Non
può piovere per sempre
Capitolo 37
L'agguato
Dieci minuti dopo la
partenza di Regulus, gli Auror suonarono al campanello di casa Queen,
e Sory andò ad aprire, abbattuta.
« Dobbiamo effettuare
una perquisizione della casa, e vi consiglio di non opporre
resistenza » esordì Barty Crouch senior di fronte
all'espressione
disgustata di Perseus.
« Posso sapere perché?
» domandò quest'ultimo, senza lasciarsi
impressionare.
« Siete sospettati di
complicità con i Mangiamorte » rispose Crouch, con
un tono di
accusa che avrebbe fatto infuriare chiunque. Diane infatti dovette
afferrare il polso del marito per intimargli di non reagire.
« Spero che tu stia
scherzando. Non siamo mai stati complici dei Mangiamorte, e mai lo
saremo » replicò Perseus.
« Secondo fonti
attendibili, uno di loro si nasconde qui a casa vostra, e voi lo
state proteggendo. »
« Questo è assurdo,
Crouch » disse Diane con voce ferma.
« Lo spero per voi,
signora. »
Rachel si impose di non
tremare mentre guardava gli Auror dividersi in gruppo e iniziare a
perlustrare le varie stanze. Odiava il modo in cui parecchi di loro
spostavano tutto senza alcun rispetto delle cose altrui. La facevano
sentire violata in qualcosa che le apparteneva. Quindi fu quasi un
sollievo quando un Auror appena diplomato chiese timidamente a Diane
il permesso di entrare nella sua stanza.
Rachel continuò a tenere
d'occhio gli Auror che perlustravano il giardino, dal magazzino delle
scope al retro, con un'ansia crescente. Aveva sotterrato l'athame, il
diario distrutto e le provette piene di filtro, tutti in punti
diversi e nascosti del giardino, e li aveva anche provvisti di
incantesimi per nasconderli, ma aveva ugualmente una gran paura
che qualcuno riuscisse a trovarli. Ogni tanto si sentiva assalire dai
dubbi: e se avessero lasciato inavvertitamente qualche traccia della
presenza di Regulus?
Diane le lanciò
un'occhiata e, vedendola così spaventata, le rivolse uno
sguardo
rassicurante. Rachel annuì, sforzandosi di mantenere la
calma, anche
se il tono inquisitore di Crouch non le piaceva affatto.
« Nel giardino non c'è
nulla » annunciò un Auror, entrando in casa,
seguito da altri suoi
colleghi, un addetto del Ministero che sembrava lì solo per
prendere
appunti e un'ultima persona di loro conoscenza.
Rachel si conficcò le
unghie nella mano stretta a pugno per trattenere l'impulso di
prenderlo a calci, quando Barty la vide.
A Rachel bastò scoccargli un breve sguardo omicida per
convincerlo a non rivolgerle la parola. Barty si guardò
la punta delle scarpe, mordendosi l'interno della guancia per la
stizza. Lei notò la sua preoccupazione e la sua ansia:
riusciva a
percepirle perfettamente, ora che si trovavano l'uno accanto
all'altra.
Di colpo si rese conto
che lui sapeva tutto, e probabilmente anche Barty stava pensando la
stessa cosa, perché entrambi si guardarono con inquietudine.
Tutti e
due erano a conoscenza sia del fatto che Regulus fosse vivo sia che
Barty fosse un Mangiamorte, ma avrebbero continuato a fingere di non
saperlo, perché dichiararsi guerra apertamente sarebbe stato
ancora
più pericoloso.
La stessa cosa non poteva
dirsi per i loro rispettivi padri.
« Dieci Auror per
perquisire una casa in cui non troveranno nulla e perderanno solo
tempo prezioso, complimenti » commentò Perseus,
beffardo. « Ora mi
spiego perché poi i Mangiamorte veri la passano sempre
liscia. »
Rachel non poté fare a
meno di lanciargli uno sguardo ammirato, anche se Crouch non sembrava
condividere la sua stessa opinione.
« Stai attento a come
parli, Queen. Questo è il modo migliore per mettervi tutti
nei guai,
ancora più di adesso » lo minacciò.
« Non mi sembra che
stiate risolvendo molto, al momento » replicò lui,
prima che Diane
gli intimasse di smetterla.
Crouch gli riservò
un'occhiata sprezzante e poi si soffermò a fissare tutti e
tre uno
dopo l'altro, riflettendo su qualcosa che loro non capivano. Ad un
certo punto, si rivolse a Rachel, che sussultò.
« Signorina, dovrei
farle qualche domanda. »
Fantastico, pensò
lei, inorridita.
« Mia figlia non è una
criminale! » protestò Perseus.
« Infatti devo solo
interrogarla. Se non ha niente da nascondere, non vedo
perché
dovreste temere che io le parli » rispose Crouch.
« Chieda pure » disse
Rachel, con un tono molto più deciso di quanto credeva,
anche se
dentro di sé si sentiva tremare dalla testa ai piedi.
Crouch la scortò in
cucina per non subire interruzioni e la invitò a sedersi.
« No grazie, preferisco
restare in piedi » rispose lei, dal momento che neanche lui
accennava a prendere posto su una sedia.
« Faccia come vuole.
Dunque » esordì lui, schiarendosi la voce e
consultando un rotolo
di pergamena, mentre Rachel deglutiva, ansiosa. « Penso che
lei
sappia perché siamo qui. »
« Veramente no »
ribatté lei, sfoderando la sua migliore espressione
innocente.
« No? Sappiamo che lei e
la sua famiglia state nascondendo Regulus Black, lo ammetta.
»
Rachel non dovette
sforzarsi troppo per recitare, perché non si aspettava
comunque che
Crouch lo dicesse subito.
« Ma che dice? Lui... è
morto mesi fa... »
« Non credo proprio. »
« Si sta sbagliando. Se
fosse vivo lo saprei. »
« Grazie per
l'informazione. Questo conferma i miei sospetti. »
Rachel trattenne il
respiro, mordendosi la lingua e maledicendo se stessa.
« Lei è fidanzata con
lui, giusto? »
« Ero. »
« Certo... » commentò
Crouch, beffardo. La fissava dritto negli occhi, e Rachel faceva
fatica a restare calma sotto quello sguardo inquisitore. «
Quanto
tempo siete stati insieme? »
« Un paio di anni, anche
se eravamo amici da prima. »
« Quindi anche dopo la
scuola, nel periodo in cui era un Mangiamorte. »
Rachel si morse il
labbro, perché già prevedeva la domanda che le
avrebbe posto subito
dopo.
« Lei sospettava che si
fosse già unito alle schiere di Lei-Sa-Chi? »
« No » rispose lei,
cercando di riflettere rapidamente. Non doveva agitarsi, bastava
dirgli quello che aveva sempre detto a tutti negli ultimi mesi.
«
L'ho scoperto dopo. »
« E ha continuato a
frequentarlo? »
« No. »
« Non l'ha più visto da
quel momento? » insisté lui, scettico.
« No » ripeté lei,
abbassando lo sguardo, nervosa. Per fortuna poteva farlo passare per un
gesto
di tristezza.
Ad ogni modo Crouch
sembrava poco interessato a certi dettagli.
« Signorina, le do
ancora cinque minuti di tempo per dire la verità.
Altrimenti, quando
scopriremo che ha mentito – perché le assicuro che
lo scopriremo –
sarà accusata di complicità e spedita ad Azkaban
insieme ai suoi.
Se ci riflette, capirà che non vale la pena rischiare una
condanna
per proteggere un criminale che si diverte a uccidere Babbani.
»
Rachel lo avrebbe preso
volentieri a pugni, e neanche in futuro seppe come era riuscita a
trattenersi.
« Non ho altro da
aggiungere. »
Crouch la guardò con
rabbia per alcuni istanti, ed era sul punto di dire qualcosa quando
un Auror si affacciò nella cucina bussando alla porta
aperta.
« Scusi signore, posso?
»
« Sì. Avete trovato
qualcosa? »
« No, niente. Mi
dispiace. »
Crouch sembrava
furibondo, e Rachel fece un respiro di sollievo.
« D'accordo, ce ne
andiamo. »
Crouch uscì dalla
cucina, di pessimo umore, premurandosi di avvertire i Queen che
quella faccenda non sarebbe finita così. Perseus gli
aprì la porta,
invitandolo silenziosamente ad uscire.
Mentre Crouch lasciava la
casa, seguito dagli Auror, suo figlio lanciò un'ultima
occhiata a
Rachel. Sembrava più sicuro di quanto avrebbe dovuto essere,
e lei
si sentì invadere da uno strano sospetto. Ma l'ansia
sparì quando
notò che Barty esibiva dei graffi freschi sulla guancia.
Rachel cercò di
trattenere il sorrisetto che le sorgeva spontaneo. Per quella sera
Attila si era guadagnato razione doppia di cibo.
***
« Casa tua sarebbe
questa? » domandò Regulus, guardandosi intorno
mentre se ne stava
in piedi all'ingresso.
« Non reprimere il tuo
disgusto, o potrei pensare che dopotutto non ti fa troppo schifo
»
commentò Sirius, ironico.
« Il muro è bucato »
gli fece notare quello, indicando tre piccoli fori posti uno sopra
l'altro.
Sirius ridacchiò.
« Quella si chiama presa
di corrente... e non metterci le mani, idiota. È pericoloso.
»
Regulus gli scoccò
un'occhiataccia, indispettito, ma non commentò. Non fece
commenti
neanche sul disordine che regnava in ogni stanza che Sirius gli fece
vedere, anche se gli costò molta fatica.
« Tu sistemati qua »
gli disse, aprendo una porta in fondo al corridoio, mostrandogli una
stanza spoglia, che di sicuro non veniva usata spesso.
« Ok » mugugnò lui,
entrando e scrutando la stanza.
« Qualcosa non va? »
« No, tutto bene. Mi
chiedevo soltanto... i tuoi compari vengono spesso qui, giusto?
Dovrò
restare chiuso in questa stanza senza farmi vedere ogni volta?
»
Sirius parve pensarci un
po' ma scosse la testa.
« Scusa? Io ho fatto di
tutto per liberarmi di voi e trovare una casa tutta per me, figurati
se adesso ti ospito qui in eterno... Dai, non fare quella faccia, sto
scherzando! Resterai qui per qualche giorno e poi decideremo dove
portarti. In effetti non è il posto più sicuro,
ma per ora è
l'unico che mi è venuto in mente. Per quanto riguarda
l'Ordine, se
ormai Voldemort, Crouch e gli Auror sanno che sei ancora vivo, a
questo punto lo dovranno sapere anche loro. Se non lo dicessi sarebbe
inutile, visto che quello o quella che ci spia ne sarà
già a
conoscenza tramite i Mangiamorte. »
Regulus sbuffò, agitato.
« Fantastico »
bofonchiò.
Sirius esitò per alcuni
istanti, come faceva sempre quando aveva intenzione di essere
più
cordiale del solito.
« Vedrai che andrà
tutto bene » lo rassicurò, senza guardarlo.
Regulus annuì, anche se
non ne era del tutto convinto.
« Lo spero. »
***
Alphard chiuse la porta
che conduceva alla biblioteca e girò la chiave nella toppa,
dando
più mandate che poteva. Quando la serratura si
illuminò di azzurro,
estrasse la chiave e si voltò, porgendola al suo elfo
domestico.
« Ecco, Aster, puoi
rimetterla a posto » gli disse, e lui annuì, per
poi allontanarsi
nel corridoio immerso nella penombra.
Alphard si avviò verso
il salotto, guardando il sole tramontare oltre l'orizzonte. Era quasi
ora di cena, e questo significava che un'altra giornata stava per
finire. Sospirò. Dopo aver trascorso le ultime settimane a
cercare
ricordi su Riddle nella sua testa, rendersi conto di non poter fare
di più lo aveva fatto sprofondare di nuovo nell'apatia. Non
che si
annoiasse da morire – in fondo aveva sempre avuto una mente
desiderosa di essere arricchita da nuove conoscenze, e la magia era
così vasta che non sarebbe bastata una vita intera a
conoscerla
tutta, perciò continuava a leggere nuovi volumi volentieri
– ma
avrebbe voluto fare di più.
La radio sul tavolino del
salotto era accesa sulla stazione RSN (Radio Strega Network) e stava
trasmettendo una canzone di Celestina Warbeck. Alphard storse il
naso, infastidito, e la spense.
In quel momento, qualcosa
di luminoso attirò la sua attenzione, e Alphard si
voltò verso il
cane argentato che era atterrato davanti a lui fluttuando dolcemente.
Il Patronus aprì la
bocca e parlò con la voce di Sirius.
« Zio, abbiamo un
problema. Hanno scoperto di Regulus e sono sulle sue tracce. Ora non
posso spiegarti tutto, ma non agitarti: Regulus starà da me
per un
po'. Stiamo tutti bene, ma non provare a contattarci a meno che non
sia necessario, e comunque mai tramite i camini, potrebbero essere
controllati. Uno di noi verrà a trovarti quando
sarà tutto finito.
Tu intanto non uscire di casa per nessuna ragione al mondo.
»
Il Patronus si dissolse
nel nulla, lasciando l'uomo in preda ad un'ansia impotente. Il fatto
che Sirius gli avesse assicurato che stavano bene lo consolava, ma
non era sufficiente a farlo calmare. Come avevano fatto a scoprire
che Regulus era vivo? E se lo avessero catturato?
Si impose di calmarsi.
Del resto stavano bene e Regulus era al sicuro, non aveva motivo per
farsi prendere dal panico. Un pensiero lo fulminò,
lasciandolo senza
fiato: dovevano avere scoperto della Giratempo rubata. Quando la
minaccia di Rodolphus Lestrange lo aveva costretto a rimanere in
casa, non aveva più potuto riportarla all'Ufficio Misteri.
Così
l'aveva fatta sparire per sempre, sperando che gli Indicibili non ne
notassero la mancanza. Ma le sue speranze si erano rivelate vane.
Sapeva che prima o poi se ne sarebbero accorti...
Un tonfo sordo in
lontananza lo fece sobbalzare, e la mano gli si strinse
automaticamente intorno all'impugnatura della bacchetta.
Scrutò il
salotto e il tratto di corridoio che si vedeva dall'interno, ma non
c'era nessuno e non si sentiva nulla.
Forse sono paranoico,
pensò. Era impossibile che i Mangiamorte superassero gli
incantesimi
di sicurezza che circondavano la villa. Ma allora perché il
cuore
gli continuava a martellare nel petto?
« Aster, sei stato tu a
fare quel rumore? » chiese ad alta voce, sperando che l'elfo
glielo
confermasse.
Ma non ricevette
risposta.
Alphard fece un respiro
profondo, cercando di scacciare le paure che lo stavano assalendo.
Era solo una suggestione, non poteva succedergli nulla
finché
rimaneva dentro casa.
Tenendo la bacchetta
levata davanti a sé, uscì dal salotto, iniziando
a percorrere il
corridoio nella stessa direzione in cui era andato il suo elfo.
« Perseus, sei tu? »
La sua voce echeggiò
nella casa deserta e silenziosa, facendogli venire i brividi. Sapeva
che non poteva trattarsi del suo amico. Perseus non lo aveva mai
fatto spaventare in quel modo, non era il tipo di persona che faceva
scherzi del genere.
Continuò a camminare,
attento, fino a che non si ritrovò nell'ingresso, intento a
fissare
il proprio riflesso spaventato su uno specchio appeso alla parete di
fronte.
Ma poi un'ombra alle sue
spalle si mosse, e Alphard si voltò di scatto, il cuore che
sembrava
sul punto di scoppiare da un momento all'altro.
Ma era solo Andromeda.
« Oh, Merlino! Sei
impazzita? Mi stavi facendo morire di paura. »
« Scusami, zio »
rispose la nipote, mortificata. « È
che non avevo il tempo di annunciarmi. Devo portarti via subito.
»
Lui aggrottò la fronte,
perplesso.
« Portarmi via? »
« So tutto di Regulus,
ed è per questo che sono qui... »
« Sì, ma Sirius mi ha
appena detto di non uscire di casa per nessun motivo. »
« I piani sono cambiati
e non ha fatto in tempo ad avvertirti. I Mangiamorte hanno infiltrati
al Ministero, soprattutto dopo la morte di Bones, ed è
possibile che
riescano ad eliminare gli incantesimi che nascondono questa casa.
È
stato Sirius a dirmi di venirti a prendere. »
Alphard esitò, agitato.
Quel cambio di programma gli sembrava strano, anche se verosimile. Ma
perché non avrebbe dovuto fidarsi di sua nipote?
« Andromeda, posso farti
una domanda? »
« Certo, ma fai in
fretta. »
« Qual è stato il primo
libro che hai letto in vita tua? »
Lei non esitò, anche se
sembrava leggermente delusa.
« Viaggio al centro
della terra. Avevo nove anni quando l'ho trovato nella tua
biblioteca, e l'ho letto di nascosto. Zio, ti assicuro che sono io.
»
Lui trasse un sospiro di
sollievo.
« Scusami. »
«
Hai fatto bene a chiedermelo. Allora, andiamo? »
Alphard
esitò, mentre sua nipote gli tendeva la mano.
«
Come ce ne andremo? Devo chiamare Aster? »
Andromeda
estrasse dalla tasca un piattino di porcellana.
«
Una Passaporta. Ho incontrato il tuo elfo domestico prima e gli ho
detto di andare ad aiutare Sirius e Regulus. Sei pronto? »
«
Sì... »
Alphard
esitò ancora prima di afferrare il piattino. La voce del
Patronus di
Sirius continuava a riecheggiargli nella testa. Ma quella era
decisamente Andromeda, non poteva non fidarsi di lei.
Il
piattino s'illuminò di una luce azzurra e Alphard si
sentì
strattonare via in un vortice ululante.
Atterrò
con i piedi su un terreno erboso. Ormai era quasi buio, ma l'uomo
poteva vedere ancora con una certa chiarezza il paesaggio intorno a
lui. Si trovava nel bel mezzo di una radura, ma di case non vi era
neanche l'ombra.
«
Andromeda, dove mi hai...? »
Ma
si bloccò a metà. Con suo sommo orrore, vide sua
nipote svanire in
una polvere scura, che fu portata via dal vento.
E
improvvisamente si rese conto che la vera Andromeda era sempre
rimasta a casa propria, ignara di tutto. Quella doveva essere stata
un'illusione, anche se più concreta: era senza dubbio il
frutto di
qualche magia oscura.
Alphard
estrasse la bacchetta, teso e pentito di non aver dato retta al
Patronus di Sirius.
Poi
qualcuno parlò alle sue spalle, con una voce
mortalmente
calma.
« Posa la bacchetta,
Black. »
Alphard rimase immobile,
quasi pietrificato, mentre sentiva dei passi avvicinarsi. Non ebbe
molto tempo per ragionare. Il suo gesto fu solo istintivo.
Più rapido di quanto si
sarebbe aspettato, si voltò in un lampo, e
attaccò il Mangiamorte
che aveva parlato, scaraventandolo contro un albero. Senza perdere
altro tempo, cercò una via di fuga, ma un altro Mangiamorte
si
Materializzò davanti a lui, bloccandolo. Alphard
indietreggiò,
scoprendo di essere circondato.
La disperazione stava per
assalirlo, ma rifiutò di arrendersi. Con un movimento della
bacchetta evocò una nuvola di fumo che si diffuse intorno a
lui,
annebbiando la visuale e approfittandone per schiantare un
Mangiamorte e sfuggire all'accerchiamento. I suoi aggressori lo
inseguirono, costringendolo a combattere su più fronti
contemporaneamente, ma alla fine la maggioranza numerica era dalla
loro parte, e Alphard si ritrovò disarmato.
Ansimando, fissò con
terrore uno dei nemici utilizzare il Lumos per
illuminare la
radura e avvicinarsi a lui.
« Finalmente ci
incontriamo » disse, togliendosi la maschera.
Alphard gli lanciò
un'occhiata di puro odio.
« Finalmente ce l'hai
fatta a trovarmi, Rodolphus. Una tartaruga sarebbe stata più
rapida
di te » disse, mascherando la propria paura.
Rodolphus non gli
rispose, limitandosi a riservargli un ghigno pericoloso.
« Non provocare, Black,
perché stanotte potresti anche salvarti, se ti comporterai
bene »
gli disse, ignorando il mugugno proveniente dal gruppo di Mangiamorte
che lo aveva accompagnato. Alphard non li conosceva tutti, ma
riconobbe Rabastan e – sussultò quando la vide
– Bellatrix. Lei
aveva un'espressione furiosa, di quelle capaci di uccidere con un
solo sguardo, e Alphard capì che quella sera lei lo avrebbe
visto
soltanto come un nemico da eliminare. Del resto era l'unica nipote
con cui non era mai riuscito a legare, la più inflessibile,
quella
che non perdonava mai...
« Come ci siete
riusciti? » chiese, cercando di guadagnare tempo, anche se
non
sapeva neanche lui a quanto potesse servire.
« Quando hai le Arti
Oscure dalla tua, tutto è possibile » disse
Bellatrix, con un tono
sadico. « Non è stato un incantesimo facile, ma ha
avuto successo.
Quanto a quel libro Babbano, io sapevo molte più cose di
quanto tu e
Andromeda sospettiate. »
« Immagino. A te non
sfugge mai niente »
« Esatto » convenne
Rodolphus con voce annoiata. « Ma ora parliamo di cose serie.
Se
collaborerai con noi, ti lasceremo in vita. »
Alphard si sforzò di
restare in piedi, anche se gli tremavano le ginocchia.
« Perché dovrei
collaborare con voi? »
« Lo sai benissimo.
Sappiamo tutti cosa hai fatto con quella Giratempo che hai rubato,
non è necessario fare finta di nulla. »
« Temo di non capire »
mentì.
Rodolphus alzò gli occhi
al cielo. Ora non sorrideva più.
« Dicci dove si trova
Regulus, avanti. »
Alphard serrò le labbra
e i pugni, senza dire una sola parola. Bellatrix fece una breve
risata beffarda, anche se non sembrava affatto divertita.
« Non ce lo dirà mai,
rassegnati. Morirebbe pur di salvare i suoi adorati nipotini.
»
« Ben detto, Bella. »
Sul volto di Bellatrix si
dipinse un'espressione di profondo disgusto.
« Non mi aspettavo niente di diversa da un traditore del suo
sangue! Alla fine ce l'hai fatta a
portare sulla cattiva strada anche quella mammoletta di Regulus, eh?
»
« Dipende da cosa
intendi per cattiva strada. La vostra lo è sicuramente. E
non
chiamarlo in quel modo, perché è più
in gamba di tutti voi messi
insieme » replicò Alphard, per la prima volta
serio e furioso.
« Questo è tutto da
vedere... »
« Adesso fatela finita!
» sbottò Rodolphus, innervosito, mettendoli a
tacere.
Alphard lo guardò
avvicinarsi e puntargli la bacchetta dritta in mezzo agli occhi,
sentendo l'ansia e la paura crescere vertiginosamente, ma si
obbligò
a non dimostrarglielo.
« Ti do un'ultima
possibilità. Parla e dicci dove si trova tuo nipote,
altrimenti... »
« Altrimenti? » lo
sfidò lui con voce fioca.
« Altrimenti arriverai
ad un punto tale che ci implorerai di ucciderti. »
Alphard represse un
brivido gelido. In quel momento sperò che qualcuno lo
andasse a
salvare. Nonostante tutto, anche se aveva trascorso buona parte della
sua carriera da Indicibile a studiare il mistero della morte, e
sebbene sospettasse che gli restava poco tempo, ne aveva ancora
paura, e il timore di soffrire era ancora peggiore.
« Non parlerò mai »
disse, anche se decine di voci nella sua testa gli urlavano di
pensare a se stesso e salvarsi. Ma non diede loro retta. La paura che
provava era immensa, ma mai quanto il desiderio di sapere Regulus e
Sirius al sicuro. Aveva ceduto alla paura in passato, ma ora non
avrebbe ripetuto quell'errore.
« L'hai voluto tu »
disse Rodolphus in tono freddo.
Alphard chiuse gli occhi.
Sapeva già cosa lo aspettava, e ne era spaventato, ma non
avrebbe
ceduto.
« Crucio! »
Cadde per terra, scosso
da un dolore insopportabile ed esteso per tutto il corpo. Faceva
talmente male che era come se lo stessero pugnalando dappertutto con
un coltello arroventato. L'unica cosa che riuscì a fare fu
gridare
di dolore.
Trascorsero minuti, ma
potevano essere anche ore, prima che smettesse di urlare, ma il suo
corpo continuava a tremare senza controllo, l'ossigeno che entrava a
fatica nei polmoni e le guance rigate di lacrime involontarie. Era
poco lucido e a mala pena ricordava dove si trovasse. Poteva sentire
solo l'erba umida sotto di sé. Non sapeva nemmeno in quanti
lo
stessero torturando nello stesso momento, ma erano sicuramente
più
di tre, perché il dolore era aumentato sempre di
più, fino a
toccare vette che lo avevano indotto a desiderare davvero di morire.
« Parla! » urlava
Rabastan, furibondo e impaziente. « Parla o continueremo a
torturarti fino all'alba! »
« Fagli prendere fiato,
vedrai che ci dirà tutto quello che vogliamo sapere
» disse
Rodolphus, con un tono calmo che non gli si addiceva e che lo faceva
sembrare ancora più pericoloso del fratello.
Alphard non rispose.
Cercava di concentrarsi, di pensare ad altro per attenuare solo di
poco il dolore, ma questo era troppo forte per essere contrastato.
Ogni volta che la Maledizione Cruciatus lo colpiva, gli svuotava del
tutto la mente da ogni pensiero, e in quei momenti di vuoto gli
sembrava di dimenticare chi fosse. C'era solo quel dolore lancinante
che sembrava non avere mai fine.
« Allora? Parlerai
oppure no? » gli chiese Bellatrix, agitata.
Alphard rispose solo dopo
alcuni secondi.
« Mai. »
Un mormorio si diffuse
tra i Mangiamorte che non partecipavano direttamente alla tortura,
alcuni increduli e altri divertiti dalla sua testardaggine.
« Si può essere più
stupidi di te? » lo sbeffeggiò Bellatrix, furiosa.
Alphard si puntellò sul
pavimento e alzò il viso per guardarla negli occhi,
ansimando.
« È inutile che
continuate a tormentarmi, non dirò una sola parola
» rispose,
nonostante la voce spezzata. « Come fai a non capirlo? Non
c'è
nessuno per cui moriresti volentieri? »
Bellatrix non rispose,
mentre la sua espressione si induriva, come se le sue parole la
avessero in qualche modo colpita.
« Sei disposto a morire
per lui? Allora ti accontenteremo » sibilò
Rabastan, ma suo
fratello gli impedì di puntargli contro la bacchetta.
« No, ci serve! Non sarà
utile da morto. »
« Ma non parlerà!
Guardalo, si farebbe torturare per altre ore pur di non dirci nulla.
»
« Se lo uccidiamo adesso
non risolveremo niente. È proprio quello che vuole, non lo
capisci?
» lo rimproverò Rodolphus, e Alphard strinse i
pugni così forte
che le nocche gli sbiancarono. Avrebbe davvero voluto che la
facessero finita, ma il Mangiamorte non sembrava della stessa
opinione.
Quando quello gli puntò
di nuovo contro la bacchetta per riprendere la Cruciatus,
tremò
visibilmente. Non ne poteva più.
« Basta... »
La supplica gli uscì
dalle labbra prima che lui potesse fermarla, e odiò se
stesso per
quell'attimo di debolezza. Un paio di Mangiamorte che se ne stavano
in disparte presero a fissarsi i piedi, mentre un altro, forse una
nuova recluta, si voltò, incapace di assistere un solo
secondo di
più.
« Sai cosa devi fare per
farci smettere. Dicci dov'è Regulus Black, e ti lasceremo
stare. »
Alphard scosse la testa.
« No » disse, e il tono
fermo e deciso che aveva usato lo fece meravigliare di se stesso.
E il dolore tornò a
invaderlo. Non seppe mai per quanto tempo lo torturarono. Potevano
essere cinque minuti o due ore, ma a lui parvero
un'eternità. Finché
non smisero di nuovo, lasciandolo a contorcersi sul terreno.
« È
inutile, stiamo solo sprecando tempo prezioso »
sbottò Rabastan, e
stranamente nessun altro lo contraddisse.
Si udì un movimento
rapido, e poi Alphard si sentì sollevare. Rodolphus si era
chinato e
lo aveva afferrato per il collo della veste, costringendolo a
guardarlo negli occhi.
« Pensi di aver vinto?
Ti sbagli. Tanto lo troveremo, con o senza il tuo aiuto. E quando
accadrà, uccideremo lui e tutti quei traditori del loro
sangue che
lo stanno aiutando a nascondersi. E tu sarai morto invano. Allora,
è
valsa la pena rubare quella Giratempo per poi morire in trappola, il
tutto per concedere a quel traditore qualche mese in più di
vita? »
Alphard non gli concesse
più di parlare. In un secondo scattò, colpendolo
con un pugno in
pieno volto. Era l'unica cosa che poteva fare per reagire, anche se
sapeva che non sarebbe servito a molto.
« Sì, ne è valsa la
pena, e lo rifarei » sibilò.
« Maledetto! » imprecò
quello, rialzandosi mentre sputava sangue e gli puntava la bacchetta
al cuore.
Rodolphus si voltò un
istante a guardare Bellatrix, come a chiederle il permesso di finire
quello che, in fondo, era un suo parente. Quando lei annuì,
Alphard
non ne fu affatto sorpreso, ma non per questo gli fece meno male.
Aveva sentito dire che
molte persone prima di morire si vedevano scorrere tutta la loro vita
davanti agli occhi, ma a lui non accadde.
Gli unici pensieri che
gli invasero la mente mentre sentiva Rodolphus scandire l'anatema
erano tutti rivolti alle persone che avrebbe lasciato. Poteva
già
immaginare quali sarebbero state le loro reazioni. Desiderò
che gli
fosse concessa l'occasione di rassicurarli tutti, di dire che era
contento di aver fatto tutto il possibile per aiutarli, e che non
sarebbe voluto tornare indietro per nessuna ragione.
Poi la luce verde lo
colpì in pieno, e improvvisamente smise di preoccuparsi, i
rimpianti
e il dolore sparirono, e tutto fu inghiottito dal buio.
***
Regulus e Sirius la
guardavano con impazienza. Rachel era pallida come un lenzuolo e
aveva gli occhi rossi e umidi di pianto. Una sensazione opprimente
arpionò loro le viscere. Sirius tremò e
lanciò uno sguardo
spaventato a Regulus, che ricambiò, scuro in volto.
La ragazza sospirò,
nervosa, in cerca del coraggio di parlare. I due fratelli si
ritrovarono a sperare che non lo trovasse mai. Non erano preparati a
quello che lei stava per dire, né lo sarebbero mai stati.
« Alphard è morto. »
Mi odio.
ç___ç
Sto quasi come quando
ho finito di leggere l'Ordine della Fenice... T_T
Non
volevo che fosse inaspettato, anzi, speravo che foste relativamente
preparati... alcune di voi lo erano, gli altri spero che abbiano colto
i segnali che avevo messo in precedenza.
Sono mesi che cerco di consolarmi pensando che Alphard era
già
vissuto più di quanto dovrebbe essere vissuto nel canon, e
che
se fosse morto prima non avrebbe mai più rivisto Regulus,
Sirius
e Perseus, quindi per lui è stato meno peggio vivere un po'
di
più e riuscire ad aiutarli (perché l'ha fatto
eccome, lo
vedrete), ma non è bastato. Per lo meno ora la
smetterò
di andare a piangere nel mio angolino senza potermi sfogare con
nessuno... T_T
Lo so che è stata una bastardata far apparire Andromeda solo
per finta. In effetti non sono ancora riuscita ad inserirla, ma conto
di farlo prima o poi, anche se ci sarà molto meno di quanto
avevo previsto all'inizio. Ah, non so se esiste una magia del genere,
ma tempo fa, rileggendo il capitolo del Prigioniero di Azkaban, ho
notato che quando Hermione e Harry parlano delle Giratempo, lei dice
che se Harry vedesse una copia di se stesso penserebbe di sicuro ad una
magia oscura, quindi mi sono ispirata a quello.
Mi ritiro, prima che mi tiriate una bomba addosso... tanto anzi, vado
ad autopunirmi come gli elfi domestici ç__ç
Prossimo capitolo: 15 febbraio (circa, dipende da quando ho l'ultimo
esame orale)
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