
Cosa dicevi
sull’abbassare le
difese?
2024
Alla
gentile attenzione del Professor Piton…
Sono decenni che nessuno usa
più quella carica per identificarti. A parte Potter.
L’invito
è in color carta da
zucchero: da sempre, il Mondo Magico festeggia così
l’entrata nella maggiore
età dei propri virgulti. Un vezzoso biglietto e volute
d’inchiostro lucente.
Lily ha compiuto diciassette
anni un giorno e dodici ore fa. Svariati minuti, che passi a fissare
l’invito.
…
è invitato alla festa di…
Sei invitato alla sua festa
di
compleanno. Essendo nata nei mesi estivi era ovvio che potesse
festeggiare in
pompa magna con tutto il parentado. Era doveroso.
Immagini la tua ragazzina
imbronciata mentre nota quanti inviti deve spedire.
Detesta le occasioni sociali
quanto le detestavi tu alla sua età; e la detesti
tutt’ora, per inciso. Dar
retta ad una sfilza di parenti con cui deve aver a malapena scambiato
qualche
parola deve indisporla. Noti la firma nervosa, la punta
d’osso della penna che
ha graffiato la carta.
Decisamente nervosa.
Non ci vuoi andare; sono
venticinque
anni che non metti piede in Inghilterra e non vedi motivi per rompere
la
promessa che ti sei fatto non appena hai messo piede fuori dal San
Mungo.
L’Irlanda
è diventata la tua
patria; le sue scogliere brulle, il suo verde senza fine, il suo mare
inospitale e bellissimo. L’odore del sale sui tuoi vestiti e
quello della terra
sotto i tuoi piedi. Non hai legami, non hai doveri. Sei dove vuoi
essere. Sei a
casa.
Però.
Lily ci tiene. Sono mesi che
cerca delicatamente di spingerti verso un assenso vincolante.
È brava a
manipolare i tuoi cattivi umori. Con tutto il tempo che ha passato a
studiarti,
se non fosse diventata un’esperta nel farsi viziare sarebbe
stata una completa
idiota.
Cosa che non è.
L’invito
è per stasera. I Gufi
hanno sempre problemi ad attraversare il mar d’Irlanda, con
le correnti di
vento che lo battono in estate. L’invito è
arrivato in ritardo, ma non
sufficientemente da farti avere una scusa.
La solita fortuna.
Rimani comunque ad oziare
pigramente alla luce mattutina che rende ancora più bianche
le tende mosse
dalla brezza, mentre Cagliostro si lascia accarezzare soddisfatto. Il
mazzo di erica
che Lily ha colto la scorsa settimana si sta seccando sul tavolo della
cucina.
Con i dovuti accorgimenti diventerà un ingrediente per
pozioni. Ne hai sempre
in abbondanza dato che te ne orna la casa, che tu sia
d’accordo o meno.
Ti liberi del peso del gatto
alzandoti – e protesta vivacemente – e prendi gli
steli ormai secchi fragili
passandovi un dito. Qualche bocciolo cade.
Sospiri.
Sei troppo vecchio per una
festa di mocciosi esagitati e genitori fastidiosamente orgogliosi.
Troppo
vecchio ed inadatto.
Ti immagini, nero e distante
dal resto della folla colorata, mentre nessuno osa additarti ma tutti
ti
parlano addosso.
Il
Pipistrello è tornato.
Accartocci
l’invito e fai per
gettarlo nel camino, pronto all’uso quando il tempo si
farà più inclemente, e
per poco non ti becchi una zaffata di polvere magica e fiamme verdi.
Una chiamata via camino;
naturalmente è collegato con la Metropolvere, ma nessuno ha
mai tentato di
contattarti tramite esso.
La tua faccia e la tua
cicatrice mette a disagio la maggior parte degli esseri umani.
Beh, tranne Lily.
“Severus!”
Esclama, mentre le
fiamme la rendono sfuocata, ma sufficientemente decisa. “Non
sei vestito!”
“Mi pare di indossarne, invece.” Obbietti mentre
appallottoli il biglietto in
mano, confidando nella scarsa definizione delle chiamate via camino.
“Sai che
intendo!” Sbuffa. “Mi
avevi promesso…”
“Non l’ho fatto.”
“Okay,
è vero.” Ammette
tranquillamente. Piccola sfacciata. L’hai già
detto? “Ma
…” Si guarda intorno per accertarsi di
essere sola. Non dev’essere semplice con il baobab di albero
genealogico che si
ritrova. “… ma ho bisogno di te.” Non
è una lamentela sterile, leggi sincero
nervosismo nei suoi occhi. La immagini ritagliarsi solo un momento per
parlarti, mentre il magma peldicarota e ribollente della sua famiglia
cerca di inglobarla
per festeggiarla a dovere.
“Lily.”
Non sei mai stato un
tipo paziente. Ad altri questa virtù.
“La festa sta andando fuori controllo!” Riprende
concitata. “Metà delle persone
che hanno invitato neppure le conosco e l’altra
metà ci ho a malapena parlato!”
“Considerando quanto sei poco incline alle lunghe
conversazioni…”
“Appunto. E comunque senti chi parla.” È
sempre stata impertinente, ma quando è
nervosa travalica la mancanza di rispetto. Se ne accorge subito
però, perché si
morde un labbro. “… vedi?” Mormora.
“Sto peggiorando.”
“Non potrei esserti di aiuto. Forse nel distogliere
l’attenzione. Indubbiamente
la mia apparizione sarebbe notata.” Ribatti sarcastico e la
vedi esitare. Un
punto a favore tuo.
“So che ti sto
chiedendo
molto…” La definizione della Polvere Volante
sarà pessima, ma sai che Lily si è
sporta completamente dentro il camino, nello sciocco tentativo di
raggiungerti
anche se è dall’altra parte del mare.
“Ma non sarebbe una vera festa di
compleanno se non ci fossero le persone a cui tengo di più.
E puoi anche non
farmi il regalo, non mi interessa …” E lascia
cadere la frase.
Hai smesso di lottare. Lasci
semplicemente che Lily ottenga ciò che vuole. E non
è molto, per fortuna. I
suoi acquerelli appesi in camera tua e nel resto della casa, lunghe
passeggiate
in cui ti obbliga a rientrare con quintali di flora tra le braccia,
aiuto nei
compiti, pareri sulla carriera che dovrebbe intraprendere una volta
diplomata. Quando
si fa sera e il tepore del salotto vi culla, lasci che appoggi la
guancia
contro le tue ginocchia; leggi per lei.
Ti trattieni ogni volta da
sfiorarle i capelli. Sai che vorrebbe che tu lo facessi, ma serri le
dita sul
libro, sulla tazza di the, sui braccioli della poltrona. Funziona.
Poi fai fatica a prendere
sonno per il resto della notte.
“Verrò.”
Ti senti dire, come
da molto lontano, come se non fossi tu. Oh, ma sei tu eccome.
“Grazie! Merlino,
ti sarò
grata per sempre!” Ride,
e poi si
guarda indietro. “Devo andare… stasera alle sei,
Severus, non tardare.”
“Non è mia abitudine.” Replichi alle
fiamme che si spengono.
La festa è
l’incubo che
immaginavi.
E ti stanno fissando tutti.
Hai riconosciuto solo poche
facce; Potter, che ti ha accolto con un sorriso sorpreso e impacciato.
Ha
tentato di darti la mano ed ha finito per stringere il vuoto. Quando vi
siete
congedati è sembrato incredibilmente sollevato.
Arthur Weasley,
l’unico che si
sia degnato di un saluto pacato e tranquillo. Hai sopportato le
chiacchiere
infinite di sua moglie e lo sguardo stralunato e stolido di suo figlio,
Weasley
Il Re.
Non hai incrociato altri
sguardi; la sai più lunga di così.
Per la festa è
stato alzato un
enorme e sontuoso tendone azzurro; sembra che l’intero mondo
magico, o comunque
una sua nutrita parte, sia venuto per festeggiare la
maturità di Lily.
Lily non si vede da nessuna
parte.
Hai ignorato l’invito di Molly a consegnarle il tuo regalo
per essere messo
insieme agli altri e hai accettato un calice di vino elfico che
qualcuno ti ha
porto; poi ti sei semplicemente appartato.
“Non sembra
neanche lui con
quei vestiti…”
È la femmina Weasley che lo dice ad uno dei suoi
innumerevoli fratelli.
E ti accorgi,
paradossalmente,
che la cosa che più sconvolge le tue vecchie conoscenze sono
i vestiti babbani
che indossi, non la tua presenza; ti verrebbe quasi da ridere, se non
fosse che
un simile gesto potrebbe far venire un infarto a qualcuno per la
sorpresa.
Ti eri dimenticato come
vestivi ad Hogwarts; da mago, da pozionista, da spia, da cattivo della
storia. Adesso
vesti da babbano, com’è giusto fare quando vivi,
trai babbani.
L’hai dimenticato,
ma la
Granger pensa bene di ricordartelo. “È strano
vederla così, sa. L’ultima volta
indossava vesti da mago.” Dice, affiancandotisi con la
naturalezza che hanno
solo le donne che sanno di avere potere dalla loro. Hai saputo che
è diventato
un magi-avvvocato piuttosto influente all’interno del
Ministero.
“Un inizio
promettente di
conversazione…” Replichi, con il chiaro intento di
metterla a disagio. Sorride,
invece.
“Non è
cambiato affatto nei
modi, vedo.”
“Avrei
dovuto?”
Sorride di nuovo. “Le sta bene questo completo. La rende meno
minaccioso.” Beve
un sorso dal suo cocktail. Non dovrebbero essere analcolici, visto la
festeggiata?
(Ah, no. La festeggiata ora è maggiorenne.)
“Non era nelle mie intenzioni esserlo. Se non le
dispiace…”
“Lily ha cambiato umore di colpo, stamattina.” Ti
interrompe. Sempre questa
mania di non farti finire le frasi. Una volta non sarebbe accaduto; una
volta
non è adesso.
“Di solito è raro che
abbia sbalzi di umore, e questo genere di festa… beh, non
glielo migliora mai.”
Ti lancia un’occhiata. “Poi ci ha detto che lei
sarebbe venuto. Era
felicissima. Le è molto affezionata.”
“Stranamente.” Completi per lei. Scrolla le spalle.
“Non stranamente,
se la tratta
meglio di quanto abbia fatto con noi.” Non sai se arrabbiarti
o ammirare il
modo in cui ti rinfaccia le tue vecchie colpe.
“Lily non
è una mia
studentessa dalla scarsa disciplina…”
La Granger ridacchia. “Touché.”
Ti
tocca appena il braccio. “È bello
rivederla.” Dice e supponi sia una di quelle
frasi fatte. Noti l’anello al dito – davvero, un
peccato che una simile donna abbia
avuto la sfortuna di incontrare Potter e Weasley.
Fai un cenno, tornando al tuo drink.
Il tendone sotto cui siete tutti accomodati straripa gente. Attendono
tutti la
festeggiata, schiamazzando e disinteressandosi del suo ritardo. Per
noia,
cerchi di dare un nome a ciascun nuovo volto. Fallisci e non ti
importa.
Poi senti lo schiamazzare
concentrarsi in un punto preciso.
Ti volti e la vedi; e sei felice di non aver bevuto prima,
perché ti sarebbe
andato sicuramente di traverso.
Un vestito non può cambiare completamente una persona,
pensavi una volta. Ti
hanno appena dimostrato che basta togliersi un vecchio mantello nero
per non
far più paura.
Basta un vestito a rendere
una
ragazzina una donna?
Impedisci ad ogni tua singola funzione biologica di deviare dal
tracciato
dell’assoluta tranquillità. Anche se Lily
è bellissima e tutti trattengono il
fiato. Perché si è abituati a vederli nella
uniforme un po’ larga, in maglioni
sformati e sporchi di pittura. In jeans. Lily indossa la
sua bellezza acerba come se non le
importasse.
Adesso le mani esperte delle donne di casa l’hanno resa
palese ad un intero
consesso di persone, e tu sei l’ultimo, devi
essere l’ultimo a notarlo e, soprattutto, mostrarlo.
Peccato che Lily non sia del
tuo stesso avviso.
“Severus!”
Esclama, districandosi tra genitori, fratelli, parenti e
sconosciuti che cercano la sua attenzione.
Senti le sue braccia sottili
cingerti il collo e abbracciarti stretto come se avesse ancora cinque
anni e
foste gli unici spiriti vivi nella brughiera.
C’è
ancora quell’adolescente
impacciato e spigoloso in te, che non è mai morto
perché dannazione, non è mai
cresciuto. È quell’imbecille che ti fa irrigidire
di fronte a sguardi
divertiti, stupiti e confusi del pubblico.
“Lily.”
Mormori. È un
avvertimento, e lo percepisce, perché si stacca.
Sembra leggermente delusa,
ma
continuano a brillarle gli occhi.
Con tutti i ragazzini
brufolosi che ci
sono, strizzati in vestiti
che odiano in suo onore,
perché
diavolo guarda te?
“Grazie per essere
venuto…”
Dice secondo copione. “Grazie.” Ripete.
“Bene.”
Dici secco, quasi
volessi dirgliene quattro. Sospira appena, poi ti fa un sorriso, si
volta e
torna dagli altri.
È un sollievo.
Davvero.
Finisci il tuo vino elfico e ne prendi un altro da camerieri veloci ed
efficienti.
Una volta c’erano elfi a questo genere di feste; supponi
c’entri la Granger e
le sue iniziative deliranti.
La festa entra nel suo
culmine
e poi lentamente scema. Dopo un po’ la gente è
troppo brilla o troppo occupata
per far altro che lanciarti qualche occhiata. Poi, neppure quelle.
Hai visto Lily interagire
con
i suoi coetanei; sorride molto, scherza. Ride poco ma ascolta tanto.
Sembra
felice.
È ora di tornare
a casa.
Le luci della Tana e del
tendone sfumano mentre ti incammini nel luogo dove sarà
più opportuno attivare
la Passaporta. Già pregusti l’intimità
del tuo salotto, un buon bicchiere di
whiskey e l’ultimo studio sul Distillato della Morte Vivente
ad opera di quel
pregevole pozionista iberico.
Ti giri tra le dita la
Passaporta; sei sufficientemente lontano. Eccellente.
Avresti potuto smaterializzarti anche lì, ma qualcuno ti
avrebbe visto e…
Hai comunque avuto conferma
che il Mondo Magico è andato meravigliosamente avanti senza
di te. Non che ti
aspettassi qualcosa di diverso.
(A parte il fatto che hai
salvato
il collettivo sedere della comunità.)
Potter è il lato
presentabile
della faccenda, tu sei quello oscuro. Quello che nessuno vuole vedere,
o
ricordare.
“Severus.”
Lily è a pochi passi da te. Ha abbandonato le scarpe
dall’aria dolorosa che
indossava e ti ha seguito a piedi nudi. È alta, in ogni caso
non fa molta
differenza.
“Te ne
vai?”
“La festa sta finendo e la mia presenza non è
certo necessaria.”
Si morde un labbro.
L’hanno
lasciata truccare, forse è stata persino sua madre ad
incoraggiarla. Conoscendola,
l’hanno presumibilmente obbligata.
“Non è
vero, lo è per me.”
Ribatte.
“Non mi
sembra.” Patetico.
Quanti anni hai Severus? È ancora quel ragazzino invidioso
che detta legge?
A quanto pare.
Lily sospira. “Se
avessi
voluto passare del tempo con te, tu avresti dovuto passarlo con me e
metà dei
miei parenti… in questo genere di feste è
impossibile non averli tutti con le
orecchie tese.” Fa una smorfia. “Metà
della festa è stata chiedermi dove fosse
il mio principe azzurro.”
“Non sono mancati
gli
aspiranti al titolo.” Ricordi come un ragazzotto biondo dagli
occhi sporgenti
l’abbia quasi requisita, prima che vi fossero veementi
proteste.
Lily sbuffa una risatina.
“Chi, quelli? Sono ragazzini…”
“Hanno la tua età, ad occhio e croce.”
“Appunto.” Replica, e rimane in silenzio.
È piuttosto scomodo. Poi grazie a
Merlino riprende a parlare. “Non ho visto il tuo regalo
insieme a quelli degli
altri.”
“Come sai che non è stato sommerso?”
“So che non l’avresti messo
lì.” Fa spallucce. “Te ne volevi andare
senza
darmelo?”
Effettivamente è un buon punto.
Te n’eri
completamente
dimenticato, vedendo vestiti, costosi set da disegno, gioielli e
tonnellate di
presenti che ha aperto al momento programmato.
Glielo porgi senza una
parola.
In compenso quasi te lo strappa di mano, e si libera della carta che lo
contiene. Scoppia a ridere quando vedere che cos’è.
“Jane
Eyre!” Ti guarda radiosa ed è quasi
insostenibile. “Beh,
perlomeno è una lettura meno tragica di Cime
Tempestose.” Ghigna. “Il regalo
peggiore di sempre, Severus. E non avevo ancora un anno.”
“Adesso hai entrambe le sorelle.” Replichi e non
puoi fare a meno di suonare
divertito. Perché quel maledetto tomo consumato te lo sei
ritrovato ovunque in
casa. In salotto, nella camera degli ospiti, in cucina e persino in
veranda, ad
asciugarsi dalla pioggia improvvisa che aveva investito la sua
proprietaria.
Una volta te lo sei trovato,
beffardo, anche in camera da letto.
“Aspettavo che tu
me lo
regalassi per leggerlo… Ed è bellissima
quest’edizione rilegata” Ridacchia
seppellendo il naso nelle pagine. “Adesso saprò
perché i babbani lo considerano
un’opera minore a Cime Tempestose.”
Glissi sulla prima affermazione.
“Personalmente,
trovo sia
un’opinione ridicola.”
“Ti piacciono i
lieto fine?”
Non è il caso di disquisire di letteratura in mezzo ad un
campo buio, ma Lily
non ha mai avuto senso dell’opportunità. A volte
dovevi prenderla quasi di peso
per riportarla in casa, quando arrivava la pioggia o un vento troppo
forte per
rimaner fuori. Una volta è riuscita a scappare e
l’hai vista correre in mezzo
al temporale e poi buttarsi sull’erba con una risata. Una
cosa sciocca. Poi ti
sei accorto che le stavi sorridendo.
Ti ha visto, e due settimane
dopo ti è stato recapitato un dipinto a tela; tu sulla
veranda della casa, che
guardi fuori, guardi lei. L’hai appeso, perché no,
non potevi farne a meno.
“È
meglio se torni alla festa.
Si staranno chiedendo dove tu sia.”
“Non mi importa.” Fa un passo e improvvisamente ti
rendi conto di quanto
maledettamente sia vicina. “È qui che voglio
stare.”
E poi si sporge e le sue
braccia sono di nuovo attorno al tuo collo, ma stavolta non
è una
manifestazione infantile e un po’ fuori luogo di affetto.
Stavolta ti bacia sulle
labbra, e non può dire che non te lo fossi aspettato.
È da tre anni che
sapevi di
questo momento, quasi l’avessi visto nella sfera di
un’indovina.
Non avresti dovuto darle
tutta
quella confidenza. Non avresti dovuto consolarla dopo la separazione
dei suoi.
Non avresti dovuto lasciarle dare il nome al tuo gatto, preparare
pozioni nel
tuo laboratorio o versarti il the.
Non avresti dovuto lasciare
che ti entrasse dentro come ha fatto l’altra Lily,
perché le labbra morbide che
toccano le tue non hanno nessun diritto di farlo. Perché
è sbagliato e perché è
solo una bambina.
E tutte queste ragioni
dovrebbero fartela respingere con serenità; invece avresti
voglia di urlare
come il giorno che hai scoperto che lei era
morta.
Perché
è appena finita di
nuovo.
La stacchi con sufficiente
gentilezza, e i muscoli tremano oltraggiati, perché
vorrebbero spingerla via,
scaraventarla il più possibile lontano da te.
Ma sei un uomo adulto,
Severus, un uomo che serenamente le dirà come vanno le cose.
Solo, non deve parlare,
è così
brava a rimanere in silenzio, è questo il motivo che te
l’ha resa subito
simpatica.
“Ti amo,
Severus”
Le parole sbagliate.
È finita. Hai
perso la mano.
Ehi, hai giocato bene, ma poi esistono fattori imprevedibili
e…
“Tu non mi
ami.” Ti senti
dire, e il tono è duro come la pietra che senti al posto del
cuore. “Sei
innamorata dell’idea che hai di me… e francamente,
l’idea è parecchio
edulcorata. Sei una bambina, ed io sono un uomo adulto.”
“Anch’io sono adulta!” Sbotta, e poi ci
ripensa, forse è troppo infantile quel
che sta dicendo. Già.
“Dannazione,
sono maggiorenne! Ho aspettato, perché sapevo…
avevo capito che per te era un
problema e…”
“Supponi che sia questo, l’unico
problema?”
Si blocca. Non ci sarebbe neppure bisogno di aggiungere altro,
perché Lily è
intuitiva, dove andrai a parare è palese.
Non era come se
l’era
aspettata. È l’età dei castelli in
aria. I tuoi sono crollati molto prima, ma è
un dettaglio ininfluente, tralasciando che questo ti ha reso duro come
la
pietra.
“Non…
non mi sbaglio.”
Sussurra a mezze labbra, tormentandosi l’orlo della cintura
di stoffa. “Posso
essere una ragazzina, lo so che
sono
una ragazzina… Ma non mi hai lasciato entrare nella tua vita
perché ero carina…
non mi hai lasciato restare
perché ti sono simpatica… L’hai fatto
perché mi volevi lì.” Le trema la voce
ma
è coraggiosa. Merlino, come tu mai lo saresti stato a
quell’età. “Tu mi ami.”
No.
Non la ami. Puoi provare affetto, tiepida simpatia. Un certo debole.
Hai amato
una sola donna e quella è morta proprio per quel motivo.
Tanto, tanto tempo fa.
Amarla sarebbe grottesco,
inadatto. Spaventoso.
Sarebbe come ricadere di nuovo negli stessi errori, con la
consapevolezza di
compierli momento per momento, stavolta.
Un taglio netto. Ne sei
capace. Hai ucciso un uomo guardandolo negli occhi. Un uomo a cui avevi
imparato
a voler bene.
(Un uomo che non ti ha mai amato. Che novità.)
“Basta
così.” Duro, spietato.
Vedere ragazzini in lacrime non era il tuo passatempo preferito,
vecchio
pipistrello? “Questa storia è andata troppo
oltre.” Non è facile trovare le
parole adesso, però. Si può solo agire.
“Dammi la Passaporta.”
“… Quale?” Mormora confusa, prima di
fare mente locale. Se non fosse così buio,
potresti vederla impallidire. L’espressione ne è
corrispondente. “Non…”
“È una Passaporta per casa mia, per una mia
proprietà.” Continui impietoso, e
il tono è meravigliosamente fermo. Non che possa essere
diverso. È un’abilità
consumata quella di sembrare un mostro senza cuore né
sentimenti. “Posso ed ho
il diritto di chiederla indietro in
qualsiasi momento.” Tendi la mano.
Lily ti guarda, e per un
momento sembra quasi che non capisca cosa le stai dicendo. È
colpa tua. Per
anni l’hai abituata ad avere tutto ciò che voleva
da te. La cosa peggiore è che
sapeva che la stavi viziando,
perché
quegli idioti dei suoi parenti le devono aver ripetuto fino alla nausea
quanto
fosse speciale, ad aver ottenuto la
tua benevolenza.
Ma c’è
qualcosa di ancora più
orribile. Il suo clan ha ragione. Lei è
speciale.
“La
Passaporta.”
Alla seconda volta finalmente si muove. Non avresti sopportato
ripeterlo una
terza. Se la stacca dal collo; non ha collane indosso, anche se gliene
hanno
regalate molte.
(Qualcuno ha mai notato che
detesta i gioielli e soprattutto le collane perché le si
impigliano nei capelli?)
Te la porge e le tremano
così
tanto le mani che devi afferrarla tu. “Non voglio
più vederti a casa mia. Non
venirmi a trovare, non mandarmi Gufi.”
Non piange. Forse è questa la cosa più spaventosa
di tutte. Non ha neanche gli
occhi lucidi. È solo pallida. “Non
puoi…”
“Posso.” Te la infili in tasca. È ancora
tiepida. Diventerà fredda, dentro
qualche cassetto. “Quello che non posso, è
permettere che continui. Trovati una
persona adeguata, vivi la tua vita. Sei giovane, è
ciò che devi fare. Io ho già
vissuto la mia.”
“Non è vero.” Sussurra.
“Sopravvivere non è vivere. E tu cos’hai
fatto
fin’ora?”
Sarà l’ultima volta che ti scuoterà nel
profondo così. L’ultima volta che
vedrai i suoi occhi e… beh, non vedrai nulla
perché è tutto ombra.
Adeguato per uno come te.
“Torna alla
festa.” Torna alla tua vita. Torna
al presente. Ti
sto facendo un favore –
vorresti
dirle questo, ma non sei un tipo melodrammatico. Mai stato.
In ogni caso, il Destino ti
ha
lasciato giocare solo per vederti perdere.
Vedi la tua, di Passaporta,
brillare e la stringi. La stringi talmente forte che ti scordi che
è un pezzo
di vetro levigato dal mare e che potrebbe anche tagliarti, dato che non
è tanto levigato.
Lily è davanti a
te, in ombra,
pallida come il fantasma di una donna che hai amato. Ma non
è lei, non è mai
stata lei. Ed era il più dolce balsamo che la vita potesse
donarti.
E purtroppo, oltre ogni
ragionevolezza, il tuo famigerato cuore di pietra, fa male.
“Codardo…”
Sussurra. E una
volta ti saresti rivoltato con furia, a questa accusa.
Ma adesso sai ammettere
quando
è fondata.
Due giorni dopo una lettera
di
Potter ti informa che Lily è partita per una nazione dal
nome impronunciabile, nell’Est
dell’Europa. Senza una spiegazione, senza un
perché. In famiglia sono tutti
sconvolti: deve terminare Hogwarts per i MAGO. Tu non lo sei. Sai da
anni che a
Lily di riconoscimenti accademici non è mai importato molto.
(Questo non ti fa sentire meno in colpa nella tua anima di accademico,
comunque.)
Anche in questo ti assomiglia: mettere miglia, quando si ha il cuore
spezzato.
Strappi la lettera e la
lasci
bruciare nel camino e la guardi ardere fino a che non si consuma in
cenere.
Le previsioni babbane dicono
che pioverà per giorni. Fuori e – commenti tra te
e te – anche dentro.
****
Note:
Vai con l’angst!
Beh, doveva succedere.
Ho detto che sarebbe stata due parti?
Ho mentito.
Il fatto è che ehm… maledetta grafomania. Deve
essere più lunga. Tre parti. Giuro che stavolta dico la
verità! Glargh!
Grazie per le meravigliose recensioni! Non pensavo avrebbe avuto tanto
seguito,
considerano la coppia un bel po’ – tanto
– crack. :D Ma… figata!
Ma se qualcuno credere (come me e le Repayers)
che Severus fosse troppo furbo per morire in quel modo
miserando… beh, potrebbe
anche diventare canon, giusto?
Ricordo ancora la pagina della coppia, gestita da me e Emme su facebook
Repayement Ita. Per chi volesse vedere Lily Luna, ecco qui
Qui
la canzone che mi ha ispirato il capitolo. Meravigliosa Tori. Altra
canzone che
mi ha letteralmente stregato è
questa . Purtroppo non è da youtube, e non
è neanche tutta, ma sono
un gruppo senza etichetta. Consiglio di scaricare da Itunes il loro
album a
chiunque disponga di un po’ d’euro,
perché solo questa canzone li vale tutti.
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