Devo essere sincera
Ebbene siamo arrivati alla fine! Che dire, se non che sono
davvero felice? Ho cambiato l'epilogo diverse volte e questa versione è in
assoluto quella che mi soddisfa di più (e poi questo capitolo è molto più lungo
dei precedenti...del resto, non potevo interromperlo). Fatemi sapere cosa ne
pensate, del capitolo e della fanfiction). Anche perchè per ora non ho
intenzione di scrivere un sequel, ma non è un'idea che scarto (avrei qualche
spunto che mi frulla in testa...). Vorrei quindi sapere che ne dite. Per ora
continuerò solo con il mio racconto originale... Un bacio, Dicembre
Hiruseki
Capitolo
Ventiduesimo
Piove dirotto e l’unico
posto che ho trovato nelle vicinanze per ripararmi è questa grotta, troppo umida
per le condizioni di Kurama.
Com’è sciocco, sapeva che
non sarebbe mai dovuto venire nel Makai così debole, ma è venuto lo stesso…
Ma forse sono più sciocco io
che, come il più inesperto fra gli yukai, sono caduto nella sua trappola.
Ho percepito la sua aura
appena questi ha varcato la soglia fra i due mondi e senza accorgermene gli ero
di fianco.
Pensavo di andarmene via da
lui così, semplicemente, ma ho subito ceduto.
Sono davvero senza nervo.
Sorrido.
Guardo la sua figura
dormire, con la testa appoggiata alle mie ginocchia e le sue braccia allacciate
alla mia vita, quasi avesse paura che lo lasciassi qui solo.
Sospiro, non lo lascerei mai
solo, così indifeso, ma ugualmente non vorrei che si svegliasse, non vorrei
doverlo affrontare, vorrei solo sparire.
Perché è venuto a cercarmi?
Nonostante abbia bevuto
l’Hiruseki, nonostante sappia tutto di me, perché è venuto ugualmente?
Avevo sperato mi lasciasse
in pace, dopo quella sera, avevo sperato di non rivederlo più…ma probabilmente
mi sto mentendo.
Mi chiedo che cosa devo
fare…
Che cosa devo fare?
Mi sento stretto in una
morsa da cui non riesco a scappare, messo in un angolo, e non trovo soluzione.
Non riesco a dimenticarlo,
e, per quanto cerchi di allontanarmi da lui, lui m’insegue nella mente e nello
spirito…ma anche nel corpo.
E sempre me lo ritrovo
vicino.
Questo mi rende felice.
E penso che non dovrei
esserlo.
Gli accarezzo i capelli.
Come potrei non esserlo? Ma allo stesso tempo, come posso non vergognarmi di… di
me.
Vedo brillare qualcosa sul
suo collo e guardo che cos’è: la mia Hiruseki, rossa e torbida. La prendo fra le
dita e la guardo, stupito di vederla lì.
“Non pensare di staccarla, è
mia” e prima che me ne accorga, la mano di Kurama s’impadronisce della perla che
tenevo fra le dita e se la rimette sotto i vestiti “E’ mia” ripete, con la voce
ancora impastata.
Io non rispondo. Ha ragione
è sua. Le Hiruseki sono un dono. Per quanto ironico possa sembrare, quella sfera
rossa, infangata dalla mia natura, è sua.
Vorrei andarmene, ora più
che mai, vorrei che qualcuno mi convincesse che io non potrò mai averlo.
Lo so, ma ciò non toglie che
lo ami ogni giorno che passa, sempre di più.
“Perché sei scappato?”
Non rispondo, la volpe sa già la risposta, è inutile che la ripeta.
“Perché ti nascondi da me,
Hiei?”
Ma ancora non rispondo, e
guardo l’uscita della grotta quasi fosse una via di fuga.
La pioggia battente crea un
muro d’acqua e non riesco a vedere niente attraverso, se non forme d’alberi
sfumate.
“Tu non sai quanto io…” ma
s’interrompe e si mette a sedere, a fatica “Perché non ti fidi di me?”
Lo guardo e aggrotto le sopracciglia: che cosa sta dicendo? Che cosa intende?
“Perché non ti fidi di me?”
ripete lui “perché pensi davvero che ciò che sei possa farmi scappare?”
Sussulto e, inconsapevolmente, arretro leggermente la schiena. Lo guardo negli
occhi: appare davvero addolorato e io non capisco.
“Sei uno sciocco Hiei, come
puoi pensare che ciò che sei possa allontanarmi da te? Conoscevo chi fossi in
realtà ben prima che bevesi la tua Hiruseki. Sebbene non conoscessi ogni minimo
dettaglio della tua vita, davvero pensavi che in tutti questi anni non abbia
imparato a conoscerti?”
C’è del dolore nella sua
voce ed una profonda solitudine.
Mi chiedo se davvero sono
stato io a causarli.
Scuoto la testa, incredulo.
“Smetti di essere così
intransigente con te stesso e lascia che la gente ti ami per ciò che sei”
Se mi fossero crollate le
mura intorno a noi, o se semplicemente il mio cuore avesse smesso di battere con
un tonfo, questo non so dirlo. Scuoto la testa atterrito e ancora, indietreggio
un po’.
“La tua anima è il dono più
bello che tu potessi farmi…” bisbiglia, ma io non capisco bene cosa intenda
“Lascia che la gente ti ami per ciò che sei” mi ripete e quasi vorrei gridare,
se non mi chiudesse prima la bocca con le sue labbra.
Mi coglie così di sorpresa
che con le braccia lo spingo via con forza e lui è troppo debole per oppormi
resistenza.
Mi porto la mano sulle
labbra ed il suo sapore viene assorbito così in fretta dalla mia mente che mi
sembra di impazzire, perché ne voglio ancora.
Ma non posso averne.
Mi alzo e lo guardo con
odio. Si sta prendendo gioco di me, si diverte a farmi uscire di senno, ad
usarmi per poi…
No, Kurama non lo farebbe
mai, non lui.
Invece di fuggire esito,
perdo l’attimo per andarmene e, finalmente, lasciarlo alle mie spalle e
scomparire.
Lui è un combattente troppo
abile per non approfittare delle incertezze dell’avversario.
Mi sento premuto contro la
parete ed addosso sento lui. Mi schiaccia, ma nonostante s’imponga su di me con
una forza ritrovata, le sue labbra s’impongono sulle mie con una dolcezza
disarmante.
Per quanto notti, in un
posto segreto della mia mente, ho sognato di poter baciare il mio Kurama?
Quante volte ho sperato, negandolo, di averlo fra le mie braccia?
Troppe volte. Ora il suo
sapore frantuma qualunque mia volontà e l’unica cosa che mi rimane è il
desiderio di averlo mio.
Tutto scompare e c’è solo
lui, il suo odore e la sua pelle morbida, il suo respiro e le sue braccia.
Allora penso che alla fine,
va bene così e mi lascio andare.
Lo bacio anch’io.
So che questo gesto mi
ucciderà perché quando capirò che nulla di tutto questo è reale, allora morirò.
Ma se devo morire, se c’è
qualcuno che deve uccidermi, va bene che sia lui.
Basta che mi sia permesso di
dargli ancora questo bacio, che prometto essere l’ultimo, ma che diventa
inevitabilmente il primo, o forse il secondo non lo so.
on lo so. che diventa inevitabilmente il primo, o forse il seocndo o essere l'a.
il mio Kurama?
mi sembra di impazzire, perchèSe mi sta mentendo,
lascio che m’inganni. Se vuole essere il mio carnefice, non opporrò alcuna
resistenza, se devo morire qui, va bene.
Le sue mani sono su di me,
così delicate ed esperte che le mie m’imbarazzano, callose e titubanti. Ma lo
stesso lo bacio ovunque e lo accarezzo, e quando lo sento gemere sono così
felice che non vorrei mai smettere di ascoltarlo.
Seguo il mio corpo, perché
lui sa cosa fare mentre io no. Mordicchio la sue pelle bianca e ne voglio sempre
di più. Mi sembra di impazzire, con le mani sulle sue forme perfette e la mia
bocca intorno a lui. Le sue mani si stringono così forte attorno ai miei capelli
che quasi me li strappano, ma non m’interessa, voglio tutto di lui.
Quando le sue dita lasciano
i capelli mi dedico anche a loro, lunghe e bellissime.
Quando ritorno nella sua
bocca, lui mi passa una mano sulla fronte e strappa la mia bandana.
“Guardami” mi bisbiglia e
lascia al mio Jagan libero accesso alla sua mente.
Probabilmente grido, non lo
so, perché col terzo occhio aperto, non ho più nessuna barriera fra me e lui.
Così quando entrambi
raggiungiamo l’orgasmo, gli bisbiglio nell’orecchio di amarlo.
Una, due, dieci volte, non
lo so.
Ma glielo dico, senza freno,
perché lui è l’unica cosa vera che abbia mai avuto e lo voglio solo per me.
Perché lui è mio.
Piove ancora a dirotto. Le
gocce cadono ritmicamente e accompagnano il nostro respiro. Ha il viso
appoggiato alla mia spalla e penso che dorma, ma mi stringe la vita con le sue
braccia.
Forse teme che scappi di
nuovo e vaglio, sinceramente, l’idea di farlo.
Sento un bacio leggerissimo
sulla spalla, ma io non mi muovo, non so se sono già pronto a guardarlo in
faccia. Ho paura di quello che potrei vederci.
Ma lui non smette di
baciarmi la spalla e poi, d’improvviso, percepisco un dolore penetrante ed
acuto, dove prima sentivo le sue labbra. Sussulto. Mi ha morso e sento il mio
sangue scorrere fuori dalla ferita.
Solo adesso mi guarda e
cerca nei miei occhi l’assenso per quel gesto.
Il mio sangue sulle sue
labbra lo fa apparire come il più pericoloso fra i predatori, ma è così sensuale
che ha già vinto.
Sorrido, leccandoglielo via.
Il mio sangue su di lui ha un sapore inebriante e con quel sorriso, gli do il
mio assenso a fare ciò che vuole.
Perché negarglielo, quando
non c’è nulla di me che non lo voglia?
Esiste un antico rituale,
nel Makai, che sancisce l’unione di uno yukai con un altro. Si può unire il
proprio sangue con l’aura di un altro lasciando che questa scorra con lui nel
corpo e lo permei. Completamente.
E’ un legame indelebile. E’
un legame assoluto. Ed è un legame volontario.
Non esiste forza né volontà
che possa imporre questo legame sull’altro se non sia questo a chiederlo e a
volerlo. Non esiste modo per obbligare qualcuno ad accettarlo e non esiste modo
per reciderlo.
Ma perché dovrei esitare?
Se Kurama reclama il mio
sangue è perché è suo da reclamare. Che se lo prenda, quindi che sia suo come lo
è da sempre.
Sento la sua aurea penetrare
nel mio sangue e il piacere che questa provoca è così intensa che grido
inebriato.
Lo sento entrare dal collo,
raggiungermi il petto e da lì espandersi ovunque.
Stringo le braccia intorno a
lui e inarco la schiena, in balia di quella sensazione. Lo richiedo e lo
pretendo dentro di me e non lo voglio più lasciar sfuggire. La sua aura profuma
di rosa e quell’odore, insieme alla sua forza, mi prendono completamente.
Lo bacio di nuovo, altre
mille volte, finchè lui non si ferma e non si asciuga dalle labbra una goccia
di sangue uscita da una ferita che probabilmente gli ho provocato io. Mi guarda
e io non posso credere a quello che quegl’occhi m stanno chiedendo.
Cerco di chiedergli
qualcosa, ma mi zittisce con un dito.
“Ti amo, Hiei” dice
semplicemente.
La sua voce mi commuove, ed
infine gli credo. Sono uno sciocco, forse, ma l’ultimo dubbio viene spazzato via
e gli credo.
E’ il suo sangue che mi
chiama e mi permette di fare ciò che mai avrei sperato. Mi permette di
reclamarlo come mio.
Lego la mia aura a quel
sangue sulle sue labbra ed il resto è niente.
Lo sento gridare il mio
nome, forse la mia aura lo brucia, ma il suo sangue la cattura del tutto e io
non ho più alcun potere.
Sono felice come non lo sono
mai stato e per la prima volta in tutta la mia vita, non maledico d’essere nato.
Nevicava da diversi giorni
ormai, Hiei guardava le terre del Makai di fronte a lui e per un istante, gli
parve di essere tornato nella terra dei Koorime.
Ma il suo animo era in pace
ora, quel freddo e quella neve rimanevano fuori da lui e dai suoi pensieri. Si
sporse dal davanzale per guardare meglio gli alberi innevati sotto di lui e per
sentire l’odore pungente degli abeti. Non indossava alcuna casacca e, quando una
folata di vento particolarmente gelida lo raggiunse, un brivido gli corse lungo
la schiena.
Hiei poi si sedette sul
davanzale e osservò, fra le mura dello stesso, il più bel fiore che avesse mai
visto. Era da quando era tornato al castello di Mukuro che non faceva altro che
guardare quel fiore bianco, coi pistilli rossi.
Era passato un po’ di tempo da
quando Kurama era tornato nel Ningenkai e lui era rimasto lì, come era suo
dovere fare. Nonostante gli mancasse da impazzire, Hiei sapeva vivere con la
nostalgia e sapeva che quella, in quel momento, era la decisione migliore da
prendere. Kurama era tornato nei panni del figlio, quelli che gli competevano
ancora per qualche anno, e lui era tornato nei panni del buttafuori, come aveva
detto Yuusuke.
Si toccò la piccola cicatrice
che aveva sul collo.
Avrebbero avuto tempo. Per ora
si sarebbero visti di tanto in tanto, ma avrebbero continuato a vivere in due
mondi diversi, separati, anche se per sempre uniti.
E poi Kurama aveva promesso che
sarebbe venuto a trovarlo spesso, e Hiei ci credeva. Del resto, per ora, non
voleva tornare nel regno degli umani perché avrebbe anche voluto dire rivedere
Yuukina e non era ancora pronto per affrontarla. Non a così breve distanza da
tutto quello che era successo…
Era sbagliato, ma aveva bisogno
di tempo.
“Sei così perso nei tuoi
pensieri, che non ti sei neanche accorto che sono entrata in stanza”
Hiei si girò lentamente a
guardare Mukuro, ma tornò subito a riguardare il suo fiore.
“E’ un fiore di neve…”
“Qualcuno è riuscito a farlo
crescere?”
Hiei sorrise: sapevano entrambi la risposta. E il dono del fiore implicava
qualcosa che non sfuggì a Mukuro.
“Tornei nel Ningenkai?”
Hiei scosse la testa “Non è necessario, per ora il mio posto è qui”
E di nuovo guardò quel fiore
bianco e i suoi pistilli rossi che ondeggiavano al vento, e si sentì libero.
Ma soprattutto, si sentì
felice.
Fine
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